La persona che amo

Quel giorno pioveva talmente tanto che era difficile persino vedere bene chi ci fosse vicino a me.

Ma, alla fine, il mio sguardo era concentrato solo sulla sua lapide bianca.

Lisanna Strauss.

Il funerale era finito da due ore, ormai tutti i componenti della Gilda erano andati via.

Rimanevamo solo io e mio fratello.

E la pioggia.

-Nee chan andiamo, o ci prenderà un malanno-sussurrò Elfman, con voce roca a causa delle troppe lacrime versate.

Io non risposi, gli occhi fissi sulla lapide bianca, unica cosa rimastami della mia sorellina.

-Nee chan...-disse di nuovo Elfman, ma poco dopò sentii qualcuno mormorare qualcosa; non riconobbi la voce e non capii cosa avesse detto a mio fratello, ma poco dopo i pesanti passi di Elfman sul selciato mi incuriosirono, e mi voltai.

All'epoca non seppi perché mi fece quell'effetto.

Vederla in piedi, completamente bagnata e con un'espressione triste sul volto mi colpì particolarmente.

Dopotutto, in quattro anni non avevo mai visto Erza guardarmi in quel modo.

Gli sguardi che mi rivolgeva di solito erano sguardi d'astio, di sfida e, raramente, di simpatia.

Ma la verità la sapevo. Sebbene non avessimo fatto altro che combattere tra noi, il rapporto che esisteva tra me ed Erza era molto più forte di quanto sembrasse; percui non mi stupii molto di vederla dietro di me. Quel suo sguardo triste, però, mi fece vacillare. Non aveva mai mostrato i suoi veri sentimenti, in nessuna occasione. Soprattutto a me!

-Perché sei qui?-chiesi io.

-Per farti compagnia-rispose semplicemente, e mi si accostò.

-Non ne ho bisogno, voglio stare sola-ringhiai. Non volevo farmi vedere debole da lei.

-Nessuno vorrebbe stare solo in un momento simile-

-E che ne sai?-

-Perdere una persona a noi cara non è mai facile da superare. Lascia che ti aiuti Mira...-

Si voltò di scatto e parò con facilità il pugno che avevo diretto al suo viso.

-Erza, va via!-urlai con tutti il fiato che avevo in gola.

-Scordatelo-mi rispose con astio. In tutta risposta cercai di colpirla di nuovo, ma lei deviò il colpo. Ci provai ancora, e ancora, e ancora finché lei stessa si lasciò colpire all'addome da un mio poderoso pugno. Sgranai gli occhi, incredula, sentendo Erza gemere sommessamente e piegarsi in avanti.

-Perché non mi hai fermata?-chiesi io; lei non rispose subito e fece un gesto che ricorderò per sempre.

Mi abbracciò, stringendomi tanto forte da togliermi il respiro.

-Noi due potremo anche essere rivali, ma per me tu sei una grande amica, Mira, e non ti abbandonerò proprio ora, quindi colpiscimi pure se ti fa piacere, ma io non mi muoverò da qui-mormorò con determinazione al mio orecchio.

E lì tutte le mie difese crollarono.

Iniziai a singhiozzare senza ritegno, per poi scoppiare a piangere sulla sua spalla, ricambiando automaticamente il suo abbraccio, mentre Erza mi sussurrava dolci parole all'orecchio, tentando di calmarmi.

Chissà per quanto tempo rimanemmo in quella posizione, sotto la pioggia che continuava a infierire su di noi.

Ma una cosa è certa.

Quel giorno capii i miei veri sentimenti per Erza. Non era mia amica, e nemmeno mia rivale.

Era semplicemente la persona che amavo allora e che amo ancora oggi.