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Autore: nals    07/05/2012    4 recensioni
James annaspa, allacciando le dita tremanti alla maniglia della porta; le schiaccia addosso tutto il suo peso. I piedi non reggono più, hanno sopportato abbastanza...
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Colpe.

 
 
 
James annaspa, allacciando le dita tremanti alla maniglia della porta; le schiaccia addosso tutto il suo peso. I piedi non reggono più, hanno sopportato abbastanza.
Ha gli occhi stanchi, Prongs, e troppo lucidi; il viso contratto e teso somiglia ad una maschera in procinto di lacerarsi. Ha voglia di piangere e lo farebbe se gliene fossero rimaste, di lacrime.
Ne ha ingoiate troppe, James, sperando che  Remus trovasse un po' di se stesso sotto tutto quel pelo, un barlume della sua umanità nel pozzo scuro degli occhi sfumati d'amaranto e che il sangue a scorrergli addosso non significasse assolutamente nulla – ovunque. Era ovunque. E freddo. Troppo.
Le ha piante tutte, James, pregando di avere salva la vita e che Remus non pugnalasse involontariamente la sua – ammantandola di ulteriori sofferenze ed atroci delitti. Delitti bianchi, come il colorito di Piton, o le sue mani fredde, penzoloni; come il canto luminoso ed infame del globo affogato tra le stelle.
E alla fine le sue preghiere son state ascoltate.                                   
Moony l'ha vinta la sua Luna; lui e Mocciosus hanno riabbracciato la vita.
Ingoia un singhiozzo, James, e ruba dell'altra aria al mondo, ne riempie i polmoni e nasconde tutto – terrore, terrore, terrore – oltre la tenda della finestra lì vicino; mescola la debolezza alla polvere e da la disperazione in pasto alle tenebre.
Sente altra aria bruciargli la gola, tende le dita e la maniglia scatta d'improvviso, interrompendo il silenzio. I risolini si consumano, assieme agli stoppini delle candele.
La stanza si congela di colpo, i dettagli sfocano tra le piaghe di una coltre nebbiosa e l'odore di cera bruciata ingoia quello dell'alcol.
“Fuori di qui.”
Sussurra, James, e fa fatica a riconoscerla, la sua voce, probabilmente come tutti lì dentro. Non se ne preoccupa.
“Fuori di qui.”
Spalanca la porta, schiacciando le parole sui denti, ispessendole di autorità. La ragazza a cui Sirius era avvinghiato corre oltre la soglia con il viso basso e il bozzolo stropicciato di vestiti tra le braccia.
“Che diavolo stai facendo?”
“Pulizia.”
“Questa è anche camera mia.”
“Hai detto benissimo, Sir. Anche.”
La porta cigola dietro quelle spalle minute e il sospiro di James brucia il silenzio.
“Farò bene ad andarmene, allora.”
“Piantala.”
“Io?”
James lo guarda. Lo guarda per la prima volta dopo tre giorni. Tre giorni d’inferno, tre giorni d’attesa, raggomitolato su un letto d’infermeria, a fissare il vuoto o il bianco. Le mani hanno tremato per tutti e tre i giorni. Tremano ancora. E a James fa schifo tutto quel “traballare”.
Gli occhi corrono via all’improvviso, scappano non appena una scintilla di nulla scoppietta tra le iridi chiare che ha imparato a conoscere a memoria.
Di vuoto, James ne ha abbastanza.
 “Noi non siamo loro.” Sussurra, infine, stringendo i pugni – lo sguardo fisso al soffitto, il collo chiaro inclinato all’indietro, la mascella contratta.
“Non lo siamo”
 Sirius trattiene il respiro, serra gli occhi e le labbra; contrae il viso in un espressione che sa di umiliazione. Fa freddo. C’è freddo dentro. Un freddo infimo, traditore che sa di sconfitta e confusione. Che sa di colpa.
“Non mi prendi per il culo.”
 “Sei proprio fuori, amico.”
Il ridacchiare roco di James stronca quel patetico tentativo di rivalsa. E’ una risata senza senso, in realtà, tanto fasulla quanto dolorosa. Una risata che va affievolendosi, soffocata dalle  dita che si è portato in faccia. La mano scorre sul volto con lentezza esasperante, la maschera si frantuma in una crepa e la compostezza del malandrino va a farsi benedire. Ha gli occhi stanchi, Prongs, e troppo lucidi. Non ridono, non abbracciano. Sono poco profondi, poco caldi, poco tutto. Si sta spezzando, James.
Sirius sussulta in preda al panico.
 “Farti odiare non funzionerà.” Rincara il moro e le labbra di Black si assottigliano ancora.  “Non con noi. Non puoi pretendere che tutto vada come vuoi tu.”
James si sta spezzando, lo sente. Sirius è già rotto da un pezzo.
“Io non ti odio. Non ti odierò mai. E, per quanto tu sia coglione, non lo farà nessun altro” James tenta di avvicinarsi, Sirius trema e barcolla in direzione opposta.
“Ah, sì? Beh, non me ne frega un cazzo.”
“Oh, sì che te ne frega invece. Remus è gettato su un letto in infermeria,-“per colpa tua”, pensa. Ma non lo dice. Non lo direbbe mai.-
 sì che te ne importa. Quante te ne sei scopate, Sir? Quante aspettano che questa porta si apra per infilarsi tra le lenzuola del tuo letto?”
“Va’ al diavolo.”
“La verità fa male. Ma è molto meglio della menzogna e degli stupidi teatrini che stai mettendo in piedi tu. Quando sta male, Black scopa e fa cazzate, non è forse così?!”
“Tu non sai niente.”
“Devo ammettere che sia una soluzione, in fondo. Fare cazzate, intendo. O scopare fino a non riuscire a mettersi in piedi. Il dolore va via, no? E il senso di colpa?”
“Zitto.”
“Non è così?”
“ZITTO!”
“Se tra quelle mura marce in cui hai avuto la sfortuna di crescere scusarsi non valeva niente, non me ne frega un cazzo. Qui ad Hogwarts, qui con ME, è permesso. E sarebbe la cosa migliore da fare. ”
“Oh Morgana sant- vuoi che implori il perdono, James? Vuoi che m’inginocchi?”
“Non dire stronzate. Mi hai capito benissimo.”
“Devo inginocchiarmi, okay…”
“Piantala imbecille!”
“Cosa vuoi James? COSA?”
“GUARDAMI!” urla James, strattonandoselo addosso. “Guardami e basta.” Gli sussurra ad una spanna, cercando il vero Sirius – il suo Sirius – tra le screziature del buio opprimente che spalleggia l’evasione di uno sguardo colpevole. Quello che fugge e cerca la pace all’ombra di un tappeto, tenta di arrampicarsi sui cuscini e nascondersi tra le pieghe delle lenzuola immacolate, ma poi si stanca. E annega.
Ha  gli occhi stanchi, Prongs, e troppo lucidi. Ma sono caldi e abbracciano. Stanno abbracciando quelli di Sirius, adesso, stringono. Stringono tutto Sirius.
Le ciglia lunghe sfarfallano, celando la profondità delle iridi chiare e fanno il solletico, come i respiri sulla pelle.
James allunga una mano, chiudendola sulla sua nuca accaldata e lo stringe.Gli pianta addosso tutta la sua disperazione, e il suo perdono, e il suo terrore, e il suo calore. Tutto quanto, proprio tutto: tutto James.
“Voglio che tu la smetta di autodistruggerti, coglione.” Questo glielo sussurra sul collo, rafforzando la presa dell’altra mano sulla schiena.
 “Voglio che tu la smetta di odiarti.”
Sirius combatte l’affanno – le dita aggrappate al viso di James –; gli occhi bruciano.
“Non volevo.”
“Lo so.”
“Non volevo, James.”
“E’ risolto tutto.”
“Devo andare da Remus.”
“Domani. Ci andremo domani mattina. Deve riposare adesso e anche tu.”
“Domani.”
“Domani.”
Sirius gli si accuccia contro – il suo respiro sul collo – e James lo stringe. Lo stringe e basta, strangolando il senso di colpa con il suo calore.
Morfeo li scopre così: dita tra dita, pelle su pelle.
 
La luna, ammutinata nella sua metà, è innocua al di là del vetro.
 
 
 
   
 
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