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Autore: Sarugaki145    07/05/2012    4 recensioni
Dal testo:
"Aveva visto tanti funerali lei, Rukia Kuchiki, shinigami della tredicesima compagnia.
Era forte, non si era mai piegata a versare una lacrima per qualche defunto, perché lei era una dea della morte e non poteva abbassarsi a versare una lacrima per ogni morte che vedeva. Sarebbe morta lei stessa in quel caso."
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Funerali.

 

Lei era abituata ai funerali.

Quante volte era già andata ad un funerale per mandare alla Soul Society l’anima del defunto?

Tutte quelle persone che piangevano disperate, gli sguardi vuoti e vacui, qualcuno che si soffiava il naso, altri, più forti, che rimanevano in piedi in silenzio.

Chissà perché gli umani facevano quel rituale, insomma lo capiva anche lei che in quel modo la separazione dal defunto diventava più difficile per tutti.

Perché i funerali volevano dire “addio”.

E addio è il saluto usato per il congedo ed è definitivo.

Ormai era una specie di rito per lei andare ai funerali, era più facile mandare nel suo mondo l’anima l’ultima volta che avrebbe visto i suoi parenti, in modo da non far perseguitare nessuno.

Non le era mai pesato andare all’ultimo addio di persone che non aveva mai conosciuto, non le era mai pesato vedere tutte quelle lacrime.

Aveva visto tanti funerali lei, Rukia Kuchiki, shinigami della tredicesima compagnia.

Era forte, non si era mai piegata a versare una lacrima per qualche defunto, perché lei era una dea della morte e non poteva abbassarsi a versare una lacrima per ogni morte che vedeva. Sarebbe morta lei stessa in quel caso.

 

Eppure non avrebbe mai potuto dimenticare il primo funerale che vide, perché in quel funerale pianse anche lei. Si concesse una sola lacrima, fu l’unica volta che lo fece, capendo da quel giorno che era meglio per lei restare distaccata da tutto e tutti.

Eppure ancora oggi quando ripensava a quel primo funerale si sentiva morire.

Ricordava ogni cosa successa quella mattinata.

Era il funerale di una madre, morta per colpa di un hollow, lo poteva percepire dall’odore che infestava quella bara.

La sua anima non c’era più e lei doveva andarsene, lo sapeva perfettamente. Eppure rimase quel giorno, rimase a studiare quegli umani che davano stupidamente il loro ultimo addio ad un’anima che era già stata portata via.

Erano curiosi gli umani, delle creature così terribilmente affascinanti per lei, forse perché lei era morta molto piccola e non aveva mai potuto vivere come loro.

In quel funerale c’erano le due figlie e il figlio di quella donna defunta e anche il marito.

Era una famiglia devastata, con gli occhi gonfi di lacrime già versate e il cuore vuoto. Era come se il centro del loro universo fosse stato sradicato e portato lontano.

Rukia rimase colpita dal figlio, un ragazzino con i capelli di un colore assurdo. Lui sembrava una pecorella smarrita, che non sapeva più dove andare e il perché continuare a vivere. Fu quella la prima volta in cui Rukia desiderò abbracciare quel corpicino, per dirgli che sarebbe riuscito ad andare avanti, che non era finito il mondo e che prima o poi avrebbe trovato qualcuno che avrebbe ricolmato il vuoto lasciato dalla madre.

Subito si era data mentalmente della stolta, lei era una dea della morte, non doveva provare sentimenti così dannatamente umani.

Eppure la notte l’immagine di quel marmocchio perduto la torturava, facendole desiderare di rincontrarlo un giorno e poterlo stringere a se e farlo sentire al sicuro.

Fu probabilmente per quella ragione che quel pomeriggio mentre Ichigo era seduto alla scrivania a studiare lei gli abbracciò teneramente la schiena, così grande rispetto al suo corpicino minuto.

Eppure in quell’abbraccio voleva passare tutta quella protezione che tanti anni prima voleva donare a quel ragazzino a quel funerale.

Fu forse anche per quel motivo che bisbigliò all’orecchio del ragazzo:

“Ichi, ora ci sono io. Riprendi a sorridere, la tua strada è insieme a me.”

  
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