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Autore: Lady Bracknell    03/12/2006    11 recensioni
E' Halloween al numero 12 di Grimmauld Place e due amici si siedono a tavola per osservare una vecchia tradizione, che li aiuterà a scacciare i fantasmi del passato.
Genere: Generale, Malinconico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All Hallow’s eve

Certo, Lady Bracknell l’aveva pubblicata ad Halloween, ma io sono riuscita a leggerla solo ieri.

Il mio primo pensiero quando sono arrivata in fondo è stato:

IO. DEVO. TRADURLA. PUNTO.

E così eccoci qua... lo so, avevo promesso di non tornare prima del 18 dicembre, ma ve l’ho detto, ho sentito questo impulso irresistibile…

 

Spero non vi dispiaccia.

 

 

All Hallow’s eve

 

 

Remus stava seduto sul pavimento della sua abitazione, la schiena appoggiata al muro.

 

Il calendario incantato sulla scrivania segnava ancora il 31 ottobre, e non l’aveva cambiato. Non l’avrebbe sopportato.

 

La stanza era buia – aveva tirato tutte le tendine giorni prima e non si era più curato di aprirle da allora, perché non voleva vedere il mondo. Non voleva nemmeno più vedere la luce del giorno perché potesse ricordargli che oltre quelle mura c’erano vita,  speranza  festeggiamenti e persone che ricominciavano a sentirsi libere di vivere.

 

Non riusciva a credere a quello che era successo – Peter, morto, ucciso da Sirius mentre lui, per la prima volta, si alleava a qualcuno più potente di lui, Lily e James assassinati, mentre tentavano di difendere il loro bambino e Sirius che marciva in una cella ad Azkaban – ma il dolore pulsante nel petto gli diceva che era accaduto davvero, e lo avvertiva fin troppo bene.

 

Sembrava un sogno – un incubo, in effetti, e si lasciò scappare una mezza risata, che si trasformò in un singhiozzo al pensiero che se dovevano esserci incubi, quello era il periodo giusto.

 

Si passò una mano sul viso, alleviando la tensione dei muscoli, ma non voleva affettivamente che accadesse, in quanto tensione e dolore erano tutto ciò che gli era rimasto.

 

Non riusciva a capire perché Sirius l’avesse fatto. Ci era stato sopra per tre giorni, senza riuscire a pensare a altro e, nonostante tutti i precedenti sospetti, non gli veniva in mente una sola ragione che potesse averlo spinto a questo.

 

Sirius amava James come un fratello. E anche di più. Amava James come fosse una parte di lui, come se fossero due anime, due vite indissolubilmente unite, ed il solo pensiero che avesse potuto fare una cosa del genere era talmente assurdo ed insondabile che gli faceva girare la testa.

 

E Harry. Sirius adorava Harry. Ce l’aveva scritto in volto tutte le volte che lo prendeva in braccio. La sola idea che Sirius potesse lasciarlo senza genitori era… non c’era nemmeno una parola per descriverlo.

 

Era stato semplicemente un buon attore? Da quanto lo stava pianificando?

 

Fissò il calendario incantato sulla sua scrivania, i caratteri ’31 ottobre 1981’ che lo guardavano maligni. Non aveva cambiato la data. Non l’avrebbe sopportato. Sapeva che era una cosa stupida a cui aggrapparsi, che cambiare la data non avrebbe cancellato i suoi ricordi, o addirittura cambiato quello che era successo, ma lo stesso non riusciva a farlo.

 

D’altra parte, pensò, non c’era ragione di cambiarla. La sua vita sarebbe probabilmente rimasta ferma a quella notte per sempre.

 

_______________________________________________________________________________

 

“Così è Halloween,”disse Sirius, occupando la sedia di fronte a Remus. Al rumore del vetro sulla tavola, Remus, che stava fissando il fuoco, alzò lo sguardo. stava pensando esattamente la stessa cosa.

 

“Hmm,” rispose, osservando il Whiskey Incendiario sulla tavola e l’espressione seria di Sirius.

 

“Vorrei che cancellassero questa maledetta data dal calendario. Disse.

 

Remus sbuffò e il suo sbuffo sarebbe potuto sembrare divertito, se solo l’avesse trovato divertente.

Quante volte aveva desiderato la stessa cosa...

 

“Non sono sicuro che aiuterebbe,” commentò.

 

“No,” mormorò Sirius sommessamente. Chiamò a sé due bicchieri dallo scaffale, posandoli sul tavolo, e poi, cogliendo Remus momentaneamente di sorpresa, altri due.

 

Stava per chiedere se stessero aspettando qualcuno, e poi ricordò la vecchia tradizione della vigilia di Ognissanti, tradizione che, una sera ai Tre Manici di Scopa, avevano giurato di mantenere, in caso uno di loro fosse dovuto mancare durante la lotta contro Voldemort.

 

Sirius versò quattro generosi bicchieri, ne passò uno a Remus e posizionò gli altri due, senza una parola, di fronte a due sedie vuote. Remus incontrò lo sguardo di Sirius ed annuì, tentò un sorriso di riconoscimento e consenso al suo gesto, nonostante gli venisse più naturale una smorfia, piuttosto che un sorriso.

 

Non avevano mai veramente parlato di Lily e James. Non era certo di cosa ci fosse da dire – o quello, oppure c’era talmente tanto da dire che se avessero iniziato, non sarebbero più riusciti a fermarsi.

 

Sfiorò il bicchiere con la mano, e alla fine lo alzò, mentre Sirius copiava il suo gesto.

“Agli amici assenti,” mormorò piano e Sirius annuì, quindi vuotò il bicchiere. Remus fece lo stesso, gli occhi che lacrimavano appena mentre l’alcool gli bruciava la gola ed il suo corpo veniva attraversato da un brivido.

 

Sirius riempì di nuovo i bicchieri e incontrò il suo sguardo un po’ più prudentemente di quanto facesse di solito.

“Che razza di idea per dei festeggiamenti,” disse, “Chi ha mai pensato che il giorno dei morti fosse divertente?”

 

Remus si schiarì la gola.

“A dir la verità,” spiegò, “Ha le sue origini nella festività di Samhain, che…”

 

“Oh, risparmiami la lezione di storia, Lunastorta,” lo interruppe Sirius, e Remus soffocò una risatina alla vista della faccia indignata dell’amico. “Voglio essere ubriaco e malinconico stasera, non istruito.

 

Remus si appoggiò sul gomito, coprendo la bocca con la mano, cercando di nascondere il suo divertimento.

“D’accordo.”

 

Sirius colmò nuovamente i loro bicchieri, ed entrambi tacquero per un po’, sorseggiando il loro Whiskey e guardando le fiamme danzare nel camino.

“Sei arrabbiato con me?”

 

“Per non volere una conferenza sulle origini celtiche di Halloween?” chiese. “Naturalmente no. Non è che io vada in giro tentando di diffondere le mie erudite conoscenze.

 

“No. Intendevo...” Sirius si interruppe e distolse lo sguardo, guardando la forma allungata dell’ombra di Remus sul muro.

 

Cosa.” Domandò Remus, accigliandosi.

 

“Intendevo per… per quello che è successo.

 

Remus spostò appena la mano che teneva davanti alla bocca, iniziando a tamburellare le dita contro il labbro, la casualità di questo gesto che non rifletteva minimamente quello che invece stava provando. Non aveva bisogno di chiedere a Sirius a cosa si riferisse.

“Non sono arrabbiato.” Rispose alla fine, ed era vero. Non lo era. E non credeva di esserlo mai stato.

 

Sirius sembrò alquanto sollevato nel sentire tale risposta, e non replicò, cosa che invece Remus si aspettava facesse. Bevve un altro sorso di liquore, posando poi il bicchiere sulle gambe.

 

Che cosa hai fatto?” domandò piano Sirius.

 

Quando?”

 

“La prima notte,” disse, “Quando l’hai scoperto.”

 

Remus deglutì, e allungò la mano prendendo il suo bicchiere.

“Sinceramente?” chiese, e Sirius annuì. “Mi sono rannicchiato a palla sul pavimento e sono rimasto lì per cinque giorni.

 

Incontrò lo sguardo di Sirius, che non fece commenti, quindi continuò.

“Quando l’Ordine realizzò che nessuno non mi aveva visto per gran parte della settimana, Moody pensò che io fossi stato preso dai Mangiamorte e buttò giù la porta a calci,” disse. “Spaventandomi a morte.”

 

Sirius rise brevemente.

“E’ stata colpa mia, suppongo,” ammise, “Per non essere stato costantemente vigile.”

 

Mmm,” borbottò Sirius, e la scintilla di divertimento che aveva negli occhi si affievolì, e fu rimpiazzata da qualcosa di più lugubre e malinconico.

E per quanto riguarda dopo – ogni anno dopo – quel giorno?”

 

Remus sorrise debolmente, sapendo cosa intendesse Sirius, nonostante la sua domanda fosse stata mezza mormorata e quasi del tutto incoerente.

“Le ho provate un po’ tutte,” disse, “Ho provato a dimenticare, ho provato a ricordare...”

 

“Non so come tu abbia potuto farcela,” mormorò Sirius. “La cosa migliore di Azkaban era che non avevo mai idea di che giorno fosse, quindi gli anniversari non hanno mai significato niente per me. E finché non sono uscito è stato difficile tenere il conto. Ma adesso… mi sento come mi stesse minacciando da settimane e non so come potrò...”

 

Sirius deglutì sonoramente, Remus incontrò il suo sguardo e sorrise.

“Vuoi prima la notizia buona o quella cattiva?” chiese.

 

“Quella cattiva.”

 

“Non lo si supera mai.”

 

E la buona?”

 

“Non lo si supera mai.”

 

Sirius sbuffò e fece una mezza risata.

E come può essere una buona notizia?”

 

Remus lo guardò negli occhi.

“Vorresti sentirti meno dispiaciuto del fatto che non ci sono più?” domandò tranquillamente, e le labbra di Sirius si incresparono in un sorriso di comprensione.

 

“No,” rispose. “Non voglio.”

 

Tacquero per un po’, e Remus lasciò che i suoi occhi tornassero a fissarsi sul fuoco. Non poteva negare che la compagnia di Sirius, perso in questa malinconica ebbrezza, era confortante. Questa era la prima volta – eccetto l’anno trascorso a Hogwarts – che non passava la notte da solo, abbandonato ai suoi ricordi.

 

“Mi dispiace,” iniziò Sirius. “Per tutto. Per non essermi fidato di te, per...”

 

“No,” lo interruppe Remus, il suo sguardo che tornava velocemente di nuovo su Sirius. “Avrei dovuto capirlo... mio Dio, ho passato così tanto tempo a scervellarmi per trovare una sola ragione che potesse averti spinto a fare una cosa del genere a James. Se mi fossi fermato anche solo un momento a pensare che forse, il motivo per cui non trovavo un motivo, era perché semplicemente tu non l’avresti mai fatto, avrei potuto risparmiare un bel po’ di dolore a entrambi.”

 

“Lunastorta…”

 

“No,” disse Remus. “Avrei dovuto fidarmi di te.”

 

Sostenne lo sguardo di Sirius finché questi non annuì, accettando quello che aveva detto.

Ed io avrei dovuto fidarmi di te. Mi dispiace.” Rispose Sirius.

 

“Penso che non siano necessarie delle scuse, Felpato. Convenne Remus. “E se lo sono, devono esserci da entrambe le parti, troppe, e non sono sicuro esistano nemmeno le parole giuste per farle.” Sirius annuì in accordo.

 

“Allora cosa…?”

 

“Penso dovremmo semplicemente cercare di essere felici di essere entrambi ancora qui.”

 

“Ma loro no,” disse Sirius, indicando gli altri due bicchieri sulla tavola. “Se solo avessi...”

 

“Non dirlo nemmeno.” Lo interruppe Remus. “Se io non fossi stato così riservato tu non avresti mai sospettato di me. Se James avesse scelto Silente come Custode Segreto... se Peter non fosse stato un essere così viscido patetico e debole… se noi avessimo capito subito quello che era in realtà… Il mondo è pieno di se Sirius, e se lasciassimo che la nostra mente indugi su essi, diventeremmo semplicemente pazzi. E credo che il mondo ne abbia già abbastanza in questo momento, senza doversela vedere con due Malandrini impazziti, non credi?”

 

Sirius rise.

“Suppongo di sì.”

 

“D’altra parte, Harry ha bisogno di noi. Siamo tutto quello che ha.” Remus alzò gli occhi al cielo al pensiero. “Che Dio lo aiuti.”

 

Sirius rise di nuovo, e Remus si unì a lui, non capendo perché, trovassero la loro inadeguatezza come sostituti così divertente.

 

Remus alzò il suo bicchiere e il vetri tintinnò contro quello di Sirius, ridendo ogni volta che i loro sguardi si incrociavano. Era una situazione ridicola, un uomo erroneamente condannato e un lupo mannaro, le uniche persone che stavano fra Harry e il più potente mago oscuro di tutti i tempi. Pensò che non ci fosse molto da ridere, ma aveva capito molto tempo prima che la vita a volte era così crudele, così ingiusta, che l’unica cosa da fare era riderci sopra.

 

“Qual è il piano, allora?” chiese Sirius.

 

“Bere,” spiegò Remus, indicando la bottiglia sulla tavola. “E domani, sarà tutto finito per un altro anno.

 

“E questo quello che facevi ogni anno?” domandò. Remus alzò le spalle.

 

“Avevo altra scelta?” chiese. “Per le altre persone è un giorno di festa, il giorno in cui il loro incubo se n’era andato.

 

Ma è tornato.”

 

“E’ questo il problema con gli incubi, no?” domandò. “Tendono a tornare.”

 

Si passò una mano sul volto, facendo leggera pressione, chiedendosi se avrebbe dovuto dire quello che sentiva.

“Ogni Halloween,” iniziò, “Prima, mi fermavo a riflettere su quello che avevo perso.” Non aveva il coraggio di incontrare lo sguardo di Sirius, ma continuò comunque. “Questa notte, penso di voler riflettere un po’  anche su quello che ho riavuto indietro, se per te va bene.”

 

Sirius annuì e prese la bottiglia, riempiendo i loro bicchieri. Fecero toccare i bicchieri, Sirius lo guardò e sorrise.

“Buon Halloween.”

 

 

 

Non era lunghissima e spero vi sia piaciuta

A me prima della fine è scappata pure una lacrimuccia…

Vabbè, ora vi lascio, e questa volta ve lo prometto, vi lascio in pace davvero fino al 18.

 

A presto.

 

Nonna Minerva

  
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