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Autore: JustSem_    06/05/2012    0 recensioni
Erano mesi ormai che Kurt si era impedito di ricordare, per soffrire il meno possibile, ma quella notte era stato quasi inevitabile ripiombare nella tristezza. Quando siamo in condizioni estreme cerchiamo un nostro modo per andare avanti, per Kurt era questo, e la monotona routine dell’orfanotrofio.
Una storia che ricorda un po' i romanzi di Dickens e il grande musical Oliver!
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kurt Hummel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Era notte, fuori pioveva, ma ormai lui non ci faceva neanche più caso.

Quell’uomo che l’aveva portato via dall’orfanotrofio poco prima lo stava trascinando giù dalla carrozza che si era appena fermata.

Si guardò in giro, era in quartiere buio, sporco, non vide molto, ma capì subito che non sarebbe sicuramente andata meglio di prima.

Entrò in un edificio grande, freddo e buio, non poteva certamente essere una casa.

L’uomo lo lasciò lì, uscì dalla porta urlando “Margaret!” più volte e la sua voce si perse nel rumore della pioggia.

Kurt, si sentiva incapace di muoversi, rimase fermo lì, in piedi e in silenzio.

Qualche tempo dopo, non sapeva dire quanto, l’uomo e quella che probabilmente doveva essere Margaret riapparsero sulla soglia dell’edificio. La donna teneva in mano una lanterna.
-         Ah quindi è lui? Sembra piuttosto in forma!
-         Si, è lui! L’ho preferito agli altri perché sembrava un po’ più grande.
-         Come si chiama?
-         Non gliel’ho chiesto.
-         Come ti chiami ragazzo?

Kurt, che per tutto quel tempo era rimasto fermo immobile a guardare i due, senza ascoltarli del tutto, si risvegliò quando capì che si stavano rivolgendo a lui.
-         Allora? Mia moglie ti ha chiesto come ti chiami, mi sembra! – Disse l’uomo, spazientito.
-         Kurt, Kurt Hummel – Disse con un filo di voce.
-         Bene, Kurt Hummel, da oggi in poi lavorerai per me e mio marito Stephen. Come avrai potuto notare qui noi produciamo bare. – Detto questo alzò la lanterna e illumino per la prima volta l’edificio in modo che Kurt potesse vedere.

Vi erano almeno una decina di bare, alcune di un legno più chiaro, altre più scuro. Un paio sembravano essere completate, le altre erano ancora in fase di lavorazione. Per quanto ultimamente Kurt fosse diventato apatico, o avesse cercato di esserlo, un brivido gli percorse la schiena. La morte era stata fin troppo presente nella sua vita, prima sua madre, quando era ancora piccolo e, pochi mesi prima, suo padre. Il solo pensiero di dover costruire delle bare, l’oggetto più triste che potesse esistere, lo distruggeva.
-         Il tuo letto è sotto quella bara laggiù. Spero non ti dia fastidio l’idea di dormire qui, ma anche se fosse non avresti altro posto dove andare. – Aggiunse la donna e senza dire altro lei e il marito se ne andarono, tirandosi la porta alle spalle.

L’edificio piombò nel buio più totale. Kurt non voleva muoversi per paura di sfiorare o addirittura toccare una di quelle casse.

Scivolò lentamente verso la porta inginocchiandosi per terra. Per la prima volta dopo tanto tempo iniziò a piangere.

Erano circa sei mesi che non piangeva più, ma in quel momento troppi ricordi dolorosi erano riaffiorati nella sua mente e pian piano anche quelli più belli.


Correva in un parco, non un parco qualsiasi, quello della bellissima villa in campagna dove viveva coi suoi genitori. Di fianco a lui scodinzolava e abbaiava felice Olly, il barboncino di sua madre. Era un bellissimo giorno di sole, e rispecchiava tutta la felicità di Kurt.
-         Kurt! Kurt vieni qui! – Disse una voce alle sue spalle quando iniziò ad allontanarsi troppo dalla casa.

Kurt, si girò e iniziò a correre verso la voce che l’aveva chiamato, sempre sorridente. Anche la donna sorrideva, era bionda, i capelli lunghi e mossi le cadevano sulla schiena, i suoi occhi, azzurri come quelli di Kurt, risplendevano di gioia nel vederlo correre verso di lei.
-         Mamma! – Le urlò Kurt mentre correva.

Il bambino allargò le braccia e prontamente la madre lo prese in braccio, sollevandolo sopra la testa. Entrambi ridevano felici, poi se lo strinse al petto e Kurt strinse le braccia intorno al suo collo, la donna gli diede un bacio sulla fronte, sempre sorridendo.

l barboncino intanto scodinzolava felice mentre correva intorno a loro. Dietro di loro sentirono aprirsi una porta. Anne si girò per vedere chi stava uscendo e se possibile sorrise ancora di più quando vide che era il suo amato marito.
-         Dove sono la donna e il bambino più belli del mondo?- Disse mentre camminava verso di loro.
Un abbaio arrivo dal basso al suono di quelle parole.
-         Oh scusa Olly! Avevo dimenticato anche il cane più bello del mondo! – E detto questo si chinò per fare una carezza del cane, prima di rialzarsi e dare un bacio alla moglie e poi al loro bambino che teneva in braccio.

Kurt allungò una mano verso suo padre, che la strinse dolcemente carezzandogli la testa.

Chiunque li avesse visti in quel momento avrebbe pensato che fossero perfetti.


Tra le lacrime Kurt sorrise lievemente ricordando quel momento, era l’unico ricordo nitido che gli era rimasto di quando sua madre era in vita. Non c’erano ombre nella sua vita in quel momento, non c’erano quelle ombre che non tardarono ad arrivare, in una notte di pioggia, proprio come quella che stava vivendo ora.


Pioveva.

Suo padre l’aveva accompagnato nella sua stanza e gli aveva detto di rimanere lì, di stare tranquillo, tutto sarebbe andato per il meglio, fece entrare con lui anche Olly. Kurt gli credette, ma vide che c’era qualcosa che non andava nel suo sguardo.

Si raggomitolò nel suo letto, le lacrime scendevano piano lungo le sue guance, Olly gli si era accoccolata vicino. Sentiva continui passi e voci fuori dalla sua porta, ma cercò di non badarci, anzi si fece cullare da quei suoni uniti a quello della pioggia che batteva forte dalla finestra e dopo aver chiuso gli occhi, si addormentò.

Non sapeva per quanto tempo avesse dormito, ma fu risvegliato da un grido acuto, un grido di dolore. Passi, qualcuno correva. La porta della sua camera si spalancò ed entrò suo padre.
-         Kurt, vieni con me. – Detto questo lo prese in braccio.

Attraversarono il corridoio per entrare nella camera dei suoi genitori. Un uomo era chinato sul letto brandendo uno strano strumento, vicino a lui Jenny, la giovane cameriera di sua madre che era sempre carina con lui e Victoria l’anziana cuoca che aveva sempre vissuto con la famiglia di sua madre. Le due donne si spostarono per fare avvicinare Kurt e suo padre. Kurt vide sua madre sdraiata sul letto, gli occhi chiusi, la pelle bianchissima e le labbra violacee, non disse niente perché pensava dormisse e non voleva disturbarla, era qualche giorno che papà gli diceva che era ‘molto stanca’.
-         Kurt -  Disse la donna in un sussurro.
-         Mamy! – Disse Kurt, dimenandosi tra le braccia del padre per poter avvicinarsi alla madre.
Suo padre lo poggio sul letto e lui si trascinò fino ad arrivarle vicino e poggiare una manina sul suo viso.
-         Piccolo mio, - Disse la donna aprendo gli occhi – la mamma ti deve dire una cosa molto importante, mi ascolterai?
-         Si! – Disse il bambino con sguardo serio.
-         La mamma deve partire, deve andare via e non sarà più qui con te, ma non è perché non ti vuole bene, la mamma ti vuole più bene che a chiunque altro, ma deve proprio andare. Ci sarà il papà con te, che ti vuole bene come la mamma, lo sai, e anche Olly, e Jenny, e Victoria. Ci saranno tutti, mi prometti che farai il bravo e che ogni tanto penserai a quanto ti vuole bene la mamma?
Grandi lacrime iniziarono a scendere sul viso di Kurt, non era mai stato così triste, mai.
-         Si mamy.
-         Ti voglio bene piccolino mio, e se mi penserai, beh sarà un po’ come se fossi con te.

Una smorfia di dolore si fece largo sul viso della donna che strinse forte i denti e gli occhi per non spaventare troppo suo figlio. Il suo volto si distese di nuovo, suo marito si chinò per darle un bacio sulle labbra, il volto rigato di lacrime, la donna rispose flebilmente, mentre con una grande fatica alzo una mano per carezzare il volto di suo figlio, prima che la sua mano cadesse inerte e la donna esalasse il suo ultimo respiro.


Come quella notte, Kurt si concesse di cadere in un sonno senza sogni, un sonno di quelli che, se possibile, invece di riposarti ti distrugge ancora di più.

Erano mesi ormai che Kurt si era impedito di ricordare, per soffrire il meno possibile, ma quella notte era stato quasi inevitabile ripiombare nella tristezza. Quando siamo in condizioni estreme cerchiamo un nostro modo per andare avanti, per Kurt era questo, e la monotona routine dell’orfanotrofio. Essere stato portato via da lì e per di più nel magazzino di un costruttore di bare non era sicuramente d’aiuto alla stabilità di Kurt, che però grazie alla sua grande forza interiore era riuscito ad impedirsi di piangere troppo, di ricordare troppo, di vivere troppo.



La mattina seguente Kurt fu svegliato dal rumore della serratura della porta a cui era appoggiato che si stava aprendo. Si alzò prontamente in piedi, girandosi verso la porta come se fosse la cosa più naturale del mondo.
-         Bene ragazzo, sono contento che tu sia già sveglio, quelli troppo pigroni non mi piacciono. Di solito li rimando indietro. – Disse l’uomo che cercò di non mostrare lo spavento provato quando aperta la porta si era trovato davanti un Kurt che non era decisamente di bell’aspetto.

Kurt non era un brutto ragazzo, anzi fino a poco tempo prima poteva essere considerato proprio un bel ragazzo. Alto, snello, coi muscoli nel punto giusto, i capelli castani di  suo padre e gli occhi azzurro ghiaccio di sua madre. Era di buone maniere e molto aperto. Era ancora troppo giovane per sposarsi, ma quando a lui e suo padre capitava di partecipare a qualche cena in casa di amici e conoscenti, il giovane era uno dei più ammirati da donne giovani o vecchie. Ora però Kurt era decisamente cambiato, c’era sempre un fondo di mistero e bellezza in lui, gli occhi erano forse anche più penetranti, ma era stanco e malnutrito, per questo delle grandi occhiaie gli solcavano il volto smagrito, un po’ come tutto il resto del corpo.

Non c’era quindi da stupirsi che il signor Malloway prese un leggero spavento trovandosi davanti alla porta il ragazzo in piedi immerso nel buio e circondato da bare.
-         Forza! Non stare lì impalato! Aiutami ad aprire le finestre e dare luce a questo posto! – Aggiunse il signor Malloway.

Kurt la notte precedente non si era minimamente accorto che c’erano due finestre su ogni lato del magazzino e con un leggero stupore inizio ad aprirle. Una di queste si affacciava sulla casa dei padroni. Non era molto grande ma aveva qualche metro quadrato d’erba davanti, Kurt distinse quello che doveva essere un orticello per le spezie e per il resto il prato era occupato da un grosso salice piangente, anche nella sua vecchia casa Kurt ne aveva uno. Quando giocava a nascondino, sceglieva sempre le fronde di quell’albero e suo padre faceva sempre finta di non vederlo per farlo vincere…

Si rese conto che aveva ricominciato a ricordare e poteva essere solo un male per lui, quindi con un grande sforzo svuotò la mente e si voltò verso il suo padrone.
-         Ragazzo per oggi non lavorerai direttamente, ma ti limiterai a guardarmi e a passarmi ciò che mi serve. Devi capire cosa fare prima di lavorare direttamente su queste bare, il legno che uso è molto pregiato e non voglio che tu le rovini. Vedi di imparare velocemente, altrimenti non so cosa farmene di te!

Kurt annuì e si mise al suo fianco, osservando attentamente e passando i vari attrezzi al signor Malloway. Questo lo aiutò a non pensare, unito al forte mal di schiena che aveva dopo aver dormito al freddo e in quella posizione scomoda tutta la notte.

A mezzogiorno la signora Malloway portò loro il pranzo, per entrambi una zuppa di fagioli, quella di Kurt però era almeno la metà della porzione dell’altro.

Quando il sole iniziò a tramontare il signor Malloway smise di lavorare, chiuse le finestre e una volta che sua moglie portò un’altra zuppa a Kurt lo chiuse dentro.

Kurt non capiva quell’uomo, a volte sembrava cattivo, quasi malvagio, altre volte sembrava avere pena per Kurt e voler essere quasi gentile con lui.

Non si soffermò molto su quel pensiero, era stanco e voleva riposare sdraiato quella notte, quindi si avviò verso il suo letto, aveva visto quella stanza abbastanza quel giorno per credere che vi sarebbe arrivato evitando tutte le bare, ma proprio quando si sdraio con una mano ne sfiorò una. Fu la goccia che fece traboccare il vaso, rivide davanti ai suoi occhi le tre bare che aveva visto nella sua vita.


Come il giorno della sua morte, fuori pioveva. C’era anche un vento forte e gelido che rendeva tutto ancora più triste. Kurt, per mano a suo padre, seguiva da dietro la bara di sua madre trasportata dal fratello di sua madre, dal cocchiere, dal cuoco e dal braccio destro di suo padre, Marc. Burt avrebbe voluto portare con loro la bara ma quando vide lo sguardo vuoto e allo stesso tempo disperato di suo figlio decise che sarebbe stato meglio stare al suo fianco. Il bambino aveva anche raccolto dei fiori da dare alla sua mamma, ma la pioggia e il vento li avevano distrutti, a lui però non importava, li continuava a tenere in mano per poterli poggiare a fine cerimonia sulla sua tomba.

La bara venne calata in un buco scavato nella terra dietro la cappelletta degli Hummel.

La lapide era in marmo bianco con venature grigio chiaro, come a ricordare il colore dei vestiti che la donna portava più spesso e la purezza del suo animo.

Con il tempo Kurt e Burt cercarono di andare avanti, Burt cercava di liberarsi sempre il prima possibile dagli impegni per poter stare con suo figlio e Kurt che nonostante avesse appena sei anni capiva, cercava di non chiedergli troppo.

Burt decise di non mandare Kurt nel collegio che lui e sua moglie avevano scelto per lui, ma di far venire a casa un istitutore qualificato, entrambi avevano bisogno l’uno dell’altro e mandare Kurt lontano sarebbe stato troppo per entrambi.

Pian piano si ristabilì l’armonia, pian piano iniziarono a ridere ancora, pian piano capirono che bisognava andare avanti. Facevano molte cose insieme, giocavano nel parco quando il tempo lo permetteva, trovavano passatempi in casa quando fuori pioveva o nevicava. Spesso con loro c’era anche Marc, che finì poi per stabilirsi del tutto a casa loro.

Quando suo padre era impegnato o lontano per qualche giorno a causa di improrogabili viaggi di lavoro, Kurt non era solo, c’era Olly con lui.

La cagnolina aveva sempre un modo nuovo per far ridere Kurt appena lo vedeva farsi pensieroso, e gli correva sempre felice intorno quando era felice. Da quella notte poi, dormiva sempre con lui.

Ma Olly, circa tre anni dopo la morte di Anne, raggiunse la sua amata padrona.

Per Kurt fu un duro colpo, da una parte aveva capito che qualcosa non andava, quando Olly aveva iniziato a smettere di correre tutto il giorno, e stare sempre coricata, a non fare più le capriole per ogni singola carezza ma limitandosi a scodinzolare, guardando Kurt con quei suoi occhi neri e profondi che sembravano voler dire ‘ancora, per favore, continua’.

Come Anne, cercò di mostrare affetto fino all’ultimo respiro. E come per Anne, fu organizzato un funerale, Kurt insistette e suo padre non poté dirgli di no. In realtà non fu un vero e proprio funerale, Olly fu semplicemente messa in una bara di legno, fatta fare appositamente per lei, e trasportata da Kurt fino al buco che lui stesso aveva scavato di fianco alla tomba di sua madre, seguito da suo padre, Marc, Jenny e Victoria. Buttò la terra sopra la bara e installò, aiutato dal cocchiere e dal cuoco, la piccola lapide.

Per la sua età, Kurt aveva già sofferto abbastanza, per questo suo padre decise che sarebbe stato meglio lasciare quel posto per un po’ di tempo.

Lasciò il lavoro a Marc e per circa un anno lui e Kurt andarono in viaggio in Europa tra Francia, Germania e Italia.

Al loro ritorno Kurt cercò di limitare i ricordi che casa sua gli dava e insieme ricominciarono la loro vita.

Gli anni a seguire per Kurt furono anni felici, dove veniva avviato sempre di più verso il mondo degli adulti e l’attività di suo padre.

Sarebbe andato tutto così bene se una sera, dopo una cena per festeggiare la riuscita di un affare che aveva portato nuove finanze alla famiglia, Burt disse che si sentiva poco bene e si ritirò nella sua stanza, da dove non uscì mai più.

Questo fu il momento che più distrusse Kurt, aveva quindic’anni e mai se lo sarebbe aspettato.

Non ricordava quasi niente di quei giorni, solo il peso della bara di suo padre sulla sua spalla.

Ricordava molto bene però ciò che successe dopo, Marc trovò il testamento di Burt che diceva chiaramente che una volta raggiunta la maggiore età tutto sarebbe andato in eredità a Kurt: lavoro, casa e qualsiasi altro tipo di bene. Fino ad allora il suo tutore sarebbe stato Marc, per cui, però non era stato previsto niente.

Marc chiamò Kurt nello studio di suo padre, che sentite quelle parole si sentì al sicuro se non fosse che appena finì di leggerle, Marc si girò verso il camino e gettò il foglio nel fuoco. Kurt rimase gelato nel vedere lo sguardo di cattiveria sul volto dell’uomo.

Non ci volle molto perché Kurt fosse mandato fuori di casa, con un solo posto dove andare, l’orfanotrofio, perché anche il fratello di sua madre era morto.

L’orfanotrofio non era stato un posto così cattivo in fondo, solo anonimo e completamente diverso dalla vita di Kurt, che per questo motivo aveva messo la sua corazza e aveva sviluppato la sua apatia.



Le lacrime scendevano copiose dai suoi occhi. Doveva smettere di ricordare, di piangere. Non poteva permetterselo.

La stanchezza però lo pervase e anche quella notte si addormentò.



Spazio dell'autrice
Salve a tutti lettori!
Questa è la mia prima fanfiction in assoluto, per questo accetto commenti e critiche molto volentieri, anzi mi farebbe molto piacere!
Com'è mi è venuta in mente questa storia? Beh tempo fa durante una noiossisima lezione di inglese avevo fantasticato di un Kurt in versione Oliver Twist, ma poi non avevo scritto niente, poi mi è capitato di vedere Oliver! e ho buttato giù il primo capitolo.
Non so se questa storia conitnuerà seguendo la trama, sono abbastanza fantasiosa quindi è abbastanza improbabile, staremo a vedere! Vi anticipo che arriverà anche qualche altro personaggio di Glee, potete immaginare chi? ;)
Mi piacerebbe dirvi che aggiornerò prestissimo, ma purtroppo è maggio e quest'anno la sottoscritta ha la maturità e una tesina da scrivere, quindi appena avrò un attimo di respiro pubblicherò (sto già scrivendo il secondo capitolo!).
A presto (si spera ;D)
                                      JustSem_
  
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