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Autore: vampiredrug    10/05/2012    5 recensioni
Piccola song-fic, SPOILER per chi non ha visto la settima stagione.
Dean soffre per la scomparsa del suo angelo e deve fare i conti con i propri sentimenti... in sostanza una mini Destiel che racchiude le mie speranze segrete!
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Settima stagione
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Questa song nasce da una sessione di zapping selvaggio che mi ha fatto incappare in QUESTA versione del cast di Glee di Alone, canzone anni ’80 di Hearth.
Mi è subito venuto in mente Dean e… bè, il risultato è qua sotto!


 

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I hear the ticking of the clock
I'm lying here the room's pitch dark
I wonder where you are tonight
No answer on the telephone
And the night goes by so very slow
Oh I hope that it won't end though
Alone

 
Ci sono notte buie.
A quelle Dean Winchester sapeva come far fronte.
Si muoveva agevolmente nell’oscurità, scivolando silenzioso tra gli orrori e le ombre che avrebbero atterrito la stragrande maggioranza delle persone. E anche le rare volte in cui il buio era innocuo, per riempirlo non faticava mai molto a trovare una bottiglia whisky o un paio di cosce compiacenti pronte a spalancarsi per i suoi occhi verdi, per quel viso troppo bello per essere quello di un uomo dalla vita tanto difficile, per le sue spalle larghe, che avevano sopportato il peso dell’Apocalisse e l’avevano sventata.
 
Poi c’erano le notti nere.
E a quelle, Dean Winchester non sapeva come porre rimedio.
Perché nessuno glielo aveva mai insegnato, perché doveva essere solo in quei frangenti, ma allo stesso tempo lo detestava con ogni fibra del suo essere.
Perché l’unica persona che avrebbe potuto sciogliere il nodo che sentiva nel petto era la causa stessa di quell’oppressione.
 
Castiel.
L’angelo del Signore, il guerriero, il moccioso, il verginello, il pennuto, l’imbranato, il ribelle del Paradiso, il Nuovo Dio…
Il suo unico amico.
Il suo angelo.
Perso per sempre.
 
Da quando gli occhi sbarrati e increduli di Dean avevano seguito la figura malridotta dell’angelo inabissarsi in quel fottuto laghetto, il suo mondo si era rovesciato.
Se glielo avessero raccontato qualche settimana prima, non avrebbe mai creduto di poter soffrire così.
 
E Dean non era certo uno che nella vita non avesse sofferto.

Ma non in questo modo… lacerante. Aveva perso i genitori, aveva perso quasi tutti i suoi pochissimi amici, per un breve lasso di tempo aveva perso anche Sammy, ma erano stati dolori completamente differenti da quello che sentiva ora.
Ora che, rannicchiato a terra, appoggiato alla carta da parati consunta dell’ennesimo, anonimo motel, piangeva in silenzio stringendo tra le braccia il logoro trench di Castiel.
L’unica cosa che gli era rimasta di lui.
 
Quello, e una fottuta segreteria telefonica.
 
Quando aveva composto quel numero così familiare la prima volta, spinto dalla disperazione, dall’impossibilità di arrendersi alla scomparsa dell’angelo, probabilmente da demenza precoce, il cuore di Dean aveva perso un paio di battiti quando non solo aveva sentito lo squillo che segnalava la linea libera dall’altra parte, ma lo scattare della segreteria.
Aveva ascoltato completamente intontito la voce roca ed esitante di Cass incisa nel peggior messaggio di sempre, e non era riuscito ad impedirsi di sorridere.
Poi, mentre il sorriso aleggiava ancora sulle sue labbra, le lacrime avevano cominciato a sgorgare autonomamente, per la prima volta da quando l’angelo si era dissolto nel nulla.
Forse era il muro nella mente di Dean ad essersi infranto, o forse semplicemente il dolore era talmente violento che stava rompendo gli argini, così come le sue stupide lacrime…
 
Da allora, quando suo fratello era fuori (e ora che Sam non dormiva praticamente mai, a causa del coinquilino che albergava nel suo cervello, la cosa accadeva piuttosto di frequente) Dean componeva il numero di Cass, ancora e ancora, solo per sentire la sua voce, solo per illudersi che una piccola parte di lui fosse ancora lì.
Non gli importava di stare peggio, non gli importava che il suo comportamento compulsivo sfiorasse il masochismo, il bisogno di avere ancora un pezzetto di Castiel era più forte del dolore che gli divorava il cuore durante quelle ore interminabili e cariche di silenzio opprimente.
Com’era possibile che il suo angelo non ci fosse più e che invece quella stramaledetta segreteria fosse ancora attiva? Dove accidenti era il suo cellulare? Com’era… ingiusto, e stupido, e sbagliato, cazzo!
 
 
 
Till now I always got by on my own
I never really cared until I met you
And now it chills me to the bone
How do I get you alone
How do I get you alone
 

 
 
Quando si perde all’improvviso una persona cara, vuoi per autodifesa o per puro e semplice smarrimento, il cervello disorientato reagisce in modo bizzarro, elaborando i pensieri più assurdi.
Non gli ho mai ridato quel cd…
Chi mi accompagnerà all’altare?
Avrei voluto che vedesse mio figlio…
Non mi sono scusato per quel brutto scherzo …
Le avevo promesso che l’avrei portata al mare…
 
Dean, di fronte alla chiazza nera che si dissolveva come veleno nel lago, la chiazza che era stato Cass, aveva formulato un unico, incoerente pensiero.
 
 ‘Non l’ho mai nemmeno baciato…’.
 
Lì per lì la cosa non l’aveva nemmeno stupito.
Una parte del suo cuore, per quanto ostinato e zuccone potesse essere quel ragazzo, lo sapeva già, e in ogni caso era stato troppo sopraffatto dal dolore per badarci.
Aveva raccolto il trench dall’acqua, ripiegandolo con cura, come fanno le vedove degli eroi di guerra con la bandiera a stelle e strisce, e non era più stato capace di separarsene. Lo trasferiva da una macchina rubata all’altra, nascosto sul fondo del suo borsone, al riparo dallo sguardo di Sam. Perché era una cosa sua.
Sua e di Cass.
 
Dopo la paura, dopo lo sgomento, dopo la negazione, era stato con l’arrivo della sofferenza che Dean aveva capito.
La cruda realtà dei fatti era andata ad infrangersi contro il muro di cocciutaggine, pregiudizio e, ammettiamolo, cazzate da macho dietro cui tentava di proteggersi, minandolo dalle fondamenta.
Col passare dei giorni il muro aveva ceduto, lasciandolo a frugare tra le macerie delle sue convinzioni e con un vuoto dentro che sembrava un buco nero pronto a risucchiare ogni scintilla di felicità dalla sua esistenza.
Semplicemente, non ce la faceva.
Non ce la faceva ad andare avanti senza Cass. Gli mancava il respiro quando tentava di metabolizzare, anche solo di pensare, che non si sarebbe più specchiato in quegli occhi antichi e allo stesso tempo innocenti, perennemente in bilico tra saggezza e stupore.
Che non avrebbe più sentito il soffice fruscio che accompagnava la comparsa dell’angelo, regalandogli un infarto ogni volta, seguito da una voce bassa e roca che esordiva puntualmente con “Ciao Dean”.
 
Non. Poteva. Essere. Vero.
 
Dean Winchester aveva sempre affrontato la vita e le avversità come un rullo compressore, schiacciando, combattendo o scavalcando chiunque osasse sbarragli la strada, talmente avvezzo a contare solo sulle proprie forze che nemmeno si era accorto di quanto l’angelo gli fosse stato accanto durante tutti quegli anni.
Non aveva fatto caso alla naturalezza con cui si era appoggiato alle spalle di Cass, a quanto gli venisse automatico ricorrere alla sua forza quando era nei guai, ben sapendo che l’altro sarebbe sempre stato disponibile.
Era stato talmente ottuso e ingiusto nei confronti dell’angelo che l’altro si era sentito in dovere di massacrarlo di botte in un vicolo, per ricordarglielo. Era vero, aveva ragione: aveva fatto di tutto, tradito, disobbedito, compreso morire un paio di volte, e non per l’umanità… ma solo perché lui gliel’aveva chiesto.
Ogni volta che questo pensiero lo assaliva, lo tormentava, Dean sentiva una spessa coltre di gelo ammantare il proprio cuore, come se l’inverno l’avesse colto di sorpresa e lui non fosse in grado di difendersi, e i brividi che lo squassavano erano talmente profondi e… giusti, da non poter essere scacciati nemmeno con un barile del miglior whisky.
 
 
you don't know how long i have wanted
to touch your lips and hold you tight
You don't know how long I have waited
and I was going to tell you tonight
But the secret is still my own
and my love for you is still unknown
Alone

 
 
 
Ora lo capiva. Ora capiva tante cose.
Ora capiva tutto, ed era esattamente questo che lo dilaniava.
L’aveva trattato come un oggetto, l’aveva usato, e questo non se lo sarebbe mai perdonato.
 
Ormai non riusciva più nemmeno a provare rancore o rabbia per le scelte insensate dell’angelo. Cass era semplicemente troppo ingenuo e senza malizia per compiere un atto deliberatamente crudele.
Tutto quello che aveva fatto, da quando lo conosceva, era sempre stato, magari in modo molto contorto, a fin di bene. E la mancanza di fiducia nei suoi confronti non poteva biasimarla, non più… non aveva fatto nulla per meritarsela.
 
Avrebbe dovuto soffermarsi a chiedere a Cass come stava, ogni tanto, non archiviare gli atteggiamenti che esulavano dal consueto come “bizzarro comportamento da pennuto”… avrebbe potuto abbracciarlo, quando lo vedeva spaesato o dubbioso… se solo non fosse stato tanto cieco… se solo avesse saputo interpretare i suoi gesti, se non lo avesse allontanato, se non l’avesse chiamato unicamente quando aveva bisogno di lui…
 
Se solo l’avesse amato.
 
Ora che li aveva ammessi a sé stesso, la portata dei sentimenti che nutriva per Cass lo stava consumando. Non faceva che rivivere le mille occasioni in cui avrebbe potuto dire qualcosa, allungare una mano e fargli una carezza, le mille volte in cui l’angelo lo aveva guardato con gli occhi straripanti di sentimento e lui non aveva voluto vedere. Stupido coglione.
 
E ora che avrebbe dato qualsiasi cosa per poterlo stringere fra le braccia, per dirgli che non importava se aveva combinato un casino, che avrebbero sistemato tutto, insieme, il suo angelo non era più lì.
Ma si rifiutava di credere che fosse morto. Magari non si trovava su questo piano fisico, magari era dall’altra parte della stramaledetta galassia, ma morto no.
Dean se lo sentiva nelle ossa, nel cuore, nella pancia, anche se quella fragile sensazione era soffocata da uno strato quasi impenetrabile di sofferenza e senso di colpa.

Castiel era là fuori, da qualche parte.

E lui l’avrebbe ritrovato, a costo di guardare sotto ogni fottuto sasso del pianeta.
Avrebbe preso a calci nel culo Serafini, Cherubini, leviatani e demoni di quart’ordine come Crowley, ma si sarebbe ripreso ciò che era suo.
 
- Torna da me, Cass… mi sento così solo… -
 
 
Till now I always got by on my own
I never really cared until I met you
And now it chills me to the bone
How do I get you alone
How do I get you alone
How do I get you alone
How do I get you alone

 
 
- Ciao, Dean. -
 
 
 

                                                                                          FINE

   
 
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