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Autore: Ai_chan4869    07/05/2012    6 recensioni
-Avevi ragione tu. Non ti conosco. Davanti a me non c’è la Kate Beckett che pensavo di conoscere, sei solo il riflesso della persona che potresti essere. Il riflesso impolverato di uno specchio rotto. Ti amo Kate. Ti amo, e non so più come fartelo capire. La tua risposta è stata quella di tacere facendo finta di nulla, mentendomi, pertanto per quanto mi faccia male dirlo, abbiamo chiuso-
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kate Beckett | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Eccomi qui con un'altro frutto del mio cervellino... La fic è ambientata nella quarta serie, alla fine, Perciò per chi non aesse visto gli episodi è considerato spoiler tutto quanto, sono per lo più accenni alla quarta, ma è sempre meglio avvertirvi... Buona lettura! ^^



Lies and Truth
 




Quando quella mattina Castle non arrivò di nuovo, decise di andare da lui. Era passata più di una settimana senza che lui la chiamasse o venisse a disturbarla a lavoro. Doveva finire di scrivere alcuni rapporti e compilare dei fogli, quindi era stranamente una giornata tranquilla al distretto e poteva permettersi una mattinata libera.
Era la calma prima della tempesta? 
Prese il casco che aveva riposto sulla scrivania, disse a Ryan che usciva e che se ci fossero stati dei problemi o un caso, di chiamarla. Parcheggiò la moto non molto lontano così nel caso fosse accaduto qualcosa, l’avrebbe raggiunta subito e sarebbe tornata al lavoro.
Salì in ascensore e quando si ritrovò davanti all’entrata, Fece un respiro profondo e spinse il pulsante del campanello.
Fu Martha ad aprire la porta.
« Kate… ?» Non sapeva bene come comportarsi, voleva vedere suo figlio felice, ma non era sicura di fare la cosa giusta in quel  momento.
« Ciao Martha, Rick è in casa?»
Fece un sospiro e accennò un si con la testa. «È nel suo studio» Vide una luce accendersi negli occhi di Beckett. Sapeva quanto lei tenesse a Richard, ma non riusciva a perdonarla per le bugie che gli aveva raccontato. La capiva, ma non poteva farne a meno. Era una madre, e il suo istinto la spingeva a proteggere suo figlio « … È meglio se torni a casa Kate, non è il momento più adatto… »
Attese qualche attimo prima di parlare, sembrava che il suo stomaco si fosse svuotato improvvisamente e il vuoto avesse preso il posto della colazione. Aveva paura che lui non la volesse vedere e che Martha non l’avrebbe fatta entrare per questo.
« Ti prego… » Disse in tono supplichevole ma mantenendo la sua determinazione. Doveva parlargli perché aveva la strana sensazione, che se non gli avesse parlato in quel momento, lo avrebbe perso per sempre.
Il vuoto causato dalla morte di sua madre non se n'era mai andato, era rimasto annidato in un antro del suo cuore e solo Castle era riuscito, con pazienza a stanarlo e pian piano estirparlo; ma con il susseguirsi di tutte le situazioni si era accorta che lo stare insieme a lui era diventato normale e piacevole e perderlo l’avrebbe ricondotto in quel vortice di solitudine che l’aveva accompagnata prima di conoscerlo.
Doveva fare qualcosa. Era pronta. Aveva una paura folle, ma doveva tentare. Era ora di arrendersi ai suoi sentimenti, perché la sconfitta non era un’opzione plausibile.
«Lo so che non vuole vedermi, ma per favore, fammi provare… ».
Era determinata. Doveva esserlo o il terrore l’avrebbe assalita. Si sarebbe fatto strada nel suo cuore e l’avrebbe fatta impazzire. Quella notte, dopo aver parlato con Lannie non aveva chiuso occhio, era stata a rimuginare nel letto guardando il soffitto rigirandosi da una parte all'altra senza riuscire a non pensare a Lui. A Loro. Se un Loro, esisteva ancora.
Martha la osservò per parecchi minuti, poi fece un passo indietro portando con se la porta.
«D’accordo» Era arrivato il momento che quei due mettessero le carte in tavola, si sarebbero chiariti oppure avrebbero chiuso. Definitivamente.
Quando si trovò con le nocche appoggiate alla porta dello studio il cuore le martellava nel petto.
Le mancava il respiro, le gambe e tutto il suo corpo tremavano.
Martha si era dileguata su per le scale, probabilmente era andata da Alexis.
Deglutì prima di parlare « Castle… » Prese la maniglia e la spinse verso il basso.
Sentiva il sangue pulsarle nelle vene e nelle orecchie. Possibile che Lui la innervosisse così tanto? O era più il timore di un rifiuto da parte sua a spaventarla? Inspirò profondamente ed entrò nella stanza.
Lo vide immediatamente. I capelli un po’ arruffati, le spalle larghe di cui una usciva leggermente dal divano.
Era steso supino, addormentato, le mani dietro la testa come cuscino. Aveva un respiro calmo, regolare come se stesse facendo un bel sogno.
« Castle… » Fece un passo verso di lui lasciando che la porta si richiudesse alle sue spalle.
« Rick? » Un altro passo, incerto. Il silenzio era tale che aveva paura che lui potesse sentire persino il battere del suo cuore.
« Dimmi » Si mossero solo le sue labbra. Non disse altro e rimase immobile.
Kate, chiuse gli occhi infilandosi le mani nelle tasche. Le tornò alla mente la notte in cui era morto Montgomery, il modo in cui l’aveva portata via, tra le sue braccia. Il modo in cui la guardava mentre cercava di farla rimanere in silenzio appoggiati alla macchina. La sua mano sulle labbra, l’altra che le carezzava la testa. E poi, il funerale. Lo sparo. Le sue parole sussurratele all’orecchio mentre sentiva la vita scorrerle via.
Quando riaprì gli occhi, Castle era in piedi di fronte a lei.
Abbassò lo sguardo. Deglutì di nuovo e guardandolo fece un lieve sorriso:«Dobbiamo parlare»
« Non abbiamo nulla da dirci » Il suo viso aveva dei tratti duri, lo sguardo vacuo, distaccato.  
La sorpassò, dirigendosi verso il mobiletto vicino alla scrivania e dopo aver preso un bicchiere si versò tre dita di Jack Daniels.
«Castle io…» cercò di dire Kate, ma lui la fermò prima che potesse ribattere.
«No. Non voglio sentire nulla da te. Mi hai mentito Kate. Credi davvero che venga al distretto solo per starti tra i piedi e fare ricerche? Solo per i miei stupidi libri? » La fissò negli occhi. Attese che dicesse qualcosa, ma niente. «Però, questo, già lo sai no? …o forse sbaglio?» posò il bicchiere sulla scrivania. La osservò per qualche secondo. Era in piedi a qualche passo da lui, immobile. Sembrava che non respirasse. Che stesse trattenendo il fiato, sapeva che lo stava ascoltando e che quello che sentiva le faceva del male. Lo capì perché aveva iniziato a mordicchiarsi il labbro inferiore.
«Di cosa dobbiamo parlare… Di noi? Di tutto quello che mi hai tenuto nascosto in questi mesi? Comprendo pienamente che per te sia stato un periodo molto difficile, lo capisco, davvero. Ma pensi che per me sia stato facile? Da quel giorno non ho fatto altro che pensare a cosa sarebbe successo se la pallottola ti avesse colpito qualche centimetro più in alto. Se fossi… morta, per mano degli stessi uomini che hanno assassinato tua madre e il capitano, là, tra le mie braccia mentre tuo padre e tutti i tuoi amici guardavano inermi. Cosa sarebbe successo Kate? Ogni giorno. Ogni singolo dannato giorno quando accendo la tv ho paura di sentire al notiziario il tuo nome. Di ricevere una chiamata da Lannie che mi dice che ti è successo qualcosa… Ti sono stato accanto per tutto questo tempo, e quello che ho ricevuto in cambio non sono state altro che menzogne. Avevi ragione tu. Non ti conosco. Davanti a me non c’è la Kate Beckett che pensavo di conoscere, sei solo il riflesso della persona che potresti essere. Il riflesso impolverato di uno specchio rotto. Ti amo Kate. Ti amo, e non so più come fartelo capire. La tua risposta è stata quella di tacere facendo finta di nulla, mentendomi, pertanto per quanto mi faccia male dirlo, abbiamo chiuso».
Aveva immaginato che sarebbe stato difficile, ma non riusciva a capacitarsi del fatto che lui fosse stato così duro con lei.
La rabbia, la frustrazione e il rimorso, presero il posto del terrore. Voleva tirargli uno schiaffo per come la stava trattando, per quello che le aveva appena detto. Ma sapeva che era vero. Aveva ragione. Come dargli torto? Gli aveva mentito sin dall’inizio. Sin dal primo giorno che si erano incontrati.
« Penso…» si soffermò per trovare le parole giuste da dire in quel momento. Cercò il modo per spiegargli una vita passata a fuggire da se stessa. Soppesando le parole una per una. « Penso di essermi innamorata di te fin da subito. » abbassò lievemente la testa sorridendo malinconicamente «Quando ti ho interrogato per la morte di Allison ero così nervosa, eri il famoso Richard Castle, uno dei miei autori di gialli preferiti. E potevo conoscerti. Non avrei mai immaginato che poi ti saresti insinuato così nella mia vita e nel mio lavoro. I tuoi libri mi hanno aiutata a tirare avanti quando tutto sembrava dirmi di non farlo, e lo stesso è quello che hai fatto tu in questi anni. Ma non potevo dirtelo. Non potevo dirti che ero stata in coda per ore, ogni volta che usciva un tuo libro, per avere il tuo autografo. E oltretutto eri insopportabile, mi stavi sempre tra i piedi, non facevi mai quello che dicevo, ti ficcavi nei guai, ma più lo facevi, più eri te stesso, più io m’innamoravo di te. Ma lo ignoravo. Scappavo. Ho cercato di convincermi che eri solo un eccentrico ricco viziato con la testa di un ragazzino e che se mi fossi innamorata di te non avrei fatto altro che soffrire. Che se ti avessi detto quello che provavo, sarebbe cambiato tutto. Quando mi sono convita a parlarti, ti sei rimesso insieme alla tua ex moglie, sei sparito per mesi senza farti sentire e quando sei tornato, sembrava tutto tornato alla normalità, ma non era così. Non per me. Ho cercato di dimenticarti, in ogni modo. Con Josh, ci sono quasi riuscita, ma tu eri sempre lì. Lì con me, a sostenermi quando pensavo di non farcela. Eri li, ed era impossibile cancellare quello che provavo. Poi, quando mi hanno sparato, è stato così facile dirti che non ricordavo nulla. È stato facile mentire, ma più passava il tempo, più il peso di quelle bugie mi distruggeva. Quando hai iniziato ad allontanarti, ho iniziato a capire. Ma ormai è troppo tardi. Scusami. Mi dispiace di averti deluso. Davvero».
La mano destra infilata nella tasca della giacca stringeva la catenina a cui era appeso l’anello di sua madre.
«Se cambi idea… » sorrise forzatamente, guardandolo negli occhi «… sai dove trovarmi, ti aspetterò li» Gli si avvicinò, si mise in punta di piedi e gli diede un leggero bacio sulla guancia, nello stesso modo in cui lui glielo aveva dato il giorno in cui le aveva regalato “la caduta di Storm”. «Addio Castle…»
Si lasciò lo studio, la sala, ed infine la porta d’entrata alle spalle. Appena varcò la porta dell’ascensore, il peso di quella conversazione prese il sopravvento sul suo corpo. Era riuscita a mantenere la calma fino a quel momento, ma ora, il dolore e i ricordi non facevano altro che appesantire ulteriormente il cuore, e il dolore non veniva mai da solo.
Scivolò con la schiena sulla parete di legno in cui c’era la lastra con i numeri di tutti i piani del palazzo. La moquette su cui era ormai seduta aveva un color verde petrolio ed era morbida. Posò la fronte alle ginocchia accostate al petto e si strinse nelle spalle. Le lacrime avevano iniziato a rigarle le guance fin da quando aveva dato le spalle a Castle, ma le aveva ignorate, anche se le opacizzavano la vista e le solleticavano il viso. L’unico suo pensiero era stato quello di andarsene. Allontanarsi da lui.
 
L’aveva guardata andarsene studiando nel dettaglio le sue spalle e la figura longilinea di Kate, perché aveva il presentimento che quella sarebbe stata l’ultima volta. Provò lo stesso tuffo al cuore che aveva provato quando aveva sentito lo sparo che l’aveva fatta cadere a terra, mentre la sua divisa s’impregnava del suo stesso sangue.
Aveva visto Kate andarsene, veder scivolare via la vita dai suoi occhi. Lasciando li, impotente.
Si strofinò la guancia in cui poco prima lei lo aveva baciato. Tornò indietro al giorno in cui si era presentata alla sua festa. «lei è diversa» aveva detto Alexis. Sorrise perché sapeva quanto fosse vera quell’affermazione.
«Quante Kate Beckett pensi che esistano al mondo?»
La voce  di sua madre lo fece tornare alla realtà. Era appoggiata con una spalla allo stipite della porta e le braccia incrociate al petto.
«Oh, Richard…» sospirò «Va da lei. Inseguila. Per quanto ti abbia fatto soffrire, non sarà mai paragonabile a quello che ha fatto per te in questi anni. Se è solo l’orgoglio al trattenerti dal perdonarla, dimenticalo. Corri da lei, o questo momento lo rimpiangerai per il resto della vita».
Oltre a Martha, il silenzio fu l’unica cosa che rimase in quella stanza.
Chiamò  l’ascensore, ma pensandoci,  sarebbe stato meglio prendere le scale. Non fece nemmeno un passo che le porte si aprirono davanti a lui. Rimase immobile per qualche secondo dallo stupore.
Kate alzò di scatto la testa, e con la stessa velocità si alzò in piedi asciugandosi il viso.
Si era dimenticata di premere l’interruttore che l’avrebbe portata a casa, e ora, Castle era li davanti a lei che la fissava.
Non sapevano cosa fare entrambi. Da un lato lei, si sentiva così vulnerabile in quel momento che la sua mente era in assetto da ritirata; dall’altro, lui, non voleva fare altro che abbracciarla. Ed è quello che fece. Accadde tutto in pochi attimi.
Varcò la soglia con un passo nel momento in cui le porte dell’ascensore si stavano per chiudere. Le riaprì appoggiandoci sopra la mano, fece un’ulteriore falcata, allungò le braccia e prendendo Kate per un gomito e la testa la strinse a se.
Si sentì il viso ardere per l’imbarazzo. «Cast» cercò di dire, ma lui la strinse ancora più forte a sé.
Lei cercava di fare resistenza con le mani ma la stretta di Castle era ferrea.
Questa volta, non l’avrebbe lasciata scappare via.
 
 
 
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Wow.. Ce l'ho fatta... lo so che dovrei finire l'altra fan fiction, ma non ce l'ho fatta a non scriverla questa... dopo gli ultimi episodi, non ho resistito a scrivere quello che mi diceva il mio cervellino...
Spero tanto che vi piaccia! ù

Ai-Chan^^

 
  
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