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Autore: Dave1994    04/05/2012    3 recensioni
- Ti voglio bene, papà. -
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi asciugo le lacrime dagli occhi con il dorso della mano destra, silenziosamente. L'altra è appoggiata sulla lapide, dura e fredda pietra che mi trasmette una vaga sensazione di vuoto, di qualcosa che ho lasciato indietro e che ora non ricordo più.
Ma non è vero.
Non dimenticherò mai la mia piccola Anne. Fin dal suo primo giorno di vita, l'ho amata come se fosse un pezzo della mia vita. E in effetti, lo è sempre stato.
Com'era bella, con quei suoi capelli biondi e quegli occhietti così curiosi! Sempre in movimento, mai soddisfatta di questa o di quella risposta, mai in riposo!
Com'era radiosa...
La cosa che più mi colpisce è l'ingiustizia con cui il Cielo se l'è portata via. Dritto, come un pugno di ferro nel cuore.
Perchè, Dio mio? Aveva appena dieci anni. Che bisogno c'era di chiamarla a te, così dannatamente presto?! 
Dicono che viaggiare in aereo sia il metodo più sicuro di tutti.
Eppure, la sua morte dimostra il contrario.
Provo un odio cocente. Non sono mai stato un bestemmiatore, ma trattengo a malapena la lingua.
Mi alzo in piedi, dopo aver posato l'ennesimo mazzo di fiori sulla sua tomba.
Me ne vado dal cimitero, prima di scoppiare nuovamente a piangere.
Un uomo di quarant'anni in lacrime, uno spettacolo che non si vede tutti i giorni. La gente pensa che a quest'età si è pronti a tutto, che ci si è fatti la pellaccia davanti a una vita che non guarda in faccia a nessuno.
E' una bugia.
Mentre salgo in macchina, dietro di me, uno scoiattolo osserva la mia Alfa Romeo allontanarsi nella luce surreale del tramonto morente, come una spaventosa apparizione che ora s'appresta a ritornare da dove è venuta.
 
***
 
A casa, la vita sembra essersi fermata da quando l'aereo di Anne è caduto al suolo, sfracellandosi in un incubo di lamiere, fumo e fiamme. Al telegiornale non l'hanno mostrato, ma ho visto le riprese su Youtube.
Persone arse vive, mentre erano intente a correre qua e là per scappare da qualcosa noto solo a loro. In quegli occhi era riflessa la più profonda delle paure, la disperazione più nera.
Mi sento male, a pensare che la piccola Anne potesse essere uno di quei fantasmi fiammeggianti, dalla bocca spalancata come una fornace per le urla di dolore.
Il suo vestito, quello rosa della comunione, con i pizzi e i merletti, trasformato in un nero lenzuolo funebre dal calore del fuoco e indossato da una figura di bambina, irriconoscibile per le ustioni...
Vomito, buttando fuori tutto il ribrezzo e la depressione degli ultimi giorni. Un ultimo colpo di diaframma, e stavolta è la bile a tingere il pavimento con il suo colore verdastro. Dio, sto sudando freddo.
Non credo che per stasera mangerò, visto il mio stato di salute. Sono ancora scosso e febbricitante.
Salgo in camera da letto e trovo conforto nel verificare quanto le lenzuola siano sempre maledettamente morbide e calde.
Anche se, dal giorno in cui Anne è morta, è come se volessero torturarmi fin nei recessi più profondi dell'anima.
Sento il suo profumo.
Sento le sue risate gioiose, il suo correre per la casa.
Riuscirò ad addormentarmi, anche questa notte?
 
***
 
Mi dispiace, signore. Non ci sono sopravvissuti.
...Cosa?
Accenda la TV. E' su tutti i telegiornali. Mi dispiace.
No, non può essere vero.
 
Questa era stata la sua reazione, alle parole del vigile del fuoco incaricato di dirigere le operazioni di soccorso nella radura di Hosville. L'aereo si era schiantato da qualche ora, ma già l'area brulicava di uomini in uniforme e pompe antincendio indaffarati in un inutile lotta al sopravvissuto.
Nessuno si era salvato, da quel rogo tremendo: l'incendio si era anzi propagato fino a divorare buona parte della vegetazione tutt'intorno.
Un vero inferno.
Un guasto, dicevano. Forse all'impianto elettrico, forse al sistema di aerazione, questo nessuno lo sa. Fatto sta che, all'improvviso, come se nulla fosse, l'aereo aveva iniziato una veloce picchiata verso quei campi coltivati così faticosamente da contadini induriti da una vita di rigorosa campagna, come un falco pellegrino che avvista la preda.
Mi tornano in mente le sue ultime parole. La sua chiamata, qualche minuto prima del disastro, è uno dei peggiori ricordi che porterò con me nel cuore.
- Papà, che succede? Siamo già arrivati? - chiede la sua voce, colma di preoccupazione e ansia infantile.
- No, dovreste essere a Seattle tra qualche ora. Perché me lo chiedi, è tutto a posto? -
- Non lo so, l'aereo sta scendendo e tutti urlano. Ho paura, papà. -
Un brivido gelido mi risale lungo la schiena, il cuore fa un tuffo. Ho un presentimento, che reprimo istantaneamente.
Come di predestinazione, di ineluttabilità.
- Non scherzare, piccola. Dov'è la tua accompagnatrice? -
- Non lo so, papà. Ho paura, dove sei? - chiede nuovamente, stavolta con una leggera nota di pianto.
E' sempre stata una bambina forte, questo va detto.
Sto per dirle che andrà tutto bene, che non deve preoccuparsi: che suo papà è lì con lei e che appena arriverà a casa le preparerò il suo piatto preferito, la torta al cioccolato con panna montana. E le ciliege, proprio come piace a lei.
Ma all'improvviso dice qualcosa che mi spezza.
- Papà, dicono che stiamo precipitando. -
Il tempo si ferma per dieci secondi. Sento urla disconnesse, pianti e preghiere dall'altro capo del telefono.
No.
- Papà, non ti sento... -
- Ehi, Anne. -
L'ho chiamata per nome. 
Di solito lo faccio solo quando è successo qualcosa di grave.
- Andrà tutto bene. -
- Ti voglio bene, papà. Te ne voglio un mondo. - dice, e la sua voce mi sembra lontana. Sebbene solo qualche centinaio di miglia ci separino e pochi centimetri ci riuniscano, qualcosa non va nella sua voce.
E' strana, è profonda. Non adatta a una bambina di dieci anni.
Il segnale cade, e la mia mente si popola di terribili emozioni. Paura, preoccupazione, impotenza, mi travolgono come un fiume in piena che spezza gli argini con la sua furia distruttrice.
Da quel momento, il tempo riprende il suo corso e, per compensare la breve vacanza, sembra andare due volte più veloce: in un lampo i telegiornali mandano in prima notizia un disastroso incidente aereo e ettari di vegetazione in fiamme.
In milioni di anni, è nata la vita.
In un attimo, il mondo mi sembra cadermi addosso e trascinarmi con sé.
 
***
 
Mi sveglio di soprassalto, alzandomi a sedere.
Un incubo. Un altro.
Guardo l'orologio. Sono le tre di notte.
Una gita in bagno, un veloce bicchiere d'acqua e di nuovo sotto le coperte. Nella mia testa, penso strane cose. Sto forse diventando matto?
Il dolore mi ha distrutto, sia mentalmente che fisicamente. Sono pallido, smagrito e ho due occhiaie da far paura. Potrei assomigliare alla Morte falciatrice di innumerevoli miniature medievali, e non farebbe una piega.
All'improvviso, il telefono squilla. Guardo lo schermo.
Sconosciuto.
Che nome terribile. Inquietante, carico di mistero e di ansia. Tutti dovrebbero avere un nome, e portarlo fieramente con sé: il beneficio del dubbio è riservato solo a Dio.
Più per curiosità che per altro, rispondo alla chiamata.
Ed è lì che incomincia il sogno. O è forse la realtà? Oramai, mi sembra così poco importante...
- Pronto? -
- Ciao, papà. -
Oddio, non può essere. Penso subito che sia uno scherzo, e anche di pessimo gusto, ma non riesco a pensarlo sul serio.
E' la sua voce, sembra ombra di dubbio. Innocente, infantile, carica di vita e di energia. Eppure, mi sembra così lontana. Scariche disturbano la chiamata.
- ...Anne? -
- Sono in un bellissimo posto, papà! C'è un laghetto azzurro e tutti i bambini ci giocano dentro, dovresti vedere! -
Scosto leggermente il telefono dall'orecchio, incredulo. Anzi, no: trasognato, ipnotizzato. Oramai il mio corpo si è dissociato dal cervello, che furente si è ritirato negli alloggi della coscienza.
Che diavolo sta succedendo?
- Chiunque tu sia, spero che ti stia divertendo. Ho una gran voglia di spaccarti la faccia, lurido pezzo di merda. -
- Papà, ma cosa dici? Alla mamma non piace che usi questo linguaggio in casa. Lo dice sempre, quando guardi la partita a cena. -
Sono senza fiato. Le sue parole mi fanno venire in mente un profumo dolce e invitante, quello del pollo della domenica. Gli Yankees battono i Red Sox e furente insulto Marc Bowers e la sua battuta penosa. Marta mi riprende, dicendo....
"Caro, non davanti ai bambini, insomma! "
- Ehi, papà. -
La sua voce, sembre più disturbata dalle scariche, si fa ora un poco più profonda, abbandonando il tono innocente e spensierato di una bambina di appena dieci anni. Ora a parlare sembra una donna matura, ben conscia del fatto che la vita cercherà di fotterla ancora una volta, ogni volta che ne avrà l'occasione.
- Tu mi vuoi ancora bene, vero? -
- Certo, piccola mia - rispondo, mentre lacrime traditrici cominciano a scendermi sul volto - certo. Dove sei? Chi c'è con te? -
- Sono tutti simpatici, qui. Il signor Collins mi ha detto che ci sono uova strapazzate e pancetta, per colazione. Quella affumicata che...
(uomini e donne di ogni età che bruciano vivi, intenti a correre qua e là)
che ti piace tanto papà
(lamiere grosse quanto porte, annerite dal fumo, dal fuoco e dal sangue)
papà, mi senti? -
Piango sempre più forte, mentre comincio a perdere il suo segnale. Adesso ogni parola, ogni suono che percepisco è disturbato da scariche.
Ma non voglio perderla.
Non un'altra volta.
- Anne. -
L'ho chiamata per nome: questo desta subito la sua piena attenzione.
- Ti voglio bene, piccola mia. -
- Anche io te ne voglio, papà. - risponde, in maniera appena percepibile. E proprio un secondo prima che cada la linea, sono sicuro di sentire....
- Non preoccuparti per me. Io sto bene, qui. -
- Ti voglio bene, papà. -
 
***
 
Seduto sul letto, paralizzato, stringo il cellulare nella mano destra, con gli occhi di un pazzo. Ho le lacrime agli occhi, ma non piango: la parte razionale della mia mente è morta, sepolta dalla tenebra dei miei istinti più primordiali.
Apro la finestra, guardando i dieci metri che mi separano dalla strada. Sarebbe una caduta veloce e senza dubbio fatale.
Ma non voglio togliermi la vita.
Mi affaccio e inizio a ridere sguaiatamente, senza nessun ritegno, come se mi avessero raccontato la barzelletta più divertente del mondo. Mentre lo faccio, mi chiedo il perché di questo folle gesto, apparentemente senza alcun senso.
Beh, volete sapere perché?
Rido perché ci sono volte in cui, se ci si ferma a pensare e si prova a usare la logica, si finisce per impazzire.
Ripenso a tutti gli eventi degli ultimi giorni, inclusa questa surreale telefonata con mia figlia - morta da giorni, il corpo ridotto a un cumulo di polvere e una tomba vuota che reca giusto il suo nome - e urlo il suo nome con tutta la mia forza. E d'un tratto, mi sento vivo.
Anne.
 
 
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NOTE DELL'AUTORE:
 
Fic ispirata al racconto di Stephen King: "New York Times in edizione speciale", raccolta di racconti Al Crepuscolo.
Spero vi piaccia.
  
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