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Autore: MELINDA_1820    10/05/2012    0 recensioni
E se durante un normalissimo giorno di pioggia succedesse qualcosa di improvviso? E se quel ragazzo misterioso che "conosci" da anni si rivelasse qualcosa di veramente speciale? In tutto questo cosa centrano due piccoli e adorabili bambini?
Se volete scoprirlo date un' occhiata alla storia!
Mi farebbe molto piacere una vostra recensione! :)
Genere: Commedia, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! Questo è un breve racconto che ho scritto in una giornata di pioggia! 
Mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate! :D
Grazie a tutti!
Mel 

 

TEMPESTA DI SORPRESE


La biblioteca vicino a casa mia è sempre stato un posto speciale per me. Un piccolo edificio in stile ottocentesco, con il muro ocra scrostato, le crepe sui muri e le persiane incrinate, una casa dall’aspetto tetro e un po’ misterioso, immersa in un parco dalle poche panchine rotte e dai tanti alberi ormai alla fine della loro vita. Adoravo passare il mio tempo lì, in quel luogo che odorava di sapienza e di bellezze nascoste, in cui riuscivo a trovare la pace che mi mancava.
Quel giorno non ho fatto eccezione, alle tre in punto ero già lì. Bussai insistentemente ma Clarissa, la bibliotecaria, non venne ad aprirmi; solo in seguito mi accorsi che mi aveva lasciato le chiavi sotto lo zerbino con vicino un biglietto: «Oggi non posso venire, ti affido il mio regno, prenditene cura ragazza  mia. Clarissa ».Con calma, allora entrai, e sistemandomi al solito tavolo vicino alla finestra incominciai a tradurre la versione di latino che avevamo per compito. Indossavo le cuffie, ascoltare la musica mi rilassa, così mi allontanai dal mondo «… Graecis contra Troianos dimicaturum esse.» Avevo  appena finito la versione quando un rumore grave mi scosse. Ero così presa dalla lettura che non mi ero neanche accorta che fuori si abbatteva un forte temporale. Mi avvicinai alla porta, per vedere meglio cosa stava succedendo quando una voce mi gelò sul posto :
«Dove pensi di andare?!? Vedo che sei rimasta la solita stupida, non hai notato che fuori sta scendendo di tutto?» disse prendendomi in giro e poi scoppiò in una di quelle sue grasse risate fastidiose. Ditemi un po’, tra tutte le persone che potevo trovare qui oggi, dovevo essere così fortunata da incontrare il ragazzo che mi odia da anni?!? A quanto pare si, perché ora, davanti a me, c’era proprio Luca, con  tutti i suoi riccioli biondo cenere che io gli ho sempre invidiato. Non so precisamente perché mi detesti così tanto, in verità non ci conosciamo neanche così bene, nessuno sa niente di lui, è come se fosse nato dal nulla, come se vivesse in un grande buco nero. Continuai a fissarlo, mi stupii di scorgere gli stessi occhi di quando era piccolo, gli stessi adorabili occhi verdi, che avevano quella vivacità dai tratti misteriosi, erano identici, ma quella scintilla  non ce l’avevano più, erano spenti e stanchi, come se dovessero reggere un peso più grande di loro.  
«Papà, papà, Becca ha paura del temporale!» un bambino di circa tre anni aveva trotterellato lì dalla sala dei giochi ma, aspettate, aveva chiamato davvero Luca, papà? Papà lui, un ragazzo appena diciottenne!?! «Tu, papà?» mi era venuto spontaneo chiederlo, forse solo per curiosità, o forse perché volevo conoscere finalmente qualcosa di più di lui, per riuscire a capirlo.  «Non sono affari tuoi, Balena.» mi ha sempre chiamato così, perché ero la più grassa delle ragazze, a quanto pare, anche se ora io sono cambiata per lui le abitudini sono dure a morire. Dopotutto cosa potevo aspettarmi? Che mi raccontasse nei minimi dettagli la sua vita come se fossimo intimi confidenti?  «Andiamo Ale.» accarezzò dolcemente la guancia del bimbo e lo prese per mano; in quel preciso istante mi è sembrato di vedere un’altra persona. Li seguii nella sala dei giochi e,  in fondo alla stanza, rintanata in un angolo, c’era una bambina dalle lunghe trecce bionde piegata su se stessa che tremava, Luca corse subito da lei e l’abbracciò come se fosse la cosa più preziosa al mondo, un altro tuono scosse tutto l’edificio e una finestra si aprì e anche il bimbo scoppiò a piangere. Corsi a chiuderla e poi, inginocchiandomi alla sua altezza, cercai di rassicurare il piccolo: «E così ti chiami Ale, vero? Lo vuoi vedere il mio piccolo segreto?» lui annuì tra le lacrime e io, prendendogli la mano, lo accompagnai vicino all’armadio dei giochi. Lì, in un angolino dell’ultima mensola, avevo nascosto la macchinina che avevo costruito da piccola. Eccola, buffa come me la ricordavo. «È questa qui. Lo so che è un po’ bruttina,  ma corre veloce!». Egli accenna ad un sorriso e poi ride sguaiatamente tenendosi il pancino. Lo abbracciai come se fosse la cosa più naturale al mondo e lui ricambiò la stretta con le sue esili braccia. «Provala, dai!» fece strisciare la macchina lungo le righe del pavimento. Gli diedi un’ultima occhiata e mi allontanai raggiungendo Luca e Becca. Lui la stava cullando, sussurrandogli parole rassicuranti e lei sembrava caduta nelle braccia di Morfeo; le diede un bacio sulla fronte e la fece sdraiare sul divanetto rosso. «Perché ti ha chiamato papà?» sussurrai in modo che mi sentisse solo lui; non riuscivo a resistere, dovevo saperlo, nel profondo sapevo che era qualcosa di importante per me. «Ancora, Balena? Ti ho già detto che sono affari miei. Lasciami in pace!» «Smettila di chiamarmi così! Ho un nome». Mi ignorò. Calò un silenzio interminabile; lui fissava Becca, come per rassicurarla con lo sguardo e io mi torturavo le mani cercando di non pensare a niente. «È vero,  Sofia, Becca e Ale mi chiamano papà, ma io sono solo il loro fratellastro. Due anni fa nostra madre è morta e con la sua scomparsa io mi sono dovuto occupare di loro.  » «Com’è stato per te?» sussurro ancora.  «Devo ammetterlo, all’inizio è stato difficile, non mi sentivo pronto, mi sentivo ancora troppo giovane per una responsabilità così grande, sono arrivato ad odiare mia mamma, a disprezzarla perché mi aveva lasciato solo con quei due marmocchi petulanti ma ora, non so neanche come poterlo descrivere, ora li amo più di ogni altra cosa, sono la mia priorità, sono quel pensiero che ti fa tornare il sorriso anche nei momenti difficili ». Mentre diceva queste cose gli brillavano gli occhi come fanno solo quando parli dell’Amore. Lui amava quei bimbi. E io non ho potuto evitare che un senso di gelosia si insediasse nel mio stomaco. Io non ho mai provato queste emozioni. «E vostro padre?» «Quando sono nato io mio “padre” l’ha lasciata immediatamente e lei mi ha sempre cresciuto da sola.» «E il loro di padre?» «È per loro che ti ho sempre disprezzata. Perché tu hai un padre e loro no, perché hai avuto qualcuno che ti tenesse fra le sue braccia, che giocasse con te e che ti rassicurasse, loro no. Io ho potuto scegliere, e ho deciso di non sapere chi fosse, di non conoscerlo, per loro è diverso,quell’uomo non ne vuole neanche sentir parlare di loro. » «Non capisco perché tu ce l’abbia proprio con me allora? Quasi tutti hanno avuto un’infanzia come la mia! Perché proprio io?» Mi guarda con uno sguardo cattivo, sembra che io stia parlando un’altra lingua. «Non riesci proprio a capire, eh?Eppure mi sembra che non sia così difficile. » Forse… no, no no, non può essere. Lo guardo e lui mi ricambia lo sguardo, sta sondando le mie emozioni, annuisce con la testa, in modo lieve, come se cercasse di non farmi pesare troppo la verità. «Lo so a cosa stai pensando, dopotutto sapevo che ci saresti arrivata presto. Tuo padre è il padre di Becca e Ale. Non so nemmeno io come sia potuto succedere, come mia madre sia riuscita a stare con quell’uomo quando sapeva benissimo che aveva una famiglia, non me l’ha mai detto. Diceva che erano figli suoi e basta, che lei sarebbe bastata per loro, come era bastata per me. Solo prima che morisse ho avuto il coraggio di chiederglielo.» Stupore e forse anche un po’ di rabbia e delusione nei confronti di mio padre, per quello che ha fatto a mamma, non lo credevo capace di fare una cosa del genere. «Mi dispiace.» «Ti dispiace per cosa? » «Mi dispiace per quello che la tua famiglia ha dovuto passare, per tua mamma, per te e soprattutto per quei due bambini innocenti. Mi dispiace che mio padre sia un viscido e un codardo. Mi dispiace per tutto quello che non ho fatto in questi anni. Mi dispiace che tu sia dovuto crescere troppo in fretta.» «Sono dovuto crescere per forza, perché dovevo essere il loro unico punto di riferimento, l’unico di cui potevano fidarsi, la loro roccia.» «Adesso ci vorrei essere anche io per loro, mi farebbe molto piacere poterli conoscere, poterli amare e farmi amare da loro. Vorrei tanto poterti aiutare, sostenerti e condividere con te le difficoltà e i momenti belli delle vite di questi due angeli, poter cancellare tutti questi anni di incomprensioni, di cattivi pensieri e di parole non dette. Recuperare il tempo perduto, costruire un rapporto con te, una famiglia per loro. Io ci sono, e tu? »
Forse tutto questo è più grande di me, forse non sono pronta ad essere per loro una persona importante, forte e sicura come Luca, forse sono solo un’immatura che giudica tutto al primo sguardo, al primo pensiero, come ho fatto con lui, credendolo uno spocchioso arrogante, invece era solo una maschera, una maschera per non crollare di fronte a me, per non crollare di fronte a nessuno. Pensare che in poche ore tutta la mia vita è cambiata può sembrare impossibile invece è vero. Mio padre, che ho sempre ritenuto un brav’uomo, è uno sporco traditore, Luca è un ragazzo stupendo, sensibile e responsabile e io ho appena scoperto di avere due angeli nella mia vita, due piccoli bimbi che forse mi stanno comunicando che è il momento di crescere, di trovare la mia strada e di percorrerla al meglio. E io voglio farlo con loro tre al mio fianco. Luca non mi aveva ancora risposto, non mi sembrava particolarmente arrabbiato o almeno io speravo di no, mi sembrava stupito, sorpreso dalle mie parole, pensavo di averlo ferito, di aver azzardato troppo, di aver sperato in un futuro che lui non vuole per Becca e Ale, magari non vuole che loro mi possano conoscere , non vuole che loro mi possano vedere come una sorella.
Improvvisamente si avvicinò a me e mi accarezzò una guancia, proprio come aveva fatto con Ale, con la stessa luce negli occhi, annuendo commosso. Il primo sguardo di Luca che abbia mai visto, non pieno di odio, ma di felicità, di gratitudine e di speranza. 

  
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