Disclaimers : Il marchio Jag e tutti i suoi personaggi appartengono alla Bellisarius Production. In questo racconto sono stati usati senza alcuno scopo di lucro.
21
settembre 2006
A David che, solo con i suoi occhi e con uno dei suoi sorrisi, riesce a
sciogliere il cuore di una donna…
JAG è terminato, ma tu resterai Harm per sempre e, per sempre, rimarrai
nei
nostri cuori.
BUON
COMPLEANNO, CAPITANO RABB!
Tentava
di concentrarsi sui documenti che aveva portato con sé a letto, per
terminare
di visionarli. Tentava,
ma inutilmente.
Si
trattava della documentazione di un nuovo caso e voleva farsi un’idea
prima
della riunione dell’indomani. Anche se le indagini non erano più di sua
competenza, continuava sempre a voler essere a conoscenza di tutti i
dettagli.
Solo così il suo istinto continuava a funzionare. Ma soprattutto solo
così
sentiva di avere sempre la situazione sotto controllo.
Non
si trattava di essere incapace di delegare; era un suo problema
personale:
nonostante gli impegni che il nuovo incarico comportava, a costo di
lavorare
un’ora tutte le sere a casa, aveva bisogno di essere a conoscenza di
tutti i
particolari dei casi che affidava ai suoi sottoposti perché era la sua
natura a
richiederglielo.
Era
da almeno un quarto d’ora che tentava di leggere quei documenti ma era
una
fatica tremenda e alla lunga la frustrazione lo deconcentrava. Con un
gesto
insofferente provò ad allontanarli. Era inutile, non ci riusciva
comunque.
“Harm,
ti spiacerebbe spegnere la luce? Se vuoi puoi accendere quella del
comodino,
non mi dà fastidio” sentì dire a sua moglie che lo aveva appena
raggiunto a
letto.
Si
voltò verso di lei con una smorfia: perché non capiva?
“Spengo
anch’io, ho sonno.”.
“Mi
spiace… so che devi finire con quelle carte prima di domani. Perché non
accendi
quella piccola? Con quella riesco a dormire lo stesso…” gli disse di
nuovo lei,
avvicinandosi e abbracciandolo.
Altro
errore. Non voleva che gli si avvicinasse.
“Sono
stanco, Mac. Li finirò di guardare domattina, mentre faccio colazione”.
“Mhm…
d’accordo. Se preferisci così…”. Poi aggiunse con fare malizioso,
abbassando di
un tono la voce: “Sicuro di essere davvero stanco?”.
“Pensavo
lo fossi tu… hai detto che volevi dormire”.
“Quella
era l’idea. Ma sai bene che quando ti vengo vicina, di colpo la
stanchezza
sparisce” gli disse provocante, passandogli le mani sul torace. Harm
dormiva
indossando, sempre e solamente, un paio di boxer; e a lei bastava
essergli
vicino e sfiorarlo appena per provare immediatamente la voglia di far
l’amore
con lui.
“Scusami,
Mac… ma sono davvero stanco. In ufficio in questi giorni… sai anche tu
com’è…”
“Hai
ragione. Scusami tu…” rispose lei, con una punta di delusione nella
voce.
Sentì
che si staccava da lui e si voltava sul fianco opposto. “Buonanotte”
gli disse
e poi più nulla.
Si
mise su un fianco anche lui, dandole le spalle. In quel momento era
arrabbiato.
Con se stesso e con lei.
Pochi
minuti più tardi percepì il ritmo lento e regolare del suo respiro e
capì che
si era addormentata. Lentamente si mise di nuovo in posizione supina,
rilasciando un sospiro di insoddisfazione che aveva trattenuto fino a
quel
momento.
Perché
le cose stavano andando così male? Perché si sentiva in quel modo?
Eppure
aveva tutto e poteva considerarsi soddisfatto.
Per
prima cosa la sua bellissima moglie.
Ormai
erano quattro anni che era sposato con Mac e mai una volta lo aveva
rimpianto.
Quello che rimpiangeva a volte, semmai, era non averla sposata prima.
Poi
il lavoro e la carriera.
Dopo
quasi quattro anni in Europa, da un mese erano finalmente tornati a
Washington.
Tutto
era avvenuto molto in fretta: all’inizio dell’anno la moglie del
Generale
Cresswell aveva avuto un grave incidente ed era stata in coma per
diverse
settimane; quando si era risvegliata, aveva avuto bisogno di assistenza
continua e il marito non aveva esitato un attimo a rassegnare le
dimissioni per
starle accanto. Fortunatamente si stava lentamente riprendendo.
Il
Jag era rimasto privo del suo capo per mesi; benché il Comandante
Turner avesse
supplito nuovamente, era una situazione che non poteva proseguire a
lungo.
Il
Segretario della Marina, dopo aver saputo che Cresswell non intendeva
più riprendere
il comando, si era deciso a designare il sostituto: il Capitano di
Vascello
Harmon Rabb.
Ovviamente
avrebbe avuto un ulteriore avanzamento di carriera. Ma nell’attesa che
la sua
promozione superasse tutta la prassi burocratica, era stato richiamato
a
Washington per prendere in carico una situazione lasciata in stallo per
troppi
mesi. C’erano troppe decisioni importanti da prendere e il Jag
richiedeva un
comandante in capo a pieni poteri. Sturgis era stato promosso Capitano
di
Vascello ed era stato mandato a Londra al posto suo.
Si
trattava di giorni, al massimo qualche settimana ancora, e presto lo
avrebbero
chiamato Ammiraglio Rabb.
Ammiraglio
a soli 46 anni.
Un
bel traguardo per la sua già brillante carriera. E inoltre a capo del
Jag.
Poteva ritenersi più che soddisfatto. Tra l’altro tutto ciò avrebbe
agevolato
anche la situazione di Mac e non sarebbero più dovuti ricorrere
all’escamotage
che il Segretario aveva escogitato per loro. Per permettere a sua
moglie di
lavorare con lui a Londra.
Quattro
anni prima il Destino aveva deciso che dovesse essere lei a lasciare i
Marines;
il generale Cresswell tuttavia si era rifiutato di accettare il fatto e
si era
personalmente prodigato affinché Mac fosse sostituita a S.Diego senza
che ciò
influisse sulla sua carriera. Inoltre aveva fatto in modo che restasse
sotto il
proprio comando e, con il benestare del Segretario, che fosse data in
prestito
a tempo indeterminato agli uffici di Londra. E così in quegli anni
avevano
continuato a lavorare assieme e lei era diventata il suo braccio destro.
Per
come si erano messe le cose ora, non avrebbero più avuto bisogno di
quell’espediente: come capo del Jag poteva decidere chi avere sotto il
suo
comando.
Non
poteva chiedere di più dalla vita… Forse soltanto un figlio.
Quel
figlio che, lo sapeva bene, Mac desiderava ardentemente. E lui
altrettanto.
Ma
dopo quattro anni, purtroppo, non era ancora arrivato nessun bambino.
Prima
di tornare a Washington avevano cominciato a parlare di adozione. Ma
poi il
trasferimento e il nuovo incarico aveva messo in attesa tutto quanto.
Non
appena la sua carica fosse stata ufficializzata e avesse ripreso
familiarità con
l’ambiente, ne avrebbero riparlato. Si trattava di posticipare il tutto
di
qualche mese.
Allora
perché si sentiva così?
Da
alcune settimane non era al massimo della sua forma fisica. Spesso era
stanco e
nervoso.
Certo,
il cambio di vita aveva influito. Inoltre con tutto il trambusto di
quell’ultimo mese non era ancora riuscito a riprendere i suoi
allenamenti
settimanali.
Che
fosse quello a farlo sentire così?
No.
Era inutile mentire a se stessi: il problema era iniziato la settimana
prima,
quando Mac gli aveva domandato se avrebbe desiderato invitare almeno
Mattie per
festeggiare il suo quarantaseiesimo compleanno.
Aveva
risposto che erano troppo presi dai rispettivi nuovi incarichi (aveva
messo Mac
a capo di tutto il suo staff legale e sua moglie doveva ancora
conoscere per
bene gli ultimi due arrivi, benché questi lavorassero al Jag ormai già
da dieci
mesi) ed era meglio lasciar perdere i festeggiamenti per quell’anno.
Mac
era apparsa un po’ delusa: lei adorava festeggiare le ricorrenze. Però
non aveva
insistito, segno che anche lei era troppo presa per pensare a certe
cose.
Nel
suo caso, tuttavia, il motivo era un altro.
Fra
tre giorni avrebbe compiuto 46 anni…
Detestava
ammetterlo, ma si sentiva vecchio. O, meglio: forse aveva solo troppa
paura d’invecchiare.
Da
circa un anno aveva cominciato a notare i primi capelli bianchi.
All’inizio
solo alcuni; poi, gradatamente, erano aumentati. Se doveva essere
sincero, non
si dispiaceva affatto leggermente brizzolato. E Mac, che invece il
tempo pareva
neppure sfiorare, sembrava apprezzare la cosa. Ma quando aveva rivisto
Mattie
per la prima volta dopo essere tornato a Washington, lei lo aveva
freddato con
un:
“Ciao
vecchietto! Ma quanti capelli bianchi,
caro Harm!”.
Lei
era bellissima. Non la vedeva da diversi mesi; l’ultima volta che
Mattie era
stata in Europa risaliva a quasi un anno prima. Poi né lui né lei erano
riusciti più a trovarsi. Rivederla tanto cambiata, che lo abbracciava e
affettuosamente gli dava del vecchietto… bè, lo aveva fatto sentire
davvero
vecchio.
Poi
c’erano stati i primi acciacchi: la schiena, ad esempio. Ogni tanto gli
faceva
male. Stava meglio solo quando riprendeva l’attività fisica regolare.
Forse
avrebbe dovuto darsi da fare e ricominciare al più presto. Ma d’altro
canto
c’era il ginocchio sinistro che ogni tanto si faceva sentire… magari
avrebbe
dovuto prendere in considerazione l’idea di andare in piscina, anziché
correre.
Ma
la cosa che lo tormentava di più, nelle ultime settimane, era l’ultimo
problema
che si era presentato: la vista.
Non
riusciva più a vedere bene da vicino. Come per i capelli bianchi, anche
la
vista era peggiorata gradatamente. Continuava a vedere dieci decimi da
lontano,
ma da vicino ormai non gli bastava più neppure la lunghezza del suo
braccio per
allontanare il foglio, soprattutto se scritto piccolo.
Faticava
anche alla luce; ma quando ce n’era poca… allora la faccenda si faceva
davvero
critica. Per questo si era arrabbiato con Mac che gli chiedeva di
spegnere la
luce centrale e accendere quella del comodino.
Possibile
che non avesse capito?
E
si era arrabbiato anche con se stesso per aver permesso ad una cosa
tanto
stupida di rovinargli il momento della giornata che in assoluto
preferiva,
quando lei, appena entrata nel letto, gli si stringeva e lo accarezzava
dolcemente.
Non
sapeva resisterle… le sue mani che lo cercavano erano, per lui, il più
potente
degli afrodisiaci. Finivano quasi sempre per fare l’amore, anche se
stanchi o
mezzi addormentati… Ed ogni volta era bellissimo.
Forse
era il caso che si decidesse e andasse a farsi vedere.
La
sola idea di dover portare un paio di occhiali per leggere lo faceva
sentire
terribilmente attempato. Mentre sua moglie pareva ancora una ragazzina…
Ma non
poteva neppure arrabbiarsi tutte le sere e rischiare di non far più
l’amore con
lei.
Al
diavolo!
Meglio
un paio di occhiali, che sentire la sua voce delusa.
Lui
l’amava. E la desiderava moltissimo. Fortunatamente quella parte del
suo corpo
non aveva ancora risentito del passare degli anni ed era il caso di
sfruttare al
massimo questa fortuna, non sapendo fino a quando sarebbe durata!
La
desiderava moltissimo anche in quel momento… solo saperla accanto,
addormentata, gli faceva venir voglia di svegliarla per fare l’amore.
Risoluto,
prese una decisione: l’indomani mattina non aveva impegni, la riunione
era
fissata per il primo pomeriggio; prima di andare in ufficio, sarebbe
andato a
farsi controllare la vista e, se fattibile, avrebbe acquistato
immediatamente
ciò che gli serviva per non faticare più a leggere.
Ma…
E
se Mac non lo avesse più trovato tanto sexy con un paio d’occhiali che
lo
avrebbero fatto sembrare un vecchietto?
***
D’accordo.
Era stato lui a dire che non era il caso di festeggiare.
Ma
almeno un bacio d’auguri, magari più appassionato di quello che gli
dava di
solito in ascensore, prima di separarsi e raggiungere i rispettivi
uffici,
avrebbe anche potuto darglielo!
E
se fosse stato accompagnato anche da un “Buon compleanno, amore” non lo
avrebbe
disdegnato affatto.
Oppure,
visto che quella mattina non erano nemmeno arrivati in ufficio assieme,
avrebbe
potuto fargli trovare un piccolo regalo sul tavolo della colazione…
anche solo
un libro… tanto per fargli capire che si era ricordata e aveva pensato
a lui.
Invece
nulla.
Eppure
non poteva essersene dimenticata: la sera prima Mattie era passata una
volata
col suo ragazzo, per fargli gli auguri e dargli il suo piccolo regalo.
Meglio
se non lo avesse fatto... Quando aveva scartato il pacchettino era
rimasto
pietrificato.
Schiuma
da barba e dopobarba, quelli che era solito usare. E fin lì…
Ma
il pacchetto non conteneva solo quello: abbinato vi era anche un
vasetto di
crema della stessa linea da uomo. Non sapeva neppure che esistessero
creme da
viso per gli uomini!
Una
crema antirughe.
Non
era riuscito a proferire parola. Mattie, costernata, gli aveva
domandato se il
regalo non gli era piaciuto. Aveva bofonchiato un “no, no, grazie… è… “
bellissimo non era riuscito proprio a dirlo. Non è per niente bello
quando la
tua pupilla poco più che adolescente ti fa capire che hai il volto
incartapecorito, soprattutto se te lo fa capire proprio in occasione
del tuo
compleanno.
“…
utile…” aveva detto.
Lei
si era profusa in mille scuse, dicendo che gliel’avevano consigliata in
profumeria, che era un prodotto buonissimo… che non voleva regalargli
solo
schiuma da barba e dopobarba, ma aggiungere qualcosa di nuovo…
Aveva
evitato di dire che un libro sugli aerei, benché un dono già sfruttato,
sarebbe
andato benissimo. Anzi, decisamente meglio. L’aveva invece rassicurata
sulla scelta
fatta e che le avrebbe fatto sapere come si fosse trovato con la crema…
Per
un attimo gli era sembrato di essere una di quelle casalinghe frustrate
che
discutono tra loro del nuovo detersivo, un miracolo per la biancheria.
Solo che
in quel caso si trattava di crema antirughe e del suo viso!
Più
tardi, mentre era in bagno ad osservare Mac che si preparava per la
notte (a
volte gli piaceva osservarla mentre faceva tutte quelle piccole cose
che fanno
le donne e che sembrano tanto indispensabili da farsi prima di andare a
letto,
quasi fossero un rituale per chiudere la giornata) non era proprio
riuscito a
trattenersi dal domandarle:
“Ho
davvero così tante rughe? A me non sembrava…”.
Si
era fatto pena da solo: non era riuscito ad evitare un tono di voce
insicuro,
quasi fosse una femminuccia sempre preoccupata per il suo aspetto.
Ma
insomma! Tutta quella serie di acciacchi e cambiamenti che stavano
avvenendo in
lui, lo avevano messo a tappeto.
Mac
era stata dolcissima. E lui non sapeva dire se l’amava o l’odiava di
più
proprio per quello.
“Harm…
Mattie voleva essere carina e regalarti qualcosa di diverso, di
insolito.
Qualcosa che era certa tu non ti saresti mai comperato…”.
Oh,
quello era poco ma sicuro!
Poi
aveva aggiunto: “Non hai tante rughe… magari solo qualcuna qui… “ e gli
aveva
sfiorato la pelle accanto agli occhi, “… oppure qui…” e gli aveva
passato un
dito sulla fronte, dove in effetti qualche segno dell’età c’era. E poi
aveva
dolcemente concluso con : “… e poi il regalo di Mattie serve proprio
per evitare
che se ne formino altre!”.
Che
carina! Lo dava già per scontato.
Quindi,
dopo quello che era successo, non poteva essersi scordata che quel
giorno era
il suo compleanno.
Non
gli andava proprio giù che l’unico regalo ricevuto per l’occasione
fosse della
crema per le rughe! Per non parlare di ciò che aveva appena ritirato:
il suo
nuovo e sfavillante… paio di occhiali da vicino!
Due
giorni prima, quando era andato a farsi finalmente vedere, gli avevano
detto
che sarebbero stati pronti proprio quel giorno. Aveva cercato di
tergiversare…
di dire che forse non ce l’avrebbe fatta a passare… non gli piaceva
l’idea di
andarli a ritirare proprio il giorno del suo quarantaseiesimo
compleanno… ma la
commessa era stata irremovibile.
“Signor
Rabb,” aveva detto, “lei ne ha bisogno. Se sono pronti, li usi da
subito. Si
abituerà prima e poi le sembrerà di averli sempre portati…”.
Quella
donna non sapeva di che parlava. E, soprattutto, non sapeva con CHI
stava
parlando: quando mai un pilota di TOMCAT portava DA SEMPRE occhiali per
vederci?
E
fra pochi minuti, appena arrivato al Jag, gli sarebbe anche toccato
metterli:
aveva una pila di fascicoli sulla scrivania che dovevano essere evasi
prima di
sera. Sembrava avessero atteso proprio l’arrivo dei nuovi occhiali!
Fortunatamente
poteva barricarsi in ufficio e, con il fatto che chiunque, compresa
Mac,
bussava alla porta prima di entrare, se non addirittura era Jen ad
avvertirlo –
e guai al sottufficiale Coates se non avesse rispettato la regola del
bussare!
– avrebbe potuto levarseli e non farsi scorgere a portarli. Almeno
finché non
si fosse abituato lui stesso all’idea.
Non
fece in tempo a varcare la soglia del suo ufficio che Jennifer lo
seguì,
elencando tutta una serie di impegni, domande per le quali attendeva
una risposta,
lista di persone che volevano vederlo…
Dannazione,
era arrivato soltanto un’ora dopo! Possibile che ci fosse già tutto
quel
casino?
Posò
cartella e cappello e poi si sedette sulla stessa poltrona che, anni
prima,
aveva occupato l’ammiraglio Chegwidden. Per un attimo la mente andò
all’uomo
che diverse volte aveva fatto disperare con tutti i suoi colpi di
testa. E
mentalmente gli domandò scusa. Ora che si trovava al suo posto capiva
quanto
era stato difficile per l’ammiraglio, talvolta, arrivare a fine
giornata.
Rassegnato,
iniziò a rispondere alla Coates; dopo dieci minuti l’aveva resa una
donna
felice.
Si
congedò da lui, stringendo tra le mani il taccuino su cui
diligentemente aveva
segnato tutto, quasi fosse un oggetto prezioso da difendere con la
vita. Prima
di uscire dalla porta, si voltò di nuovo e, con una voce più dolce del
tono
professionale che aveva usato fino ad un attimo prima, gli disse:
“Buon
compleanno, Signore.”
Dopodiché
sparì, senza neppure attendere risposta.
Rimase
un momento a fissare la porta, finché si rese conto che sentirle dire
quella
frase, nonostante tutto, gli era piaciuto.
Sorrise
brevemente e, un poco rinfrancato, decise di affrontare il problema una
volta
per tutte.
Recuperò
dalla tasca gli occhiali nuovi e se li mise; prese il primo degli
innumerevoli
fascicoli che ingombravano la sua scrivania, arretrò leggermente con la
poltrona, si mise comodo allungando le gambe sul tavolo e, finalmente,
iniziò a
leggere per la prima volta da mesi senza dover fare stretching con le
braccia.
Compiaciuto
distese le labbra in un sorriso: quello, finalmente, era vederci bene!
***
Per
tutto il giorno non aveva fatto altro che togliersi e rimettersi gli
occhiali.
Da
quando era arrivato quel mattino aveva ricevuto praticamente tutti.
Sembrava
quasi che sapessero e che sperassero di coglierlo in fallo.
Solo
sua moglie non si era ancora fatta viva.
Non
avevano neppure pranzato assieme, poiché lei gli aveva fatto sapere di
avere un
impegno.
Sbirciò
l’orologio: erano già le 17.30 e non l’aveva ancora vista. Decise di
concederle
ancora, al massimo, un’altra mezz’ora e poi sarebbe andato a cercarla.
Al
diavolo! Almeno la sera del suo compleanno voleva tornare a casa ad un
orario
decente. D’accordo non festeggiare, ma avrebbe per lo meno potuto
godersi una
serata piacevole con la propria moglie.
Decise
di terminare prima la lettura del fascicolo relativo al caso Owens,
così non si
sarebbe neppure portato a casa il lavoro.
Anche
se detestava ammetterlo, doveva convenire che si era comportato proprio
come
un’idiota negli ultimi mesi. Se si fosse deciso prima ad acquistare gli
occhiali, avrebbe evitato ore e ore di lavoro a casa, per altro meno
fruttuose
della giornata appena trascorsa. Essere tornato a vederci bene gli
aveva
permesso di concentrarsi e sbrigare tutta la mole di lavoro del giorno
e
riuscire persino a portarsi un po’ avanti, nonostante le continue
interruzioni.
Tra
l’altro gli occhiali non gli stavano neppure male.
Non
era riuscito a resistere e si era guardato in uno specchio: certo, si
preferiva
senza. Ma il modello che aveva scelto non gli conferiva affatto l’aria
da
vecchio bacucco come temeva, anzi! Semmai lo rendeva più interessante,
regalandogli un aspetto da intellettuale distinto.
O,
almeno, così sperava.
S’immerse
nella lettura del caso Owens, ed era talmente concentrato che, quando
sentì
bussare per l’ennesima volta, rispose automaticamente, senza smettere
di
leggere.
Alzò
la testa dai fogli solo quando sentì la voce di sua moglie domandargli:
“E
quelli?”.
Quelli
cosa?
La
guardò un attimo, senza capire a cosa alludesse. Poi, quando la vide
sorridergli e sentì che gli diceva “Ti sei deciso, finalmente! “,
comprese a
cosa si stava riferendo e sorrise.
Sorrise
a lei, ma soprattutto a se stesso, perché aveva avuto l’ennesima
conferma che,
quanto a comprendere la psiche del sesso opposto, le donne erano di
almeno
dieci gradini al di sopra degli uomini.
Aveva
pensato che Mac non avesse capito, e invece…
E
inoltre doveva dar ragione anche alla commessa del negozio: una volta
abituato,
gli sarebbe sembrato di portarli da sempre. Lo aveva appena dimostrato.
Mac
gli si avvicinò con un sorriso sulle labbra e gli disse, dolcissima:
“Ti
stanno bene”.
Si
rese conto di rilasciare un sospiro che non si era neppure accorto di
aver
trattenuto.
Ci
teneva moltissimo che le piacessero.
“Ecco
quali erano i due appuntamenti misteriosi di questi giorni!” disse poi,
incrociando le braccia al petto e guardandolo con una finta aria severa.
Si
tolse lentamente gli occhiali e la guardò a sua volta, scorgendo nel
suo
sguardo un’ombra di sollievo.
“Non
dirmi che hai pensato…?”.
“A
cosa? Che avessi un appuntamento con un’altra donna? Detesto
ammetterlo, ma…
sì, per un attimo l’ho pensato.”.
Oh,
accidenti! L’idea che lei potesse temere che lui avrebbe potuto
tradirla non lo
aveva neppure sfiorato.
“Mac!
Non dirmi che sei gelosa!” la prese in giro con un sorriso, mentre si
alzava
per andarle vicino.
“Certo
che lo sono!” rispose lei, convinta.
“Non
ne hai motivo, tesoro” disse abbracciandola e cercandole le labbra.
La
baciò, stringendola a sé… Quanto gli era mancata quel giorno!
“Non
è di te che non mi fido… ma di tutte le donne che seduci con il tuo
sorriso e
uno solo dei tuoi sguardi”.
“Ma
se sono un anziano uomo sposato! Lo ha detto anche Mattie, col suo
regalo…” le ricordò,
rabbrividendo ancora al pensiero della crema antirughe.
“Tu
anziano? E’ questo che pensi? E’ per questo motivo, allora, che sei
intrattabile da alcuni giorni? Peggio di un orso…”.
“Sono
stato davvero tremendo?”
“Mhmm…
abbastanza.”.
“Mi
dispiace, tesoro”.
“Tu
non sei vecchio, Harm. Ma anche quando lo diventerai, io ti amerò
sempre”.
“Lo
so, Mac. Ma… tu sei così bella… sembri sempre una ragazzina, anche se
passano
gli anni…”.
“E
tu, invece? Cosa temi di essere diventato?”
“Un…
vecchietto?”.
“Un
vecchietto, dici? Mhmm… fammi controllare…” disse lei maliziosa, mentre
gli si
stringeva contro, infilava rapida le mani sotto la sua giacca, gli
sfilava la
camicia dai calzoni ed iniziava ad accarezzargli la schiena, in quel
modo
sensuale che apparteneva solo a lei e che lo eccitava da morire.
Lei
se ne accorse subito.
“Capitano…
non mi sembri tanto vecchio!” lo prese in giro, mentre gli faceva
scivolare la
giacca dalle spalle.
“Mac…”
cercò di fermarla lui, quando sentì le mani di sua moglie armeggiare
con i bottoni
della camicia.
Accidenti!
Erano in ufficio. Li avrebbe potuti vedere chiunque. Ma al suo corpo
quell’insignificante dettaglio non interessava.
La
voleva. Disperatamente.
“Mac…
siamo in ufficio…”
“Lo
so”, rispose lei, prima di baciarlo.
“Potrebbe
vederci… qualcuno… “
“Non
c’è più nessuno, ho controllato prima di entrare…” lo rassicurò lei,
con voce
roca e invitante.
Si
stava eccitando anche lei. E non l’aveva neppure ancora spogliata.
“Nessuno?
Non sono neanche le 18…” cercò di dire, concentrandosi sul suo ruolo di
capo di
quegli uffici. Ma era un penoso tentativo.
Voleva
sua moglie proprio lì, su quella scrivania ancora ingombra di carte.
“Harm!
L’orario di lavoro termina alle 17.30. Non mi diventerai uno di quegli
odiosi
capi che valutano una persona solo in base a quanto si ferma dopo
l’orario,
vero?” domandò senza smettere di accarezzarlo.
“No…
ma di solito…” non riuscì a proseguire. Lei gli aveva sfilato la
camicia dalle
spalle e le sue labbra stavano seguendo il percorso eccitante delle sue
mani che
gli esploravano il torace.
“…
di solito… qualcuno… si ferma sempre fino a tardi. Mac… ti prego…”
“Probabilmente
questa sera avevano tutti qualcosa di meglio da fare” rispose lei,
concentrata
sulla cintura dei suoi pantaloni.
“Ti
prego, Mac…” non sapeva neppure lui se stava cercando di fermarla o
piuttosto se
la stava pregando di proseguire.
Lei
si fermò un attimo, le mani agganciate ai passanti dei calzoni, e lo
guardò
negli occhi.
“Che
cosa vuoi, Capitano?” gli domandò decisa. Attese la sua risposta
continuando a
fissarlo, mentre si passava lentamente la lingua sulle labbra, in un
chiaro
invito a baciarla.
Non
poteva fargli quello!
Quando
lei lo guardava così gli faceva perdere completamente il controllo.
La
afferrò, stringendola tra le braccia. Baciò con prepotenza quelle
labbra che lo
stavano facendo impazzire, mentre le mani iniziavano a spogliarla…
“Voglio
te, dannazione!”
Lei
sorrise, compiaciuta d’essere riuscita nella sua opera di seduzione.
Poi,
dolcissima, gli sussurrò all’orecchio:
“Buon
compleanno, amore…”.
***
“Non
posso credere che lo abbiamo fatto proprio in quest’ufficio! Non
immagini
neppure quante volte, quando eravamo convocati dall’Ammiraglio
Chegwidden o
quando uno di noi due lo sostituiva, avrei voluto spogliarti e far
l’amore con
te proprio qui…”.
“Davvero,
Harm? Non me lo hai mai detto. Significa allora che abbiamo realizzato
un tuo
sogno proibito?”
“Beh,
non me lo avevi mai chiesto! Comunque sì, hai realizzato una delle mie
fantasie… Non riuscirò più a guardarti, seduta o in piedi dall’altro
lato di
questa scrivania, senza ricordare quello che abbiamo appena fatto!”
“Così
quest’ufficio ti piacerà ancora di più…” disse lei, con un sorriso
birichino.
“Sei
tremenda, sai? Sei l’unica donna in grado, se lo vuoi, di mandarmi il
cervello in
tilt”.
“Lo
prendo come un complimento, mio caro!” affermò lei, finendo di
rivestirsi.
“Voleva
esserlo, infatti”, precisò lui, con un sorriso, mentre la guardava
allacciarsi
la camicia dell’uniforme.
Possibile
che riuscisse ad eccitarlo di nuovo, anche con quel semplice gesto?
Infilandosi
la giacca, lei gli chiese: “Che ne dici di un aperitivo da McMurphy’s,
prima di
andare a casa? Così festeggiamo… i tuoi occhiali nuovi, ovviamente”.
“Che
spiritosa! D’accordo, vada per l’aperitivo” e la seguì, chiudendosi la
porta
dell’ufficio alle spalle.
In
ascensore non riuscì ad impedirsi di baciarla… in quegli anni, si era
scoperto
incapace di lasciarla andare subito dopo averla amata. Ogni volta, dopo
che
facevano l’amore, sentiva sempre
il
bisogno di un contatto fisico, di poter prolungare, pur in maniera
diversa,
quell’intimità speciale che li univa nella passione.
E
anche mentre raggiungevano il pub la tenne stretta a sé; lei rise,
dicendogli
che non erano più due ragazzini alla prima cotta. Spingendo la porta
del locale
e facendosi da parte per farla passare per prima, le rispose che non
poteva
sapere come lui si sentiva… e che il “vecchietto” era stato messo da
parte…
Non
si rese conto di quello che lo attendeva entrato nel pub, perché,
appunto,
impegnato con lei in quella schermaglia amorosa.
Pertanto
il coro di “Auguri!!!” che lo accolse, per un attimo lo disorientò:
cosa stava
succedendo?
Poi,
colto il sorriso sornione di Mac e i vari “Buon Compleanno, Capitano
Rabb!” che
gli venivano rivolti dai suoi amici e da tutto lo staff del Jag,
finalmente
capì che si trattava di una festa a sorpresa in suo onore.
Ecco
dov’erano finiti tutti quanti!
Guardò
sua moglie e captò immediatamente il suo sguardo complice.
Le
si avvicinò, sussurrandole all’orecchio:
“Mhmm…
ora capisco tutto”.
“Tutto
cosa?” domandò lei con finta aria ingenua.
“La
tua opera di seduzione…”
“Davvero?
Stai insinuando che fosse tutto programmato?”
“Non
lo sto insinuando; lo sto affermando”.
“Beh,
Capitano... mi avevano pregata di fare l’impossibile per trattenerti in
ufficio
almeno un’ora, in modo che tutti facessero in tempo ad essere presenti
per la
sorpresa, ma non mi avevano detto in che modo… mi sono lasciata guidare
dall’ispirazione del momento…” gli rispose divertita.
“Ahhh…
l’ispirazione del momento… capisco” commentò altrettanto divertito.
Poi,
rivolgendosi a tutti, ringraziò per la sorpresa.
“Un
momento, Signore” sentì dire a Jennifer Coates.
Tutti
si zittirono e si voltarono verso la sua assistente. La quale avanzò
verso di
lui, con un foglio tra le mani. Glielo porse. Capì subito che avrebbe
dovuto
affrontare il toro per le corna una volta per tutte, quando si rese
conto di
non riuscire a leggere nulla, considerata anche la luce soffusa che
c’era nel
locale.
Si
voltò un attimo verso Mac, la quale gli sorrise dolcemente. Allora
prese dal
taschino della giacca la custodia degli occhiali, l’aprì davanti a
tutti e,
davanti a tutti, se li infilò.
Si
rese vagamente conto che si erano ammutoliti, ad osservarlo leggere.
Fece
giusto in tempo a domandarsi se si erano zittiti nel vederlo con un
paio di
occhiali da vicino, oppure se stavano attendendo di sapere cosa c’era
scritto
sul foglio, prima di capire cosa aveva letto. Si voltò verso Mac con un
sorriso
e le porse il foglio.
Lei
non lo guardò neppure; si strinse a lui e gli sussurrò:
“Congratulazioni,
amore”.
Ebbe
la conferma che tutti lo sapevano, non appena dissero di nuovo, ad alta
voce:
“Buon
compleanno, Ammiraglio!”.
La
sua promozione era stata ufficializzata proprio quel giorno.
Quando
ebbe terminato di ricevere le congratulazioni di tutti era trascorsa
quasi
un’ora.
Cercò
con lo sguardo Mac e la vide ad un tavolo che stava chiacchierando e
ridendo
con Harriett.
Mentre
si avvicinava, colse qualche spezzone del loro discorso.
“Non
posso crederci. Davvero ci sei riuscita? Non riesco ad immaginare la
faccia di
Chegwidden, se lo sapesse…” stava dicendo Harriett, voltandosi per un
attimo,
con un sorriso negli occhi, ad osservare il loro ex-superiore che stava
bevendo
una birra e chiacchierando con suo marito.
“Dovevo
trattenerlo, no? Ed era da una vita che morivo dalla voglia di farlo
proprio
lì…“ sentì Mac risponderle.
Stava
dicendo proprio quello che immaginava? In quel caso non era stata solo
una sua
fantasia!
“Oh,
sì… immagino la fatica ad assolvere quell’impegno!” Dal sorriso sul
volto di
entrambe ebbe immediatamente conferma di cosa stavano parlando: sua
moglie
voleva rovinargli la reputazione, per caso?
Sedendosi
al tavolo, domandò con aria ingenua: “Cosa avete tanto da ridere,
signore?”.
Fu
Harriett a levargli ogni dubbio: “Mac mi stava spiegando come ti ha
trattenuto
in ufficio, Harm…”
“Già…
il caso Owens…” cercò di improvvisare lui.
Ma
Harriett non aveva intenzione di fargliela passare: “Ah, si chiama
così, ora?”.
Sorrise
rassegnato, tanto ormai sapeva tutto.
“Non
ti azzardare a raccontarlo a Bud. Lavoro ancora con lui!” la minacciò
con una
smorfia.
Lei
scoppiò a ridere e lo rassicurò che non avrebbe detto nulla al marito.
“Scusaci,
Harriett…” disse poi alzandosi e trascinando con sé sua moglie verso
una zona
del locale dove aveva scorto alcune coppie ballare al ritmo di un pezzo
lento.
Aveva voglia di averla di nuovo tra le braccia e danzare con lei.
Le
sussurrò tra i capelli:
“Balla
con me…”.
Lei
lo guardò e gli diede una lieve carezza sulla sua guancia, prima di
scivolare
nel suo abbraccio.
“Con
piacere, Ammiraglio!”.
***
Rientrati
fortunatamente non troppo tardi, si era messo in libertà, mentre Mac
terminava
di preparare una citazione che le serviva l’indomani. Si era offerto di
aiutarla, ma lei aveva rifiutato, dicendogli che lui lavorava a casa
quasi
tutte le sere; quella sera era tutta per lui e doveva godersela.
Inutile farle
capire che avrebbe preferito aiutarla per finire prima, anziché
ingannare
l’attesa senza di lei.
Si
era sistemato allungato sul divano, con l’idea di sfogliare solamente
uno dei
libri che gli erano stati regalati. Aveva scelto quello di Mattie, la
quale si
era ampiamente riscattata per la crema antirughe, innanzi tutto
dicendogli che
l’aveva acquistata solo per prenderlo in giro e farlo arrabbiare un
po’, e poi
consegnandogli quello che era il suo vero regalo: una stupenda raccolta
fotografica di tutti gli aerei militari costruiti nella storia
dell’Aviazione
militare. Ma poi era stato catturato dalle parole che accompagnavano
ogni foto
e che narravano anche la vita dei piloti più famosi, quelli che avevano
compiuto qualche impresa degna d’essere ricordata.
Aveva
sbirciato anche le pagine degli anni in cui era stato pilota e aveva
scoperto
di essere citato tra i nomi, in merito alla motivazione per la quale
era stato
insignito della sua seconda medaglia al valore. Solo poche righe e il
suo nome,
ma che importava? Già essere sulle pagine di quel libro era fantastico!
“Perché
quel sorriso?”
La
voce di Mac lo sorprese mentre si stava crogiolando per un attimo in un
moto
d’orgoglio e al tempo stesso ricordava emozioni del passato.
“Mac,
sono su questo libro! Lo avresti mai immaginato?”
“E
perché non saresti dovuto esserci? Sei un eroe…”
Si
voltò verso di lei, sbuffando… credeva che lo stesse prendendo in giro,
come a
volte accadeva, per il suo io, che sua moglie definiva più grande del
suo
stesso corpo. Invece lei sembrava seria.
Non
solo: era bellissima. Aveva indossato una camicia da notte lunga, in
seta blu
notte, che non ricordava d’averle mai visto.
“Nuova?”
domandò, scordandosi immediatamente degli aerei.
Restò
ad osservarla mentre lentamente lei gli si avvicinava… si sedette
accanto, gli
tolse il libro dalle mani e lo appoggiò sul tavolino vicino al divano.
“Acquistata
proprio oggi…”
“L’impegno
del mezzogiorno?”
“Anche”
rispose misteriosa. Gli sfiorò la guancia con un dito, poi si sporse
verso di
lui e lo baciò con dolcezza.
“Sei
davvero sexy con questi occhiali, lo sai?” gli disse in un sussurro,
prima di
sfilarglieli con deliberata lentezza.
“Per
questo li togli?” domandò lui, la gola improvvisamente secca. Lo stava
eccitando di nuovo…
Non
rispose. Gli prese il volto tra le mani, si piegò ancora verso di lui e
lo
baciò a lungo, appassionata.
Rispose
alla richiesta della sua bocca, sollevandosi col busto e mettendosi
seduto. Era
a torso nudo e le mani di lei cominciarono ad esplorarlo… Le prese a
sua volta
il viso tra le mani, per intensificare il bacio. La sentì gemere
dolcemente
quando iniziò ad accarezzarla. Scostò le spalline della camicia da
notte e
scivolò con le labbra sulla sua pelle, fino a raggiungere la morbidezza
del suo
seno…
“Non
ne hai ancora abbastanza?” le chiese con voce sexy.
“No…
ho ancora voglia di te… e poi… poche ore fa ho fatto l’amore con un
Capitano…
Ora voglio provare un Ammiraglio…” rispose lei, maliziosa.
“Anche
l’Ammiraglio desidera conoscerla, Colonnello…” replicò lui, stando al
gioco.
Poi si distese e la trascinò sopra di sé, lasciandosi trasportare dal
desiderio
che lei sola gli faceva provare tanto intenso.
L’amò
a lungo, lentamente.
Soltanto
parecchio tempo dopo lei si sciolse dal suo abbraccio, recuperò gli
occhiali e
glieli rimise.
“Che
cosa stai facendo?” chiese sorridendo lui. “Non vorrai per caso
ricominciare?
Sono vecchio, amore. Ho bisogno di riprendermi…”.
“Mhm…
per essere un vecchietto, non te la cavi affatto male!” rise lei.
“Tranquillo,
ho solo un regalo da darti”.
“Mi
hai già fatto diversi regali interessanti…” le ricordò lui.
“Questo
credo che ti piacerà” rispose evasiva.
“Anche
gli altri mi sono piaciuti molto, se per questo…”.
Si
allungò verso il tavolino dove, non se n’era neppure accorto, doveva
aver posato
fin da quando lo aveva raggiunto un foglio che prima non c’era.
Glielo
mise tra le mani.
“Che
cos’è?”.
“Leggi…”.
Obbedì
e per un attimo rimase senza fiato. La guardò negli occhi e vide la
gioia illuminarglieli.
“Che
ne pensi, Ammiraglio?” gli domandò lei, la voce quasi rotta
dall’emozione.
“Che
non potevo desiderare un regalo più bello…” rispose abbracciandola.
Chiuse
gli occhi, mentre la stringeva tra le braccia.
Papà…
Prima
dell’estate sarebbe diventato papà.
Sentì
le lacrime inumidirgli gli occhi, ma non importava. Era felice, troppo
felice.
Per se stesso, ma soprattutto per Mac. Desiderava un bambino da sempre
e
finalmente l’avrebbe avuto.
Dentro
di lei stava crescendo una nuova vita…
“Ti
senti ancora un vecchietto?”, domandò lei con un sorriso sulle labbra.
“Vecchio?
Ma quando mai?”.
FINE