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Autore: Zeranzo    02/12/2006    1 recensioni
E nel mezzo di questa pianura, ci fu una grandissima città. [non so che genere di racconto sia. La metto qui. Se qualcuno mi può aiutare a catalogarla lo ringrazierò]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E nel mezzo di questa pianura, ci fu una grandissima città.Questa, dall’alto, era una grossa macchia viola in una tavolozza di colori. La città dava l’aspetto tetro al solo vederla. Nella pianura che era verde lei compariva come un grosso alone violastro che, in quel quadro, sembrava un colpo di pennello sbagliato. I muri erano grigi, spenti, in bilico fra la vita e la morte. I grattacieli erano alti e neri e si mettevano in competizione con il cielo. Erano talmente alti che oscuravano le strade, vuote e spente allo stesso tempo. Non c’era nessuno, tutti erano sottoterra nella metrò o nei palazzi. I negozi erano chiusi e le insegne, un tempo colorate, erano spente, morte. La città, vista da esterni, era triste o orribile o entrambe. Ma agli uomini piaceva così: non si lamentarono mai dello stato della loro città, che non curavano affatto. Preferivano farla rimanere così, tanto non dava fastidio a nessuno.
Gli uomini stavano andando da una parte all’altra della città per il lavoro. Chi faceva il manager, chi l’avvocato. Nessuno poteva rimanere fermo: se sulla terra sembrava tutto immobile, come se non accadesse niente, sottoterra la vita era “attivissima” con le persone che, freneticamente e senza senso, si muovevano in una illusoria vita.
Le donne rimanevano in casa a pulire, cucinare e fare le faccende di casa. Alcune erano diventate anche loro lavoratrici e fecero la vita che facevano anche gli uomini. I ragazzini erano nelle scuole grigie oppure a casa propria a giocare con i videogiochi. Una vita tranquilla, tutto sommato, nonostante la frenesia del lavoro. L’unica cosa di vivo in quella città era un fiume che passava in mezzo alla città. Quella chiazza azzurra dava vigore alla città, nonostante i cittadini di essa siano riluttanti a questa idea. Pensavano che fosse inutile tenere un fiume quando c’era l’acqua corrente. Tentarono in tutti i modi di toglierlo per fare spazio a dei nuovi grattacieli ma il fiume, quasi per magia, rimaneva sempre lì, immobile, come un grosso obelisco. Quindi gli costruirono una centrale idro-elettrica: se non lo potevano distruggere, l’avrebbero usato per i loro scopi.
Il cielo era viola. I gas di scarico delle fabbriche avevano talmente oscurato il cielo che il sole non riusciva a filtrare nella città. La città era più morta che viva e gli uomini l’avevano resa un cimitero. Quindi tentarono di ampliarla ancora ed estendere il loro dominio. Tuttavia, non riuscirono nell’intanto. Infatti gli edifici che costruivano crollavano o diventavano pericolanti oppure il terreno era troppo soffice per riuscire a costruirci sopra, per cui rinunciarono a quel progetto. Decisero di rimanere dov’erano: in fondo, nessuno partiva via da quella città e nessuno veniva.
Non c’erano animali in quella città: gli ignari che tentavano di addentrarsi là dentro morivano immediatamente per l’inquinamento. Di tanto in tanto, gli abitanti provvedevano a togliere i cadaveri di uccelli ed di altri animali selvatici che avevano avuto la miseria di entrare. Gli unici animali che vivevano lì erano gli umani. Neanche le piante comparivano o meglio quelle vere: solo quelle di plastica erano state messe sui balconi dei palazzi solo per abbellire. Gli alberi erano inutili perché occupavano troppo spazio. Quindi gli uomini se ne erano disfatti per permettere di costruire le loro case. Lo chiamavano “Progresso” questo.
Un giorno, ripresero il progetto di allargare la città. Avevano trovato un posto dove potesse essere costruita una nuova area della città. Tuttavia, lì sorgeva anche un albero vecchissimo, si dicesse che fosse lì dall’alba dei tempi tanto che gli uomini delle altre città non avevano mai osato toccarlo per il rispetto e per l’anzianità della cosa. Ma quei uomini che avevano visto che il terreno sotto di esso un terreno adatto per costruire un grattacielo altissimo, presero e abbatterono l’albero. Le genti delle altre città furono sdegnati da questo comportamento, oltre che all’offesa recata a quell’albero sacro.
Il domino è un gioco nel quale vengono posizionati dei mattoncini, l'uno a fianco dell'altro. Toccando il primo, questo fa cadere il secondo e poi il terzo ecc a questa reazione a catena fu dato il nome “Effetto Domino”. A una cosa corrisponde un’altra. Questo è conseguenza di una rottura di un equilibrio molto fragile: basta poco per rompere tutto. E così fu.
Il fiume, improvvisamente, iniziò a gonfiarsi. Gli uomini iniziarono a far costruire delle barriere ma questo continuava a gonfiarsi sempre di più. La centrale idro-elettrica era sommersa. Tentavano in tutti i modi di arginarlo ma questo, un giorno, straripò. La sua forza fu devastante: alcuni palazzi crollarono per l’impeto di quella forza. Spazzò via tutto quello che incontrava, indistintamente.. Le strade, se fosse stato possibile vederle alla luce, erano state mosse, avevano delle crepe piccole. Gli uomini iniziarono già i progetti per la ricostruzione ma qualcosa accadde. Dalle crepe sopra citate iniziarono a uscire dei germogli. Questi erano piccoli e gli uomini si limitavano a strapparli. Ma questi, ogni volta, tornavano su. E continuavano a moltiplicarsi. Quello che era ritenuto un problema minore, cominciò a destare preoccupazione
E, intanto, le piantine diventavano alberi. Ogni tentativo di distruggerli era vano. Non potevano essere abbattuti, ma loro continuavano a provare. Un difetto umano è quello della testardaggine. Non si poterono spostare da una parte all’altra: La metropolitana era bloccata dalle forti radici. Quindi iniziarono a chiedere aiuto alle città vicine ma queste rifiutarono per l’affronto che avevano fatto a quell’albero. Erano ormai disperati e non sapevano cosa fare. Intanto gli alberi crescevano sempre di più. Uno di essi si innalzò verso il cielo, oscurando il palazzo più alto. Le nubi viola iniziarono a diradarsi per far spazio a quell’azzurro che quei uomini avevano dimenticato. Il sole iniziò a risplendere su quella “città” e gli abitanti se ne erano dimenticati.
Con gli alberi arrivarono anche gli animali. Questi iniziarono a popolare quella foresta. Gli uomini cercavano di scacciarli ma non ci riuscivano. Gli umani erano troppo deboli. Ormai la città era viva e loro non potevano più viverci. Emigrarono dal quel posto lasciando le cose com’erano. Di quella foresta, non so dove sia, ma adesso sta vivendo. Il grandissimo albero torreggia a monito di chi avesse la pazzia di fare quello sgarbo.
E si vide che questo fu bene.
  
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