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Autore: Marghe    03/05/2004    0 recensioni
[ "Credetti veramente in quello che mi disse. Credetti davvero che Dio mi avesse punita. E allora io… io abbandonai Dio. E vendetti la mia anima..." ]
Genere: Avventura, Dark, Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Chapter 11

Chapter 11

Scheletri

 

 

McKirk infranse alcune casse di rum che si trovavano sul molo quando un pugno del vecchio Chad gli spezzò la mandibola. Rotolò quasi in mare, urlando, quando il vecchio arzillo caricò verso di lui e gli saltò addosso per finirlo. Non ricordava esattamente perché si trovasse lì con le ossa rotte e un occhio cerchiato da un livido violaceo, ma per il momento l’importante era dimostrare a quel vecchiaccio che non si sarebbe lasciato sconfiggere da lui. Assestò un colpo sulla testa di Chad con una mezza bottiglia rotta, sbalzata via dalle casse che aveva distrutto, e un frammento di vetro si conficcò nell’occhio ancora sano del vecchio filibustiere. Al che quest’ultimo afferrò un remo prendendolo da una piccola imbarcazione, sul molo per riparazioni, e cominciò a pestare McKirk alla cieca.

Questi rimase per molti minuti a patire e subire le percosse di Chad, fin quando non riuscì ad afferrare il remo e, benché avesse la vista appannata dall’alcol, scaraventare Chad dalla parte opposta del molo. Prima di cadere in acqua, il vecchio si piegò e si contorse come un insetto calpestato: sbattè la testa sulla banchina inferiore e poi il suo corpo scomparve nelle acque nere battute dalla notte.

Quando fu certo che non avrebbe più sentito parlare di Chad né si sarebbe trovato davanti quell’occhiaccio vitreo che lo aveva mandato in isteria alla locanda - ah! Ecco cos’era che aveva scatenato la rissa - McKirk fece ritorno alle chiassose viuzze di Tortuga.

Il molo restò deserto. Le navi pirata che beccheggiavano nella brezza notturna, sicure ai loro ormeggi, parevano imponenti fortezze di pietra dondolante, tanto la notte era nera e priva di luci. Ogni tanto si sentiva lo stridore del verso di un qualche volatile marino, che tuttavia sembrava insufficiente a spezzare il silenzio lattiginoso sprofondato sul porto deserto.

Una mano scheletrita, rossa e spellata dal sole, dalle unghie sporche, affiorò dal mare e si appese al molo. Ad essa seguì un braccio altrettanto scheletrico, avvolto a mala pena in vestiti strappati ed incrostati di sale. Un'altra mano si attaccò saldamente alla pietra solida della banchina, poi con un gemito misto ad un sospiro di immenso sforzo, un corpo esile e magrissimo si issò faticosamente sulla terra ferma. Fissò per un istante il posto dove era capitata: poi si alzò, barcollando e minacciando di cadere. Si tolse un’alga dai capelli spettinati. Non le interessava dove fosse finita: voleva soltanto magiare e bere, fin quando le sue membra esauste dal “naufragio” non si fossero rifocillate.

Sonia si diresse stancamente ma senza esitazione verso le luci di Tortuga.

 

Una zattera rudimentale, che pareva più che altro la rimanenza di una nave dopo un assalto pirata o una tempesta, navigava lentamente, minacciando ogni secondi di ribaltarsi o di affondare definitivamente. Da quelle parti le acque erano veramente infide. Vicino alla Gola del Drago, del resto, lo stretto più pericoloso per miglia e miglia, venti e correnti forti erano piuttosto naturali.

A bordo della zattera quasi del tutto immersa nell’acqua pareva che ci fosse un fantasma, o uno strano mostro dalle sembianze di uno scheletro. Il volto era talmente immobile e dai lineamenti secchi che pareva scolpito nel marmo. Il fondotinta bianco si scioglieva lasciando il posto alla pelle ormai essiccata e bruciata dal sole. Il lunghissimo, sfarzoso vestito era strappato in più punti, così che pareva una vecchia tenda sbiadita, appartenente a uno dei tanti spettri che popolavano le leggende marinaresche.

Ma non si trattava di una leggenda marinaresca. Rowena aprì gli occhi, impiegando almeno un minuto per rendersi conto della situazione. Doveva essere la terza volta che sveniva per la fame.

Il sole la faceva stare male, al pari di fame e sete. Il suo stomaco ormai era rattrappito come una prugna secca. Aveva troppo caldo o spaventosamente freddo, a causa della differenza eccessiva di clima che c’era fra il giorno e la notte. L’acqua era gelida. A vederla dalla superficie sembrava che abbondasse di pesce, ma non era possibile catturare neanche uno di quegli animali. Rowena si reputava già abbastanza fortunata a non aver incontrato squali. Non sapeva da quanti giorni la sua piccola imbarcazione era in navigazione. Sapeva soltanto che il suo flauto era riuscito a spingerla molto lontano negli ultimi giorni, ma il suo potere sembrava indebolito. A volte, poi, aveva troppa fame per restare sveglia. Sveniva. Era troppo debole, e non era avvezza a certi eccessivi bisogni fisici.

Gli occhi di Rowena scintillavano di rabbia, di frustrazione. Era sempre riuscita a non piangere, ma ci era molto vicina. La ferita nel suo orgoglio era stata troppo grande, troppo profonda, troppo dolorosa per poterle resisterle.

La sua salvezza - se tale la si poteva definire - sembrò giungere assieme alle vele scure gonfie di vento di una nave che compariva all’orizzonte.

 

Sonia non sapeva esattamente che cosa avrebbe fatto quando avrebbe dovuto dire all’oste, prima o poi, che non aveva un soldo. Nonostante si fosse ingozzata come mai nella sua vita non si era posta il problema del denaro per pagare; e le sembrava che il proprietario quell’affollata locanda di Tortuga, per quanto immerso e assordito da caos e schiamazzi, fosse bene attento a coloro che non pagavano il conto. Era nerboruto abbastanza per poterle spezzare facilmente l’osso del collo, in tale eventualità.

Probabilmente il meglio che le potesse capitare era trovarsi nuovamente a lavare piatti per chissà quanto. Ormai era decisamente un’esperta del mestiere. Non riusciva ancora a maledire i pirati che l’avevano lasciata al mare, nonostante tutto. Non era mai riuscita a maledire nessuno, neanche Rowena, che in quel momento doveva soffrire veramente molto. Sonia lo sentiva. Sulla sua stessa pelle.

Poi, ad un tratto, Sonia avvertì che Rowena stava più o meno come lei: nel suo stomaco erano scivolati del rum e qualcosa di commestibile. Forse anche lei era riuscita ad approdare da qualche parte.

Nonostante tutto, Sonia si sorprese ad augurarle di stare bene.

 

 

 

 

  
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