Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: kateausten    10/05/2012    3 recensioni
Passammo l'estate insieme, tra articoli che annunciavano a gran voce il ritorno di Voldemort e regole ridicole per difendersi dai Mangiamorte; tra giornate il cui obiettivo era quello di scaldarsi, scaldarsi dentro, perchè il gelo dei Dissenatori era la cosa che mi faceva più paura di tutte e lui lo sapeva.
"Io ti amo" diceva, con la stessa sicurezza con cui affermava di credere a Silente e a Harry.
"Anch'io".
"Ma io di più. Sei avvantaggiata".
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Adoravo passargli le mani nei capelli.
Ne aveva tanti, li aveva riccioli, ed avevano una deliziosa sfumatura di castano.
Avevo sempre pensato che quella sfumatura scaturiva un piacevole contrasto con la divisa nera e lo stemma blu scuro, lo stesso mio, perchè eravamo due teste che giravano nello stesso modo e capivano le cose più difficili, che si trattasse di una runa particolarmente complicata o di una mappa stellare senza capo ne coda.
Lui si imbarazzava sempre- quando gli passavo le mani nei capelli, intendo- perchè aveva paura che qualche altro Corvonero lo vedesse e lo facesse diventare lo zimbello del nostro anno.
Solo dopo ha capito che quello che avevamo noi lo avrebbero desiderato anche gli altri.


Per i primi due anni di Hogwarts, ci siamo praticamente ignorati: era ancora quell'età dove i maschi sono maschi e le femmine sono femmine e non c'era bisogno di mischiare le due cose.
Non riuscivo a capire come quella ragazza di Grifondoro, quella che era un anno più grande di me e aveva i capelli crespi e sciupati, girasse sempre con quei due ragazzini dall'aria impacciata.
Uno di loro era Harry Potter; lo conoscevo ovviamente, anche se ero una Mezzosangue che di incantesimi ne aveva visti sempre pochi a casa. Mio padre, anche se era un mago, preferiva la vita babbana a quella magica.
I maschi comunque erano vera una rottura; ti rubavano le cose, ti prendevano in giro, ti levavano la sedia sotto il sedere e ti facevano diventare i capelli verdi a Pozioni e non serviva a niente lamentarsene con il professor Piton.
Speravo solo di imparare più incantesimi possibili per incantarli e gustarmi così le mie piccole vendette.
D'altro canto, anche loro pensavano che noi femmine fossimo un inutile spreco di spazio e ancora mi sorprendevo a vedere quel trio sempre insieme.
Evidentemente, quei due, non consideravano la ragazza qualcosa simile a uno scarafaggio al grappolo.


Fu al terzo anno che qualcosa cambiò.
Era l'anno del Torneo Tre Maghi, del Ballo del Ceppo, e Hogwarts sembrava diversa.
C'era Silente, c'erano le mie amiche, c'erano le lezioni, certo, e in teoria era tutto come al solito.
Eppure, quando passavo per i corridoi vuoti, una strana paura mi investiva; quando fissavo il prato, una strana nostalgia mi portava ad avere le lacrime agli occhi.
Fu in una di queste occasioni, quando pensavo di essere sola e guardavo il prato e il Lago avendo come unica compagnia il vento leggero, che lui arrivò.
Non avevo certo capito che era arrivato per restare. E sono sicura che neanche lui lo aveva intuito.
"Perchè stai da sola?".
All'inizio non volevo rispondere, mi sembrava una domanda inopportuna.
"Non ti è venuto in mente che magari è perchè voglio stare da sola?".
Potevo essere pungente quando mi ci mettevo.
Alzò lo sguardo a quella risposta insolente e sorrise.
"Va bene" disse.
Rimanemmo qualche secondo in silenzio.
"Posso rimanere qui con te?" chiese e io sospirai.
Segretamente non mi dispiaceva la sua compagnia- certe volte ci avevo scambiato due parole ed era meno spiacevole di tutti quegli altri invertebrati dei nostri compagni- ma quelli erano momenti in cui volevo stare da sola.
Scrollai comunque le spalle per dare la mia risposta affermativa e lui si appoggiò alla grande finestra di pietra, accanto a me, senza dire una parola.
Due anni dopo, mentre era disteso tra le macerie della scuola, mi confessò che anche lui sentiva che c'era qualcosa di strano e che, dopo avermi visto li, non se la era sentita di lasciarmi da sola.
Forse erano solo sciocche sensazioni, ma meglio fare qualcosa piuttosto che avere un peso sulla coscienza.
A giugno, morì Cedric Diggory.

All'inizio del quarto anno, si era fatto alto, i capelli non sembravano più ricci venuti fuori dopo una giornata ventosa a cavallo di una scopa, e mi baciava.
Mi baciava ogni volta che poteva.
Con discrezione, mai in mezzo agli altri.
Ma ogni volta che poteva.
Il primo, di bacio, me lo aveva dato alla fine dell'anno precedente. Eravamo di corsa, dovevamo andare al banchetto di fine anno e io volevo assolutamente sentire cose avrebbe detto Silente sulla morte di quel povero Diggory.
Ci scontrammo nella Sala Comune e, quasi per caso, lui mi fermò e mi baciò.
Mentre Silente parlava e diceva che Voldemort era tornato, conservai quel bacio come un talismano.
Piano piano accettai di ricambiare i suoi baci, ma non prendevo mai l'iniziativa: mi vergognavo troppo.
Iniziai a vivere nel terrore che qualcuna me lo portasse via, che lui si invaghisse di una ragazza, magari più intraprendente e carina, e che mi lasciasse sola, senza più le sue battute ironiche e pungenti.
Il mio unico gesto di coraggio era passare le mani in quei riccioli ben definiti, un gesto a cui lui non si sottraeva mai, benchè le guancie gli si colorassero.
Anche se mi baciava, quel gesto così dolce e innocente, aveva il potere di mandarlo nel panico.
Tra una lezione e l'altra, mi disse che avrebbe partecipato alle riunioni dell'ES.
"Credo a Silente" mi disse una sera con fermezza "E credo anche a Potter. Ma soprattutto credo che dovremmo sapere come difenderci nel caso succedesse qualcosa".
E siccome ci credevo anch'io, ma soprattutto odiavo la Umbridge, andai con lui.
Passammo l'estate insieme, tra articoli che annunciavano a gran voce il ritorno di Voldemort e regole ridicole per difendersi dai Mangiamorte; tra giornate il cui obiettivo era quello di scaldarsi, scaldarsi dentro, perchè il gelo dei Dissenatori era la cosa che mi faceva più paura di tutte e lui lo sapeva.
"Io ti amo" diceva, con la stessa sicurezza con cui affermava di credere a Silente e a Harry.
"Anch'io".
"Ma io di più. Sei avvantaggiata".

 

Il quinto anno fu il più bello, perchè seppi godermi ogni piccolo istante.
Forse era stato il mio acuto cervello da Corvonero, forse era stata solo fortuna o forse era stata quella continua, perenne, diabolica ansia che mi tormentava da quando avevo tredici anni e guardavo il Lago Nero.
Forse, tutte queste cose insieme.
Sta di fatto che ricordo con affetto il mio anno dei G.U.F.O., lo studio matto in Biblioteca, i pasti nella Sala Grande ed era meraviglioso ignorare le notizie macabre e concentrarsi su i pettegolezzi che giravano riguardanti Harry Potter, Ginny Weasley e i suoi amici ed adesso capivo pienamente quella ragazza dai capelli crespi che guardavo con sorpresa i miei primi anni di scuola. Doveva essere innamorata di quello rosso, Ron Weasley.
Quando ci ricavavamo un angolo per noi, lui non mi parlava di sparizioni, assassini, torture o del Marchio Nero: tutti dettagli morbosamente interessanti.
Mi parlava della Luna e delle fasi dei pianeti e che una volta finita tutto questo periodo assurdo pieno di idee malsane, mi avrebbe caricato sulla sua scopa e mi avrebbe portato a vederli.
Mentre ridevo e lui continuava con quelle scemenze che avevano il potere di distrarmi, pensavo che ero veramente, veramente fortunata perchè in quel momento potevo non aver nessuno accanto, potevo avere qualcun altro, invece avevo lui.
Ed era mio.
Mio mio mio mio mio mio.
Lo è sempre stato.
Noi due eravamo come l'acqua, come il fuoco, anzi peggio, come l'olio.
Indivisibile e se provi a dividerlo, quello ti rimarrà appiccicato alle mani, scivoloso e giallastro come una patina che non puoi superare. Per quanto provi a lavarti e a lavarti, rimarrà sempre la consistenza di aver toccato qualcosa che non ti andrà via.
Quando arrivò la morte di Silente, non ne fui totalmente sorpresa e neanche lui.
Era da qualche tempo che ci aspettavamo che capitasse qualcosa di tragico a qualcuno a cui tenevamo.

 

"Non ci torno ad Hogwarts senza di te".
Testone.
"Devi invece".
"No".
"E' il nostro sesto anno, non puoi mancare".
"Appunto, il nostro. Neanche tu puoi mancare".
Sorrisi stancamente.
"Sei Purosangue" dissi per la centesima volta "A te non faranno niente".
"Sei una strega" sibilò "Non mi importa se a Pozioni fai saltare cinque calderoni di fila".
Abbozzai una risata e sospirai.
"Sono una Mezzosangue" precisai, mentre guardavo la pioggia che cadeva "Mia madre è babbana, mio padre non usa quasi più la magia. Secondo te quanto tempo ci metterebbero prima di far fuori me o i miei?".
"Ma" disse schiumante di rabbia "Se tu...".
"Hai sentito delle continue sparizioni. Persino dei Purosangue che stavano dalla parte degli Auror e di Silente. Cosa credi che gli sia successo? E se è capitato a loro, cosa credi che succederà a me?".
Benchè ogni cellula del mio corpo mi gridasse di smetterla di parlare, mi gridasse di smetterla di avere ragione e di tornare a scuola con lui, non dissi niente.
Lui fece una smorfia, sconfitto dalle mie parole e da quei fatti raggelanti.
"Insomma, se mi vuoi morta basta che tu lo dica" dissi, cercando di fare un pò della nostra sana, vecchia ironia.
Lui mi lanciò un'occhiataccia e nascose un sorriso.
"E' Hogwarts" disse poi, piano.
Chiusi gli occhi.
"Non c'è più Silente" gli ricordai, perchè certe volte era facile dimenticarsi che il Preside non fosse più li a proteggerci.
"E poi" conclusi "Tu staresti con me. Ti prenderebbero di mira immediatamente".
"Non mi importa" disse immediatamente.
"Lo so" convenni "Importa a me".
Stette in silenzio e io capì di averlo convinto.
"Ti amo" dissi passandogli una mano fra i ricci.
Non arrossì; la guerra aveva portato via anche questo.
"Anch'io" rispose, chiudendo gli occhi, appoggiando la fronte alla mia.
Sorrisi.
"Ma io di più. Sei avvantaggiato".

 
Certe volte, se mi concentro, posso avvertire in modo così vero il calore delle sue labbra e le mani impigliate fra dei riccioli che quasi mi spavento.
Solitamente mi si blocca il respiro e la testa mi gira.
Allora so che devo fare un paio di respiri, aprire gli occhi e tornare a concentrarmi su quello che stavo facendo in quel momento. I primi tempi succedeva spesso, e ciò era condito anche da incubi e attacchi di panico.
Non sapevo e ancora non so come continuare ad andare avanti se non arrancando un giorno dopo l'altro.
Per un pò ho odiato i miei genitori; appena ho saputo della guerra che stava avvenendo a Hogwarts e che tanti ex studenti si stavano radunando per andare a dare il loro aiuto, li ho pregati, scongiurati, implorati di lasciarmi andare.
Non doveva essere da solo in quel momento, era una guerra che anch'io dovevo combattere. Ho dovuto minacciarli che sarei scappata e che non mi avrebbero rivisto mai più se non mi avessero lasciato andare.
Adesso, adesso che tendo a razionalizzare le cose, capisco che erano terrorizzati di perdermi, ma c'è ancora una piccola parte di me che continua a odiarli ma soprattutto a odiare me stessa per non essere arrivata in tempo.

 
Dopo la guerra, ho parlato con Hermione Granger.
Mi aveva scovato vicino al suo corpo che ormai non respirava più, troppo pieno di tagli, abrasioni e chissà cos altro. Non stavo neanche piangendo in quel momento, fissavo semplicemente il suo volto, schiacciata dal senso della perdita, dalla rabbia, dal dolore, da quella vocina che mi diceva che non c'ero stata nel momento del bisogno e che ero arrivata troppo tardi.
Vidi un paio di gambe fasciate da jeans laceri e sporchi piegarsi di fronte a me.
"E' stato molto bravo" disse dolcemente.
Io non risposi.
"L'ho visto combattere contro Dolovh e aiutare un sacco di persone".
Continuai a stare zitta. Magari sarebbe andata via.
Invece si sedette tra lo sporco e sospirò.
"Vi ho visti spesso girovagare nei corridoi e poi a tante riunioni dell'ES. Corvonero, giusto?".
Riuscì ad annuire.
Rimanemmo in silenzio per almeno mezz'ora; nella mia testa confusa pensavo che si sarebbe stufata e se ne sarebbe andata, non si mosse di li.
"Non sono arrivata in tempo" gracchiai a un certo punto e mi spaventai, perchè quella non poteva essere la mia voce.
Guardai negli occhi Hermione.
"Non potevi fare niente" mormorò, senza distogliere lo sguardo.
Sentì un groppo in gola.
"Invece si. Potevo salvarlo" bisbigliai.
Hermione scosse la testa.
"Non rovinarti con questi pensieri. Almeno non è morto da solo, come un sacco di altre persone qui dentro".
Le lanciai un'occhiata gelida e aprì la bocca per risponderle.
"Quello che intendo" mi anticipò "E' che lui ti ha visto prima di andarsene. Ha visto un volto amato. Forse è stato il modo migliore per morire".
Il groppo cominciava a fare male, disperatamente male, e cercai di inghiottirlo.
Hermione mi fece un sorriso prima di alzarsi e dedicarsi ad altri relitti umani simili a me.
Ho saputo che tante persone sono andate dai fantasmi di Hogwarts a chiedere se per caso avevano visto la persona amata, se per caso era diventata un fantasma anche questa, se per caso...
Io non l'ho mai fatto.
Era coraggioso e non avrebbe mai scelto di rimanere in quel limbo che non era ne cielo ne terra.
Nemmeno per me.

 

Qualche volta, quando ci sono serate stellate e limpide, mi affaccio alla finestra e guardo il cielo.
La Luna e i Pianeti.
"Ti amo" dico piano.
Certe volte aspetto di sentire una voce conosciuta che dice anch'io.
So che è patetico, so che è inutile, so che è dannoso.
Ma so anche che, per adesso, è l'unica forma di aiuto che conosco per andare avanti.
Perchè quando dico quelle parole e guardo in su, sono quasi sicura che qualcuno dica:
"Io di più. Sei avvantaggiata".

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: kateausten