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Autore: Kengha    09/05/2012    4 recensioni
Jack Sparrow è inseguito per tutta Siviglia dalle guardie Spagnole, finendo accidentalmente in un convento si troverà a vivere quella dopo anni si rivelerà l'avventura più pericolosa della sua vita.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Angelica, Jack Sparrow
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Un oceano di ricordi'
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Note dell'autrice: Piccola Shot su una situazione che abbiamo immaginato, letto e riletto, ovvero il primo incontro tra Jack e Angelica a Siviglia. Alcuni dei miei lettori "abituali" possono anche considerarla come un approfondimento della mia long "Pirati dei Caraibi: Il tesoro dei Sette Mari", in ogni caso è stata scritta per essere una fiction indipendente.
! Le parole in grassetto sono parte della traduzione della canzone "Resistance" dei Muse. 
Buona lettura,
Dolly


Il convento di Siviglia


Corro senza una meta, le guardie Spagnole mi inseguono da più di mezz’ora. Maledetti! Non si stancano questi damerini, sono quasi peggio degli Inglesi.

Come ho potuto dimenticarlo, eppure lo avevo scritto su… beh sulla… da qualche parte, mi ero scritto di avere debiti con il cugino del cugino del padre del fratello del duca di Spagna! Sono stato avventato nell’uscire così allo scoperto in cerca di quelle celebri damigelle di cui si parla tanto bene a Tortuga. Purtroppo essere un uomo è una brutta bestia, e per un po’ di gradimento venderei l’anima a Davy Jo... no, forse questo no.

Fortuna che le mie improvvisazioni sono sempre impeccabili!
volto l’ennesimo vicolo e mi ritrovo la baionetta del lungo fucile dello Spagnolo sulla faccia. Ho detto impeccabili? Volevo dire quasi, impeccabili.
-Arrenditi, sporco pirata!-
Sorrido, un sorriso sghembo –Cosa ti fa pensare che io non l’abbia già fatto? E che in realtà tu non stia cercando qualcuno che è stato già cercato e trovato in precedenza? Dunque fatica sprecata e tentativo vano visto che io non voglio combattere perché già sono stato catturato, comprendi?-
Mi guarda storto, mi chiedo se abbia compreso il mio discorso o mi creda un completo idiota.
-Eccolo! E’ lì!- gli altri ufficiali rendono inutile il mio quasi monologo che, credevo, avesse quello Spagnolo finalmente compreso.
Approfitto dello scompiglio che si è andato improvvisamente a creare per proseguire la mia fuga, molto presto mi ritrovo a correre lungo un muro di un bianco candido, dunque decido di scavalcarlo.
Mi hanno visto, devo sbrigarmi a nascondermi.
Alzo lo sguardo e osservo dove sono finito, un edificio piuttosto grande, con le grate alle finestre e senza un cancello. Non è una casa, forse è un bordello! Certo! Forse è qui che Clarisse ed Eléna accolgono i loro clienti! Ma certo, come ho potuto essere così tardo? Le graziose fanciulle che tanto disperatamente cercavo devono essere qui.
Con camminata soddisfatta mi dirigo lentamente verso quella che riconosco come una porta, inizio a correre solamente quando noto le guardie nel giardino.

Il corridoio è stretto e buio, numerose porte vi sono ai bordi. Alcune più, altre meno invitanti. D’un tratto noto ad un lato una strana piccola costruzione rettangolare, coperta da una tendina viola, vi entro. Probabilmente è qui che ci si mette in attesa.
-Fiù, scampata per un soffio.- dico tra me e me mentre mi passo una mano sulla fronte, accorgendomi che la bandana è umida.
-Chi siete?-
E’ una voce melodica quella che sento, è molto vicina a me e mi rendo conto di non essere da solo. Mi volto, noto al mio fianco una fanciulla. Una fanciulla giovane e dallo sguardo ingenuo.
-Voi, invece, chi siete? Clarisse o Eléna?-
-Mi duole darvi questa delusione, ma nessuna delle due. Credo siate finito nel posto sbagliato.-
-Già, lo credo anch’io…Dove sono finito?- domandai, confuso.
-Siete in un convento.-
-Oh, un convento… e nel convento ci sono le prigioni?- domandai indicando le grate che ci separavano.
-No, signore, questo è un confessionale.-
-Ehm..sì. Lo sapevo!-

Improvvisamente sentiamo delle voci fuori, nel cortile. Una donna e degli uomini… tanti uomini.
-Cavolo, le guardie!- esclamo senza rendermene conto.
-Siete inseguito?-
-No, cioè sì, cioè.. NI!- improvvisamente un’idea mi balena per la testa e decido di non farmi sfuggire l’occasione.
-Per caso potreste… insomma, avreste un posto dove io potrei… nascondermi, rifugiarmi, o qualsiasi altra cosa affinché non mi trovino?-
-C’è la mia cella. Ma dobbiamo fare presto, venite con me.-
Rapidamente rimette sulla testa un velo grigio, come quello delle suore, e poi corre fuori. Non esito a seguirla.
Svolta priva di esitazione un paio di corridoi e poi estrae una chiave dalla tasca del suo abito da novizia, fa scattare la serratura e mi fa entrare per primo. Poi entra anche lei e la chiude alle nostre spalle.
-Qui sarete al sicuro.-
-Vi ringrazio, damigella.- mi guardo intorno, curioso. Prendo libri, afferro piccole statuette rappresentanti una strana donna con le mani giunte… tutto è insolito in questa stanza.
-Voi siete, una suora?- domano, guardandola in volto bene per la prima volta.
-No. O meglio, non ancora. Sono prossima a prendere i voti.-
-Che spreco.- dico senza quasi rendermene conto
-Come dite?- domanda quasi scossa, improvvisamente alterata.
Ripeto con più convinzione, guardandola ancora una volta –E’ uno spreco. Una così giovane e bella fanciulla, privata delle gioie femminili per tutta la vita.-
-Non è uno spreco servire il signore.-
-Forse no, finché non conosci quello che può farti provare il mondo.-
Vedo il volto diventarle improvvisamente rosso: non è una stupida. Potrebbe essere sbagliato, non potrebbe mai durare. 
Mi avvicino ancor di più a lei e le scopro il volto, lasciando cadere a terra il velo che le copre la testa. I capelli castani le ricadono morbidi lungo la schiena e i grandi occhi castani assumono un’espressione indecifrabile, un misto tra lo stupito, lo spaventato e il desideroso.
-Non siete né Clarisse, né Eléna. Siete qualcosa di ancor più bello e raro. Un fiore che ha atteso a lungo il momento di sbocciare mia cara…-
-…Angelica.-
-Oh, allora avrei dovuto dire che siete un angelo in attesa di spiccare il volo.-
-Siete bravo con le parole. Senza dubbio sapete come sedurre una donna.-
-Sì, lo ammetto, a Tortuga sono da sempre un invidiabile seduttore!-
-Tortuga? Siete un pirata!- si ritrae appena, ma non è (contrariamente a quanto mi aspettassi), spaventata. Piuttosto è… felice?
-Capitan Jack Sparrow. Al vostro servizio.- dico teatralmente facendo un lieve inchino.
Iniziamo a parlare, a narrarci le nostre storie, e improvvisamente per me non c’è altro che lei. Sono sparite le guardie, e il convento, l’abito da suora, Siviglia e la mia ciurma… qualunque legame con il mondo reale si è ormai dissolto. Non mi rendo neppure conto di quando ormai siamo nel bel mezzo delle danze. È tutto fuori controllo? Forse a riportarmi improvvisamente alla realtà sono le sue leggere grida, che soffoca contro la mia camicia. Ha paura, paura che possano sentirla, paura che venga scoperta.
Sono ancora sopra di lei, siamo entrambi in una fase di stallo in cui sembra che il tempo sia fermo. Ci guardiamo negli occhi e vedo nei suoi delle lacrime, probabilmente non solo dovute al dolore che sta provando.
-Il tuo segreto è al sicuro stanotte. Se viviamo la nostra vita nella paura aspetterò un migliaio di anni solo per rivedere il tuo sorriso.- le intimo accarezzandole una guancia
-Il nostro mondo andrà in rovina. Troveranno il nostro nascondiglio?- mi risponde, con un filo di voce tremolante.
In quel momento mi rendo conto che ha ragione lei: potrebbe essere sbagliato, ma sarebbe dovuto essere giusto. Sono delle mura ed un abito a separarci, a indicare le nostre diversità più di quanto non siano già evidenti. 
Nonostante i timori, le paure e la consapevolezza di appartenere a due mondi differenti andiamo avanti, lasciamo che i nostri cuori si accendano,reprimiamo la pressioneper poter amare in pace. 
Improvvisamente bussano alla porta, dei tocchi affrettati e secchi.
-Angelica! Vieni un attimo fuori.- la voce di una donna anziana è l’unica cosa oltre i nostri respiri affannosi.
Mi guarda, preoccupata, non sa che fare. L’hanno imprigionata. L’ho imprigionata. Dobbiamo cancellarlo in fretta, in ogni caso siamo già nei guai.  
-Questo è il nostro ultimo abbraccio?-sussurra, quasi fosse questa la sua più grande preoccupazione. O forse, lo è?
-Se vuoi lo sarà, mi nasconderò sotto il letto e poi fuggirò. Possiamo nascondere dentro la verità-
 Mi aspetto un suo allontanamento, deve difendersi. Invece mi stupisce, non si ritrae… mi guarda.
-Stringimi-
Riluttante, ubbidisco. Anche se continuo a non comprendere il motivo di questa sua scelta.
-Il peccato non si può negare agli occhi di Dio, non potrei andare avanti e mentire. Preferisco vivere a pieno questa notte. Le nostre labbra devonosempre essere sigillate. Facciamoci una promessa, loro non smetteranno di farci crollare: l'amore è la nostra resistenza.- 
Mi rendo conto che ha frainteso le mie intenzioni, è tutto fuori controllo? Non sarei mai dovuto venire qui, la sua vita è sconvolta e la mia andrà avanti come se nulla fosse successo. Per me è sempre così, so che non potrebbe mai durare.
-Angelica! Un pirata è nel convento. Apri subito la porta!-
la voce della madre superiore si fa irritante. Mi rassicura -è chiusa a chiave-.
Io mi fido di lei, non voglio rompere questo momento.
Ci fermiamo entrambi solo quanto sentiamo dei colpi: ritmici e forti. Capiamo subito cosa sta accadendo, i soldati stanno buttando giù la porta. Mi allontano subito da lei e frettolosamente raccogliamo i nostri abiti. E’ paura quella dipinta nei suoi occhi.
Ci stiamo ancora rivestendo quando riescono ad entrare, vedo la sorella impallidire improvvisamente.
-Madre Santa!- esclama sconcertata.
-Signori, qual buon vento! Tuttavia, non sapete che non sta bene irrompere in tal modo nella camera da letto di una giovane donna?
-Dinne un’altra, pirata! Le condizioni sono piuttosto evidenti da queste parti… non puoi più nasconderti! In quanto alla ragazza, lei farà i conti con il Signore e con le Sorelle.-
-Ma quale crudeltà, non siete democratici voi… per niente! Dico io, questa fanciulla ha solo scelto un’altra strada da percorrere, è forse un reato? E io, che l’ho aiutata con cotanta disponibilità, sono forse un criminale?-
-Non ti preoccupare, non avrai neppure un processo!-
-Oh, molto bene!- esclamo con un sorriso
-Perché domani all’alba verrai impiccato!-
Improvvisamente cambio espressione –No bene!-
Vedo Angelica, al mio fianco, avvicinarsi alla Madre Superiora a testa bassa. Le guardie si scostano ai lati per farla passare. Lei si arresta e improvvisamente sfila dalla cintola di uno dei tre ufficiali una spada, e me la tira.
-Jack, prendi!-
-Capitan, Jack. Volevi dire!-
Grazie ai miei brillanti riflessi salto sul letto e la prendo a mezz’aria ingaggiando un breve scontro con le due guardie Spagnole. Ovviamente ho la meglio.
Afferro rapidamente Angelica per un braccio e inizio a correre portandomela dietro.
-Non abbiamo molto tempo, dobbiamo fuggire di qui.- le dico senza fermarmi
-La notte è arrivata alla sua fine- mi risponde, incitandomi a volgere un’occhiata al cielo.
-Dobbiamo correre, Angelica, dobbiamo correre... è il momento di correre!- 
-Jack..- mi chiama con un filo di voce.
-Capitan Jack, quante volte devo ripetertelo?!-
Svoltiamo sicuri le strade di Siviglia e raggiungiamo presto il porto.
-Non c’è! Non c’è!- urlo sconvolto
-Che cosa, non c’è?- mi domanda con un sopracciglio inarcato
-La mia nave. Grande, maestosa, con le vele nere e…-
-E’ quella là?- domanda indicandomi un imponente veliero che scompare all’orizzonte. Sorrido, fiero.
-Sì, è quella là!-
Mi guarda storta, io guardo la Perla e poi di nuovo Angelica:
-Perché è là?- chiedo stralunato.
Scuote le spalle, perplessa. Poi mi prende per la camicia e mi trascina all’interno di un vicolo.
Vediamo le guardie, in strada, andare a dritto. Seguite dalla madre superiora e un paio di sorelle.
-C’è mancato un soffio.- sussurra con respiro affannoso
-Perla…. Mia…- boccheggio
-Escogiteremo un modo per riprenderla. Intanto, Jack…-
-Nave, grande…-
-Jack.-
-Perla Nera…andata…-
-JACK!-
Mi urla in un orecchio e mi volto seccato –Che vuoi?!-
-Il tuo cappello.- mi dice accigliata porgendomi l’amato tricorno.
-Oh, dov’era?-
-Lo avevano preso le guardie, ma l’ho sottratto loro durante il tuo combattimento.-
-E tante grazie!- esclamo riponendolo solennemente sul capo –Entriamo in una locanda e prenotiamo una stanza, domattina partiremo a bordo del primo vascello mercantile diretto a Tortuga.-
Mi alzo e mi accorgo che lei non mi segue, mi volto e la trovo ad osservare una bussola nera e…familiare. La mia bussola, nella sua mano!
-Che strana, non punta a Nord. Devi buttarla!- esclama agitandola in aria.
Mi affretto a riprenderla e la rilego alla cintola.
-Non toccarla! Quando me l’hai presa?-
-Poco fa, mentre parlavi della locanda. Mi incuriosiva.- dice con innocenza.
La prendo per un braccio e la trascino con me:
-Non devi perquisirmi, chiaro?- la rimprovero –Non rubare, è una di quelle cose che vi insegnano in convento, no?-
-Hai ragione. Perdonami, non si ripeterà.-
Nonostante annuisca, mi rendo conto che sta già imparando.



                                                                                           



   
 
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