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Autore: Flower_91    06/05/2012    0 recensioni
Questa è una storia nella quale si racconta che il dolore non è solo una prerogativa dell'uomo ma è un concetto che si espande a molte più creature. La vita è un punto di vista.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo uno.
 
 
 
Alla luce della notte la città si trasforma: non sembra più la bella città con parchi e fontane, popolata da gente cordiale che saluta i passanti pur non conoscendoli, ma sembra avvolta da un mantello invisibile in grado di assorbire l'armonia giornaliera per trasportarla altrove. Mia madre quand’ero piccolo mi diceva sempre di stare attento la notte e alla notte, mi diceva che, durante questo periodo oscuro, anche le persone che di giorno sembravano le migliori del mondo potevano trasformarsi in crudeli esseri. Ogni volta che mi metteva in guardia pensavo sempre che esagerasse, si sa, le mamme tendono sempre ad ingigantire un po’ tutte le cose in maniera tale che noi, piccole creature capaci di credere a qualsiasi cosa detta dalla mamma, potessimo seguire ciò che avevano detto, e per tranquillizzarla le rispondevo sempre: “si mamma, stai tranquilla farò attenzione!”. Mi sono svegliato proprio alcuni istanti fa con questo pensiero nella testa, ricordo anche di aver avuto un sonno agitato ma non ricordo cos’ho sognato. Questo mi rincuora, di solito, quando faccio incubi che ricordo anche dopo essermi svegliato, rimango turbato almeno per tutta la mattina, titubante verso tutti e verso qualsiasi cosa si trovi abbastanza vicino al mio corpo. Mi sento “nudo”, come se ciò che mi sta girando per la testa fosse chiaro a tutti i passanti che mi guardano quasi come se volessero scrutare dentro il mio petto. Per fortuna il sole sta per sorgere, è quasi mattino e una nuova giornata sta per iniziare.
Come ogni mattina mi sono svegliato di buon ora, anche se oggi a causa del brutto sogno ho anticipato la routine, mi stiracchio per far svegliare i muscoli ed inizio la mia passeggiata mattutina. La prima tappa è sicuramente la fontanella all'angolo tra via Mazzi e via Garibaldi, una gran bella fontana! Uso il suo diminutivo perché di solito, a causa della mia piccola stazza (anche se devo ammettere che ho visto di peggio), sono quasi sempre costretto a rinfrescarmi in una piccola vaschetta situata alla base della vera fontana. Questa di per se è davvero grande! Sarà… Che ne so, per dire eh, sarà quasi come 5 alani messi insieme in altezza e altrettanti in lunghezza. Ne bevo qualche sorso, mi sciacquo i baffi e mi precipito subito verso la seconda tappa: il vecchio negozio di Gigi. Uso il termine vecchio perché una volta mi raccontò che il negozio apparteneva alla sua famiglia da tre generazioni!! Al che pensai: “Cavolo! Tre generazioni… Dev’essere davvero tanto tempo”. In realtà non avevo idea, e nemmeno ora, a quanto corrispondessero, in termini temporali, tre generazioni ma feci finta di nulla. Non era poi una cosa così importante. Un grande uomo Gigi, davvero. Mi ha sempre trattato con rispetto, non c'è mai stata una volta in cui mi abbia sottovalutato o si sia comportato in maniera altezzosa. Molti umani lo fanno sapete? Sarà per il mio aspetto, per la mia piccola stazza, per i miei baffi o per via della mie orecchie un po’ a punta, non saprei. E’ una cosa sulla quale ragiono spesso però. Arrivato li davanti la routine è la medesima: mi avvicino alla porta e gratto due o tre volte per farmi sentire e per farmi identificare (Gigi lo sa che solo io gratto la porta due volte consecutive e una terza con un po’ di ritardo), mi allontano un pochino per far si che dalla vetrata il mio amico possa vedermi ed accertarsi della mia presenza ed ecco che la colazione è servita! Almeno un pranzo sicuro al giorno ce l’ho, tranne il sabato in cui Gigi riposa e sta a casa con la famiglia. A proposito: sua figlia è davvero una bella bambina, sembra una piccola bambolina, occhi verdi e boccoli biondi sempre impeccabili. Il giovedì mattina la trovo sempre li con Gigi, giochiamo un’oretta assieme nel parco che c’è di fronte al negozio. Io corro un sacco mentre invece alla piccola Angie piace tirarmi la palla e a volte giocare a nascondino! Gigi si fida di me, ogni giovedì mattina appena arrivo, dopo avermi dato la mia bella colazione, mi dice sempre: “Dai ora andate e mi raccomando tu eh, stai sempre attento, mi fido di te”.
E’ bello sapere che esiste qualcuno che abbia così tanta fiducia in te, una fiducia tale per la quale ti affida ciò a cui è più legato, una figlia. Io una famiglia non ce l'ho, non più almeno, e anche se con Angie mi diverto un sacco, ogni giovedì dopo averla riportata al negozio mi sento triste. La vedo entrare dalla porta e correre verso il papà con una gioia tale che sembrerebbe quasi non lo veda da tantissimo tempo! Lui la prende e la fa volare mentre il viso della piccola Angie diventa l’emblema della felicità. Quella specie di gesto che fa volare Angie lo chiamano aeroplanino ma io non l’ho mai fatto. Rimango li a guardarli per un po’, non troppo però, mi sembrerebbe di spiarli. Dopo questo bocconcino, il giovedì con un po’ di ritardo rispetto agli altri giorni, mi incammino verso il parco sperando di trovare Agata, Fred o almeno Marvin. Lo conosco da quando sono nato. Il mio amico Marvin è davvero grande, non siamo della stessa razza, anzi, non siamo proprio di razza ma ci capiamo al volo! Oltre che essere grande è anche un grande amico. Siamo come fratelli noi due, sempre a giocare e morderci l'un con l'altro. Per scherzo naturalmente. Sarà per la sua grossa statura ma ha sempre avuto la fissa di comportarsi da fratello maggiore con me e la cosa non mi è mai dispiaciuta a dire il vero, anzi. Mi fa sentire sicuro e protetto. Agatha invece è diversa da noi: è bella, distinta, elegante e, cosa non di poco conto, di razza. Non ho mai capito che cosa ci faccia per strada con noi ma non ho mai voluto chiedere. L'unica cosa che io e Marvin sappiamo su di lei è che è venuta da molto lontano. Sono discreto, mi faccio gli affari miei io, poi se vorrà parlarmene lo farà lei, no? Inoltre siamo restii a chiederle qualcosa di lei, una volta successe una cosa abbastanza spiacevole: come al solito ero con Marvin, stavamo facendo una passeggiata per le strade della città quando, all’altro lato della strada, vedemmo Agatha. L’avevamo conosciuta da qualche mese, due se non erro, aspettammo lo scattare del verde del semaforo, da bravi cittadini del mondo, e la raggiungemmo.
  - Ehilà!! - dissi mentre le andavamo incontro.
  - Oh bellezza, ciao! Non vi avevo visti, da dove siete spuntati? - rispose lei.
  - Non siamo mica dei funghi noi, sai!? Eravamo all’altro lato della strada, ti abbiamo visto e abbiamo pensato di venire a salutarti - mi anticipò Marvin - Dove vai di bello? - concluse.
In quel momento ci passò accanto un esemplare mai visto prima nei paraggi ma la faccia non mi piaceva affatto: un po’ schiacciata, perfettamente tonta (il ché mi porto quasi a ridergli in faccia) e con le orecchie tagliate. Con aria arrogante si avvicinò ad Agatha e le disse:
  - Ma guarda che bel bocconcino che abbiamo qui. Hai un odore niente male. Ti sei persa zuccherino?
Sentita quella frase credo che mi fosse venuta una carie a tutti i denti. Io e Marvin non volevamo intervenire, in fondo, oltre a rendersi ridicolo, non aveva fatto nulla di ché.
Agatha lo guardò con aria di sufficienza e non gli rispose. Lui, girandole attorno, continuò:
  - Mmh, bella carrozzeria baby, dubito tu sia una di noi, cos’è mamma e papà ti hanno cacciata per il tuo folto pelo?
Appena finita la frase assistetti ad una scena che credo mai nessuno si sarebbe aspettato di vedere, tantomeno io e Marvin: Agatha, come se fosse impazzita, si scaglio al collo di quel povero sconsiderato e non accennava a mollarlo. Colto alla sprovvista poi non riusciva neanche a reagire e a colpire a sua volta. Intervenimmo e cercammo di allontanare Agatha, non fu facile. Ogni suo muscolo era teso all’attacco, non esisteva più una zona razionale in lei, come quando si ha la dipendenza da un qualcosa che si è cercato di tener lontano ma che, al primo incontro, abbassa le nostre barriere razionali e lascia spazio alla parte animale di ognuno di noi. Inoltre tutti i passanti si erano accorti della rissa. Non l’avevo mai vista così, aveva gli occhi rossi di sangue, pieni di rabbia, la bocca aperta dalla quale si vedevano tutti i denti e dalla quale sgorgava, come in una flebile cascata, la densa saliva. Appena si stacco dal collo del passante, viste le pessime condizioni in cui lo aveva ridotto, fu colta da rimorso, i suoi muscoli si rilassarono, la salivazione si fece meno abbondante, iniziò a piangere e scappò via. Non la inseguimmo, preferimmo prenderci cura di quello sconosciuto. Non aveva riportato grandi ferite, per fortuna, ma lo accompagnammo non ricordo bene dove e tornammo al parco. Con Marvin decidemmo di non toccare il tasto del suo passato per nessuna ragione al mondo. Questo fu quello che successe, si.
Da lontano vedo Marvin! E' sdraiato sotto un albero all'ombra, lui si che se la gode la vita eh!!
  - Ehi poltrone!! - dico scagliandomi sopra il suo corpo lasso.
Appena il mio corpo tocca il suo, Marvin saltò in aria di almeno un metro, non scherzo!! Si è spaventato così tanto che si è nascosto dietro un albero ed è uscito solamente al tuonare delle mie grasse risate!
  - Ma sei impazzito!? Per poco con ci rimanevo secco! - dice con aria incredula sperando quasi che il mio gesto non fosse stato dettato dalla parte sana del mio essere ma da qualche strana sostanza che magari aveva potuto alterare il mio buon senso.
Io continuo a rotolarmi nell’erba, non riesco a smettere di ridere. Ogni volta che lo stimolo alla risata sembra affievolirsi, mi appare la sua immagine in mente, come se qualcuno con un pulsante decidesse di far apparire quell’immagine nel momento in cui ero quasi riuscito ad allontanarla, e allora ricomincio a ridere più forte di prima.
  - Si va bene, bravo bravo, ridi pure quanto vuoi. Ridi pure di me dai! Tanto sono l’idiota di turno – aveva il broncio, la fronte corrugata e teneva il tutto su quelle grosse e tozze zampe.
Marvin ha tanti pregi ma uno dei suoi difetti più grandi è quello di essere davvero troppo permaloso. Se la prende per tutto! Io poi sono un giocherellone!! Si, sono anche rompiscatole, lo ammetto, ma dev’esserci per forza qualcuno che dia voce ai suoi difetti oltre che ai suoi pregi. Ma so come prenderlo. Come già detto prima Marvin tiene molto a me e non riusciremmo a litigare per bene neanche se dovessero costringerci. Non ci nasce. Si, a volte discutiamo, com’è normale che sia, ma nulla e dico nulla è in grado di poterci allontanare.
  - Dai ok va bene, forse non dovevo saltarti addosso mentre stavi riposando ma ora parliamoci sinceramente fratellone: avresti davvero voluto che io, il tuo bellissimo e simpaticissimo amico, mi fosse privato di quella grassa sana risata!? - gli dico con tono ammiccante.
Lui mi guardo come per dire “ma su che cavolo di teoria basi la tua innocenza dai fatti” e dopo aver alzato la testa mi dice, lanciandosi sopra di me:
  - Sei proprio un idiota! 
  
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