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Autore: KayeJ    08/05/2012    0 recensioni
Tanti post-it: colorati, scritti, pasticciati. Avreste mai detto che sono lettere d'amore?
Michiko e Giacomo.
Lo scopriranno per caso, e non riusciranno più a farne a meno.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia, ha bisogno di una dedica speciale.

Innanzitutto a J, che mi ha dato l'idea fantastica da cui partire: a volte scrivere in coppia diventa davvero difficile, ma con te come compagno sembra sempre tutto più facile.

E poi bisogna ringraziare chi inventò il genere fumettistico dello shōjo, che si adatta perfettamente a questa storia, sebbene non si tratti di un manga.

E ancora un grazie va a Gaia, che non sa quanto mi faccia piacere sapere che si siede al mio stesso banco almeno cinque ore dopo di me.

Kaye.

 

 

 

 

 

Andare al serale non è uno scherzo.

Lavorare, correre a casa, farsi una doccia, e poi mettersi in viaggio in metro per andare a scuola a seguire le lezioni.

Soprattutto se hai gli occhi che ti si chiudono mentre sei in viaggio, ma per fortuna esiste l'mp3! E sentire Skrillex prima di andare a scuola ti distrae, ti fa credere di andare in qualche bel locale, a ballare magari.

Fare il serale, non significa studiare di meno, sia chiaro. Le materie sono tante lo stesso, e gli appunti li prendi ugualmente.

Però l'atmosfera cambia, nessuno fa più di tanto caso a te. Chi è lì, non è obbligato a starci.

E sembra quasi di andare a scuola guida a dir la verità: ragazzi, adulti, italiani, stranieri.

Il melting-pot culturale del serale mi piace terribilmente, perchè posso sentire Samira parlare due banchi più in la con Miriam a proposito del cous cous che ha fatto bruciare l'altro giorno, e intanto imparare anche io come farlo.

E poi c'è Nikita, che sembra incredibile -con delle mani callose come le sue non lo diresti-, ma fa dei disegni bellissimi. Sono rimasta più volte incantata a guardare quello che regala ai ragazzi del diurno alla fine di ogni sera: draghi, fate, elfi, folletti, le caricature dei professori, ritratti di persone che solo lui conosce. Fortunato chi si siede a quel posto al mattino!

E c'è Marta, che si mette lo smalto nel posto davanti al mio, di fianco alla finestra. E' bravissima e poi le dura un sacco. Ma il suo è uno smalto particolare, non come quello che compro io da Kiko, dato che di giorno fa la nail-artist in un salone di bellezza.

C'è Alessandro che invece mi fa paura: l'intensità e la determinazione con cui guarda i professori durante la spiegazione sembra trafiggerli da parte a parte, mentre prende appunti, preciso e veloce come un ago. Le sue mani mi piacciono moltissimo: sono magre, nervose e affusolate, spesso piene d'inchiostro ma non per questo ne rimangono abbruttite. Sono semplicemente così affascinanti da mettere soggezione.

E poi guardo le mie di mani, e mi chiedo quanto valgano.

Non ci trovo nulla di particolare, nulla di diverso, nulla che le distingua dalle altre.

Mi hanno sempre detto che sono belle, piccole e ben formate.

Ma spesso quando le guardo, mi accorgo dei calli sui pollici e sugli anulari, che mi deformano leggermente le dita, che mostrano quanto tempo io sprechi con una penna in mano.

E non solo su una mano, ma su entrambe: il destino degli ambidestri.

Però devo dire che andare a scuola mi è sempre piaciuto - rifletto mentre mi siedo al mio posto -sì, proprio quello nell'angolo in fondo, di fianco alla finestra, che verso maggio mi piace lasciare socchiusa. L'odore delle sere primaverili è una cosa a cui non potrò mai rinunciare.

Spesso mi piace immaginare, ci siano dei fiori di ciliegio rosa, come quelli che ho tatuati sulla schiena, trasportati dalla dolcezza del vento in quelle sere leggere e inebrianti.

<< Michiko! >> esclama il professore.

<< Presente! >> rispondo sedendomi nuovamente.

 

 

 

Ho già detto che amo i colori?

Beh, se non l'ho ancora detto ecco: amo i colori. Ogni volta che vedo qualcosa di colorato in una vetrina non posso fare altro che avvicinarmici e guardare come una bambina, ferma lì davanti in estatica adorazione.

Mi ritengo fortunata ad essere asiatica: mi permette di indossarne un sacco, anche tutti assieme se voglio. Vestire in maniera colorata mi fa sentire felice.

Però adoro anche usare cose colorate, matite, pennarelli, post-it.

Oh, sì, adoro i post-it. E trovo che disegnarci sopra sia qualcosa di favoloso.

Non sono brava come Nikita, i miei sono disegnini semplici, stereotipati in un certo senso. Eppure provo un senso di piacere piuttosto appagante, quando ne vedo uno davanti a me, completato e colorato come era nella mia mente.

Quindi ho preso coraggio stasera, e ho deciso di lasciare un post-it colorato, qui, appiccicato al banco. Magari domani mattina qualcuno lo troverà, e si sentirà meglio nel vedere quel piccolo mochi verdino e appiccicoso occhieggiare allegro dal mio fogliettino.

Chiaramente nessuno comprenderà la scritta, anche se è in hiragana. Ma quella non importa.

“Tabete, kudasai.”

 

 

 

 


 

 

 

Stamattina la voglia di entrare in classe è pari a zero.

C'è pure il compito di fisica da fare, e io non ho studiato una beata bega.

Ma non potevo di certo rimanere a casa, se faccio un'altra assenza i miei mi uccidono.

Sono arrivato con mezz'ora d'anticipo in classe, con la convinzione che sarei riuscito a inventarmi un modo per copiare una volta qui, magari per scienza infusa avrei capito tutto di fisica nel giro di cinque minuti, leggendo solo la sintesi in fondo al libro.

Però un fogliettino giallo sul mio banco mi ha distratto.

C'è disegnata sopra una pallina verdina che sorride. Sembra piuttosto appiccicosa al vederla, ma per qualche strano motivo invece che darmi fastidio mi mette di buonumore.

Qualcuno deve essersi veramente annoiato per disegnare una cosa del genere. - sorrido fra me e me.

Lo ripiego con cura e me lo metto in tasca, sia mai che mi porti fortuna per questa verifica.

<< Studiare ora è inutile, non imparerò nulla in così poco tempo, tanto vale andarsi a prendere un caffè >> sussurro a me stesso, sorridendo.

 

 

 

Finalmente è finita!

È andata, com'è andata. Quindi speriamo bene.

Però non è questo a darmi fastidio: è tutta la mattina che tento di capire chi dei miei compagni abbia disegnato il cosino appiccicoso, ma nessuno usa post-it a quanto pare. Eppure sono così utili! E anche allegri in un certo senso. Vederli spuntare dai libri, a volte mi fa sembrare che il mio studio sia meno pesante, mi fa credere di essere già a buon punto.

Beh, non importa. Di certo a nessuno dei miei compagni, dato che qui non sento altro che rumore e rumore e rumore.

Perchè va bene che quella di italiano non è in grado di tenere a bada noi studenti, ma è anche vero che siamo dei gran casinari.

Perciò se mi apparto un po' ora... nessuno si accorgerà che a fine lezione un piccolo post-it è rimasto sul mio banco.

 

 

 

 


 

 

 

 

“Grazie per la pallina appiccicosa. Magari mi porterà fortuna” e sotto un omino sorridente, di quelli che disegnano i bambini.

È la prima cosa che noto questa sera sul mio banco. Non pensavo mi avrebbero risposto. Sul serio, non me l'aspettavo.

<< E ora, che faccio? >> mormoro ad alta voce senza accorgermene, mentre butto la borsa colorata sulla sedia accanto a me.

Un forte odore di smalto mi investe << Beh, che vuoi fare? Rispondigli no? >>

<< Tu dici? >> chiedo a Marta un po' sospettosa, in fondo non mi ha mai calcolato più di tanto fino a ora. E se me l'avesse scritto lei?

<< Magari è un bel ragazzo. >>

<< E come fai a sapere che è un ragazzo scusa? >> le chiedo ancora più scettica ora.

<< Una ragazza non scriverebbe mai così sgraziatamente. >> ride lei allegra.

 

 

È una strana sensazione. Non so che scrivere. Lo stomaco è in subbuglio, e non perchè creda che sia un ragazzo o qualcosa del genere, no.

È che sapere che qualcuno lo leggerà mi mette leggermente in soggezione.

E se per caso non gli piacesse – mi ritrovo a pensare mentre mordicchio distrattamente il cappuccio della penna.

Ma in fondo tutta questa agitazione è inutile. Come faccio a saperlo se non glielo scrivo?

“Senti, ma perchè mi hai risposto? M.” e un funghetto perplesso, sì.

 

 

 

 

 


 

 

 

<< Eccolo! Ce n'è un altro! >> mi ritrovo ad esclamare sorridente mentre butto sciarpa e cappello sul banco.

Ormai ho preso l'abitudine di venire mezz'ora prima tutti i giorni, così posso leggere i bigliettini che mi scambio con M. con tutta calma, senza che nessuno di quegli idioti dei miei compagni mi rompa le scatole.

Sono diversi mesi che portiamo avanti questa corrispondenza tramite post-it, se così si può dire, e ho scoperto molte cose di lei. Perchè sì, secondo me si tratta di una “lei”. Una che scrive in modo così carino, e con quei disegni così colorati non è mica un “lui”, no?

Stamattina mi ha lasciato: “Questa sera c'è un bel cielo limpido sai? La luna sembra un'enorme perla nel cielo. Io ne ho una tatuata sulla schiena. E tu?” e sotto un piccolo gattino rotolante.

Mi fa piacere leggere questi messaggi brevi. Sono piccoli e poetici a modo loro.

E poi mi permette di guardare in modo diverso il cielo che vediamo entrambi da quella stessa finestra.

Ogni mattina non fa altro che risolversi nell'attesa del prossimo bigliettino.

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

Sorrido senza far rumore. Questa sera mi ha scritto: “Ieri mio fratello Luca mi ha macchiato tutta la felpa con i pennarelli. È piccolo, ha solo cinque anni, e abbiamo riso assieme perchè sembrava una specie di tavolozza colorata. Hai fratelli tu?”

La sciarpa non la tolgo di certo stasera, fa troppo freddo in questo punto della classe, lontana da tutti i caloriferi.

Però il pensiero di quel bigliettino, e di quella macchia colorata sotto la frase, che dovrebbe rappresentare G. e suo fratello, mi riscalda dall'interno. Stasera gli disegnerò una bella coperta. Patchwork, colorata e che dia l'idea di calore. Probabilmente anche lui ha freddo al mattino.

 

 


 

 

“Questa sera il Magnani non la smette più di parlare. Continua a ripetere le stesse cose da due ore, dico due ore! Ti sembra normale?!” e una caricatura del professore sotto.

 

 

“Ieri pensavo di non trovare nulla al mattino, dato che era vacanza, ma mi ha fatto piacere vedere che c'era un tuo disegnino.” e un sorriso enorme sotto.

 

 

“Ah, che bello! Non senti quest'odore? La primavera è arrivata! I gelsomini del palazzo di fronte spandono un profumo buonissimo, peccato che tu non lo possa sentire...” e il disegno di un fiore.

 

 

“Fa un caldo terribile! Di sicuro la sera fa più fresco, quasi quasi vengo a trovarti!” e una faccina che fa l'occhiolino.

 

 

“Che tristezza maggio! Presto finirà quest'anno... ma oggi è una data speciale! Oggi ti ho scritto il primo bigliettino.” e un bel regalino colorato disegnato sotto.

 

 

 

 


 

 

<< Maledizione! >> sibilo fra i denti, correndo come un ossesso verso la scuola.

Si può essere così scemi da dimenticare il libro di fisica il giorno prima della verifica?

Non ho potuto fare altro che correre di nuovo verso la scuola, magari è ancora sotto al banco e nessuno me l'ha fregato...

Meno male che il custode è comprensivo e mi fa entrare anche se sono già le 18.00.

Entro di corsa nella mia classe, senza nemmeno bussare, e mi accorgo di aver appena fatto una figura di merda.

Ci sono quelli del serale!

<< M-mi scusi, ma ho dimenticato un libro sotto il banco... >> comincio arrossendo, impacciato.

<< No, ma prego, faccia pure! Tanto, ormai...! >> sbotta il professore irritato.

Mi dirigo verso il mio banco, c'è una ragazza chinata sopra a scrivere qualcosa...

<< Scusami... >> inizio gentilmente.

Lei alza lo sguardo e mi guarda. Oddio, è lei.

Ha degli occhi nerissimi, profondissimi e mi ci perdo dentro.

È bellissima.

<< Sì? >> mi chiede un po' scocciata, mentre da sotto la mano esce l'angolo di un fogliettino giallo: il post-it del mattino.

<< Vuoi uscire con me? >> le chiedo arrossendo.

 

 

 

 

 

 

Notes:

 

Tanta dolcezza per queste sere di Maggio, come mi ricorda sempre Kaye. Sì, questa volta la dedica iniziale era sua, mentre le note a piè di pagina mie.

Lavorare con Kaye è sempre un piacere, ma questa storiellina devo dire che è molto farina del suo sacco. Mi piacerebbe che riuscisse a farvi vedere il mondo esattamente come lo vede: un'accozzaglia di suoni, coloro e profumi che stordiscono. Spesso si perde fra questi come una bambina in un prato, ma torna sempre fra noi.

 

J. 

  
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