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Autore: Delilah_Morgan    12/05/2012    0 recensioni
Lui e Lei. Un amore impossibile, due famiglie incasinate, due ragazzi uniti da quello che viene chiamato "Il Filo Rosso", due vite destinate ad incrociarsi. [Tratto da una storia vera, la mia, anzi la Nostra.]
dal Prologo: Lei, 14 anni, enormi occhi smeraldo che celano un mare di emozioni e dei lunghi capelli bruni che le ricadono delicatamente sulle spalle.(...)Lui, 18 anni, occhi marroni luminosi e sorridenti(...)Loro, così diversi seppur così simili. -Cé
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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**Angolino di Cé** si, ho deciso di mettere le mie note all’inizio perché fa più “sono una tipa seria, io u.u”  quindi iniziamo:
Un grazie speciale va al team “Aiutiamo MrsMonteith a scrive qualcosa di leggibile” cioè a Dandi, MarMar, la mia "dolce metà" Angelica, Marco lo scocciatore(<3) e alla mia Beta MissNoWayItsAllGood che mi sopportano, leggono in anteprima le mie sclerate e mi aiutano con i blocchi mentali e con le foto dei personaggi. Vi amo ragazze e grazie ragazzo(?) <3
Un saluto speciale alla mia compagna di banco che si sta leggendo ‘sta roba perché ogni tanto(sempre) ne parlo quando non abbiamo davvero nulla da fare in classe. Memi sei un tesoro <3
Volevo ringraziare tanto chi ha messo tra le Seguite/Preferite e ha recensito.
Un abbraccio pandoso va ad Agriverde perché è una donna fantastica e ha recensito la mia storia *^* <3
E anche se in ritardo tanti auguri per i tuoi 19 anni… (il diretto interessato capirà)
I personaggi “nuovi” in questo capitolo sono:Andrea, Beatrice e Stefano.

 
Capitolo 1: Come tutto ebbe inizio…
 
Fra meno di 7 ore sarà l’undici settembre e questo vuol dire solo una cosa: Sta per iniziare il primo giorno di scuola superiore. Ho ufficialmente l’ansia alle stelle e lo dimostra il fatto che ho ripescato questo diario dal suo nascondiglio dopo ben tre anni. Sono nervosa come quel giorno se non ancora di più, insomma alle medie non dovevo cambiare città, orari ed amici mentre ora dovrò riscrivere daccapo la mia vita… uff, meglio pensare domani a queste cose, per ora mi limiterò ad andare a dormire… quella di domani si prospetta davvero una lunga, lunghissima giornata.
 
Chiudo la piccola agendina pelosa rigorosamente viola e la rimetto in un cassetto remoto nell’armadio dove molto probabilmente rimarrà fino al primo giorno di Università. Guardo fuori della finestra: la luna splende pallida da dietro una nuvola e il vento fa frusciare appena le foglioline dell’edera che si arrampica sotto il davanzale. Sospiro nervosa e mi infilo sotto le coperte. Dopo due ore passate a fissare il soffitto decorato con delle enormi nuvole che aveva dipinto mio padre quando avevo solo sette anni e a cercare di liberare la mente dai pensieri che la affollano riesco ad addormentarmi ma quello strano senso di pace viene bruscamente scacciato via da un odioso gracchiare che identifico come la sveglia di mamma, la quale si è già svegliata e ora passeggia avanti e indietro per la camera mentre continua a ripetere “Alzati, Bianca! Devi andare al liceo” come se non fossi già abbastanza ansiosa di mio. Apro lentamente gli occhi e mi metto a sedere sul letto.
-Sveva non sono sorda e non ho l’Alzheimer, so che giorno è oggi e invece che sprecare inutili energie nel ripete la stessa frase milioni di volte non dovresti scendere a prepararmi la colazione?- le dico con voce impastata dal sonno ma abbastanza lucidità mentale per assumere il solito atteggiamento che ho nei suoi confronti, distaccato e disprezzante. –Ok vado…. E smettila di chiamarmi per nome, sono la mamma per te non “Sveva”. Quando capirai che mi da fastidio? – borbotta “come da copione” e si avvia in cucina.
– Non la finirò mai, lo faccio da 14 anni e non intendo smettere ora! – le dico velocemente e trotterello ancora intorpidita dalla scomoda posizione nella quale ho dormito verso l’armadio. Spalanco pigramente le ante sbadigliando sonoramente e cerco tra le grucce qualcosa di decente da mettermi.
Come sempre non voglio dare nell’occhio quindi scarto subito le cose eccessivamente colorate, le cose troppo corte o troppo scollate e quelle non adatte al tempo dato che come per prendermi in giro ha deciso di mettersi a piovere a dirotto. Sbuffo esasperata e prendo il solito paio di jeans neri, la solita felpa azzurra con le scritte nere sopra che non mi sono mai presa la briga di decifrare e le solite All Stars con la bandiera americana disegnata. Mi vesto nel giro di dieci minuti, acciuffo lo zaino che se ne stava appollaiato sulla sedia della scrivania e scendo da Sveva che continua a correre in cerchio attorno al tavolo della cucina. – Sono pronta… devo solo andare un secondo in bagno, quanto tempo ho ancora? – chiedo mentre attraverso il piccolo antibagno. – Hai dieci minuti scarsi, Bianca, vedi di darti una mossa o farai tardi il primo giorno!- sbuffo di nuovo (è come un tic nervoso per me) ed entro nel piccolo bagno dove tengo tutte le mie cose.
Costringo l’ammasso di ricci castani che mi ritrovo in testa con un elastico tentando di dargli la forma di una coda e passo la matita nella rima interna dell’occhio per smorzare un po’ il pallore del viso. Esco dal bagno e controllo l’ora sullo schermo del mio telefonino, il bus stava per arrivare quindi mi sistemo lo zaino in spalla ed esco dalla porta borbottando – A dopo, Sveva! -.
 
 
Silenzio. Opprimente ed insolito silenzio. Va bene che sono le sei del mattino e quasi tutti gli abitanti del paese dormono ma questa pace è davvero strana. Salgo nel bus e cerco un posto decente. Non avevo mai preso un “extraurbano” prima ed ero abbastanza terrorizzata all’idea di perdermi e finire in qualche paesino dall’altra parte della regione. L’ansia della sera prima riaffiora dal suo angoletto remoto e torna ad attanagliarmi il petto, “su Bianca, è solo il liceo, non devi essere così nervosa…” mi ripeto mentalmente mentre i Queen continuano a cantarmi Bohemian Rhapsody nelle cuffiette. La mia amica sin dai tempi delle elementari mi butta lo zaino in braccio e si siede nel posto accanto al mio sfilandomi una cuffietta e schioccandomi un bacio sulla guancia. Sfoggio una delle mie migliori facce schifate e la fulmino con lo sguardo.  – Buongiorno anche a te, Bea. Come mai sei così allegra? – le chiedo sbuffando. – è il nostro primo giorno di liceo, Bia! Da oggi in poi non saremo più “le sfigate del paesino sperduto” ma saremo due liceali!- sorride radiosa e si lascia cadere sul sedile. – Già… “saremo due liceali”- sussurro fissando con aria assente il paesaggio che scorre fuori dal finestrino mentre Beatrice inizia il suo soliloquio su quanto siano fantastici i ragazzi più grandi e i suoi futuri compagni di classe. Purtroppo non sono tra quelli dato che ci hanno diviso in due sezioni diverse anche se siamo nello stesso edificio quindi ci vedremo sempre anche se devo ammetterlo, essere la sua vicina di banco mi mancherà moltissimo.
 
Dopo quaranta minuti buoni di autobus ci ritroviamo al terminal, mi guardo intorno e dispiego la piccola mappa che ci avevano mandato per posta appena avevamo fatto l’iscrizione e cerco di decifrare cosa c’è scritto. – Bea dobbiamo andare verso via XX settembre e poi scendere per via della Pace… Beatrice, dove stai andando? – alzo gli occhi giusto in tempo per vederla parlare con un tizio sulla cinquantina. – Scusi, sa per caso dove sta il liceo scientifico Keplero? – si appunta mentalmente le indicazioni, ringrazia il tipo e mi sorride con aria di sufficienza. – Muoviti Bia, so dove dobbiamo andare… - mi prende a braccetto e mi trascina verso una stradina del centro storico riprendendo a parlare di tutto quello che ha a che fare con i ragazzi del quinto superiore e la loro “figosità assurda”. La seguo fingendo di ascoltare quello che mi dice e annuendo di tanto in tanto, giusto per fare “scena”.
 
- Ho già detto che ti odio, Bea? – le ripeto mentre corro giù per la discesa del parco Santa Margherita a perdifiato. – Si, Bia… me l’hai ripetuto almeno dieci o undici volte negli ultimi cinque minuti. – svolto l’angolo e scendo le scalette dell’Università per Stranieri che si trova proprio sopra al liceo. – Ho ragione ad odiarti, Miss TomTom-dei-miei-stivali… fortuna che sapevi dove andare! Al liceo scientifico sbagliato siamo andate!- brontolo con faccia seria mentre passo il cancello verde della mia nuova scuola. – Pff quanto la fai lunga! Siamo qui e siamo in tempo, giusto? – controbatte sbuffando. – Hai ragione… Secondato te hanno già chiamato le classi? – le domando cercando di orientarmi nella marea di persone che sovraffollato il cortile. – Credo di no… vado a chiedere per sicurezza. Tu aspettami qui.- la vedo scomparire tra la folla quindi cerco di raggiungere una delle panchine ma mentre cammino a passo svelto e testa bassa verso una seduta vuota vado accidentalmente a sbattere contro qualcuno facendo cadere a terra tutte le cose che aveva in mano. – Oh, santa scienza! Scusami davvero tanto… ero soprappensiero e non ti ho vista… sei tutta intera?- mormoro chinandomi a raccogliere i fogli che le sono caduti e la guardo, è una ragazza ed ha la mia età poiché tra le mille cianfrusaglie c’è una delle mappe che danno ai nuovi arrivati. – Tranquilla, tutto ok… sono Andrea, piacere. – mi porge la mano mentre con l’altra si scosta una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Ricambio la stretta e mi incanto a fissare la sua coda di cavallo viola. – Piacere mio, sono Bianca e sono nuova, sai mica se hanno già chiamato il Primo D? – le domando tornando a guardarla negli occhi – No, non hanno chiamato ancora nessuno… aspetta, se sei in D siamo in classe insieme! – esclama sorridente. Sorrido per la prima volta in quell’orribile giornata. – Allora se sono tutti come te credo mi troverò bene con i nuovi compagni… - la vedo arrossire. – Oh beh, grazie… credo diventeremo grandi amiche, Bianca.- mi sorride di rimando mentre una ragazza con dei lunghissimi capelli ricci chiama dall’alto del primo scalino dell’ingresso le “matricole”. Circa sessanta studenti ci sfilano davanti mentre vengono smistati nelle diverse sezioni. –Attilia, Bonucci, Cicala, Caruso, Dantesco, Dominicani…- chiama la ragazza di prima. Mi volto verso Andrea – Mi hanno chiamato… sono Attilia… - mi mordicchio il labbro nervosamente. –Hanno chiamato anche me, sono Dantesco… - dice seguendomi verso il nostro gruppo-classe. – Sei nervosa, Andrea?- la vedo annuire. – Bene, non sono l’unica allora… - sospiro per l’ennesima volta e mi guardo intorno. Il resto della classe non sembra male, insomma non hanno le facce spaventose o da assassini come immaginavo. Un ragazzo moro si avvicina alla mia nuova amica. – Hey Andry, finalmente ti ho trovato! – esclama. – Ciao, Stefano… ero vicino alle panchine, come hai fatto a non vedermi? Comunque lei è Bianca e sarà in classe con noi… Bianca lui è Stefano ed è isterico… - sorrido anche al nuovo arrivato - Oddio Andry, vedi anche tu ciò che vedo io? – esclama il ragazzo con aria eccessivamente melodrammatica. – Si Stè, li ho già visti prima…- li guardo leggermente confusa. – Scusate se mi intrometto ma di chi state parlando?- Andrea mi guarda indicando un gruppo di ragazzi che se ne sta in disparte. Ognuno di loro fissa con aria sprezzante gli altri studenti. – Loro sono quelli del gruppo teatrale… qui al Keplero sono delle vere e proprie star… Stefano ed Io vogliamo davvero tanto entrare nel gruppo, abbiamo decisamente tutti i requisiti: talento, amore per l’arte e agganci.- Dice alzando un dito alla volta come a tenere un elenco puntato. – Io sono la cugina di uno dei veterani e lui è stato con Pietro, è quello biondo laggiù. – indica il diritto interessato ignorando l’occhiataccia assassina del ragazzo. – Andrea, quante volte dovrò ripeterti che è un segreto?- dice con una punta di nervosismo nella voce. – Oh, giusto… ehm Bianca, volevo chiederti…- la interrompo alzando una mano. – tranquillo, sono contro ogni singola forma di pregiudizio e razzismo. – lo guardo e sorrido rassicurante. – Oh bene, allora saremo grandi amici io e te. – passo da Stefano ad Andrea. – Questa l’ho già sentita oggi… non mi stupisce la vostra amicizia, siete collegati quasi telepaticamente. – ci mettiamo a ridere tutti e tre nello stesso momento. – Allora Bianca, chi della nostra futura classe conosci già? – chiede tanto per fare conversazione. – Ehm, veramente nessuno… delle medie conosco solo due ragazzi e vanno in C… siete i primi che incontro.- mormoro. – awww povera… se ti va io posso sedermi vicino a te dato che Mr Innamorato mi ha piantata per Caruso… - propone la ragazza dai capelli viola. – Per me va bene, mi hai salvato dal rimanere nel banco singolo da asociale… te ne sarò grata per sempre, Andrea…si stanno avviando, andiamo? – dico accennando al resto del Primo D che si sta muovendo verso l’edificio dove è situata la nostra futura aula. Mentre camminiamo nel cortile davanti alla palazzina continuiamo a chiacchierare del più e del meno e stranamente sento che quest’anno non farà poi così tanto schifo.
 
 
Io ad Andrea una volta arrivate in classe scegliamo il terzo banco della fila a destra e dopo aver lasciato gli zaini sulle sedie andiamo a socializzare in cortile con gli altri ragazzi dato che i professori non arriveranno prima delle nove. Andy propone di andare a salutare suo cugino e io l’accompagno poiché Beatrice sembra essersi dissolta nel nulla. Ci avviamo verso il gruppo di teatro e Marco, il cugino di Andrea, ci presenta al gruppo e i componenti ci salutano in coro tornando subito dopo a pensare ai propri affari. – Allora Andrea… come va il primo giorno di scuola? – rompe il silenzio Marco. – Non è successo nulla di grandioso escludendo l’aver conosciuto Bianca. – dice sorridendomi ma non le rispondo dato che in quel momento la mia testa è altrove, più precisamente è concentrata su un ragazzo dai capelli scuri che sta correndo verso di loro. – Marcuccio è arrivato Cameron… credo voglia parlare con te. – dice la mia amica mettendomi una mano sulla spalla. – Io e Bianca andiamo a conoscere il resto della classe, fammi sapere quando sono i provini… a dopo. – detto questo mi trascina per il braccio verso Stefano che nel frattempo sta intrattenendo uno dei nostri compagni con qualche barzelletta squallida. – Bianca che ne dici se andiamo alle panchine? Ho visto che alcune tipe di classe nostra sono sedute lì… Bianca mi stai ascoltando?- mi chiede Andrea ma non le rispondo, sono ancora fissata sul ragazzo moro, Cameron… - Andrea, devo assolutamente entrare nel gruppo di teatro!- Esordisco risvegliandomi dallo stato di trance in cui ero caduta. – Ok, entrerai con me. Ma ora andiamo laggiù?- accenna alle panchine. – Come vuoi…- la seguo fino alle sedute di legno scheggiato e iniziamo a parlare con le ragazze che hanno preso il posto davanti a noi. Scopriamo che si chiamano Erica e Maria Chiara e che vengono da una delle più rinomate scuole della città: l’istituto San Paolo detto anche il rifugio degli snob viziati da noi “di periferia”. Andrea inizia a tempestarle di domande e io mi limito a sorridere ed annuire, non sono molto socievole a differenza della ragazza dai capelli viola… Senza volerlo mi ritrovo a cercare con lo sguardo il gruppo di teatro, anzi mi ritrovo a cercare il moro. “Mi correggo, questo sarà un anno fantastico” penso guardando Cameron parlare con gli altri del teatro. “davvero, davvero fantastico.”
   
 
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