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Autore: SimmyLu    02/12/2006    8 recensioni
Mosca, Monastero Vorkof. Yuri Ivanov si trova costretto a richiedere l'aiuto di Kai Hiwatari, a causa di problemi economici riguardanti proprio il monastero che si è trasformato in un ricovero per gli orfani e i ragazzi senza fissa dimora della capitale russa. Ma non è solo questo problema che toglie il sonno a Yuri, il ragazzo presenta i sintomi di ferite più gravi e profonde che scavano nell'anima e nel cuore, fino a portare alla luce segreti mai rivelati. Il giovane russo è l'origine di misteriosi e inspiegabili fenomeni e l'unico che sembra poterlo capire è proprio Kai. Fra paure, incubi, ricordi del passato e un'infanzia dimenticata, cadono silenziose le piume rosse della fenice sul bianco lucente della neve moscovita.
[ Personaggi: Yuri, Kai, Boris, Sergej, Vorkof, altri ]
Genere: Generale, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’AMORE BIANCO

… di Simmy-Lu …



Capitolo Primo: STAMPINI DI PATATE



Dalla finestra il cielo bianco diffondeva una luce opaca ed irreale, quasi privando le cose della loro ombra d'esistenza.
Yuri concluse la telefonata e ripose il ricevitore, passandosi una mano fra i capelli mentre sospirava, come se si fosse tolto un peso.
Aveva la mente e gli occhi stanchi per le poche ore dedicate al sonno.
«Ebbene?»
La voce di Boris lo fece sobbalzare sulla sedia dello studio nel quale si era insediato, come uno straniero dopo aver conquistato la città nemica.
Quello era stato lo studio di Vorkof.
La stanza era spoglia e priva di quel pizzico di calore dato dalla mobilia scelta; una scrivania, qualche scaffale e un armadio sembravano perdersi nella stanza tanto poco avevano, in base allo stile, in comune.
«Boris...» disse Yuri dissimulando abilmente la sorpresa ma non la disapprovazione che provava trovandosi sulla porta il compagno di squadra, di quella che era stata un tempo la Borg e successivamente la NeoBorg; Boris lo squadrò appoggiandosi allo stipite della porta, lasciando che fosse il suo sguardo contrariato a spiegare ogni cosa.
«Cosa c'è?» domandò Yuri secco, alzandosi per avviarsi verso l'uscita.
La voce dell'istinto gli diceva che avrebbe dovuto trovare immediatamente qualcosa di cui occuparsi ed evitare la scenata dell'amico che sicuramente lo avrebbe assillato con più facilità se fosse rimasto chiuso lì dentro.
«Dimmelo tu.» rispose senza muoversi; era proprio davanti alla porta, come a volergli bloccare la fuga.
«Hai ascoltato la telefonata, vero? Indiscreto da parte tua.»
«Non ho ascoltato un bel niente! Mi è bastato sentire le ultime parole. Parlavi in giapponese; che c'è da capire? È chiaro come il sole.» disse Boris, accentuando il fastidio con un gesto della mano.
Yuri sbuffò cominciando ad innervosirsi. Non aveva voglia di discutere.
«Cosa?»
Si mise le mani in tasca.
«Cosa? E' ovvio che l'hai chiamato, e che glielo hai detto!»
«Cos'altro potevo fare, Boris?! Dannazione! Tu li hai tutti quei soldi?!» ringhiò Yuri.
«Oh, certo! Invece sua eccellenza Hiwatari ha la fortuna di averne a palate, vero? Perché non gli facciamo una statua? Potremmo anche cambiare ancora il nome di San Pietroburgo*, e metterci il suo, di nome, che te ne pare?»
Boris aveva sfoderato tutto il suo sarcasmo staccandosi dalla porta e avanzando nella stanza per fronteggiarlo.
Yuri distolse lo sguardo dal viso arrabbiato dell'amico, si ritrovò a fissare il muro vicino a loro; c'era una macchia che non aveva intenzione di farsi cancellare da qualche semplice mano di vernice bianca a buon marcato.
La sua espressione si increspò come la superficie dell'acqua quando viene sfiorata.
Boris lo sapeva che cos'era quella macchia scura? Sapeva di chi era il sangue su quel muro?
Prima che i ricordi potessero rapirlo, le parole del suo interlocutore lo riportarono alla realtà.
«Ogni volta che abbiamo bisogno di una mano corri da lui!» continuò, «Cosa ti aspetti?»
«Aiuto, ecco cosa, Boris! Abbiamo bisogno d'aiuto!» sbottò, già stanco della conversazione.
«Aiuto...» ripeté l'altro «...da un Hiwatari!»
«Hai un'idea migliore?» replicò Yuri acido.
«Sono uguali e lo sai! Nonno e nipote! Guardano soltanto il loro tornaconto! Non fanno nulla per nulla! Lo hai già dimenticato!?»
«Perché? Noi siamo poi tanto diversi?»
I loro occhi si studiarono per qualche interminabile momento, fino a quando lo sguardo penetrante di Yuri non costrinse quello di Boris sul pavimento.
«Devo andare, adesso.» così dicendo lo oltrepassò, varcò il confine della porta e fu finalmente fuori da quella stanza.


* * *

Percorse a passo deciso il corridoio e poi scese le scale che portavano all'atrio principale. Il monastero era cambiato parecchio in quegli ultimi mesi, anzi, ormai non si poteva più parlare di mesi. Erano quasi due anni. Anni durante i quali si erano illusi che le difficoltà fossero finite.
Ma quello che Yuri provava e percepiva era ormai soltanto confusione.
C'erano troppe cose, troppe davvero.
Non aveva mai pensato che potesse essere così... Non trovava nemmeno le parole per definire la situazione!
C'erano ragazzini ovunque! E non poteva certo avere il controllo su tutti loro! Era snervante!
Quando si tratta di badare a se stessi è un conto, ma quando si estende la propria preoccupazione su più persone, diventa praticamente impossibile tenere d'occhio tutti i confini delle proprie possibilità, l'orizzonte si sfuoca e addio certezze.
Yuri pensò questo mentre attraversava l'atrio e si dirigeva alla mensa.
C'erano lunghi tavoli di legno scuro addossati alle pareti. Non gli era mai piaciuto quel posto, a differenza di Sergej che lo aveva praticamente trasformato in un'aula ricreativa.
Infatti, a capo di uno dei tavoli sedeva un ragazzone biondo come il sole attorniato da una buona dose di bambini.
La più interessata sembrava Catrina, una bambina dagli occhi verdi che seguiva Sergej ovunque; "Secondo me vuole che l'adotti!" aveva detto una volta Boris.
Yuri accennò un sorriso mentre si avvicinava, che però subito scomparve.
Non era possibile! Lo stava facendo di nuovo! Ma quante volte doveva ripeterglielo?!
«Sergej!!» chiamò Yuri con tono di rimproverò.
Il ragazzo biondo sobbalzò e incrociò lo sguardo di ghiaccio del compagno. La sua espressione era quella di un bambino che era stato sorpreso dalla madre con le mani nel barattolo dei biscotti che lei gli aveva ripetutamente detto di non toccare per nessuna ragione.
I bambini si voltarono tutti a guardare il nuovo venuto.
«Yuri...» disse Sergej sorridendo nervosamente.
Il ragazzo dai capelli rossi si fermò a pochi metri da lui, le mani sui fianchi.
«Dimmi che non lo stai facendo, ti prego.» disse tristemente chinando il capo.
«Non stavamo facendo niente...» disse il biondo, nascondendo qualcosa sotto le grandi mani.
«Non mentire!»
«Ma tu...»
Yuri non gli permise di finire la frase, si avvicinò e gli strappò dalle mani quello che tentava disperatamente di nascondere.
Sul tavolo c'erano alcuni fogli di giornale, dell'inchiostro, delle penne e un coltellino.
Yuri guardò ciò che aveva in mano: «Cosa sarebbe?»
«Un cane.» rispose Sergej colpevole fissandosi le mani.
«Pessimo tentativo.» disse il ragazzo dai capelli rossi brandendo poi pericolosamente quella che sembrava la metà di una patata, «Quante volte devo dirti di non fare gli stampini con le patate?! Devono mangiarle e non giocarci! Non abbiamo di che sfamarli e tu fai gli stampini!!»
«Ma si divertono...» mugolò Sergej.
«Si divertono e intanto muoiono di fame!!» ruggì Yuri.
Sergej continuò a guardarsi le mani e ogni tanto scambiava delle rapide e complici occhiate coi bambini che tentavano di soffocare le risatine.
Yuri alzò gli occhi al cielo, scosse la testa e sospirò restituendo di malavoglia la metà della patata che aveva ancora in mano; si avviò verso l'uscita senza dire nulla.
«Yuri!» la voce di Sergej lo bloccò prima che svanisse oltre la porta.
Il ragazzo si fermò e voltò la testa verso il suo interlocutore.
«Volevi dirmi qualcosa?»
All'improvviso Yuri si ricordò perché era andato in cerca del compagno.
«L'ho chiamato.» rispose pacatamente, sembrava stanco.
«Verrà?» domandò il biondo con un po' d'ansia.
Yuri annuì svogliatamente per poi uscire dalla stanza.



FINE PRIMO CAPITOLO, continua...


(*San Pietroburgo) Pietrogrado dal 1914 al '24, Leningrado dal '24 al '91. L'attuale denominazione riprende quella storica originale.

Beyblade © Takao Aoki
   
 
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