It’s everything you wanted, it’s everything you don’t
It's one door swinging open and one door swinging closed
Some prayers find an answer, some prayers never know
We're holding on and letting go.
(Holding on and letting go – Ross Copperman)
Michael prese un lungo respiro. Il primo,
autentico respiro che prendeva da millenni in un corpo umano. Con tutti gli
altri era stato impossibile, persino con Adam. Si era sempre sentito confinato,
in trappola. Dean era diverso. Con lui era come… affondare nella morbida pelle
dei sedili dell’Impala, essere accolto nel caldo abbraccio del suo abitacolo?
Ecco, non proprio le similitudini che avrebbe adottato Michael. Questa era
un’altra delle differenze con Adam: Dean era rumoroso. E dispotico. Non
riusciva a soffocare né la sua voce né i suoi sentimenti. Nella sua testa
risuonava un’incessante litania di “Sam, Sammy, Sam”, talmente forte da assordare persino un arcangelo.
Forse era stato troppo veloce nel giudicare
Lucifer e il disastro in cui era finita la possessione del minore dei
Winchester.
Fletté più volte le dita, distese il braccio,
allungò i muscoli della schiena. Sperava che le cose potessero risolversi
pacificamente, ma doveva tenersi pronto a tutto. E come per calmare le sue
fisime da ansioso boyscout – sì, la cosa si stava facendo snervante – comparve
ai suoi piedi l’oggetto di cui aveva bisogno.
“Consegna via corriere, pare che il piccolo
Castiel voglia evitarmi a ogni costo,” considerò, chinandosi su di esso. Lo
soppesò un istante, prima di farlo scomparire nei jeans.
Si voltò allora verso il fantasma di Sam, che,
avvolto nelle fiamme e fissandolo con sguardo feroce, piangeva la perdita del
suo Dean. “Rimetterò a posto le cose, fratellino,” assicurò, senza sapere
esattamente a chi si stesse rivolgendo.
L’attimo dopo, Michael aveva lasciato quel mondo
per riafferrare l’ombra della realtà originaria, nascosta e silenziosa tra le
pieghe del tempo. Ancora la notte attorno a lui, ma non più il cimitero di
Stull. Aveva raggiunto Cold Oak.
Immobile e invisibile, l’uomo in nero osservava la
lotta tra Sam e Jake. Quando infine Sam atterrò l’avversario, Death si mosse
con calma verso di loro. Sam fissò il corpo privo di sensi, sollevò la pesante
sbarra di ferro. La riabbassò lentamente e la gettò via, iniziando ad
allontanarsi con passo malfermo.
A poco meno di un metro da Jake, Death si arrestò
di colpo, un sopracciglio che si sollevava appena. Non si voltò mentre si
rivolgeva alla presenza alle proprie spalle. Il suo solito tono placido era
appena percettibilmente sporcato dalla sorpresa.
“Immagino tu sia consapevole di essere in largo
anticipo, per reclamare il corpo di Dean Winchester.”
Michael sorrise, nonostante il suo interlocutore
non potesse vederlo. “Non sono qui per reclamare quello che ho già ottenuto.
Dobbiamo parlare.”
Death si voltò con fluida compostezza, restando
apparentemente impassibile di fronte alla conferma che aveva davanti agli
occhi: l’arcangelo aveva già strappato a Dean Winchester il suo consenso. Al
Dean Winchester di un altro tempo e di un altro luogo. Questo non rientrava nei
piani, non faceva parte della linea degli eventi.
In lontananza, si poteva già udire la voce di Dean
che si avvicinava a Cold Oak, chiamando il fratello minore. Il Cavaliere lanciò
una breve occhiata a Jake.
“Temo di avere una questione urgente di cui occuparmi, al momento,” rispose, asciutto,
accennando già a voltare nuovamente le spalle con noncuranza.
“Uccidere quel bamboccio, intendi?” ribatté
Michael. “Credo faresti meglio a impiegare il tuo tempo in maniera più
costruttiva.”
Death gli rivolse un accennato sogghigno
sarcastico.
“Considerando la magra figura che sei riuscito a
conseguire nell’ultimo tentativo di Apocalisse di voi piccoli soldatini di Dio,
dovresti essere grato del favore che sto per farti.” I suoi occhi lo
trafissero, sprezzanti. “Di certo non dovresti essere qui a sollevare obiezioni
in merito.”
“Oh, ti sono grato, credimi, ma non per quello che
pensi.” Michael mosse qualche passo in avanti, mostrando una sicurezza maggiore
di quella che sentiva. “Non ti permetterò di uccidere quell’uomo. Sam
Winchester deve morire, stanotte.”
Serrò i pugni, augurandosi che un’eco del dolore
di Dean non fosse trapelata nei suoi lineamenti.
Death gli rispose con la calma del disprezzo.
“Ammettendo la ridicola ipotesi che tu possa in
qualche modo impedirmi qualcosa...
preservare gli eventi di questa notte sarebbe sciocco e inutile. Potrò
nuovamente intervenire, in qualsiasi momento, e cambiare il corso delle cose
così come deve avvenire. Qualunque cosa ti faccia pensare di potermi fermare
una volta, puoi essere certo che non mi fermerà due volte.” Inarcò con
disinvoltura le sopracciglia. “Ma personalmente, tendo ad essere pressoché
sicuro che non potrai fermarmi neppure una volta,” considerò, dandogli le spalle
per voltarsi verso il ragazzo a terra. Le palpebre di Jake tremarono
impercettibilmente. Iniziava a riprendere conoscenza.
“Hai ragione, non posso fermarti,” concesse
Michael, e alle sue parole Death alzò la testa al cielo in un gesto che Dean
gli suggerì essere l’universale ‘Hallelujah, il coglione ha finalmente visto la
luce’. “Ma,” riprese Michael subito dopo, “posso rendere perfettamente inutili
le tue azioni. Posso resuscitare Sam Winchester in ognuno degli scenari che si
verranno a creare, e lo farò.”
A quelle parole, Death voltò appena la testa. Il
suo sguardo obliquo studiò l’arcangelo per un istante.
“Cosa che avresti già potuto fare, mentre invece
sei venuto fin qui,” mormorò freddamente. “Tu vuoi che le cose si svolgano
esattamente così come sono andate.” Tornò a fronteggiarlo. “Arguisco, dal tuo
‘diplomatico’ approccio, che tu sia consapevole che potrei risolvere questa
nostra... divergenza d’intenti
uccidendoti in poco meno di un istante. Perciò, dimmi, perché? Cosa ti spinge a
tanto?” chiese, senza scomporsi. “Muori dalla voglia di tornare all’Inferno,
forse?”
Michael sorrise. “A spingermi a tanto sono la
certezza di potermela giocare alla pari con te e quella che non correresti mai
il rischio di scomparire e gettare così l’Universo nell’anarchia, considerando
che pur di riportare l’ordine sei disposto a generare una realtà alternativa in
cui sarai ancora confinato in una cassa.” Portò una mano alla schiena e scoprì
l’oggetto, l’arma che Castiel gli
aveva consegnato. La falce di Death. “E questa viene proprio da lì. Una nostra
vecchia conoscenza l’ha da poco strappata alle fredde, morte mani di un demone.”
Si interruppe, osservando compiaciuto il dubbio che cominciava a farsi strada
sullo scheletrico viso dell’altro. “So che ne possiedi una identica,” continuò,
calmo, “bisogna però vedere quanto tu sia lesto nell’usarla. Non credo siano
molti ad averti sfidato nel corso dei millenni, e con l’unico strumento in
grado di distruggerti, per giunta.” Mosse un passo in avanti, la luce della
luna che baciava la lama stretta fra le sue dita. “Io non ho niente da perdere,
niente. Tu?”
Lo sguardo di Death si assottigliò e si abbassò
sulla falce, per poi tornare su Michael. Attraverso il fastidioso sorriso
arrogante di Dean Winchester, l’arcangelo lo sfidava, dimostrando
un’incoscienza temeraria che con tutta probabilità non poteva permettersi; ma,
dovette ammettere Death, la sua minaccia si era rivelata meno inconsistente del
previsto. Gli sarebbe bastato arrivare a sfiorarlo per porre fine alla sua
puerile bega familiare che tanti problemi aveva creato all’Universo intero. Ma
Michael era il primo dei guerrieri di Dio, e per quanto normalmente non
rappresentasse nulla di più che un moscerino un po’ più grosso degli altri,
quel moscerino diventava un leone se in mano aveva l’unica arma in grado di
ucciderlo.
Un istante trascorse, e poi ancora un altro. A
pochi metri dalle due entità invisibili, il grido di Dean lacerò il silenzio
mentre guardava Jake pugnalare a morte Sam.
Death chiuse gli occhi con un lieve sospiro
seccato. I Winchester non valevano la pena di correre un rischio come quello.
“Ti auguro una piacevole prigionia eterna,”
sibilò, gelido, e l’attimo dopo era scomparso, accompagnato dall’accorata
litania di Dean che, poco distante, cercava disperatamente di far reagire il
fratellino morente.
La falce scivolò dalla presa di Michael, andando a
conficcarsi nel terreno fangoso. L’arcangelo la osservò un lungo momento, poi
chiuse gli occhi.
“Una
pianificazione attenta non potrà mai sostituire una bella botta di culo,”
sussurrò Dean nella sua testa, e Michael rifletté che in nessuna delle
centinaia di lingue che conosceva, il concetto era mai stato espresso così alla
perfezione.
Gli era andata di lusso, e lo sapeva. La sua
vittoria avrebbe alterato per sempre l’ordine dell’Universo; mentre della sua,
decisamente più probabile, sconfitta avrebbero patito le conseguenze due sole
creature, entrambe intrappolate per sempre in un inferno di solitudine, dolore
e rabbia. Se fosse morto, quella di
Lucifer si sarebbe davvero trasformata in una prigionia eterna: i suoi fratelli
non avrebbero mai permesso che fosse liberato, non senza il loro campione a
bilanciare la situazione. E cosa avrebbe pensato allora il suo fratellino? Che
l’aveva tradito? Che le sue non erano state che vane promesse?
Simili riflessioni riportarono lo sguardo del
Principe dei Serafini sui due ragazzi poco distanti. Dentro di lui, alla
disperazione di Dean si mescolavano frustrazione e impotenza, ma anche un
sentimento che Michael faceva più fatica a comprendere. La colpa. Dean si
sentiva in colpa, per il Sam ucciso sotto i suoi occhi e per la vita che aveva
dovuto negargli.
“Era l’unico modo affinché ce l’avesse, una vita,”
sussurrò, e in quel momento il cuore del minore dei Winchester si fermò.
Fu come essere raggiunti da un violentissimo
colpo. Il respiro gli venne strappato dai polmoni, e il mondo intorno a Michael
fu inghiottito in un’esplosione di bianco.
Jake era fuggito, inseguito da Bobby. Sul terreno
ormai deserto alle porte del paese fantasma, Dean strinse a sé il corpo senza
vita del fratello minore. Tremando, lo cullò per un momento. Fu solo il lugubre
rimbombo di un tuono a rispondergli, quando gridò.
“SAAAM!”