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Autore: Rowena    06/05/2012    4 recensioni
Nel silenzio del distretto 12, Prim e Gale affrontano l'assenza di Katniss.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gale Hawthorne, Primrose Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Angoletto dell'Autrice: Questa storia mi è venuta subito in mente dopo la fine del libro, anzi, mentre ancora leggevo, perché i cambiamenti di regole durante la competizione mi sono subito sembrati sporchi. Ho voluto mettere in bocca a Gale le mie riflessioni. Non ho ancora continuato la lettura della saga, ho letto solo il primo, per cui mi scuso se ho scritto delle cose che non corrispondono al proseguimento della storia canon, ma avevo proprio bisogno di buttarla giù. È la prima fanfiction su questo fandom che scrivo, e se voleste darmi un parere a riguardo sarei davvero felice di leggere che ne pensate! :)
Disclaimers e Crediti: Personaggi e luoghi non appartengono a me, bensì a Susanne Collins e a quanti altri ne detengono i diritti. Non scrivo a scopro di lucro e pertanto nessuna violazione del copyright è intesa.
Questa storia partecipa alla Challenge Il Giro dell'Oca su Writers Arena Rewind, per la casella 10. Del prompt canzone+immagine a cui ispirarmi ho scelto, come si capisce dal titolo, uno stralcio di The Sound of Silence di Simon&Garfunkel (And in the naked light I saw... Ten thousand people, maybe more. People talking without speaking, people hearing without listening, people writing songs that voices never share. And no one deared disturb the sound... of silence) e come immagine questa fotografia di Paulete Matos.



 

Si alzò lentamente, ancora intontita. Fuori era ancora buio, sebbene anche con il sole le polveri di carbone avrebbero reso l’aria densa e scuro per tutto il giorno. Ma Primrose Everdeen non aveva tempo per domandarsi come sarebbe stato il tempo: aveva le sue capre di cui occuparsi, da mungere, vedere a che punto era la preparazione dei formaggi… Per non parlare della casa e delle faccende che doveva svolgere prima di andare a scuola. Tante cose, e non era nemmeno l’alba.
C’erano stati dei cambiamenti in lei. Non che nessuno se ne fosse stupito: quando tua sorella maggiore si offre volontaria per salvarti dalla Mietitura, c’è ben poco da stare allegri. I meno sentimentali avevano tagliato corto che la ragazzina sapeva benissimo che, senza i frutti della caccia di Katniss, lei e sua madre avrebbero presto patito la fame, ma chi conosceva la famiglia Everdeen sapeva che le tre condividevano un legame particolare. Almeno tra le due figlie, visto che la madre si era alienata la sua primogenita, dopo la morte del marito.
Quand’era rimasta vedova, la donna era caduta in una depressione profonda e le responsabilità erano piombate sulla maggiore delle ragazze, terrorizzata che lei e la sorellina finissero all'istituto perché il loro unico genitore non era in grado di occuparsi di loro. E ora si era sacrificata per impedire che la piccola di casa si trovasse a combattere con altri ventitre ragazzi ben più agguerriti, preparati e pronti a qualunque cosa per sopravvivere.
Prim sapeva perfettamente che Katniss era unica e che, se fosse stata al posto di sua sorella, lei non sarebbe sopravvissuta che pochi minuti, senza avere neanche il tempo di allontanarsi dalla Cornucopia. E con quanto era accaduto alla Mietitura, ora veniva guardata in maniera diversa dalla gente del distretto 12: molti dei ragazzi della sua classe la invidiavano, in un certo senso, perché se fossero stati sorteggiati loro di certo i loro fratelli li avrebbero salutati cercando di nascondere la gioia per averla scampata un'altra volta. Doveva essere grata a Katniss, ma allo stesso tempo si sentiva mortalmente in colpa: se non fosse stata così debole, così inutile, non sarebbe stato necessario quello scambio… Pur sapendo di mentire a se stessa perché, anche se fosse stata una cacciatrice abile quanto Kat, questa non le avrebbe permesso di partecipare, Prim si odiava. Sua madre stava lottando per non ripiombare in quello stato di apatia che l'aveva presa quando avevano perso papà, ma era difficile per lei. Sembrava che per il momento riuscisse a resistere solo per orgoglio, ancora offesa dalla durezza con cui la figlia maggiore l’aveva sgridata al momento dell’addio. Dal canto suo, Prim cercava di fare del suo meglio: aveva le sue capre, con cui produrre latte e formaggio, e stava imparando a distinguere al meglio le erbe officinali, per recarsi al Prato e al limitare della foresta e raccogliere le foglie migliori da scambiare al Forno e con la farmacia per denaro, cibo e altre cose di prima necessità.
Doveva essere sincera, però: se non ci fosse stato Gale, che cercava di cacciare per due e far avere un po’ di carne alla famiglia dell’amica… Non ci voleva neanche pensare. Prim doveva crescere in fretta, com'era successo per la sorella quand’erano rimaste senza padre. La situazione, però, era diversa: Kat poteva tornare. Era una speranza remota e ridicola, tanto che tutti le sconsigliavano di crederci, fin dall’inizio degli Hunger Games, ma era pur sempre una speranza. Seguiva la trasmesse febbrilmente, a scuola non aspettava altro che il pranzo, per vedere il riassunto di quanto si era persa durante le lezioni. Doveva rimanere con sua sorella, anche se lei non poteva sentirla e tutto il contatto che avevano era il passivo sguardo di una telecamera che cuciva ad arte i momenti salienti della giornata nell’Arena.
 Poi c’era stato l’annuncio: se gli ultimi due partecipanti rimasti fossero stati dello stesso distretto, entrambi avrebbero vinto. Solo due coppie erano ancora in gioco, e una era costituita da Katniss e da Peeta. Prim aveva gioito, come tutti: da troppo tempo un Tributo originario della zona dei minatori non vinceva i giochi, e se entrambi si fossero salvati forse le scorte di cibo in premio sarebbero state raddoppiate per la popolazione del distretto.
Quanto alla presunta storia d’amore tra sua sorella e il figlio del fornaio, la ragazzina non sapeva che pensare. Gli strateghi e i commentatori degli Hunger Games non facevano che parlarne, era una novità assoluta per la trasmissione, e così la gente sospirava per il loro triste destino.
Prim non era molto convinta: conosceva Katniss abbastanza per riconoscere che quando concedeva un bacio a Peeta quasi subito con la coda dell’occhio cercava la telecamera, come a chiedersi se fosse piaciuto lo spettacolo. E da quando lei aveva risposto alle emozioni del ragazzo, gli sponsor avevano fatto arrivare i doni per lei e il suo compagno.
Sua sorella non era una persona cattiva, ma aveva già fatto esperienza di quanto fosse necessario fare per provvedere a se stessi e alle persone care… E se aveva capito che mostrarsi innamorata di Peeta poteva aiutarla a sopravvivere, di certo non si sarebbe rifiutata. La ragazzina non ne aveva parlato con nessuno di quelle impressioni, nemmeno con la madre, che non aveva mai davvero visto la disperazione negli occhi della figlia.
Lasciò da parte tutti quei pensieri: presto avrebbero scoperto la verità, i giochi stavano arrivando alla fase finale e lei sarebbe stata dispensata dalla scuola per seguire le ultime lotte nell’arena. E poi, era in ritardo: si era alzata di buon’ora per aspettare Gale di ritorno dalla caccia, ma a forza di rimanere a fissare il vuoto in quelle riflessioni rischiava di farlo attendere come una stupida. Svelta, s’infilò il vestito bianco che aveva messo alla Mietitura, che ora indossava molto più spesso soltanto perché era stato di sua sorella e gliela faceva sentire più vicina, e uscì senza fare rumore, poiché la madre ancora dormiva.
A quell’ora del mattino il distretto 12 aveva un aspetto ancora più spettrale del solito. In quegli ultimi giorni il silenzio l’angosciava: non era il quieto rispetto che aveva sentito per sua sorella, quando si era offerta al suo posto come Tributo, era l’assenza disarmante di Katniss che appesantiva tutto. Non che a casa parlasse molto, era spesso in polemica con sua madre o semplicemente non aveva nulla da dire, eppure i rumori che la circondavano, le assi del pavimento che scricchiolavano sotto i suoi piedi leggeri, ad esempio, rendevano la loro abitazione più viva. Era quel silenzio che faceva soffrire anche sua madre, un vuoto in cui la voce di Caesar Flickerman rimbombava in maniera esasperante. E per strada non era meglio, anche se era di gran lunga meglio non sentire nulla, piuttosto che i pettegolezzi su sua sorella e Peeta Mellark.
Prim s’incamminò nella nebbia appesantita dalla polvere di carbone proveniente dalla miniera, consapevole che di lì a poco il suo abito sarebbe stato completamente sporco, e si avvicinò quanto più possibile al Prato per aspettare l’amico di Katniss. A un certo punto si chinò per sistemarsi un laccetto di un sandalo che le dava fastidio, e allora lo vide.
Gale comparve come un fantasma al limitare della foresta e la ragazzina lo osservò infilarsi sotto la rete metallica e rientrare nell’area del distretto con naturalezza. Era sporco e aveva i capelli più arruffati del solito, e un’espressione che non prometteva nulla di buono, nonostante sulle spalle avesse diversi scoiattoli e anche un coniglio.
- Eccoti qua, Prim – la salutò con calma senza particolare affetto o calore. Era arrabbiato, da settimane, e la ragazza sapeva che non doveva dar peso a questo atteggiamento.
Gale si era preparato a perdere l’amica, poiché entrambi sapevano che per via delle tessere avevano un’alta probabilità di essere sorteggiati alla Mietitura, ma da quando la sera delle interviste il figlio del fornaio aveva dichiarato il suo amore per la compagna nell’arena, era diventato strano. Stava sempre da solo, rifiutando la compagnia di chiunque, specie quando la gente voleva spettegolare dei giochi con lui. Soprattutto non parlava di Katniss, di come si stava comportando, delle speranze che aveva di tornare a casa.
Prim non aveva osato chiedere, per paura che il giovane si arrabbiasse e non le regalasse più le prede della sua caccia, ma era abbastanza sicura che Gale fosse geloso.
- Eccoti gli scoiattoli: se li porti tu al fornaio, di certo riuscirai a ottenere più di me in cambio – continuò lui con un tono amaro nella voce. – Magari si sentirà in colpa perché suo figlio sta ingannando tua sorella.
Questa era una considerazione che Prim non gli aveva mai sentito fare. – Come puoi dire una cosa del genere? E poi, perché dovrebbe? Con il cambio delle regole si salveranno entrambi, se saranno gli ultimi due concorrenti rimasti.
Aveva gioito a quella novità, come tutti: se persino la famiglia del fornaio aveva dato per certa la vittoria di Katniss, e che questa uccidesse anche il suo compagno pur di tornare al distretto, con la variazione annunciata a giochi già iniziati la gente era tornata a respirare.
Gale rise, amareggiato. – Ti facevo più sveglia, Prim. Secondo te non si rimangeranno quanto hanno detto, con qualche patetica scusa, quando tua sorella e il suo fidanzatino rimarranno da soli? Stanno dando un bello spettacolo – disse infastidito – quale conclusione migliore dei giochi se non vedere i due innamorati che si dicono uno struggente addio e poi decidono chi dei due dovrà morire, o ingaggiare un combattimento furioso? Sono due pedine nelle mani degli strateghi.
Prim rimase gelata, con gli scoiattoli in mano. Non poteva essere davvero così, sua sorella non poteva prestarsi a quell’orrore… Ma forse era così stremata dalla fuga, la caccia e le ferite di Peeta che preferiva credere anche lei alle promesse degli organizzatori degli Hunger Games, pur di sperare.
- Credi che Katniss morirà? – domandò con una vocina sottile.
- Onestamente? – Gale sembrò rilassarsi. – Glielo auguro, anche se temo che, se davvero dovrà liberarsi del figlio del fornaio, ne rimarrà più segnata di quanto può immaginare. Avrebbe dovuto cercare di rimanerne distaccata, da brava cacciatrice, ma la strategia scelta dal suo mentore e gli eventi dei giochi l’avevano trascinata in un cerchio che rischiava di soffocarla.
Il ragazzo aveva assistito a ogni speciale su Katniss da quando gli Hunger Games erano iniziati. L’aveva vista affezionarsi davvero alla piccola Rue, e soffrire sinceramente per la sua morte. L’aveva ammirata quando aveva dato l’estremo saluto alla concorrente, usando quel gesto simbolico del distretto 12 che magari nel resto di Panem nessuno aveva compreso, ma che nelle loro case i minatori avevano apprezzato e condiviso. E aveva compreso che la sua gioia nel sentire che sia lei che Peeta avrebbero potuto salvarsi era sincera. Forse nei pochi giorni in cui i due si erano preparati per i giochi si erano davvero avvicinati, Gale non sapeva dirlo.
La televisione gli restituiva una Katniss diversa da quella che conosceva, anche se ne esaltava i tratti che in lei più apprezzata. Ma se fosse davvero tornata a casa, e magari davvero con Peeta… Cosa sarebbe successo tra loro? Non voleva pensarci, ed ecco il perché del suo umore sempre rabbioso.
Di una cosa era certo: qualunque sarebbe stato il suo destino, la sua amica sarebbe diventata un simbolo per il distretto 12. Il modo in cui l’avevano salutata, con le tre dita sulle labbra, non dava dubbi. Una folla intera che le diceva arrivederci senza emettere un fiato. Quella sciocca di Effie Trinket era rimasta basita, davanti a quel gesto, senza sapere come contrastare le tradizioni di un popolo che non conosceva e non si sforzava di capire. Aveva chiesto un applauso, ma quel saluto aveva molti più significati, e aveva subito quel silenzio senza osare spezzarlo. Forse a Capitol City l’avrebbero inteso come un gesto di ribellione, ma non aveva importanza. Katniss si meritava l’onore della sua gente.
Gale scosse il capo e indirizzò la ragazzina verso il Forno, dove anche lui avrebbe tentato di scambiare il coniglio con un po’ di denaro e qualche altra cosa. Guardò a lungo Prim, che camminava svelta al suo fianco, senza pensare a nulla in particolare. Per lei Catnip si era sacrificata. Lui l’avrebbe fatto per qualsiasi dei suoi fratellini, per cui poteva capire… Si erano entrambi caricati di troppe responsabilità, e ne avrebbero portato il peso fino all’ultimo.
- Te l’avranno già detto – disse con voce più quieta e moderata – ma non è stata colpa tua. Non avevamo messo in conto che, tra tutti quei foglietti, potesse essere estratto l’unico con sopra il tuo nome. Era una probabilità così assurda che né io né tua sorella l’avevamo considerata.
Prim sussultò, al suo fianco. Nel suo abito bianco, cercava di camminare dritta e con aria sicura, anche se agli occhi di Gale sembrava sempre la bambina scarmigliata che Katniss gli aveva presentato anni prima. Stavano entrambi soffrendo, anche se per motivi diversi, e potevano capirsi.
- Lo so. Me l’ha detto anche mia sorella. – rispose alla fine cercando di non far tremare la sua voce.
- Allora andiamo, Primrose, e vediamo se hai imparato a contrattare.
Non potevano fare altro che attendere e tentare di sopravvivere, come sempre, nella speranza che la ragazza di fuoco tornasse da loro, nel silenzio spettrale del distretto 12.
   
 
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