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Autore: ClaryMorgenstern    10/05/2012    1 recensioni
-Anche gli adulti sono stati bambini, Anche se pochi di essi se ne ricordano-  Antoine de Saint-Exupéry
Benvenuti alla mia nuova pazzia. Questa sarà una raccolta di One Shot un po' particolare. Inizierà con due storie che avevo pubblicato nell'altra raccolta, "Idris's Heartbeat"  e parlano dei nostri amati protagonisti, però da bambini.
Avevo pensato di scriverne una sola che parlava d'infanzia vissuta, ma mi sono resa conto che dentro Clary, Jace, Magnus, Alec e -Perchè no- anche Valentine ci sono dei bambini che vogliono urlare la loro storia. Io sono qui per dargli una voce.
The Mortal instruments è una trilogia fantasy. Ma è con i bambini che accadono le vere magie.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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A tutti coloro che erano lì per me, quando tutto
ciò di cui avevo bisogno era una spalla su cui piangere.
Love you so much.


Come eravamo; Parte VII - Poker face.

Lady Belcourt sorrise. «Mi sembra di aver vinto, messere
Il mondano guardò sconsolato prima le sue carte, aperte a ventaglio nelle mani annerite probabilmente dal carbone, e poi sulle carte di Camille, poggiate con eleganza di fronte la vampira in una scala reale ordinata.
Magnus Bane era in piedi dietro la sua dama, poggiando con eleganza un gomito sul camino. Non era molto pratico con le carte, se si escludevano le volte in cui il mazzo volgeva magicamente a suo vantaggio. Preferiva stare a guardare Camille che con un sorriso dolce riusciva a rendere mesta anche la sconfitta e gli anni di risparmi che sottraeva ai suoi sfidanti.
Magnus adorava Camille. Lei era una tigre intrappolata nel corpo di una farfalla, che con una carezza riusciva a farti spuntare le ali, senza bisogno alcuno di magia. Era sua amante da qualche decennio, ormai, e ancora desiderava starle accanto, così come lei.
C'erano state volte, in quel tempo, in cui Magnus aveva pensato che sarebbe potuto rimanere per sempre con Camille Belcourt. Viaggiare per il mondo, scoprirne  le meraviglie insieme all'umanità, cambiare in ogni secolo per rimanere sempre gli stessi, giorno dopo giorno.
E poi c'erano le volte in cui sentiva di non sopportare l'idea di stare per sempre con lei. In cui una vita legata solo a lei come unica cosa reale non sarebbe stato abbastanza, per nessuno dei due.
Camille era dolce, forte e passionale. e, anche solo per il momento, non se ne sarebbe voluto separare.
La vampira alzò lo sguardo su di lui, portandosi il bicchiere alle labbra piene e delicate. «Sembra che stasera la fortuna sia con me, Magnus»
«Oh, io non ci scommetterei l'eternità, Madame»
Era stato un ragazzo a parlare, appena sedutosi nel posto lasciato vuoto dall'uomo dalle mani annerite.
Magnus si morse la lingua per non spalancare la bocca.  Di cose ne aveva viste, al mondo. Di luoghi meravigliosi e donne e uomini splendidi, e ne aveva avuti altrettanti, ma il ragazzo che sedeva lì di fronte andava oltre ogni sua conoscenza.
Di statura alta anche da seduto, aveva la pelle del bel colore della crema chantilly, i capelli neri come l'ebano e altrettanto lucenti, mediamente lunghi e sbizzarriti come un mare in tempesta, e proprio al mare si potevano paragonare i suoi occhi.
Pozze blu oceano. Altrettanto profonde, altrettanto facile scomparirvi.
Lady Belcourt poggiò il mento sopra le mani intrecciate elegantemente chinando la testa per osservare meglio il ragazzo. «Un nuovo arrivato» disse piano. «Qual è il vostro nome?»
Quello prese le carte e le mischiò. Anche se la sua voce sembrava così sicura, sembrava inesperto nel rimescolare le carte come uno scolaro che rubava il mazzo dagli effetti del padre. «Se riuscirete a vincere il mio denaro, avrete vinto anche il mio nome»
Gli occhi di Camille scintillarono alla luce soffusa delle candele. Magnus si avvicinò al tavolo da gioco, incuriosito.
Bellezza e sfida. Quel ragazzo stava offrendo a Camille le due cose che lei amava di più.
Oltre, s'intende, al potere puro e semplice.
Giocarono in silenzio, un giro alla volta in un set da una sola mano. Il ragazzo non alzò mai lo sguardo dalle sue carte mentre Lady Belcourt si prendeva tutto il tempo di osservarlo bene.  Al fold, il mondano alzò lo sguardo sul suo. Magnus vide brillare un divertimento che aveva visto poche volte nel corso della sua esistenza.
«Prima le signore» disse con leggerezza.
Camille fece il sorriso alla Monna Lisa che Magnus adorava e detestava allo stesso tempo. Mosse il polso con delicatezza, scoprendo le cinque carte rosse. «Colore» asserì delicatamente.
Il ragazzo sgranò gli occhi sulle sue carte e gli si tinsero le guance di rosso. Magnus pensò che fosse un'espressione canonica in certi casi che diceva Ho perso tutto quanto.  E vide dallo sguardo di Camille che anche lei la pensava allo stesso modo.
Ma quando il ragazzo posò le carte sul tavolo, mostrando la sua scala di colore, sarebbero state le guancie di Camille a tingersi di rosso, se avessero potuto. Un mondano non l'aveva mai battuta. Mai.
Il ragazzo prese le venti sterline dal tavolo, stringendo la mano che Camille gli porgeva con un perfetto bacia mano che gli fece sentire la bocca secca. «E' stato un piacere, Lady Belcourt» disse. Prima di incamminarsi verso la porta, le fece un piccolo inchino. «I migliori omaggi da William Herondale.»


Camille scosse i capelli, infastidita. Non le era mai piaciuto aspettare nessuno, tantomeno una qualunque strega americana che aveva attirato l'attenzione del Magister con le sue doti particolari. Magnus non c'era, quella volta. l'aveva lasciata sola per un impegno improvviso. Tanto meglio. Si stava cominciando a stancare di lui, sfortunatamente. Magnus le piaceva, ovvio, ma da qualche tempo aveva perso quel Je ne sais quoi che all'inizio l'aveva così attratta verso di lui.

Camille non credeva nell'amore. Aveva vissuto troppo a lungo e troppo a fondo per credere a certe sciocchezze da giovani sciocchi. Credeva nella passione e nel profondo legame, ma l'amore era qualcosa da lasciare ai romanzi.

Doveva trovare una qualche scusa per far finire la relazione con Magnus. Durava da troppo tempo per lasciarla così, in sospeso. E sorrise, sapendo di averla trovata, quando vide la porta del rifugio aprirsi.

«William Herondale.» un sorriso languido, scoprendo i denti bianchi. «Siete venuto a salutarmi.»

  
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