Genere: Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Da buona macellaia ripulisci il tuo coltellaccio,
da esso cola sangue cremisi.
Carne dappertutto, schizzi rossi sulle pareti...
A quanto venderai la mia carne?
Te ne sono riconoscente.
Costruirei un tempio al Dio Arcobaleno,
perché sotto di esso i nostri cuori sono stati vicini,
vicini un'ultima volta.
Ogni tuo sguardo è un tuffo da una scogliera,
e i tuoi occhi sono gelidi e penetranti,
pugnali di ghiaccio incandescente.
Perduto nella tundra cammino a ciaspole;
sulla tua pelle chiara di neve dormirei,
per sempre, per non risvegliarmi più;
un premio migliore di Cleobi e Bitone.
La gente passa e va, indifferente;
un minimo che diventa enorme
e cresce, cresce come un cantiere nella periferia di Milano.
Cieco continuo ad andare a tentoni per le impalcature.
E cado ogni volta.
Vivisezionato con una motosega.
E comunque, per quanto tu possa abbattermi,
mi sono alzato, mi alzo, e mi alzerò sempre,
perché da buon pazzo non cedo.
E' la mia pazzia il mio rifugio,
essa è il mio scudo,
essa è la mia spada,
la mia pistola alla tempia,
e non prenderei nulla per essa, che mi sorregge.
Vinto, come sempre e per sempre,
ma sempre in piedi.
E' questo il dolore che mi tiene su,
è il mio scheletro nero.
Senza di esso sono un corpo molle e candido.
E' una frustrazione pschica, che mi debilita,
e in un certo senso lo fa anche con te,
perché non sai.
Siamo nati per ucciderci a vicenda, farci a pezzi,
tu a fatti, io a parole.
Ho pensieri sporchi,
sporchi come la mucillaggine del molo Audace.
Sei un serpente, così orribile ed elegante
da lasciarmi strangolare;
un cappio per dannati immortali,
la cosa che amo di più al mondo sei tu o il mio dolore?
Senza fine.