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Autore: Bellis    05/05/2012    1 recensioni
Oscar Anstruther sta per intraprendere un lungo viaggio. La sua agitazione lo spinge a chiedere consiglio ad una vecchia e cara amica.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Diario della famiglia Anstruther'
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Questa storia è il regalo di compleanno della mia sorellina. Mi aveva chiesto di scrivere qualcosa per lei, ed io ci ho messo più di tre settimane, e sono persino in ritardo. Però, sorella bella, ti voglio bene, sappilo, e spero di cuore che questo breve scritto ti piaccia. *se la ingrazia*
L'ambientazione è quella del gioco di ruolo The Strand Magazine, i personaggi sono tratti da lì. Alcuni momenti descritti sono ispirati a quest effettivamente esistite, altri sono inventati di sana pianta. Il documento costituisce, credo, un AU del futuro del gioco.
Buona Lettura.


Il viaggio

"Mia diletta Korinne,

è l'emozione a ricondurmi di fronte allo scrittoio. È una forte agitazione interiore a spronarmi a riscoprire il piacere di scriverti. Sto per partire, sto per andarmene via da questo luogo; e tu sai quanto io detesti i viaggi. Non è tanto l'idea in sè di viaggiare ad essermi invisa, quanto la prospettiva di allontanarmi dal mio comodo salotto. Non è piacevole, abbandonare ciò che ci è familiare per una strada colma di ostacoli, di incognite e di estranei. È molto meglio la familiare visione di coloro che ci sono cari e dei luoghi che conosciamo, la consapevolezza di poter sempre contare su di loro, di poter prevedere ogni loro cenno, ogni moto d'animo, ogni sorriso, ogni gesto di stizza."

Un uomo camminava, impettito, lungo Kensington Road. L'atteggiamento altero, lo sguardo accigliato, il contegno austero, tutto lasciava intendere che egli fosse costantemente occupato in un'attività  della massima importanza, e che il suo incedere non dovesse essere interrotto per nessuna ragione. Stringeva il bastone nella destra, e la mancina si chiudeva intorno alla maniglia di una nera borsa da medico.

Ahilui, egli non sapeva quanto presto il suo cammino fosse destinato ad essere minato.
Una sfera bianca, della consistenza del ghiaccio compresso, si librò in volo in una traiettoria parabolica, sorvolando lo sterrato e terminando in un trionfale tonfo sulla stoffa del cappello a cilindro che il luminare indossava. Il capo d'abbigliamento, esterrefatto quasi quanto il suo proprietario, non poté far altro che collassare miseramente sul selciato grigio.

"Per Giove!" esclamò l'uomo, scoccando un'occhiata intorno e rischiando di sciogliere ogni centimetro di neve ammassata intorno con le fiamme sprizzate - idealmente - dalle sue iridi scure.

Una risatina infantile e deliziata precedette uno scalpiccio di passi in fuga.

"Giovanotto! Dico a lei, si fermi immediatamente!" esclamò l'avvilito dottore, agitando il bastone nella direzione del giovinetto che, non comprendendo bene il significato della parola
immediatamente, si stava prudenzialmente impegnando in una poco onorevole ritirata strategica.

"S-sir Oakshott," intervenne una voce sommessa e balbettante. "C'è qualcosa - che non va?" seguitò, preoccupato, un uomo allampanato e magro, uscendo dalla porticciola che conduceva al suo piccolo e poco frequentato studio di medico generico.

"Anstruther," masticò il baronetto, "La sua presenza non può essere frutto del caso. Quel giovanotto... quel monello di strada..."

"M-mio figlio, intende?" mormorò, sempre più atterrito, Tobias, raccogliendo il cappello e porgendolo al suo furioso interlocutore, che si affrettò a coprire nuovamente la testa canuta. "Cosa - che ha fatto?"

"Ah, suo figlio. Appunto: non ne ho dubitato per un solo istante." sospirò Oakshott, scuotendo gravemente il capo, con disapprovazione.

"Oh, non se la prenda col povero Tobias, Les," trillò una voce femminile, divertita, "Lui non c'entra nulla. Ho dato io l'idea al ragazzino. Non è vero, Joseph?"

Il bambino annuì con convinzione, complice. Dopotutto, rifletteva il suo giovanissimo intelletto, c'era un motivo se la bella irlandese era tanto amica della sua mamma: era proprio simpatica e certe volte aveva idee davvero divertenti.

"Che piccino intelligente!" Korinne sorrise in direzione dei due (l'uno quasi fuori di sè, l'altro sempre più perplesso), raggiante; prese per mano il bambino e si affrettò a condurlo verso un rifugio dove potessero entrambi dirsi al sicuro dall'ira dell'offeso luminare.

"Eppure, mia cara, l'ignoto ci attira. È un'esca dolce come il miele: risulta quasi stucchevole, alle volte; e come diceva il buon Frate Lorenzo, non sazia l'appetito. Abbiamo sempre fame del domani, e, come un sapore banale, abbiamo già  dimenticato cosa sia il passato. Quando finalmente siamo nel domani, abbiamo perduto il senso dell'oggi, e ci aggrappiamo al remoto ricordo di anni lontani, sperandoche possa tenerci in vita quando il futuro non è più una certezza. Sentiamo un tremito nelle ossa, ci sentiamo stanchi: la nebbia ci avviluppa, e abbiamo necessità di un faro che ci guidi fino ad un porto sicuro."

"Korinne..." mormorò Oscar, sospirando, e scambiando col fratello maggiore un'occhiata di compatimento. "Temo che tu abbia frainteso."

La donna sollevò pigramente lo sguardo da un libro di poesie. "Mmh?"

L'altro indicò prima il panchetto da pianoforte, sul quale lei era appollaiata accanto alla scrivania, e la poltrona della scrivania, che ella aveva trascinato sin davanti al pianoforte. "Hai scambiato poltrona e panchetto."

"Oh, shh. Sto leggendo. E poi è perfetto così, non trovi?"

Tobias, seduto sul divano, sorrise all'espressione di sconforto del congiunto, personalmente d'accordo con la signorina.

"No," controbatté Oscar, animo sensibile ed ora profondamente turbato. "È orribilmente asimmetrico. Vedi, prima il velluto rosso della scrivania faceva pendent con quello della poltrona, ed il velluto verde del panchetto si abbinava perfettamente a quello che protegge la tastiera del pianoforte."

"Ebbene? Bisogna pur cambiare, una volta ogni tanto. Bisogna sperimentare, provare, cambiare opinione, se ci accorgiamo di aver sbagliato. Bisogna accorgersi che il rosso non va sempre col rosso ed il verde non va sempre col verde." Korinne sorrise, "Altrimenti, come si può apprendere a considerare i fatti da più punti di vista? Si rimarrà degli ottusi per tutta la vita."

Oscar la osservò, ammutolito dal fervore di quell'affermazione casuale. Considerò attentamente le sfumature cromatiche della sua chioma rossiccia e dei suoi occhi smeraldini e giudicò che l'arredamento poteva rimanere anche così come lei l'aveva disposto. Il fratello, sorpreso ed anch'egli colpito da quelle parole, lo seguì con lo sguardo mentre si riaccomodava mollemente in una poltroncina accanto alla finestra.

"I ricordi si affollano l'uno sull'altro, e crediamo che ogni speranza sia perduta. Ci affidiamo ad una volontà superiore che riteniamo agire con giustizia, alla fortuna, alla guida di qualsiasi minuscolo lume che prometta di guidare il nostro cammino. Ci sentiamo come bambini in una foresta oscura ed infestata dai lupi. Ci sentiamo nudi, privi di armatura ed armi, di fronte a un destino la cui ombra incombe sempre più minacciosa su di noi."

"Figliolo, deve ritornare nella sua stanza, ora. Deve riposare."

La voce del dottor Joseph Bell era calma e profonda, ed il suo leggero sorriso di comprensione avrebbe ispirato tranquillità a qualsiasi animo la cui afflizione non fosse tanto profonda quanto quella di chi lo stava ascoltando.

"Non posso. Devo andare da lei. Lei ha bisogno di me, non posso abbandonarla ora che..."

"Ragazzo mio, purtroppo nessuno può fare più nulla per Korinne." lo ammonì Bell, con dolcezza, poggiandogli una mano su una spalla.

"Io ho potuto fare molto, invece." sibilò Oscar, lo sguardo vuoto fisso sul pavimento. "L'ho condotta io in quella casa. Ho appiccato io le fiamme alla paglia ed al legno di quel vecchio casolare. L'ho -"
L'ultima parola gli si spense in gola, giacché ammettere d'averla uccisa avrebbe implicato ammettere che ella non fosse più in vita. Non era pronto a farlo.

Il medico lo osservò, in silenzio.
"Gettarsi via non è mai la risposta giusta. Korinne lo sapeva. Le avrebbe detto esattamente la medesima cosa."

Il dottor Bell comprese tuttavia che la sua saggezza non avrebbe potuto nulla contro la piena dei sentimenti che invadeva il cuore del suo interlocutore.
"Nonostante questo, a causa mia, non potrà più rivelarmi una simile verità." sussurrò Oscar.

"Eppure, diletta, ad un certo punto ci rendiamo conto di trovarci realmente sull'orlo del baratro, e, con un guizzo della nostra maltrattata volontà, riusciamo a non precipitare nel più profondo abisso.
Solo in quel momento enumeriamo, nella nostra mente, ciò che avremmo potuto perdere, ciò che invece ci è stato concesso di tener saldo nella nostra mano. In quel momento, il tumulto dei nostri sentimenti si placa, e ritorniamo alla calma, come il mare dopo una tempesta. Ci ripromettiamo di essere prudenti: giuriamo a noi stessi che, da quel momento in avanti, la nostra fermezza non vacillerà e che non rischieremo mai più di perdere il bene che il Cielo ci ha concesso."

"Sono così felice di averti ritrovata. Che tu sia viva, che tu stia bene."

Da qualche giorno, quella frase era una costante: Tobias se l'aspettava come esordio ogni volta che, durante una passeggiata, incontravano Korinne, subito dopo una lunga occhiata colma d'affetto.

La donna scambiò con lui lo sguardo tipico di chi la sa lunga. "Pensa, come avresti mai fatto senza di me? Saresti diventato, una volta per tutte, un disperato criminale in cerca di visibilità."

"Cielo!" esclamò Oscar, ricambiando ironia con ironia, "Perché, non lo sono già?"

"No," ridacchiò Korinne, "Sei solamente un disperato in cerca di visibilità. Non sei un criminale."

"Capisco," Oscar sospirò, drammaticamente, "Il mondo avrebbe pianto la dipartita della mia onestà."

L'irlandese rise, un suono cristallino che al giovane era mancato troppo a lungo.

"Solo a quel punto la nostra vita riprende, procedendo lentamente lungo i binari di una strada che ci sembra sempre più diritta, sempre più prefissata ed immutabile. Nonostante le peripezie che ci hanno coinvolti, non possiamo che seguire il nostro fato e dirci soddisfatti, rifiutando ogni merito e prendendo su di noi ogni colpa, o rifiutando ogni colpa e prendendo su di noi ogni merito.

Abbiamo percorso la stessa strada a lungo, Korinne, e lo abbiamo fatto quando i suoi confini si perdevano all'orizzonte. Mi hai sempre detto che le nostre vite sono come rotaie dalla peculiare foggia, nelle quali i margini sono nascosti alla nostra vista sia nella lunghezza che nella larghezza: hanno infinite biforcazioni, e possiamo, alle volte, persino ritornare indietro.

Sèguito tuttavia, forse in virtù della vecchiaia, a ritenere che non tutto sia posto nelle nostre mani, e che esista anche una invisibile volontà che guida tutti noi attraverso queste infinite diramazioni, portandoci a scegliere ora l'una, ora l'altra.
Ringrazio questa superiore intelligenza che ci ha mantenuti vicini per molti anni. Ti scrivevo per chiederti consiglio, data la mia imminente partenza, ma vedo che il solo pensiero di te mi ha già dato molto conforto; ora mi sento meglio anche se sono stanco, e non posso più tenere in mano la penna. La tua guida e la tua presenza sono con me e lo saranno sempre, così come io spero di esserti presto vicino.

Con affetto, Oscar."

Tobias ripiegò accuratamente il foglio, riponendolo nella busta priva di indirizzo all'interno della quale l'aveva trovato. Si guardò intorno: il salotto dell'appartamento di Aldwych non gli era mai parso così polveroso e spoglio. Doveva essere la presenza di Oscar a rendere meno opachi i colori e più elegante l'ambiente.

Si chiese come mai il fratello non avesse consegnato quella lettera: forse gli era mancato il tempo, rifletté. Ma gli sovvenne subito alla mente una spiegazione migliore. In effetti era quello il luogo giusto in cui essa doveva essere conservata. Quello era il solo luogo che potesse rendere giustizia allo scritto: risuonava ancora dell'eco dei molti ricordi che né la pioggia né i visitatori dei solitari sentieri di Highgate avrebbero potuto rievocare.

Il medico ripose con delicatezza il piccolo involucro sulla mensola del caminetto e sedette in poltrona sperando, per un solo momento, che uno di quei ricordi potesse portarlo via con sè per qualche minuto.


   
 
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