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Autore: Kuro_rin    03/05/2012    3 recensioni
Salve, è la prima volta che pubblico una mia storia originale!! dunque, parto col dire che è per un concorso letterario, di conseguenza prendetelo come una bozza!! volevo avere il parere di qualcuno un po più abile di me per quanto riguarda criticare dei racconti...allora, un uomo, per scherzo o per fortuna, ha la possibilità di tornare indietro nel tempo! dove andrà?? mi raccomando, visto che è solo un'idea, vi chiedo di essere brutali!! grazie e buona lettura!! P.S. se avete un'idea migliore per il titolo, fatemelo sapere!!
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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lavoro italiano

Erano all’incirca le undici di mattina: l’uomo si alzò dal letto con moto svogliato e pigro, rivolgendo le coperte da un lato e mettendo entrambe le gambe giù dal materasso; i corridoi della grande casa di campagna apparivano silenziosi e vuoti, illuminati solo dalla luce di quel pallido sole che timidamente si affacciava alle finestre.

Tra tutte le porte che gli sfilarono accanto, ne scelse una color avorio e, girato il lucidissimo pomello, si ritrovò nella grande cucina, fredda e distante, come gli occhi dell’uomo.

Dall’immensa e opaca finestra che dalla cucina si affacciava sul giardino sul retro della casa, egli poté costatare con velato rammarico, che stava piovendo.

Di li a poco sarebbe dovuto andare in posta e non gli andava proprio di passeggiare per la città immerso nel cupo paesaggio di strade bagnate e grigie; consumò in fretta il nero caffè che si era preparato e andò a vestirsi, in modo da sbrigare il più velocemente possibile quel noioso impiego che aveva lasciato in sospeso ormai da una settimana.

Una volta messo piede fuori dalla porta, portò lo sguardo verso l’alto e tese una mano per prendere quelle brillanti gocce d’acqua che si riversavano tutt’attorno; avanzato di qualche passo, si accorse di non avere con se l’ombrello: non era un uomo a cui piaceva guardarsi indietro per cui, tirato su il colletto del soprabito e messe le mani in tasca, accelerò il passo evitando le pozzanghere sparse ai bordi del marciapiede.

Dopo qualche minuto di cammino, si disse che avere le calze bagnate era il limite a cui potesse arrivare e, intravisto un bar all’angolo della strada, si fiondò dentro, godendosi appieno il calore e il profumo secco che emanava.

 Si sedette al bancone aspettando di ordinare mentre si toglieva il soprabito ormai fradicio e appiccicoso; si rigirò un paio di volte le mani e si guardò intorno: nel piccolo locale c’erano quattro persone oltre a lui e al barista, sedute ai tavoli, tra le quali un uomo vestito di tutto punto, un’anziana con bambina e una giovane donna, seduta proprio accanto a lui.

Questa, coi gomiti appoggiati al tavolo e lo sguardo perso in direzione del grande orologio a pendolo, che segnava precisamente le undici e cinquanta minuti, si rigirava tra le mani una tazza fumante, portandosela ogni tanto alla bocca per assaggiarne qualche piccolo sorso; voltatasi sorpresa, sorrise all’uomo che la guardava, osservando che fuori dovesse piovere parecchio per ridurre un passante in quello stato.

Egli, indispettito e al quanto corrucciato, senza dire una parola, riprese il soprabito e uscì dal bar.

Non era mai stato bravo a parlare con le persone, non che gli interessasse più di tanto, solo che talvolta succedeva che il petto gli bruciasse, così, senza che potesse darvi una spiegazione.

Riprendendo il suo cammino verso la posta, si accorse, poco più avanti, di un oggetto lasciato per terra, che spiccava tra tutto il grigio della città per il suo colore particolarmente acceso; l’uomo si chinò per raccoglierlo: un orologio da taschino completamente rosso, con appesa all’estremità una catenina sporca e arrugginita.

Aprendolo si accorse con stupore che, nonostante ad occhio potesse sembrare più che rotto, le lancette funzionavano correttamente e non solo, segnavano l’ora precisa.

 Quasi senza pensarci, come se gli fosse uscito di bocca in modo involontario, l’uomo disse ad alta voce l’ora che le piccole lancette nere segnavano sopra lo sporco quadrante.

“ mezzogiorno e un minuto”.

Mordendosi il labbro, mise l’orologio logoro e malmesso in tasca.

“ Guarda che quello me lo devi ridare!”

Sentendo una voce provenire da lontano, egli istintivamente alzò la testa, accorgendosi, quasi con orrore, di ritrovarsi in uno spazio completamente bianco; girò la testa un paio di volte in ogni direzione senza però trovarvi nessuno.

“ L’orologio era solo in prestito!”

“ Ma si può sapere chi è?” chiese l’uomo.

“ Non starò qui a dirti tutti i miei nomi altrimenti, non finiremmo più”.

“ Che cosa vuoi da me?” domandò l’uomo, roteando gli occhi da una parte all’altra.

“ Darti una possibilità”

“ Per che cosa?”

“ Per tornare indietro”

“ Indietro dove?”

“ Dove preferisci: devi solo dirmi il giorno e l’ora e IO ti manderò indietro a quel preciso momento!”

“ Perché?”

“ Perché tu possa cambiare qualcosa che hai fatto!”

“ E se io non volessi cambiare nulla di quello che ho fatto?”

“ Impossibile! Ogni singola persona desidererebbe cambiare un frammento della propria vita. Ovviamente, nessuno è in grado di farlo, non da solo almeno!”

“ Non capisco, che vuoi dire?”

“ Voglio dire che ho intenzione di aiutarti! Sentiti onorato, poiché è un privilegio per voi avere tale opportunità!”

“ Voi?”

“ Allora, hai già scelto?”

“ Scelto cosa, scelto cosa!? Non capisco neanche di cosa tu stia parlando!” si spazientì l’uomo.

“ Il tempo scorre e tu resti fermo!”

“ Ma che diavolo significa!”

“ Vedi, il tempo va solo da una parte, non può tornare indietro. Se hai fatto una cosa, non puoi cancellarla: tutto quello che hai detto, tutto quello che hai pensato anche solo per qualche secondo, ora mai è impresso per sempre nel filo del tempo.

Ti sto dando l’incredibile possibilità di spezzare questo filo e ricostruirlo come più ti piace”

“ E’ una cosa da pazzi…” sibilò l’uomo tra i denti.

“ Ora hai scelto?”

Se quello che gli stava capitando non era un sogno, voleva dire che poteva per davvero tornare indietro nel tempo; dove poteva andare? Cosa avrebbe potuto cambiare della sua vita? Qualcosa sarebbe migliorato? Sarebbe peggiorato? Quante altre persone avrebbe incontrato?

Incontrare persone…improvvisamente gli tornò alla mente la donna che beveva al bar: gli aveva sorriso, gli aveva parlato e lui se ne era andato.

“ Hai scelto?”

“ Si…voglio tornare alle undici e cinquanta minuti di questa mattina!”

Detto questo, gli bastò battere le ciglia per ritrovarsi per strada, bagnato fino alle ossa, esattamente come ricordava di essere.

Guardandosi intorno, riconobbe l’incrocio, la strada e il bar: non poteva credere che quello che aveva appena vissuto fosse reale, tuttavia attraversò la strada e, quasi preso da un moto frenetico di conoscere la verità, aprì violentemente la porta.

Le persone che se ne stavano sedute all’interno, lo guardarono perplesse per qualche secondo, per poi tornare alle loro attività; ovviamente, nulla di tutto ciò poté minimamente turbare l’uomo che, subito, portò lo sguardo in direzione del bancone: lei era li, con lo stesso sguardo, la stessa posizione.

Si avvicinò lentamente, le chiese l’ora.

“ Mezzogiorno meno dieci”.

L'uomo sorrise leggermente scuotendo la testa; quasi istintivamente mise la mano in tasca: l'orologio era sparito.

  
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