Crystal
Water Snowball
Titania fissava rapita una boccia di vetro con la neve girandola tra le dita;
le piccole creature che la abitavano si lanciavano palle di neve e correvano da
un angolo all'altro della sfera con gridolini di gioia attutiti dallo spessore
del vetro. Una delle piccole creature si sporse e si cimentò in un
bell’inchino.
Gli occhi ambrati della donna erano dilatati in una sorta di infantile
stupore mentre il preside la osservava perplesso.
Severus odiava Hogsmeade;
quelle gite non erano mai state un piacere nemmeno da studente: ora voleva solo
incontrare Shackelbolt e poi tornare a Hogwarts.
- Titania, smetta di giocare con la pallina di vetro, cerchi piuttosto di non
perdere di vista i mocciosi del primo anno, - sussurrò mellifluo - se ne
perdiamo qualcuno ci toccherà riempire un mucchio di scartoffie.
Titania sollevò lo sguardo e arrossì violentemente; Piton
la metteva in imbarazzo e riusciva sempre a trovare le parole adatta a farle
sentire una stupida e il fatto che si sentisse attratta da lui
non migliorava la situazione generale.
- Mi scusi, Professore, in California non ho mai visto la neve: avevo una sfera
simile a questa da bambina, anche se le figure non si muovevano, e mi piaceva
molto guardarla. - si scusò, riponendo la sfera al suo posto.
Piton la immaginò bambina, in pieno inverno, sotto il
sole della California mentre sognava di veder cadere la neve. Forse la
aspettava, la sera di Natale, squadrando pensierosa il firmamento sereno dalla
finestra e poi sbuffando tornava a guardare la sua palla con la neve.
Scosse il capo a quel pensiero, inusuale per lui.
- Credo che tra un mese avrà tutta la neve che desidera, ora andiamo. - tagliò
corto.
Si separarono subito usciti dalla bottega: Severus si
diresse verso il luogo dell'incontro con il ministro e la strega cercò di
localizzare i ragazzini più piccoli che erano stipati dentro Mielandia.
''Al diavolo, lascerò che si divertano ancora un po''' pensò..
Era la prima volta che andava a Hogsmeade da quando
era iniziato l'anno scolastico, così bighellonò tra le vetrine colorate e piene
di oggetti bizzarri o almeno così erano per lei: una strega cresciuta tra i Babbani.
Era ottobre inoltrato e cominciava a far freddo, ma il sole splendeva ancora
nel cielo terso; continuò a camminare finché non si ritrovò fuori dal paese,
sopra un ponticello in pietra sotto il quale scorreva un piccolo torrente.
Si strinse nel mantello e si appoggiò alla balaustra facendosi cullare dal
rumore dell'acqua.
Erano settimane che non aveva un attimo di pace: il viaggio e poi gli studenti
e il Preside che sembrava tenerla costantemente sotto
osservazione in cerca di una pecca nella sua istruzione o nel suo metodo di
insegnamento.
Eppure era affascinata da lui, dal mistero che lo avvolgeva.
Conosceva la sua storia, come tutti del resto, ma sentiva che continuava ad
avere delle zone d'ombra ben nascoste dietro quella maschera di
impassibilità.
Chissà se sarebbe riuscita a scalfire la sua armatura.
Chiuse gli occhi, quasi a voler allentare la morsa dei suoi pensieri e
desideri.
Inspirò vigorosamente.
Una brezza gelida e improvvisa le accarezzò il volto; quando li riaprì era avvolta da una pioggia di cristalli delicati e
silenziosi che morivano a contatto col suo volto e con i suoi capelli dorati.
Protese una mano e un cristallo leggermente più grande
degli altri si posò sul palmo aperto, un breve istante in cui il suo sguardo
attento riuscì a coglierne la forma perfetta e spigolosa.
Stava nevicando, solo sopra di lei; si guardò intorno: tutto taceva.
Restò lì con la mano protesa ad afferrare i fiocchi di neve finché nella sua
mano apparve la sfera di cristallo che aveva visto nel piccolo negozio del
paese e la neve cessò di cadere.
Le creature al suo interno sventolavano le piccole mani in segno di saluto.
Come era possibile?
Severus la osservava a debita distanza, protetto
nell’ombra del bosco, ancora incredulo per quello che stava facendo; scrutò con
attenzione la gioia improvvisa dipinta sul volto della strega.
Un qualcosa di unico e infantile che nasceva sul suo viso ogni volta che
sorrideva.
Era innegabile che ne fosse attratto e questo lo spaventava, ma il desiderio
che sentiva stringergli le viscere come una morsa rovente stava diventando più
forte della paura.
Titania aveva il sole dentro, come se in quegli anni trascorsi in America
avesse assorbito tutto il calore possibile per poi diffondere quella luce anche
tra le fredde mura del castello.
Si appoggiò contro il tronco nodoso di un grande albero per poterla guardare
meglio tra le fronde.
Mosse appena le dita come a mimare una carezza e i fiocchi di neve
ricominciarono a cadere intorno alla giovane donna.
Una carezza, che non avrebbe osato farle direttamente, eppure voleva che
sentisse il tepore delle sue dita.
Voleva lui stesso sentire la consistenza della pelle perfetta delicatamente
alterata dal sole.
Titania si portò la mano al volto: questa nuova folata di neve non era gelida
come prima, bensì tiepida come se delle lunghe dita affusolate le sfiorassero
la guancia.
Si sentì avvampare.
Si voltò verso il bosco e poi di nuovo tutto intorno, ma non vide nessuno.
Severus capì che aveva percepito qualcosa di strano
in quell’ultima folata: aveva messo troppo di sé in quell’ultimo incantesimo;
con un movimento brusco della mano fece cessare tutto per poi scomparire, in un
impercettibile frusciare, nel folto del bosco.
Titania restò in attesa, ma non accadde più nulla; la sfera era ancora nella
sua mano, la strinse e la nascose sotto il mantello.
Era ora di tornare, si era fatto davvero tardi.
Corse verso il villaggio e radunò gli studenti del primo anno, grazie al cielo
c’erano tutti.
Intimò loro di aspettarla senza muoversi da dove si trovavano e si avviò verso
il luogo dove Piton doveva
incontrare il Ministro per avvertirlo che sarebbero tornati subito a scuola se
lui aveva ancora da fare.
Trovò solo Shakelbolt, intento a chiacchierare con
alcuni uomini che non conosceva.
Il Ministro si voltò e le rivolse un largo sorriso.
- Titania, accompagni a spasso gli studenti? - chiese.
- Sì, Ministro, oggi la professoressa McGranitt mi ha
lasciato il suo posto.
Kigsley rise, pensò che la McGranitt
ormai avesse accompagnato fin troppi studenti e che quella nuova insegnante
fosse stata una benedizione per lei.
- Cercavo il Professor Piton, credevo fosse con lei.
- Si, è stato qui, ma ha voluto sbrigare tutto in
fretta e furia, credo sia già tornato a Hogwarts; mi
ha detto che sicuramente saresti stata perfettamente in grado di riaccompagnare
i ragazzi. Lui è fatto così. – proferì, quasi scusandosi per il preside.
Titania si diede mentalmente della stupida: aveva pensato ci fosse lui dietro
la neve e la boccia e… invece probabilmente era tornato a scuola da un pezzo.
- Già, è fatto così; ora mi scusi, devo riaccompagnare i ragazzi, a presto - e
gli tese la mano.
- A presto, Titania.
Titania si allontanò svelta; voleva capire: la palla con la neve non poteva
essere fuggita da sola dal negozio.
Si fermò sulla porta, trasse un profondo respiro ed entrò.
Come previsto, la sfera non era più al suo posto.
Il piccolo mago che gestiva la bottega, ricordando che era stata
molto tempo a guardare l’oggetto, le si avvicinò.
- Purtroppo era l’ultima, è stata venduta circa un’ora e mezzo fa. - si scusò.
- Potrebbe dirmi chi l’ha comprata? - chiese d’impeto.
L’ometto rimase perplesso e si stropicciò la barba con un certo nervosismo.
- Dovrei chiedere al commesso che l’ha venduta, ma non tornerà fino a
domattina, io ero nel retro a sistemare i nuovi arrivi, - si scusò il Mago –
chi l’ha comprata ha scordato la ricevuta, deve essere ancora lì sul bancone. -
finì.
- Posso averla? La ricevuta, intendo? - chiese la donna, rendendosi conto che
doveva sembrare almeno bizzarra agli occhi del negoziante.
- Se proprio insiste, tanto non credo serva più a nulla - osservò lui
perplesso.
La strega infilò la ricevuta nella tasca e si diresse verso i ragazzi con nuova
baldanza nel passo.
Non le importava di essere sembrata pazza all’ometto della bottega, doveva
assolutamente sapere.
Più tardi, dopo essersi assicurata che ci fossero tutti gli studenti, si avviò
verso le scale che conducevano all’ufficio del Preside.
Si fermò di fronte al Gargoyle in pietra come se
fissare quella statua immobile potesse dissipare i suoi dubbi.
Se non fosse stato Piton a comprare la palla con la
neve avrebbe fatto la figura dell’idiota, però poteva sempre dire che si doveva
essere sbagliato il negoziante.
Sì, decise che avrebbe fatto così: sapeva essere incredibilmente testarda
quando si metteva in testa una cosa.
Pronunciò ad alta voce la parola d’ordine e la pesante statua si mosse di lato
scoprendo una ripida scala in pietra.
Titania salì quei pochi gradini come fossero infiniti, quindi bussò alla
pesante porta che si aprì di scatto.
Severus Piton era dietro
alla massiccia scrivania, seduto con le braccia incrociate sul petto.
- E’ in ritardo, Professoressa. - sibilò.
In realtà si era preoccupato non vedendola tornare e questo lo aveva reso
nervoso: in futuro non l’avrebbe più lasciata sola a bighellonare, da nessuna
parte, questo era certo.
- Mi scusi, ho solo pensato che fosse crudele portare via i ragazzi fin che
c’era ancora il sole e potevano divertirsi liberamente. - si scusò la strega.
- Lasciamo stare, - sospirò il Mago – almeno li ha riportati tutti? - chiese.
- Sì, certo che li ho riportati tutti. - asserì, poi
un lampo le attraversò lo sguardo. – E’ lei che ha dimenticato qualcosa,
professore. - disse posando il piccolo foglio stropicciato sulla scrivania.
Piton non parve stupito, né diede a intendere di
essere stato scoperto: nessuna delle reazioni che Titania si aspettava.
- E cosa dovrei aver comprato? - chiese, girando la ricevuta tra le lunghe dita
pallide, il tono di voce incolore come sempre.
Titania realizzò di aver sbagliato: come aveva potuto essere così stupida da
pensare che potesse aver comprato una boccia di vetro con la neve e aver fatto
nevicare per lei?
- Scusi, il negoziante si deve essere sbagliato. -
sussurrò, cercando un modo per non far trapelare la delusione.
- Sì, deve aver decisamente sbagliato. - rimarcò,
pensando che Hogsmeade era piena di maledetti
impiccioni.
- Sì, certo; ora, se permette, devo andare. - si congedò la strega.
Titania trattenne a forza le lacrime che le stavano salendo agli occhi; riprese
il suo solito atteggiamento professionale e promise a se stessa che non sarebbe
più successo niente di simile.
Severus sapeva di aver commesso un errore e ora ne
stava per commettere un altro, ma ‘’al diavolo’’ pensò.
Titania era bloccata di fronte al Gargoyle di pietra
che non rispondeva alla parola d’ordine, si sentiva un’idiota completa e calde
lacrime le scivolavano lungo le guance.
Piangeva per la delusione, ma soprattutto per la rabbia di aver fatto di nuovo
una pessima figura.
Si lasciò cadere a sedere sull’ultimo scalino: avrebbe dovuto attendere che
qualcuno entrasse o che il preside scendesse dal suo studio.
- Perché stai piangendo? - chiese in un sussurro una voce alle sue spalle.
La donna balzò in piedi tentando di… non sapeva cosa stava esattamente tentando
di fare.
Piton si sedette sul gradino più sopra e rimase
immobile nella flebile luce delle torce appese al muro, in attesa di una
risposta.
Titania raccontò al preside quello che era accaduto a Hogsmeade
e gli mostrò la sfera di vetro mentre lui la osservava pensieroso e
impenetrabile.
- Dunque, hai un ammiratore segreto che ti fa regali e
fa scendere la neve apposta per te. Non mi meraviglia, sei una donna molto
attraente… potrebbe essere qualche studente dell’ultimo anno che si è preso una
cotta. – osservò.
Titania abbassò gli occhi sulla sfera che teneva tra le mani: non voleva
piangere, non voleva rendersi ancora più ridicola.
- E’ probabile che sia come dice lei, professore; ora, però, devo andare, ma
questa statua non risponde alla parola d’ordine. – sussurrò.
- Tuttavia, - proseguì il mago, - hai pensato fossi stato io, non è così? – chiese alzandosi e facendola sollevare dal gradino in modo da
bloccarla contro la parete.
Titania si rese conto che doveva aver cambiato la parola d’ordine mentre stava
scendendo le scale, per soddisfare la sua curiosità.
Era un gioco crudele, ma avrebbe giocato.
- Sì, ho pensato fosse stato lei, perché era con me
oggi e ha capito che quella palla di vetro mi piaceva. Ora posso andare? - concluse in un fiato.
- Perché proprio io, Titania? - sussurrò Severus, e
nei suoi occhi non c’era scherno o malignità, ma solo la richiesta di una
risposta sincera.
Era in piedi di fronte a lei e sostenere il suo sguardo oscuro mentre le fiamme
delle torce sospese danzavano nei suoi occhi, mentre le sue labbra socchiuse
cercavano di formulare una nuova domanda, era troppo per lei.
Fissò di nuovo le creature nella sfera come se avessero la chiave di tutto.
- Perché desideravo che fosse stato lei. - bisbigliò.
Era la risposta che aspettava, che desiderava più di ogni altra cosa.
Era, ora se ne rendeva conto, la risposta che Lily non gli avrebbe mai dato,
mentre questa giovane, splendida donna, lì di fronte, ricambiava quello che
lui, da quando era arrivata a scuola, aveva iniziato a provare.
Era come rinascere di nuovo, come ripartire da zero.
Come se i frantumi di uno specchio, sparsi, tornassero a ricomporsi in una
superficie integra e pulita, su cui riflettere una nuova immagine, diversa da
quelle che lo avevano tormentato per anni.
- E cosa desideravi, esattamente? Desideravi che facessi cadere la neve sopra
di te e che facessi comparire quella sciocca pallina tra le tue mani, non so,
magari nascosto dietro un albero per non essere visto?
- chiese di nuovo, con una strana nota nella voce.
Una nota che non aveva mai sentito: la stava prendendo in giro, stava scherzando con lei, ma a che scopo?
- Professore, non mi piace questo gioco, mi lasci andare via.
- Chiudi gli occhi, Titania. - sussurrò.
La giovane obbedì: le lacrime le scendevano copiose e lui poteva vederle e ne
sembrava soddisfatto.
Sentì una brezza gelida che le asciugo le lacrime; riaprì gli occhi e Severus stava muovendo una mano delicatamente sopra la sua
testa, e ad ogni movimento scaturivano piccoli fiocchi
di neve.
Alzò gli occhi e incontrò i suoi; i fiocchi di neve che le si
scioglievano sul viso cominciarono a diventare tiepidi come il lieve
tocco di dita invisibili.
- Allora è vero, sei stato tu! - disse con un filo di
voce.
- Tu volevi vedere la neve ed eri così affascinata da quel giocattolo che non
ho resistito; non avevo previsto che ti saresti messa a fare l’investigatore privato.
- così dicendo allungò le mani per afferrarla. - Mi perdoni se ti ho un po’
preso in giro? Ma può essere molto lusinghiero giocare
con te in questo modo. - e si lasciò cadere a sedere tenendola tra le braccia.
Gli occhi le divennero due fessure d’ambra accesa e le labbra si curvarono in
un’espressione imbronciata. Incredula, tentò di sferrargli un leggero pugno sul
petto ma Severus le imprigionò la mano nella sua e si
portò le dita alle labbra.
Si lasciò guidare a seguirne piano il contorno: erano inclinate in un sorriso.
Titania sentì il suo respiro tiepido sul collo.
La stoffa calda del suo abito era ruvida: gli strofinò il viso sul petto
inebriandosi del suo profumo, che fino ad allora aveva
potuto solo cogliere per brevi attimi mentre le passava accanto.
Ora quel profumo era suo, le apparteneva, si fondeva col proprio e lo avrebbe
sempre portato con sé.
Severus le sollevò il volto tra le mani e piano cercò
le sue labbra morbide per cancellare quel finto broncio, che ancora le
incurvava i margini della bocca, infantile e seducente al tempo stesso.
Ricambiò il bacio e Severus emise un mormorio di
desiderio stringendola più forte e facendola aderire a sé. Quindi
si staccò da lei per sollevarle il capo e affondare le mani tra i suoi capelli
dorati che sembravano avere la sua stessa vitalità. Quella vitalità che gli
stava infondendo e che gli faceva credere che anche per lui, finalmente, ci
potesse essere un domani.
- Farò nevicare tutte le volte che vuoi, te lo prometto. - le sussurrò sulle
labbra.
In realtà quella promessa ne nascondeva mille altre implicite, che Titania
colse nel suo respiro vellutato e nel desiderio che gli riverberava negli occhi
insieme al riflesso delle fioche luci che rischiavano la ripida scalinata.
- Ed io posso fare qualcosa per te, Severus?
- L’hai già fatto, da quando sei arrivata.
Rimasero abbracciati a lungo; nessuno poteva entrare in quella loro piccola
bolla sospesa, dove scendevano silenzioso minuscoli cristalli di neve che si
spegnevano sui loro abiti come fuochi d’artificio sul mare.