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Autore: Theredcrest    04/05/2012    1 recensioni
Anderville è una metropoli come tante altre nel mondo, e come tante altre dà ospitalità ad una quantità inimmaginabile di ospiti soprannaturali. Tra tutti, spicca la società dei Vampiri per il suo intenso bisogno di contatti e relazioni con gli umani e le altre creature presenti. Questa storia parla di Rachele, una vampira ventenne mai stata umana, e del suo percorso per diventare una "Madre" e ricoprire il ruolo più ambito di tutti.
Genere: Dark, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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AMBRIS



La macchina attraversa il cancello di una grande magione, per poi fermarsi piano nel piazzale di ghiaietto bianco, in mezzo a cui una fontana con tanto di sirena e puttini sprizza acqua quasi ovunque. Nonostante la bella fattura, l'insieme è un insulto agli occhi: la fine opulenza dell'intero posto lascia intravedere che razza di soggetti poco raccomandabili sono quelli delle Rose. Eppure mamma ci va d'accordo come se ci fosse nata a braccetto...
Quando le ruote della Volkswagen finalmente si fermano, mia Madre apre la portiera e ne esce con nonchalance, come non fosse successo assolutamente nulla. Le sue gambe scarpettano velocemente sul selciato quando viene ad aprirmi, e sono l'unico indizio della preoccupazione che la rode dopo la chiacchierata con Thomas, mollato a badare alla macchina e a leccarsi la bruciatura.
Ad accoglierci poco distante arriva l'eccentrica Isabel, leader del clan delle Rose, una stangona sensualissima e formosa dai capelli di un fucsia accecante, stretta in un abito di pizzo nero che sembra un body scosciato con strascico. È lei che ha scoperto la ruota, a livello estetico, dei vampiri, ed è lei che si avvicina ancheggiando con in mano una chiave e una rosa rossa, simbolo del clan che ha anche tatuato lungo il collo. Ci saluta con un breve inchino, lasciando a chi gli sta dietro la visione di un perizoma nero dal bordo incastonato di svarosky. Vorrei tanto dirle che è di cattivo gusto, ma poi rischierei di diventare come mamma.
«È un onore per noi delle Rose ospitarvi qui, Madri»
“Madri? Sul serio?” É la prima volta che la sento fare tante riverenze, sopratutto se ci sono di mezzo io: ho sempre l'impressione mi consideri troppo normale per i suoi gusti. Madre sorride, stringe le mani di Isabel e le risponde a suon di affettuosi baci sulle guance. Sono amiche di vecchia data, ma non per questo ho mai cambiato idea sulle Rose: Isabel sarà carina, ma il resto del Clan è un branco di montati, mitomani, erotomani e maniaci. Finire lì dentro significherebbe passare il resto della mia non-vita a seguire i pettegolezzi dal parrucchiere. No, grazie.
Troppo presa dalla sua amante preferita, la Madre non nota lo sguardo contrariato che le lancio quando ci mette un po' troppo a far sbollire l'entusiasmo: dopo urletti di sorpresa e una serie di stupidaggini da far cadere le braccia, la donna ci affianca e coi suoi modi affabili ci accompagna all'entrata della casa comune, praticamente un ex-bordello, un luogo di ritrovo perfetto per i suoi fratelli.
Passando le doppie porte in mogano della villa volto lo sguardo, riuscendo ad intravedere anche altri importanti invitati all'evento. Trevor tra tutti, leader degli Incubi, seguito da Felicia. Alzo gli occhi al cielo alla sua vista, sbuffando mentre lei si volta facendo finta di non vedermi: quella stupida zazzera bionda ed io ci scanniamo ad ogni occasione solo perchè lei è verde d'invidia. Non avrebbe voluto finire con Trevor, ma a mio parere è l'unico posto in cui si merita di vivere.
Guardando l'interno della sala, invece, cerco Leonard, sicuramente nascosto nel punto migliore dell'immensa stanza. Incredibile come riesca a passare inosservato in ogni occasione, perfino sotto gli occhi e gli sguardi di tutti: un momento c'è, il secondo dopo è sparito. Suppongo sia già arrivato, in ogni caso si farà vedere quando lo vorrà.
Lo spazio rettangolare della sala si allunga alla mia destra e sinistra in due corridoi, col pavimento nero che fa da contrasto alle vivide pareti rosse. Al centro, poco più avanti, è posizionato un magistrale colonnato nero d'ebano dove un'orchestra suona tranquille sinfonie da salotto. Qua e là sui banconi ovali coperti di tessuto nero, viene invece servito sangue per gli ospiti. Una misura precauzionale molto in voga tra i Clan più raffinati, fatta apposta per evitare qualcuno combini stupidaggini fuori portata: non fosse così, le Madri dovrebbero fare a turno per spaccare le ossa agli affamati contravventori di regole. Il resto è come ci si poteva aspettare da un ex-bordello di lusso: un susseguirsi di quadri alle pareti, cornici d'oro, paramenti preziosi e tendaggi sfarzosi.
I miei occhi cadono sul sangue dei tavoli.
«Madre, vorrei prendere da bere.»
Lei, che sta parlando con Isabel, si volta annuendo distrattamente. Isabel sorride in mia direzione.
«Stasera abbiamo stappato il nostro vino speciale. Provalo, vedrai che ti piacerà.»
Vino speciale, penso, mai sentito. So che alcuni mescolano sostanze e alcool al sangue per renderlo più piacevole del solito, ma le mie conoscenze di fermano a questo. Sia come sia, saluto con rispetto e mi stacco dal fianco della mia sire per andare a prendere un bicchiere. Nella stanza c'è un enorme dipinto di due gemelle bionde che si tengono per mano, decido per il bancone proprio sotto l'ambiguo quadro. Faccio il giro del colonnato con una certa fretta, lo raggiungo e prendo tra le mani una splendida coppa di cristallo riempita per metà di liquido cremisi, già pregustandone il sapore dall'odore. Faccio per portarmelo alla bocca quando una mano mi blocca, spingendomi a risalire con lo sguardo lungo il braccio e il busto sconosciuti prima di trovarmi davanti, sorpresa delle sorprese, il capo delle Bestie.
«Ambris?» Senza una parola, mi strattona la mano rovesciando il bicchiere che si ribalta sul tavolo, sbeccandosi. La guardo prima allibita, poi contrariata.
«Ma che diamine fai?!» Tiro, ma non mi lascia andare il polso. Mi osserva per un attimo con due occhi neri, acquosi e penetranti, e scuote la testa smuovendo i capelli mori legati in una mezza coda bassa. La bocca umida di sangue e rossetto rosso si storce. Mi annusa brevemente, arricciando il naso dritto e fine, poi allenta la presa.
«Attenta, Rachele» mi ammonisce severamente, la voce suadente nonostante il basso ringhio. «Non dovresti bere il vino delle Rose. Sai come si divertono coi loro invitati, quei vermi.»
Concentro per un attimo la mia attenzione sul suo vestito, un monospalla rosso e nero munito di stringivita damascato e decorato da intrichi di foglie d'oro che scendono seguendo lo spacco della gamba, e poi i miei occhi cadono di nuovo sul sangue. Ovviamente ricevo un nuovo, brusco strattone.
«Ascoltami, quando parlo» sibila. «Non bere.»
«Va bene, va bene» annuisco, confermandole ho più o meno inteso. Allora mi spinge da parte e molla la morsa piano, ancora poco sicura non mi getti sui bicchieri subito dopo. Cosa che non farei anche se volessi: se c'è una cosa che ho imparato nella mia breve vita da non morta, è che non bisogna mai contraddire Ambris, specialmente se sembra arrabbiata. E specialmente quando si trova davanti a del vino drogato, cosa che la fa letteralmente sclerare: per lei è solo uno stupido mezzuccio delle Rose per arrivare ai loro scopi. Si capisce che i due clan non se la intendono molto tra loro, vero?
«Perdonami» si scusa poco dopo, abbassando la testa. «Ho preferito essere brusca prima di vederti uscire di senno.»
«Non importa, ho capito. Grazie per essere intervenuta» le rispondo, e l'espressione severa di prima svanisce, sostituita da una seconda più raccolta e impostata. «É solo che ora non so dove andare a bere.»
Con sorpresa, vedo mi offre una mano laccata di unghie nere.
«Se vuoi, ti porto ai nostri tavoli. Sono sicuri.» Mentre parla, un piccolo cerchio rosso di sangue le luccica sulla fronte, il simbolo del culto della creazione. Non credo potrebbe mai mentirmi, data la sua posizione di massima sacerdotessa. E poi mi fido più a stare in sua compagnia che tra quella di Rose ed Incubi montati, quindi annuisco prendendola per mano e seguendola.
Mentre cammino al suo fianco, cerco di spezzare il ghiaccio.
«Non sapevo che il vino speciale delle rose fosse sangue drogato» asserisco. Lei mi guarda con un lieve sorriso, facendomi intuire sono ancora molte le cose di cui non sono informata.
«Non è esattamente drogato, Rachele, altrimenti non avrei fermato la tua mano.»
«Ah» rimango interdetta. «Allora cos'è?»
«Sangue mischiato ad estratto di cicuta e mandragola. Mortale per gli umani, equivale ad un potente narcotico per i vampiri.»
Rimango in silenzio. Alla faccia del "mezzuccio"! Ci sarebbe da far appendere per i piedi l'intero clan per questo. E la Madre lo sa? Mi viene il sospetto possa aver chiuso un occhio sulla faccenda, ma mi sembra impossibile.
«E tu come fai a saperlo, Ambris?» Lei sorride con lieve arroganza, mettendo in mostra una dentatura perfetta. Il fatto non abbia nemmeno il piccolissimo accenno di zanne che per noi è normale possedere la dice lunga su quanto sia vecchia. E no, non si tratta di canini consumati.
«Ti sembrerà che il clan di cui sono a capo sia solo un branco di Bestie senza cervello, Rachele, ma molto spesso le apparenze ingannano. Noi ascoltiamo l'istinto, e l'istinto viene a conoscenza di tutto. É l'istinto che ci dice ciò di cui è meglio nutrirci e ciò che non è buono per noi, qual'è l'alleato e quale l'avversario. L'istinto è naturale, ed è una nostra prerogativa.»
«Interessante prerogativa» rispondo io, concentrata sui tavoli che passiamo. Ogni banco a cui non ci fermiamo corrisponde al mio irrigidirmi e al suo scuotere la testa, i capelli neri acconciati con un fermaglio d'oro a forma di serpente. Infine ci blocchiamo davanti ad una porta da cui si sentono rumori indistinti: la guardo e lei, annuendo, tira la maniglia trascinandomi dentro.
Riconosco l'odore pungente e selvatico che quei vampiri si portano addosso mentre si avvicendano l'uno con l'altro davanti alle prede disposte a terra. Mi ha portato dai suoi consimili impegnati a decimare dei servi sani che mostrano le gole e si sottomettono a qualunque maltrattamento pur di ricevere una loro carezza.
«Bestie!» Ambris grida davanti a quello spettacolo, storcendo le labbra arrabbiata. «Che razza di spettacolo date a vedere alla Madre? Via dal pavimento, via dai corpi! Datevi del contegno almeno qui, che non si dica non abbiamo civiltà!» Quando all'improvviso batte le mani, tutti si ritirano davanti alla sua presenza predatoria e quasi asfissiante. Vedendoli finalmente tranquilli, sembra calmarsi. Sono tutti in ginocchio, impegnati a guardare il pavimento per rispetto.
«Bene» asserisce, soddisfatta. «Potete continuare civilmente. Portate un umano alla genitrice, lasciamo che festeggi assieme a noi.» Immediatamente, i vampiri riprendono i loro svaghi e i loro dissanguamenti reciproci, ma due di loro trascinano un ragazzo al centro della stanza lasciato vuoto come chiesto da Ambris, e lì lo abbandonano ritirandosi. Io mi rivolgo a lei.
«Ambris, forse non è il caso. Non voglio interrompervi, e poi non posso. Sai che-»
«Hai ragione» mi interrompe subito, rivolgendosi ai due. «Portatemi una coppa.»
Obbedienti, gliene porgono una incisa, evidentemente un cimelio. Strano che se lo sia portato dietro. Mentre le mie rotelle girano freneticamente per afferrare il senso di tutto questo, lei afferra il servo per i capelli, gli morde il collo staccandogli un pezzo di carne e lo lascia dissanguare sulla coppa argentata che poi mi porge, riempita fin quasi all'orlo. Gli altri dietro di lei si avventano sull'umano in maniera quasi inquietante, tirandolo a terra prima di assalirlo tra urla e gemiti vittoriosi: mi viene la pelle d'oca a vederli, c'è qualcosa di assolutamente animale e irresistibile nel modo in cui si comportano, lasciandosi andare al loro essere bestie fino al limite consentito.
Esito un momento prima di ingurgitare il sangue con foga, assaporandone il calore e il sapore. Purtroppo la coppa si svuota più velocemente del previsto, e mi sento tutto fuorché sazia. Ne chiedo un'altra e con un fervido sorriso, Ambris me la porge. Qualcuno mi chiede di unirmi alla gioia animale, di brindare, sprecare e farmi ricoprire di sangue, ma prima mi possa abbandonare a simili attrazioni è proprio la stessa leader che mi ferma, trattenendomi per un braccio.
«Riprendi il controllo» mi consiglia, e quasi le invidio la capacità di lasciarsi andare e riprendersi a comando. Un piccolo angolo del mio essere desidera diventare la loro Madre, e mi viene da pensare possa averlo fatto apposta, di avermi portato lì.
«Adesso che hai finito..» quando mi calmo, Ambris mi toglie il contenitore dalle mani «..sai cosa significa stare in mezzo a noi» mi dice eloquente.
«Torna quando vuoi, Rachele. Sei la benvenuta.»
Annuisco, sorridendo ebete. Una volta tanto nella mia non vita vorrei lasciarmi fregare dall'espressione dolce di Ambris, che mi riaccompagna fuori fino alla stanza centrale, pulendosi gli angoli della bocca in modo il rossetto resti lucido e fissato.
«Vai adesso, e cerca di divertirti. La serata è appena iniziata.»




Note dell'autore
Nono capitolo! Da adesso in poi, oltre al continuo della storia, comincerà l'introduzione di alcuni personaggi che spero vi piaceranno. Ovviamente tutti riguardano l'universo di questa fan fiction, ma alcuni non specificatamente dal momento hanno all'attivo le loro storie a parte e il loro "mondo", ovviamente sempre all'interno della città di Anderville. Che dire, gli impegni si fanno sentire e un po' di ritardo ormai lo accumulo sempre xD anche perchè la mia mente malata è sempre alla ricerca di cavolate da scrivere *povera me.. çç*
Un grazie a chi mi segue, spero anche questo capitolo piaccia, e come sempre se volete lasciare dei commenti sarò più che felice di leggerli e rispondervi *ç*
Un saluto e al prossimo capitolo!
  
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