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Autore: Har Le Queen    05/05/2012    4 recensioni
Ricominceremo da qui, scrivendo un nuovo capitolo nel libro della vita con la sua vecchia copertina consunta, che ne dici Kou? Vuoi darmi la tua mano e volare con me?
Io voglio te.
Ed il tuo sorriso splende come il sole d’agosto.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aoi, Uruha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui con una nuova shot *^* chi l’avrebbe mai detto, di solito le shot non fanno per me xD ma questa è nata senza obiettivi né pretese u.u soltanto per il semplice gusto di scrivere n.n spero che vi piaccia lo stesso >___< a presto e buona lettura

grazie tesora, mi sopporti sempre xD

Voglio te.

 

Il fruscio delle lenzuola ruvide accompagna la mia ennesima notte insonne. Da ore, non faccio altro che cercare una posizione che mi concili il sonno, ma da quando questo letto è troppo grande per me fatico ad addormentarmi. Ho paura di sognarti di nuovo, di rivivere quei momenti ancora e ancora in un ciclo senza fine che finirebbe solo col distruggere definitivamente quello che resta di me, quel briciolo di lucidità che mi tiene ancorato alla verità.  Ogni notte sento la tua voce che penetra melliflua nel mio petto, vedo le tue mani prendere i vestiti dall’armadio e gettarli alla rinfusa nella valigia aperta sul letto, vedo le tue lacrime bagnare le lenzuola che mi avvolgono ancora. Te ne sei andato, ed io non ho fatto nulla per fermarti. Il carattere orgoglioso che tanto amavi è stato ciò che mi ha impedito di correrti dietro, strapparti quella valigia di mano e sbarrarti la strada. Ti ho lasciato andare via, ho lasciato che il tuo amore mi scivolasse via dalle dita. Ed ora, Kouyou, farei di tutto per riaverti qui. Non ti ho mai tradito, nonostante la tua gelosia sia stata troppo cieca per credermi, non lo avrei mai fatto.

Due anni sono difficili da cancellare con un colpo di spugna, è impossibile non vederli semplicemente chiudendo gli occhi e facendo finta che siano appartenuti ad un’altra vita. Sapevamo che sarebbe stato un rischio stare insieme, essendo membri della stessa band sarebbe stato difficile se fosse andata male; forse avremmo dovuto ascoltare chi ci diceva che non saremmo durati? Tu troppo maturo per me ed io, nonostante i miei anni, troppo poco per te. No. Nessuno ha mai saputo di che parlava, tutti si sono sempre sentiti in diritto di giudicare la nostra storia senza sapere quanto eravamo perfetti l’uno per l’altro. Loro non erano con noi mentre facevamo la doccia insieme, mentre mangiavamo il cibo bruciacchiato che avevi cercato di cucinare per me, quando sopportavo di restare accanto a te mentre giocavi con quegli stupidi videogiochi che tanto odiavo. Non erano con noi quando urlavo il tuo nome e tu ti riversavi dentro di me. Eravamo soltanto io e te, il mondo era chiuso fuori, il tempo era solo uno stupido concetto astratto. Ed il mio bellissimo sole splendeva soltanto nel mio universo.

Sognavamo una vita insieme, felice, una vita che non è mai arrivata, una vita che è rimasta tra le opportunità mai colte e i pensieri abbandonati. Non so neanche dove sei ora, so soltanto che hai deciso di guardare avanti cercando qualcun altro per riempire il vuoto che sentivi nella tua anima, chissà se ha i capelli neri come i miei? Se anche lui adora le tue labbra come me, se resta ore a guardarle mentre nel cielo si accendono le luci dell’alba. Pensi ancora a me mentre scopi con lui? Io penso a te tutte le volte. Probabilmente chi è con te ora non sa quanto tu sia ancora mio, forse non lo sai neanche tu. Ti piaceva fingere di baciare le stelle e, ridendo, baciavi me: la tua stella. Lo fai anche con lui? Gli hai mai parlato di me come un rimpianto? Forse mi hai dimenticato come io non sono riuscito a fare, sei sempre stato tu il più forte tra noi due.

Dovrei smetterla di torturarmi in questo modo, ma non riesco a lasciarti andare, tantomeno a dirti addio. Mi alzo abbandonando quel poco di calore che ancora sento sulla mia pelle, ho lasciato il computer acceso dopo aver parlato con Akira, ognuno vive la sua vita ora, lasciando me hai lasciato anche loro portandoti via la nostra ragione di vita. Non so se loro provano rancore verso di te, io non potrei mai, per questo ho provato a chiamarti e cercarti senza successo.

Percorro la stanza illuminata dalla luce che viene dallo schermo, passo davanti alla mia chitarra impolverata, davanti ad una tua fotografia e mi perdo nel buio della casa; in cucina prendo una birra dal frigo e mi fermo a guardare il cielo dopo averla aperta, è ancora scuro. Pian piano si rischiarerà riempito dai sogni luminosi di chi ancora dorme, di chi ha ancora qualcosa in cui sperare, qualcosa da desiderare. Io, invece, non sogno più. Ti ho avuto e nient’altro sembrerà mai bello quanto te. Potrei cercarti nell’uomo più bello che esista, potrei cercare la tonalità del tuo sguardo negli occhi di qualche sventurato, ma so già che non riuscirò mai a trovarti in nessun altro, tu sei splendido e pericoloso come un esemplare raro. E ti perdo di nuovo ad ogni stanco respiro, ad ogni battito lento del mio cuore che sembra sussurrare il tuo nome.

Mi siedo sulla sedia che occupavi sempre tu, quella vicino all’angolo che formano le pareti, dicevi di sentirti più protetto lì ed invece io sento ingrandirsi la voragine che hai lasciato dentro di me, il vuoto scava, graffia, lacera finché non riuscirà a passarmi da parte a parte. Magari così mi lascerà in pace. E’ incredibile, ma a volte mi sembra che tu non te ne sia mai andato, il tuo ricordo mi parla ancora proprio come se fossi davanti a me.

Il ticchettio dell’orologio a muro, il cane dei vicini, il traffico che si fa sempre più intenso, sono questi i rumori che mi giungono ovattati e che mi fanno compagnia fino a che non vedo un raggio di sole sporcare la moquette su cui hai rovesciato un po’ di caffè. Quella macchia non è più andata via, come se volesse ricordarmi che un tempo c’eri anche tu qui con me. Stupido. Incoerente. Mentre mi alzo la lattina di birra, ormai vuota, cade senza neanche un suono, mi aspetto di vedere il tuo sguardo di rimprovero per la mia sbadataggine ed invece non ci sei. Non sarai qui a consigliarmi quale direzione prendere, non sarai qui per gioire dei miei successi e rimproverare i miei sbagli. Sbaglierò da solo. Ed io non sarò lì a vegliare su di te mentre ti lasci cullare dai tuoi sogni, a darti forza quando sarai debole, a renderti completo e alleggerire le tue sofferenze. Chi mi salverà ora?

Con movimenti meccanici mi preparo per andare a lavoro, ora mi occupo di gruppi emergenti, l’ennesimo sbaglio che mi costringe a rivivere i nostri anni insieme, ti rivedo crescere insieme a me fino a diventare l’uomo che sei oggi. Ma non vedrò la cenere imbiancare i tuoi capelli, le rughe coprire i tuoi lineamenti e non posso accettarlo. Devo trovarti, irrompere nella tua vita come tu hai fatto con me e pregarti in ginocchio di prendere la mia mano. Voglio te. Te e nessun altro. Te con tutte le tue perfezioni ed i tuoi difetti. Quasi non mi vedo mentre mi specchio e pettino i capelli neri, al posto della spazzola vedo la tua mano, i tuoi occhi nei miei mi guardano con aria di rimprovero come a pormi una muta domanda: cosa hai fatto? Perché hai lasciato la presa? Cosa posso risponderti io, se non un silenzio pieno di lame affilate come i miei pensieri.

Mi ritrovo seduto nel bar in cui insistevi per fermarti ogni mattina, tu sei sempre stato abitudinario mentre a me piace cambiare e ti ho sempre accontentato, la tua felicità veniva sempre prima della mia. Anche ora, se sapessi che sei felice potrei…potrei smetterla di prendermi in giro. Faccio la stessa strada ogni mattina, conto i passi che mi dividono dal tavolino dietro la vetrata sperando di rivederti ancora li, a ridere spensierato mentre osservi fuori e ringrazi di non avere un lavoro stressante come gli uomini che corrono in ritardo. Per sei mesi non ho fatto altro, né pioggia né neve mi hanno fermato, ma al posto tuo c’era sempre il viso irregolare di uno sconosciuto. So bene che sono soltanto un illuso, ma la speranza di poterti rivedere in uno di quei luoghi che chiamavi nostro mi spinge a cercarti, ad aspettarti come farebbe un cane con il suo padrone, perché è questo che sei: il padrone del mio cuore, del mio corpo e della mia anima. Perciò vieni a reclamare ciò che è tuo, stringi ancora la presa sui miei sensi fino a farmi sanguinare, inebriami di te. Voglio perdermi dentro di te senza possibilità di ritrovarmi, come facevo un tempo.

Sono dei capelli biondi ad attirare improvvisamente la mia attenzione mentre mi avvicino alla vetrina, ma solo quando riesco a distinguere le forme mi rendo conto che non sei tu. L’ennesimo battito mancato e perso per sempre, spero che almeno arrivi a te. Oggi non ho voglia di fermarmi qui ed aspettare di vederti entrare, perciò mi volto appena in tempo per scorgere la tua figura dall’altro lato della strada. Se prima era volato un battito, ora ho sentito il cuore cadermi per rotolare ai tuoi piedi. Ti chinerai a raccoglierlo o continuerai per la tua strada calciandolo via? Non mi interessa che qualche macchina mi metta sotto, comincio a correre verso di te proprio come se da questo dipendesse la mia intera esistenza, anzi è proprio così. Un nodo che mi stringe la gola mi impedisce di urlare il tuo nome, non posso lasciarmi scappare questa occasione ed avere l’ennesimo rimpianto, forse non è giusto pretendere qualcosa da te dopo tutto questo tempo e le mille sofferenze che ci siamo inflitti, ognuna con una sfumatura diversa, ognuna sempre più in profondità, ma da perfetto egoista quale sono non mi interessa. Stavolta penserò a me e a quanto ti voglio.

“Kouyou!” finalmente riesco a dare un nome ai miei tormenti. Mi fermo senza avere il coraggio di avvicinarmi, le tue spalle sono state l’ultima cosa che ho visto mentre uscivi da quella porta e non riesco ancora a credere che tu sia qui a pochi passi da me. Comincio quasi a tremare aspettando di rivedere il tuo volto, chissà se sei cambiato? Sento il peso di milioni di sentimenti esplodermi nel petto, recriminazioni, urla, carezze, eccitazione.

Finalmente ti volti. Ed è come se non fossi qui, la mia mente non riesce a realizzare ed elaborare ciò che gli occhi bramano di scandagliare fino al più piccolo particolare. Sei sempre lo stesso, eppure diverso, perché in tutti questi mesi avevo quasi dimenticato cosa volesse dire guardarti e sentirsi meno di niente, aver voglia di piangere, sentire il bisogno di essere qualcosa in più per raggiungere la tua perfezione. “Yuu, sei tu.” la tua espressione è sorpresa, probabilmente non ti aspettavi di vedermi qui. Ma io ci sono. E non me ne andrò.

Mi avvicino inconsapevolmente ora che ti sei fermato e resti in attesa delle mie parole. “Ti ho cercato.” non dovrei aggredirti ancor prima di averti detto di amarti, ma in questo momento mi sento sospinto dalle lunghe notti passate su una scomoda sedia ad aspettarti, a guardare la vita scorrere aldilà di una finestra, ad osservare il mondo vorticare impazzito mentre mi lasciava indietro.

“Lo so.”

Io…”mi fai un cenno con la tua mano lattiginosa e le parole si infrangono nella mia laringe.

“Non rovinare tutto di nuovo.”

“Di nuovo?”non capisco dove tu voglia arrivare, di solito queste parole presuppongono una seconda possibilità, sei disposto a darmela Kou?

“Si. Ti ho cercato anche io, ma non ho avuto il coraggio di parlarti.”

Abbasso lo sguardo sulle mie scarpe trovandole improvvisamente interessanti. “So che c’è qualcun altro nella tua vita ora, mi sbaglio?” so benissimo di non sbagliarmi, ma voglio che tu mi guardi negli occhi quando infliggerai una stilettata al mio petto ormai vuoto. Un involucro fragile che può sgretolarsi al vento da un momento all’altro, una conchiglia abbandonata sulla sabbia e spinta via dalle onde, questo è ciò che sono diventato. Ho bisogno di te, ho bisogno che tu mi riporti alla vita e mi disseti.

“E’ vero. Ma…

“C’è un ma?”

“Ma lui non è te.” credo di aver visto delle piume nivee vorticare intorno a te, forse si sono staccate dalle tue bellissime ali. “Lui non…

Ssh.” ormai sono ad un passo da te ed il mio dito si infrange sulle tue labbra premendole per farmi impazzire. Ti farei mio su questo marciapiede. “Non c’è bisogno che tu dica altro.”

“Oh si, invece.”

“No, devi solo sapere che ti amo e non ho mai smesso.” il tuo sorriso equivale a milioni di parole non dette, migliaia di pensieri che si addensano intorno a me, ed io riesco a sentirli, a percepire il loro odore, il loro sapore ritrovando me stesso. Anche tu non hai mai smesso di amarmi o non saresti tornato qui. Dimmelo, lascia che la tua voce mi inondi i timpani come una marea che sale e scende, che si muove lenta e sinuosa come il tuo corpo su di me. Ti amerò per sempre, finché nel mio corpo scorrerà linfa vitale, finché esalerò l’ultimo respiro che porterà il tuo nome.

“Anch’io.” è come se innumerevoli farfalle avessero spiccato il volo nello stesso istante in cui le tue labbra si sono arricciate per parlarmi. Farfalle dai colori più vivaci che ci hanno avvolto in una crisalide di speranza. Ricominceremo da qui, scrivendo un nuovo capitolo nel libro della vita con la sua vecchia copertina consunta, che ne dici Kou? Vuoi darmi la tua mano e volare con me?

Io voglio te.

Ed il tuo sorriso splende come il sole d’agosto.

 

 

 

 

 

 

   
 
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