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Autore: _Pandora_    05/05/2012    3 recensioni
Sequel di "Malato d'Amore"
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"Midorikawa voltò il capo alla sua destra, verso la porta della stanza: sull’uscio stava la signora Kumoi con un vassoio con sopra due tazze, zuccheriera e un piattino con dei biscotti in mano.
Sorrideva ed era immobile, come ferma nel tempo.
Ryuuji si chiese quanto si doveva essere sfigati da uno a dieci per finire in una situazione simile.
Non gli fu difficile rispondersi: dieci.
Era evidente che sua madre stava fraintendendo tutto.
Già, perché in una circostanza del genere era impossibile non fraintendere: vedere il proprio figliastro sdraiato sul letto con un suo amico a cavalcioni sopra di lui.
Come si fa a non fraintendere?"
 
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jordan/Ryuuji, Nuovo personaggio, Xavier/Hiroto
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Hiro*Mido 4Ever!'
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Malato d'Amore 2 - La Vendetta
(Di Hiroto o di Ryuuji?)


Ryuuji sbuffò pesantemente.
Se ne stava sdraiato nel suo comodo letto con le coperte tirate su fino al naso.
Sentiva caldo, terribilmente caldo, ma quando provava a scoprirsi congelava.
La porta si aprì e sull’uscio comparve la figura preoccupata di sua madre.
Sia chiaro, non la sua vera madre ma una signora che l’aveva adottato poco tempo prima.
Non c’erano legami di sangue tra i due, eppure quella donna lo trattava proprio come se fosse stato il suo unico vero figlio.
E Ryuuji le era veramente grato per questo, perché si sentiva amato e apprezzato.
Sentiva di appartenere a una famiglia.
La donna si sedette accanto a lui e con dolcezza gli tolse la pezza dalla fronte per bagnarla nella bacinella sul comodino.
-come va?- domandò premurosa mentre strizzava il panno.
Ryuuji rispose con un mugolio stanco mentre sua madre gli posava delicatamente la pezzetta sulla fronte calda.
-capisco…- prese il termometro e gli misurò la febbre: 40.5
Scosse lievemente il capo contrariata guadagnandosi un’occhiata interrogativa del pistacchietto.
-non va bene, ti è salita ancora la temperatura. Accidenti Ryuu-chan, si può sapere cos’hai fatto per beccarti un simile febbrone?-
Midorikawa arrossì e ringraziò il cielo perché tale rossore era attribuibile alla febbre.
Tutte le immagini di quel giorno sfrecciarono nella sua mente: il petto nudo di Hiroto, la temperatura alta del ragazzo, la telefonata di Reina, la disavventura al supermercato, il buon piatto che aveva preparato, il viso tranquillo del rosso mentre dormiva, il suo cuore che batteva a mille, pensieri, parole e… il bacio.
Era bastato quel dolce e semplice tocco di labbra a fargli salire la temperatura alle stelle, ed ora che erano già passati tre giorni sentiva ancora il cuore che gli tamburellava nel petto.
Se la signora Kumoi (la sua madre adottiva) fosse venuta a sapere di un simile dettaglio, apprensiva com’era nei suoi confronti sarebbe andata a casa di Hiroto e l’avrebbe strangolato con le sue mani.
No, decisamente non era il caso di dirglielo.
Né a lei, né a nessun altro.
Neppure a Hiroto, perché lui dormiva quando era successo “il fattaccio”, vero?
-allora?- domandò la madre discostandolo dai suoi pensieri.
Lui scosse il capo per farle intendere che non aveva idea.
La donna sospirò pesantemente e si diresse fuori dalla stanza.
-se hai bisogno di qualcosa non esitare a chiamarmi- e si chiuse la porta alle spalle.
Ryuuji strinse la borsa dell’acqua calda sulla pancia e posò il suo sguardo stanco e spento sul bianco soffitto.
E per la prima volta si sentì solo e abbandonato.
No, forse non era la prima volta.
Anche dopo la morte di suo padre e di sua madre lui si era sentito perso.
Ricordava ancora perfettamente la rabbia, il dolore e la frustrazione che aveva provato quel giorno, sentimenti di cui un bambino non dovrebbe neppure immaginare l’esistenza.
E tutte le persone che lo conoscevano cercavano di tirarlo su, e anche quelli che in realtà non sapevano neppure chi fosse; erano tutti lì, a compatirlo e a guardarlo come se fosse penoso.
E gli dicevano “mi dispiace” “mi dispiace” “mi dispiace”, e glielo ripetevano fino alla nausea.
Ma “mi dispiace” di cosa?
Loro non avevano fatto niente no? E allora per quale motivo dovevano dispiacersi e scusarsi.
Ryuuji non riusciva davvero a capirli, e più li sentiva parlare più si chiudeva in sé stesso.
E poi, quando aveva deciso di farla finita e raggiungere i suoi tanto amati genitori, era apparso LUI.
Era una ragazzino della sua stessa età eppure era molto più bravo e forte: aveva il fuoco che gli bruciava dentro.
LUI non gli aveva detto “mi dispiace”, né nulla di simile; non gli aveva fatto domande sull’incidente né aveva toccato l’argomento.
Si era semplicemente presentato e l’aveva invitato ad andare con LUI al Sun Garden.
E come rifiutare una simile offerta?
Però adesso LUI non c’era.
LUI non sarebbe venuto a fargli compagnia, né gli avrebbe teso la mano.
E questo lo rendeva infinitamente triste.
Si tirò la coperta ancora più su, coprendosi gli occhi nel tentativo di perdere il contatto con la realtà che ora come ora detestava.
E udì un rumore.
Si mise seduto e tese un orecchio nel tentativo di capire di cosa si trattasse.
E lo udì di nuovo.
Era un lieve TIC, appena udibile, e veniva da qualche parte alla sua destra.
Si mise faticosamente in piedi e nel sentirlo di nuovo si rese conto che veniva dalla finestra.
Con passo pesante si trascinò fino al vetro e lo aprì.
Una mina vagante gli sfrecciò accanto all’orecchio facendolo cadere con il sedere per terra.
-ma che diavolo…?- domandò lievemente alterato con gli occhi spalancati.
Si voltò e vide a pochi passi da lui un sassolino.
Come ci era arrivato fin lì?
Di nuovo qualcosa entrò dalla finestra e lo colpì preciso in testa.
-aio!- si lamentò massaggiandosi il capo.
Possibile che qualcuno stesse lanciando sassi contro la sua finestra per attirare la sua attenzione?
Ma ora che ci era riuscito perché continuava a farlo nonostante la finestra aperta?
A meno che non ci aveva presto gusto!
Si scansò di scatto evitando l’ennesima pietra e si alzò in piedi indispettito.
-ehi!- esclamò quando si affacciò alla finestra –che cavolo…!?- ma le parole gli morirono in gola quando incrociò lo sguardo glaciale di Hiroto.
Già, lo sguardo del LUI a cui stava pensando e che desiderava incontrare.
-Ciao Mido-chan- salutò Hiroto sorridendo come un ebete.
La faccia di Midorikawa mutò completamente: se prima era sorpreso ma anche molto felice, ora era scocciato e annoiato.
Ovviamente il suo volto non rispecchiava il suo stato d’animo in subbuglio, ma non poteva dargliela vinta.
-che vuoi?- domandò secco.
Il sorriso di Hiroto si allargò e il cuore di Midorikawa perse un battito –sono venuto a farti visita- esclamò pieno di vita –Tu ti sei occupato di me e allora io mi occupo di te-
Silenzio.
Quando Ryuuji si rese conto di cosa aveva detto il suo compagno, non poté fare a meno di avvampare.
E un simile rossore non poteva essere coperto neppure dalla febbre tanto era intenso.
-m-ma che d-dici!- balbettò in preda al panico –non ce n’è b-bisogno!-
-sì invece! E poi è giusto che ricambi il favore che mi hai fatto qualche giorno fa!-
Ryuuji scosse il capo con vigore –n-non devi disturbarti!-
-ma non è un disturbo!-
Certo, per lui era un piacere.
Hiroto amava ammaliarlo con il suo fascino e metterlo in situazioni imbarazzanti, e un’occasione simile non se la sarebbe fatta di certo fatta sfuggire.
Ma come aveva fatto a scoprire che stava male?
Quando aveva scoperto di avere la febbre, aveva pregato sua madre di far trapelare il meno possibile la notizia per evitare invasioni in casa di amici, quindi come era possibile che LUI lo sapesse?
Di sicuro aveva flirtato con una prof per farsi dare qualche informazione.
“Che schifo, sono indignato.”
Hiroto inclinò lievemente il capo di lato nel vedere i continui cambi d’espressione del suo Ryuuji: prima era sorpreso, poi scocciato e ora… indignato?
Ma perché?
-Mido-chan?- Hiroto lo chiamò riuscendo ad attirare la sua attenzione –posso salire?- domandò.
Ryuuji il scosse il capo con vigore –è meglio se te ne vai, non c’è bisogno che tu rimani. Ho già Taffy, e basta ed avanza-
Silenzio.
Taffy?
Mido-chan aveva dettoTaffy?
In camera di Mido-chan c’era… Taffy?
In nome del cielo, chi diavolo era Taffy?
E perché lui non sapeva neppure che esisteva questa maledetta Taffy?
E perché Ryuuji aveva permesso aTaffy di salire mentre a lui no?
Hiroto si sentì montare dentro la rabbia e una “nube” di gelosia lo investì.
Strinse i pugni e a capo chino fece per allontanarsi.
Ryuuji lo guardò confuso, poi sospirò di sollievo e si ritirò nella stanza.
Mentre si sedeva sul suo caldo e comodo letto la porta della stanza di aprì e sull’uscio comparve di nuovo sua madre.
Sorrideva in modo anomale e questo spaventò non poco il pistacchietto.
-Ryuu-chan un amico è venuto a trovarti- disse energica, dopodiché si scansò e gli permise di vedere chi c’era alle sue spalle.
Anche se era chiaro chi fosse.
-Ciao Mido-chan, come stai?- domandò Hiroto con lo stesso sorriso da ebete che aveva quando si era affacciato alla finestra.
Che bastardo.
Dunque non aveva rinunciato, ma si era autoinvitato a casa sua.
E si stava comportando come se la discussione alla finestra non c’era mai stata.
-vi lascio soli- disse la signora Kumoi uscendo dalla stanza.
Ryuuji tentò di fermarla ma quella chiuse la porta prima che potesse formulare una qualsiasi frase di senso compiuto.
Ecco fatto, era spacciato.
Era caduto tra le spire di Hiroto e fuggire… sarebbe stato impossibile.
Certo che era il colmo: intrappolato nella sua stessa camera.
Bhé, in teoria quello doveva essere un fattore piuttosto rilevante.
Stavolta Mido-chan giocava in casa e quindi forse  aveva qualche speranza di vincere la battaglia che si sarebbe presto scatenata.
Troppo impegnato a pensare, il piccolo Ryuuji non si accorse minimamente che l’espressione di Hiroto era completamente cambiata: se prima sorrideva ora… era la gelosia fatta persona.
E non si rese conto neppure del fatto che aveva cominciato a ficcanasare per la stanza.
Dopo aver aperto l’armadio, guardato sotto il letto, passato a raggi X tutti i cassetti e i contenitori nella stanza, con la potenza di un tornado afferrò Midorikawa per il colletto e lo sbatté contro la parete facendolo spaventare.
-H-Hiroto?- la voce di Ryuuji era agitata e sconnessa.
Il pistacchietto era a metà tra lo sconvolto e lo spaventato.
Che diavolo era preso a Hiroto?
Prima entrava tutto sorridente nella stanza e poi lo sbatteva conto il muro?
-H-Hiroto…- lo chiamò terrorizzato.
Cercò di divincolarsi ma invece di liberarlo Hiroto aumentò la stretta e lo sollevò da terra.
Afferrò con una mano il polso del braccio che gli stringeva il colletto e cercò di sollevarsi nel tentativo di prendere aria.
Ok, la situazione stava degenerando.
In quella posizione Hiroto poteva fargli TUTTO quello che voleva.
Già, proprio Tutto.
Ryuuji aveva sempre pensato che un giorno Hiroto l’avrebbe sbattuto contro un muro e l’avrebbe baciato a forza.
Che quel giorno… fosse arrivato?
E se non si fosse limitato ad un semplice bacio?
Se fosse andato oltre?
A quel punto cosa avrebbe potuto fare Mido-chan, debole com’era a causa della febbre?
Però Hiroto non sembrava intenzionato a fare quello, anzi aveva la faccia di uno che si tratteneva dal rompere tutto.
E se l’avesse picchiato?
Il suo viso Super-Kawaii sarebbe stato ridotto in frantumi.
Ryuuji sbiancò visibilmente, anche per colpa della mancanza d’aria.
Poi un nuovo pensiero si fece strada nella sua testolina confusa: e se Hiroto l’avesse picchiato e poi avesse fatto… quello?
Oppure viceversa?
Sarebbe stata una sconfitta totale, ne sarebbe uscito distrutto.
Scosse mentalmente il capo.
“no, Hiroto non è quel tipo di persona” pensò.
Però non riusciva a togliersi dalla testa le immagini che la sua mente malata stava inventando di sana pianta.
Ok, era evidente che oltre alla febbre Hiroto gli aveva passato anche la perversione.
-H-Hiroto…- balbettò in preda al panico -n-non r-respiro…-
-dov’è-
Silenzio.
In un attimo la paura scomparve, così come le idee perverse che gli sfrecciavano in testa.
-E-Eh?-
-dov’è- ripeté il rosso.
-C-Chi?- domandò Ryuuji perplesso.
Hiroto sbuffò –non fare il finto tonto- disse, ma non fece altro che aumentare la confusione nella testa di Ryuuji.
I loro sguardi si incrociarono, il rosso si decise a parlare.
-parlo di Taffy ovviamente!-
Silenzio.
-T-Taffy?-
-Sì, Taffy! Dove l’hai nascosta? Avanti, dimmelo!-
Silenzio, di nuovo.
Tutti i muscoli tesi di Ryuuji si rilassarono all’istante.
Le sue labbra contorte in una smorfia si allungarono in un sorriso.
-ahah- iniziò a ridacchiare mentre Hiroto lo guardava confuso.
Poi non riuscì più a trattenersi e scoppiò in una sonora risata.
Il rosso lo lasciò finalmente andare e lui cadde in ginocchio e poi su di un fianco.
-Mido…chan?-
-Oddio!- esclamò lui tra una risa e un’altra –Taffy!-
-Sì, Taffy. E allora?-
Midorikawa strinse le mani sulla pancia –T-Taffy è… Taffy è…- ma non riuscì a rispondere tanto era divertito.
-Mido-chan!- esclamò allora Hiroto scocciato.
Il pistacchietto gli rivolse un’occhiata burlesca –Taffy è la mia borsa dell’acqua calda- disse, poi aggiunse –il nipote della signora Kumoi gli ha dato questo nome e allora io mi sono abituato a chiamarla così-
Silenzio, solo le risate di Ryuuji rompevano la quiete.
Dopo un istante di smarrimento Hiroto arrossì imbarazzato.
-n-non dirmi che eri geloso- continuò Midorikawa trattenendosi dal ridacchiare
Il silenzio di Hiroto fu più loquace di qualsiasi parola.
-Hiroto, tu eri geloso… di una borsa dell’acqua calda- e di nuovo scoppiò in una risata canzonatoria.
-Mido-chan!- esclamò il rosso gonfiando le guance.
-oddio, le costole! Mi fanno male le costole!- si lamentò Ryuuji continuando a rotolarsi per terra divertito.
Poi però la gola prese a bruciargli terribilmente.
Cominciò a tossire e si coprì la bocca con una mano cercando di smettere.
Hiroto sobbalzò e si inginocchiò accanto a lui –Mido-chan, va tutto bene?- domandò preoccupato.
Il pistacchietto annuì e con il suo aiuto si rimise in piedi e si andò a sdraiare sul suo letto.
“Ti sta bene” pensò per un istante Hiroto mentre gli rimboccava amorevolmente le coperte.
Ryuuji tirò fuori da sotto le coperte la borsa dell’acqua calda –ecco Taffy, la cercavi no?-
Hiroto arrossì di nuovo facendo sorridere Ryuuji divertito.
-smettila!- esclamò imbarazzato.
-E come faccio? È troppo divertente- disse Ryuuji ridacchiando.
-Mido-chan! Guarda che così finirai per tossire di nuovo!-
Ryuuji ammutolì, era meglio se non si sentiva male in presenza di Hiroto.
Hiroto sorrise soddisfatto, poi prese la sedia della scrivania e si sedette accanto al letto del pistacchietto.
-Allora, come va?- domandò.
Ryuuji voltò il capo verso sinistra per non guardarlo –valuta tu-
-Bene?- azzardò Hiroto.
Midorikawa gli lanciò un’occhiataccia –No, male!- dopodiché si voltò di nuovo.
-mi dispiace-
Ryuuji sobbalzò e posò i suoi occhi nero pece sul rosso, che teneva lo sguardo fisso sul pavimento.
Stava per domandargli per quale motivo, ma Hiroto fu più veloce di lui.
-è colpa mia se hai la febbre e sei costretto a letto-
Silenzio.
Cosa voleva dire?
Aveva forse scoperto del bacio che Ryuuji gli aveva dato mentre dormiva?
Ryuuji avvampò, il cuore prese a battergli forte forte come ogni volta che pensava a quel momento.
-c-cosa…?- balbettò confuso.
Finalmente Hiroto posò i suoi occhi acquamarina su di lui e chiarì tutto quanto –è perché ti sei preso cura di me quando ero malato, no?-
Il pistacchietto si rilassò e sospirò di sollievo –ah, intendevi quello- biascicò con un filo di voce.
Hiroto lo guardo confuso –perché, c’è qualcos’altro?-
In risposta il suo amico scosse in capo con vigore, guadagnandosi un’occhiata interrogativa.
-Comunque… non è colpa tua- mormorò Midorikawa coprendosi il viso con le coperte –sono io che sono cagionevole di salute-
In realtà era chiaro come il sole che fosse colpa di Hiroto, però Ryuuji non voleva vedere il suo viso triste, non voleva vederlo con lo sguardo fisso a terra colpevole, non voleva sentirlo dire “mi dispiace”.
Rimasero pochi istanti in silenzio, poi il più piccolo tirò fuori la testa da sotto le coperte per sbirciare fuori.
Il suo cuore perse immediatamente un battito quando il suo sguardo incrociò quello sereno di Hiroto.
-grazie Mido-chan- disse sorridendo.
E di fronte a quel sorriso Ryuuji si sciolse, impotente.
Come resistere a tanta bellezza?
Anche se “giocava in casa” era impossibile.
Quella che stava combattendo contro Hiroto era una battaglia persa in partenza.
-Oh, tutto bene Mido-chan?- domandò Kiyama –sei tutto rosso-
Il pistacchietto mugolò qualcosa di incomprensibile anche a sé stesso.
-non sarà che… sei imbarazzato?- e dopo una simile affermazione, Ryuuji per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.
-ma figurati!- esclamò infilando la testa sotto il cuscino.
Sentì la risata cristallina del rosso invadere la sua stanza ed entrargli nelle orecchie.
E sorrise.
Sorrise perché non era più solo.
Sorrise perché finalmente c’era qualcuno a fargli compagnia.
Sorrise perché c’era LUI, il suo Hiroto, ad assisterlo in quel momento di bisogno.
Il suo sorriso si spense non appena sentì il passo leggero di Hiroto allontanarsi e lo scricchiolio della porta che si apriva.
Come una molla scattò seduto –Hiro-chan!-
Silenzio.
Oh cavolo.
Come l’aveva chiamato?
Hiro-chan?
Ma come gli era saltato in mente!?
Più e più volte Hiroto gli aveva detto di dargli un soprannome, più e più volte gli aveva Chiesto di non chiamarlo per cognome o per nome ma di trovare un nomignolo affettuoso con cui potesse chiamarlo solo lui.
E alla fine era saltato fuori “Hiro-chan”.
Ma il pistacchietto si era rifiutato categoricamente di utilizzare un appellativo così dolce e amichevole.
Mai e poi MAI l’avrebbe chiamato in quel modo.
Ed ecco, all’improvviso, che, senza un motivo preciso, non lo chiamava Hiroto come al solito ma utilizzava quel soprannome di tanto tempo prima, quel nomignolo che non voleva usare.
Hiroto, che stava sull’uscio della porta, si voltò molto lentamente; sul viso aveva un’espressione totalmente incredula.
Dunque ci aveva rinunciato per sempre al soprannome.
Ryuuji abbassò lo sguardo imbarazzato.
-Sì? Che c’è Mido-chan?- domandò il rosso, le labbra allargate nel più bello e splendente sorriso che avesse mai fatto.
Dopo un attimo di smarrimento, Ryuuji rispose al sorriso e domandò –Dove vai?-
-vado a prenderti qualcosa da mangiare. Torno in un lampo-
Midorikawa annuì e Hiroto si chiuse la porta alle spalle.
Si buttò sdraiato sul letto, rilassato.
Stare solo con Hiroto lo metteva in soggezione.
Nonostante si conoscessero da una vita ormai, lui non sapeva mai come comportarsi visto i sentimenti contrastanti che li legavano.
Perché erano contrastanti, vero?
Quello che Hiroto provava per lui era amore, era evidente.
Ma lui cosa provava per Hiroto?
Semplice amicizia?
Di certo non affetto fraterno!
Ma allora cosa?
Forse anche lui…
No, impossibile!
Scosse il capo con vigore, allontanando quel pensiero che lui considerava assurdo e senza senso.
Rimase alcuni istanti immobile, in silenzio, senza dire né pensare nulla.

“Ma quanto è lungo un lampo?”
Di minuti ormai ne erano passati parecchi da quando Hiroto era sceso di sotto, di secondi un’infinità.
Perché non tornava?
Perché ci metteva tutto questo tempo?
Ryuuji si morse il labbro nervoso, un po’ per l’attesa, un po’ per il fatto che non riusciva a non pensare a lui.
Voleva vederlo.
Voleva vederlo e toccarlo.
Voleva vederlo, toccarlo e parlargli.
E più il tempo passava, più la sua voglia aumentava a dismisura.
-Hiro-chan…- mormorò.
La porta si spalancò facendo un baccano assurdo.
Sobbalzò e si mise seduto con uno scatto.
-Scusa l’attesa- disse la figura energica di Kiyama appena comparsa sull’uscio della porta.
Si avvicinò e si sedette sulla sedia accanto al letto.
-Ecco qua- tra le mani aveva un piatto con sopra degli spicchi di mela tagliati a forma di conigli.
Ryuuji li guardò perplessi, poi il suo sguardo si posò sul rosso –ci hai messo tutto questo tempo solo perché li hai voluti tagliare in questo modo?- domandò.
-Esagerato! Non saranno passati più di cinque minuti-
In risposta il pistacchietto sbuffò.
Fece per prendere il piatto ma Hiroto lo allontanò.
-ma che…?-
-Tu hai imboccato me, io imbocco te- esordì Hiroto sorridendo come se quello che stava dicendo fosse la cosa più ovvia del mondo.
Ryuuji avvampò –ma io non voglio essere imboccato!-
-non fare i capricci- inforchettò uno spicchio di mela -Forza, apri la bocca-
-non voglio!-
Il viso di Hiroto si fece serio –Mido-chan!-
Midorikawa digrignò i denti, poi si arrese.
“Sappi che questa me la lego al dito Hiroto!” pensò scocciato.
E di nuovo sul volto del rosso tornò a splendere un sorriso.
Quelli furono i minuti più imbarazzanti di tutta la sua vita.
Già, più imbarazzanti di quando era stato lui ad imboccare Hiroto.
Finito il pasto il rosso appoggiò il piatto sul comodino, soddisfatto.
-non credi che ora sia il caso che te ne vai?- domandò Midorikawa irritato.
Hiroto scosse il capo –no-
-Ma ti sei occupato di me abbastanza! Hai ricambiato il favore!-
-Se l’ho ricambiato, allora te ne faccio un altro-
Ryuuji ammutolì, poi esordì –allora facciamo che non me l’hai ancora ricambiato il favore-
Meglio non essere in debito con Hiroto, soprattutto quando si trattava di favori.
Chissà cosa l’avrebbe costretto a fare…
-Oh, quasi dimenticavo!- il rosso ruppe il sottile silenzio che si stava creando.
Tirò fuori dalla tasca una busta da lettere tutta stropicciata e gliela porse –questa è da parte dei ragazzi-
Ma allora lo sapevano tutti quanti che lui era malato!
Forse Hiroto non aveva flirtato con nessuna prof: non ce n’era stato bisogno.
Forse era colpa dei professori che avevano cantato, oppure della signora Kumoi che non aveva mantenuto il “segreto” fin dall’inizio.
La prese sospirando e l’aprì.
Lesse mentalmente il contenuto.
 
Caro Midorikawa-kun,
Come stai? Ti è scesa la febbre?
Sappi che tutti noi del Sun Garden ti aspettiamo e non vediamo l’ora di poter giocare di nuovo a calcio con te, quindi vedi di rimetterti presto.
Qui senza la tua presenza c’è sempre confusione e l’aria è davvero pesante e “piatta”.
Pensa che manchi persino ai professori visto che sei uno dei più bravi della classe.
Come avrai notato questa è una lettera senza senso, probabilmente perché non ne abbiamo mai scritta una per un amico malato e allora non sappiamo cosa scriverci.
Comunque ti basti sapere che la tua assenza si nota, quindi sbrigati a tornare!
Speriamo che leggerai questa lettera, il motivo per cui ne dubitiamo è il fatto che te la dovrebbe portare Hiroto e qui praticamente nessuno si fida di lui quando è in tua presenza.
Probabilmente se ne dimenticherà e non la riceverai mai, e in quel caso ti riferiremo il contenuto di questa lettera quando tornerai a scuola in perfetta salute.
Buona guarigione, Midorikawa-kun!
Tanti Baci

I ragazzi del Sun Garden

 
Le labbra di Ryuuji si distesero in un lungo sorriso.
Da quella breve lettera era riuscito a capire che non si sarebbe mai sentito veramente abbandonato perché anche se era solo fisicamente c’era qualcuno che pensava a lui.
-Cosa c’è scritto?- domandò Hiroto interrompendo il flusso sereno dei suoi pensieri.
Il pistacchietto alzò lo sguardo dal foglio di carta e lo posò sull’unico ragazzo presente nella stanza assieme a lui –non lo sai?- domandò di rimando.
Kiyama scosse il capo –non ha voluto dirmelo- spiegò.
Il più piccolo sorrise e piegò accuratamente la lettera per poi riporla nella sua busta; dopodiché aprì il cassetto del comodino e ce la lasciò scivolare dentro sotto gli occhi increduli del rosso.
-che significa?-
-Significa che se non te l’hanno fatta leggere c’è un motivo, e quindi non te la faccio leggere nemmeno io- spiegò Midorikawa.
-ma Mido-chan!- piagnucolò Hiroto senza ottenere alcun risultato positivo.
Nella stanza calò il silenzio.
Di nuovo Ryuuji si sentì messo in soggezione.
Non sapeva cosa dire, non aveva argomenti di cui parlare.
Tra l’altro la testa cominciava a girargli e aveva un fastidioso senso di nausea che gli attanagliava lo stomaco.
“Accidenti, mi sa che mi sta salendo la temperatura…” pensò sbattendo le palpebre per focalizzare bene ciò che lo circondava.
Poi, ad un tratto, la voce di Hiroto gli giunse in un sussurro.
-Mi dispiace- disse il rosso.
E in qualche oscuro modo Ryuuji si trovò sdraiato sul suo letto con Hiroto inginocchiato sopra di lui.
Per qualche istante il pistacchietto non capì niente: alla confusione della febbre si aggiunse anche quella del gesto totalmente inaspettato del suo amico.
-H-Hiro-chan…?- mormorò a fatica con la testa che gli pulsava.
-Io non ce la faccio più Ryuuji- disse il rosso.
Midorikawa sobbalzò sentendosi chiamare per nome e non con il solito nomignolo affettuoso.
E finalmente riprese contatto con la realtà.
Mise da parte la stanchezza e cercò di divincolarsi, ma era troppo debole per liberarsi dal blocco di Hiroto.
-Cerco sempre di essere buono e gentile con te, ti aiuto, ti proteggo, ti sto accanto nei momenti di bisogno… eppure tu continui a fare finta di niente-
-non capisco…- disse Ryuuji agitato.
Allora Hiroto non riuscì a trattenersi –Io ti amo Ryuuji!- esclamò.
Il cuore di Midorikawa perse un battito.
Lo sapeva già.
Era evidente.
Eppure sentirselo dire direttamente… era tutta un’altra storia.
-Perché! Perché fai finta di niente!?- domandò Hiroto, ma più che una domanda era un’affermazione, e non era tanto rivolta a Ryuuji quanto a sé stesso.
Midorikawa era incapace di muoversi e di parlare, riusciva solo a specchiarsi negli occhi acquamarina del rosso.
-Mido-chan…- mormorò il rosso, quasi sull’orlo del pianto.
-Hiro-chan…- mormorò il pistacchietto in risposta.
-Ragazzi, vi ho portato del tè caldo!-
Silenzio.
Midorikawa voltò il capo alla sua destra, verso la porta della stanza: sull’uscio stava la signora Kumoi con un vassoio con sopra due tazze, zuccheriera e un piattino con dei biscotti in mano.
Sorrideva ed era immobile, come ferma nel tempo.
Ryuuji si chiese quanto si doveva essere sfigati da uno a dieci per finire in una situazione simile.
Non gli fu difficile rispondersi: dieci.
Era evidente che sua madre stava fraintendendo tutto.
Già, perché in una circostanza del genere era impossibile non fraintendere: vedere il proprio figliastro sdraiato sul letto con un suo amico a cavalcioni sopra di lui.
Come si fa a non fraintendere?
Ne passò di tempo prima che qualcuno dicesse o facesse qualcosa.
Midorikawa si rese conto che in confronto a tutto ciò che gli aveva fatto Hiroto in quella giornata, o che lui aveva fatto per Hiroto tre giorni prima, era la routine rispetto a quello che era appena successo.
Quelli furono i minuti più imbarazzanti della sua vita, decisamente.
Lentamente, la signora Kumoi riprese a muoversi.
Hiroto e Ryuuji la seguirono con lo sguardo e la osservarono appoggiare delicatamente il vassoio sulla scrivania.
Si avvicinò ai due sorridendo, un sorriso gelido.
Ryuuji non seppe dire con quanta violenza da uno a dieci la signora Kumoi afferrò Hiroto per il colletto della maglia e lo trascinò fuori dalla porta, giù per le scale.
La cosa certa era che di forza ce ne aveva messa parecchia e che di sicuro doveva fare male.
-Fuori da casa mia!- sentì gridare dall’esterno –E non ti azzardare mai più a toccare Ryuu-chan!-
Seguì il rumore della porta di casa che veniva sbattuta con violenza.
L’aveva buttato fuori.
Midorikawa provò sollievo nel sentire che non c’era più alcun vincolo che lo bloccava, né la presenza opprimente di Hiroto sopra di lui, e gli venne da ridere al pensiero del rosso che veniva buttato fuori da casa sua a calci.
Sentì dei passi pesanti ma scattanti che salivano le scale e vide sua madre comparire come un fulmine accanto a lui.
-Tutto bene Ryuu-chan?- domandò preoccupata –Quel mascalzone non ti ha fatto nulla di male, vero?-
Midorikawa annuì mentre la donna lo aiutava a infilarsi sotto le morbide a calde coperte del suo letto.
-Meno male- gli appoggiò una mano sulla fronte –Accidenti! Scotti più di prima! Meglio se ti riposi un po’- detto questo si allontanò bofonchiando qualcosa tipo “Giuro che se prova a rifarlo non la passa liscia quello lì”.
Quando sentì la porta chiudersi definitivamente Ryuuji sospirò di sollievo.
Pace.
Finalmente la tranquillità regnava indisturbata nella stanza.
-Mido-chan!-

Come non detto.
Midorikawa si tirò su a sedere a fatica e si guardò intorno spaesato.
Sobbalzò nel vedere due mani aggrappate al davanzale della sua finestra.
Si alzò in piedi per andare a controllare, ma non appena fu lì due labbra si unirono alle sue.
Ed arrivò dritto in Paradiso.
Per un attimo provò le stesse sensazioni che aveva provato tre giorni prima quando per errore aveva baciato Hiroto.
Ma stavolta non solo assaporò quel bacio, bensì si rese partecipe.
Schiuse le labbra dando il permesso alla lingua di Hiroto di entrare nella sua bocca, e il suo compagno fece lo stesso.
E dal Paradiso… scese nell’ardente inferno.
Quando si separarono, il volto di Ryuuji tradì un certo dispiacere.
-Questo era in risposta al bacio dell’altro giorno- disse con una certa malizia nella voce.
Dunque lo sapeva.
Era sveglio quando per sbaglio le loro labbra si erano unite.
Oppure era stato il contatto a svegliarlo.
“Chi se ne importa” pensò Midorikawa.
Per la prima volta nessun dubbio lo affliggeva.
C’era solo Hiroto nei suoi pensieri, e anche quello splendido bacio che si erano appena scambiati.
-Hiroto…- sussurrò.
Una folata di vento gli sfrecciò accanto al collo, agitandogli i capelli, e andò a colpire in pieno viso il povero rosso che mollò la presa sul davanzale e cadde rovinosamente su un cespuglio del giardino.
No, non era una folata di vento ma una ciabatta.
-Maledetto!- esclamò la signora Kumoi scansando Ryuuji davanti alla finestra e affacciandosi al posto suo.
Lanciò un’altra ciabatta di sotto e a giudicare dal sonoro “Aio” che ne seguì era evidente che il povero Hiroto era stato colpito.
-Adesso vengo a prenderti!- disse e corse via, giù per le scale.
Midorikawa superò l’attimo di smarrimento e si schiaffeggiò la faccia per tornare alla realtà.
Con uno scatto si affacciò alla finestra –Hiro-chan!- esclamò, ma del rosso rimaneva solo una figura lontana che correva via.
Una figura seguita da un’altra figura più grande, femminile: sua madre.
Chissà per quanto avrebbero corso…
La signora Kumoi era una persona tenace e vendicativa, probabilmente ne sarebbe passato di tempo prima del suo ritorno.
Ryuuji sorrise, sereno.
Se Hiroto fosse sopravvissuto allo scontro con qualche graffio o qualche ferita, ci avrebbe pensato lui a curarlo.
C’era solo una malattia che avevano entrambi e nessuno poteva guarire, ed era la malattia d’amore che li avrebbe accompagnati per tutto il resto della loro vita.
 



  
.: Angolo dell'Autrice :.


Macciao! Massalve a tutti! X3
Ce l'ho fatta, sono riuscita a scrivere il continuo e sono davvero soddisfatta del risultato u.u
Mi sono troppo divertita a scrivere questa fic, quasi quasi ne scrivo un'altra simile con come protagonisti Gouenji e Shirou °w° (non so perché ma ci vedrei bene loro due)
Per la cronaca Taffy esiste davvero, ed è la mia carissima borsa dell'acqua calda a cui dedico questa ficcy (?)
La signora Kumoi invece è ovviamente un personaggio inventato di sana pianta, un elemento fondamentale per lo svolgimento di questa storia.
Diciamocelo: se non c'era lei non c'era la fic u.u
Ed è anche merito di Lucreh_Sharp_Bouvier, Giuggioletta e LuFubuki che hanno comentato la fic "Malato d'Amore" che esiste questo sequel.
Le ringrazio tantissimissimo >w<
Ora scappo, spero che la mia fic sia piaciuta.
Baci ;)

_Pandora_
  
  
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