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Autore: formerly_known_as_A    04/05/2012    5 recensioni
Halló, mi chiamo Islanda e sono una piccola nazione in mezzo all'oceano.
Sono pieno di montagne e ghiacciai ed acque termali e cose.
E pecore.
Sono un'isola e voglio essere vostro amico.
Sono anche su Twitter, Facebook e Vimeo.
(Potete anche venire a farmi visita, se non siete troppo occupati in cose importanti.)

La solitudine finirà? Quando finirà questa solitudine?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Danimarca, Islanda
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Danimarca entra nella sua camera dopo aver bussato lungo tutta la parete del corridoio, ma abbastanza rapidamente da non dargli la possibilità di nascondere qualcosa... che potrebbe voler tenere privato.

Chiude il portatile, il cuore in gola e si gira verso la porta con un libro a caso in mano, cercando di sembrare il più naturale possibile mentre il pa... parente gli si avvicina tendendo il telefono.

Fissa lo schermo nero, perplesso e Matt lo segue, sibilando qualcosa di non molto carino in danese prima di riaccenderlo. Con un brivido, si scopre a fissare lo sfondo bianco e semplice del proprio tumblr, il cuore che impazzisce abbastanza da far affluire tutto il sangue alle guance.

“Che cos'è questo, Is?” chiede il danese, con l'espressione più stupida del mondo.

A dire il vero... non sembra troppo stupida, dopo dieci minuti intensi intenti a fissarla. Anzi, sembra preoccupata ed amareggiata, una certa delusione nei suoi occhi da cucciolo -ha sempre gli occhi da cucciolo bastonato, quando si tratta di Islanda- che viene sottolineata dalle sopracciglia aggrottate, in una forma che vede ben raramente nell'ex Impero. Delusione, tristezza, tantissime parole che premono per uscire ma che ha imparato, contro natura, a reprimere, perché sa che, nonostante l'espressione strafottente e il desiderio espresso molteplici volte di vederlo sparire, alcune frasi fanno chiudere Islanda come una tartaruga, la testa sotto le coperte pesanti a pensare a chissà cosa, forse solo punirlo perché sa, Eirik sa, che l'altro tiene a lui da morire, come se fosse un figlio.

Legge i post che conosce già, poi socchiude gli occhi e fissa altrove, la copertina del libro che stava leggendo gli sembra interessante, anche se si rende conto che lo stava leggendo al contrario.

Sa cosa c'è nella presentazione di quel blog cominciato solo per noia, ma che poi ha continuato perché, in fondo, quello è un suo desiderio.

Halló, sono un'isola e voglio essere vostro amico. Sono anche su Twitter, Facebook e Vimeo. (Potete anche venire a farmi visita, se non siete troppo occupati o importanti.)

Quasi infantile, quel modo di presentarsi, ma che importa? Era sicuro che nessuno l'avrebbe notato, che sarebbe sicuramente passato come un abitante annoiato nei mesi invernali, ma che desiderava più di tutto che qualcuno comprendesse la bellezza della propria terra.

Non è così, non è un narcisista... voleva solo che qualcuno lo apprezzasse.

Voleva davvero degli amici. Vuole. Nulla è cambiato, in fondo.

“Quello? Qualche mio abitante, credo... Il ministero del Turismo?” azzarda, sapendo bene che Danimarca è tremendamente bravo a smascherare le sue bugie.

È trascorso tanto tempo da quando ho scritto la prima mail ai miei amici. Spero che non credano che non voglia più essere loro amico. Non sarebbe vero, sono solo stato molto occupato." legge ad alta voce Danimarca, facendogli desiderare che si apra una voragine ad inghiottirlo. Vorrebbe scappare da quella umiliazione, ma riesce solo a stringere il libro, mentre l'uomo non lo guarda, gli occhi blu fissi sullo schermo.

Lo vede scorrere e gli sembra di essere nudo, di fronte ai suoi occhi che assumono espressioni sempre più strane e sconosciute. Sa cosa vede. Le prime foto... e poi i complimenti a cui dapprima risponde timidamente, diventando sempre più convinto di essere se non bello come dicono, almeno qualcosa che merita di essere visitato, quella frase, però, che ritorna sempre, segno dell'imbarazzo e del piacere che prova ad avere persone, piccoli umani, insignificanti, sì, nell'ottica di un immortale, ma sempre amici: se non hai cose più importanti da fare, allora sì, puoi visitarmi.

L'ultima delle priorità.

“Vi piacerebbe venire a visitarmi con una delle macchine volanti? So che siete probabilmente occupati con cose importanti...” inizia il danese, scuotendo la testa e posando il telefono accanto al portatile, prima di inginocchiarsi di fronte al minore, le mani sulle sue. “Ti senti così? Lasciato indietro, non importante? Eirik... Sei il mio unico figlio.”

E quindi? Questo non cambia che comunque c'è sempre stato qualcosa di più importante, nonostante i capricci dell'infanzia, la vera disperazione nell'affezionarsi a qualcuno che ti abbandona poi a vivere di nuovo tra pecore e Puffin, quando avrebbe voluto chiedere ancora storie prima di dormire, ancora giocattoli costruiti dal nulla, ancora manine che spariscono nelle loro.

Cose più importanti, sempre. Guerre ed esplorazioni e commerci, ma mai il piccolo Islanda.

Piano piano ha provato a mancar loro. Ad essere più freddo del ghiaccio, a portarli a pregarlo di tornare il bambino che rideva quando giocavano con loro.

Non ha più riso da quando l'hanno lasciato su quell'isola. È stato come un lungo inverno.

“Non sono tuo figlio.” sibila, cercando di divincolarsi. Ma la presa del maggiore è salda e presto raggiunge le sue spalle, costringendolo a scivolare verso terra, il tonfo del libro che lo scuote, ma le braccia se lo tengono vicino.

“Non sei Nor. Se vuoi qualcuno vicino, se mi vuoi vicino, io...!” cerca di dire l'uomo, facendosi spingere un po' via ma non riuscendo ad allontanarsi davvero. “Ero così spaventato, øjesten. Così spaventato, quando ti sei ammalato. Come puoi pensare che perderti non sia stato come strapparmi il cuore dal petto?”

Troppo sincero, troppo intenso. Lo è sempre stato, come quando, anni dopo quel giorno in cui l'ha supplicato di non lasciarlo solo, gli ha confessato con un naturale sorriso di aver pensato che un giorno avrebbe giocato con i Lego che aveva aiutato a progettare e l'avrebbe portato a Legoland, anche, a mangiare patatine fritte a forma di Lego e divertirsi come bambini.

Ovviamente, non sono mai stati in quel parco divertimenti. Ma non è colpa interamente di Den, perché lui ci prova, ma riesce a spillargli un grazie mormorato solo quando gli porta dei libri.
Libri. Gli piacciono, sono cose da adulto. Cose da Nor. Se potesse, trascorrerebbe più tempo al piano... ma la verità è che, per quanto gli piaccia leggere, per quanto sia grande, finisce inevitabilmente per tirare fuori qualche vecchio giocattolo, solo per illudersi di essere ancora lì.

Ma, quando si gira, inevitabilmente, non ci sono Pabbi a sorridere. Non c'è nulla. Se non il ricordo.

Si accorge del proprio stato solo quando sente Matt cullarlo, le braccia ben salde intorno alla sua figura sottile, una mano tra i capelli e la bocca che sussurra parole che credeva di aver dimenticato.

Parole che un tempo mandavano via tutti gli incubi.

I singhiozzi lo scuotono più forte, ma non gli importa. Non importa niente, sono in uno spazio privato, racchiusi l'uno tra le braccia dell'altro. Si aggrappa a lui e non importa.

Øjesten. Lo dice tante volte, come se volesse recuperare il tempo perduto.

Lui però se ne sta in silenzio, a singhiozzare come se avesse tutte le ossa del corpo rotte, senza rifiutare le sue attenzioni.

È trascorso così tanto tempo. Tempo a fingere, allontanarlo, proteggersi, tempo che avrebbe potuto impiegare per curare quella voragine nel petto che non vuole saperne di chiudersi, se non in quel modo.

Non vuole più affezionarsi, non vuole più niente, da lui... eppure ne ha così tanto bisogno che gli sembra di non riuscire più a respirare.

Ma lo fa. Piano piano, mentre le parole del danese si fanno più musicali e l'isola si rende conto che sta parlando norvegese. Gli dice che tornerà tutto come prima, che saranno una famiglia, che non penserà mai più di essere un peso non voluto, che saranno felici.

Ma sembra tutto così distante e difficile, con quelle lacrime che lo accecano.

Segretamente invidia Peter. Perché per lui è semplice cercare le braccia di qualcuno, quando tutto va' male, perché quei tre anni di differenza tra le loro età apparenti sono un abisso, come sono diversi bambini ed adulti.

Islanda non è adulto.

Era un bambino in una veste troppo grande quando l'hanno lasciato da solo e, in qualche modo, è rimasto così. Infantile, certo, ma anche crudele come solo un bambino che si vede strappare tutto quello che ama può essere, con un vuoto dentro che vorrebbe riempire, ma non con qualcosa a caso.

È un bambino nel modo in cui cerca di essere adulto prendendo spunto da chi sembra non soffrire, mentre invece è così tanto simile all'uomo che piange cullandolo.

A pezzi, con il bisogno di qualcuno che li raccolga ed abbia la pazienza di trovare il loro giusto posto. Desiderando soltanto l'attenzione di coloro che più ama al mondo.



L'ispirazione viene da qui:

http://icelandwantstobeyourfriend.tumblr.com/

Se penso al personaggio di Islanda mi viene il magone.

Perché Map Of The Problematique? È una canzone dei Muse che secondo me rispecchia bene il tormento di Islanda qui c'è il testo. Per il resto spero non risulti troppo strana, ho messo l'avvertimento OOC, non si sa mai :)

Øjesten può essere tradotto come “luce dei miei occhi” o “mio pupillo/persona preferita”.


   
 
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