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Autore: LivingTheDream    12/05/2012    6 recensioni
"La sesta cosa era sentire le sirene della polizia ed ancora non mollare la presa. Era un dolore lancinante di quelli che senti quando il cuore è a metà e la schiena è in due, insieme. Era svenire sentendo la voce di Lestrade, ma farlo stringendo Sherlock. La sesta cosa
era solo Sherlock."
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Lestrade , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: LivingTheDream
Titolo: Senza Titolo
Personaggi/Pairing: John Watson/Sherlock Holmes, apparizione di altri.
Wordcount: 2393 (
[info]fiumidiparole)
Rating: PG-13
Warnings: Slash accennato, AAAAAAAAAAAAAAAAAAngst ma proprio tanto tanto tanto, eh
Riassunto: "La sesta cosa era sentire le sirene della polizia ed ancora non mollare la presa. Era un dolore lancinante di quelli che senti quando il cuore è a metà e la schiena è in due, insieme. Era svenire sentendo la voce di Lestrade, ma farlo stringendo Sherlock. La sesta cosa

era solo Sherlock."
Note: (ebbene sì, ho adottato anche io questo specchietto) Questa storia
 partecipa al secondo turno della Sherlothon col il prompt #1 della squadra Fanon! Ah, ed è anche ispirata a questa fanart.
Vorrei ringraziare taminia 
per avermi dato la sua benedizione e nacchan per avermi aiutato con la community (roba di LJ) e salvato con l'HTML, se arrivo fino alla fine senza esaurirmi. Penso che questa storia rappresenti uno dei miei lavori migliori - o almeno, così credo io. Buona lettura, e ancora grazie a tutti.

EDIT: AH! Mi ero dimenticata! Lo stile di questa storia - poi vedrete - è stato ispirato da un passo di Oceano Mare, di Alessandro Baricco. <3
Musica: per questa, consiglio Slipped Away, di Avril Lavigne, come sottofondo.




John spalancò gli occhi di colpo, scattando a sedere come se il letto avesse respinto la sua schiena con un pugno. Prese un lungo respiro, tirando su l'aria dalla bocca e sentendo la gola bruciare così tanto da fargli venire voglia di rimanere in apnea. Richiuse di nuovo gli occhi, prima fissi sulla coperta, ma quando li riaprì si rese conto di non trovarsi nella sua stanza – si diede dell'idiota, dato che gli ospedali sono il suo lavoro, avrebbe dovuto riconoscerne subito la puzza, la sensazione di pressione costante sullo stomaco.

Le tempie gli pulsavano così forte che si aspettava di vedere qualcosa bucargli la testa ed uscirgli fuori, magari come risultato a qualche strano esperimento di Sherlock-

Sherlock...

La parola gli viaggiò qualche secondo in mente, come

Sherlock..

fa una domanda che sai di aver dimenticato eppure

Sherlock.

hai la netta impressione di aver ripreso il filo del discorso che ti ha portato

Sherlock

a pensarla la prima volta, quindi continui a riavvolgere quel filo fino a quando

Sherlock!

non te la ritrovi in mano, e te ne esci con un “ah, ecco!”.

«Sherlock!», urlò, ignorando il fatto che la sua gola avrebbe voluto ucciderlo per aver alzato tanto la voce.

Le mani percorse da spasmi lanciarono via le coperte, ma quando i fianchi avviarono il movimento assolutamente meccanico di scendere dal letto, John si ritrovò ad appendersi al comodino per qualche secondo, per poi cadere a terra con un tonfo insieme al comodino stesso, le gambe che ignoravano qualsiasi ordine lui tentasse di dare loro.

Non si chiese nulla, non si fermò, non si disperò, ancorò le unghie al pavimento e gli occhi alla maniglia della porta socchiusa, mentre raddrizzava i gomiti e si trascinava nonostante il pavimento pulito lo facesse scivolare. Tirandosi dietro il peso morto del resto del suo corpo, gli addominali contratti e le braccia stanche, arrivò alla porta dopo aver battuto il mento a terra un paio di volte, le labbra strette e gli occhi lucidi, ma quando stese al massimo le braccia per arrivare alla maniglia, qualcuno aprì la porta e si sentì un po' meglio nel vedere le ginocchia di Greg sistemarsi sul pavimento e nel sentire le sue braccia forti e tremanti che lo tiravano su, il viso invaso da terrore e preoccupazione.

«John? John, rispondimi, cosa volevi fare, eh?»

«Greg grazie a Dio Greg almeno tu sei qui, grazie a Dio, grazie a Dio», mormorò, e di nuovo la gola gli si strinse, minacciosa. «Sherlock, Sherlock dov'è?»

«Sherlock è- vedi, lui è-», iniziò a tentennare, e John lo afferrò per il colletto della camicia mentre veniva messo a sedere sul pavimento dall'amico.

«Dove. Cazzo. È. Sherlock», gli soffiò le parole a pochi centimetri dalle labbra, piantandogli negli occhi uno sguardo così minaccioso che a Greg sembrò anche così disperato da farlo rispondere subito, sotto i ferri, ok?, in sala operatoria.

Le dita di John lasciarono piano la stoffa, lo sguardo fisso nel vuoto per seguire le troppe cose che gli passavano nelle pupille, una dopo l'altra, il filo del discorso finalmente riavvolto, una serie di aghi piantati a fondo negli occhi così da non permettergli nemmeno più chiudere le palpebre per difendersi dal dolore, così da obbligarlo a tenerli spalancati e disponibili all'attacco.

Spinse da parte Lestrade sfruttando il fatto che fosse accovacciato, e si appese alla maniglia della

 

La prima cosa era il ritorno di Sherlock, la prima cosa era sempre quella, era lo stupore e la rabbia e l'amore e la sicurezza che adesso sarebbero stati loro due per sempre. La prima cosa era il ritorno di Sherlock, era il suo violino nel pieno della notte, i suoi capelli sotto il proprio naso e i suoi occhi che gli scavano dentro, specchio su di un mondo a cui lui ha sempre avuto libero accesso ma dentro il quale si è addentrato poche volte. La prima cosa era il ritorno di Sherlock, e la sicurezza che sarebbero stati loro due per sempre.

 

alla maniglia della porta, affacciandosi alla ricerca di un'infermiera, di un medico, di uno spazzino o di una qualsiasi altra persona che potesse aiutarlo a

 

La prima cosa era il ritorno di Sherlock, e la sicurezza che sarebbero stati loro due per sempre, la seconda cosa era il nuovo caso, era il consiglio di lasciar stare perché la prudenza non è mai troppa e magari questo è uno scherzo di quelli di Moriarty. La seconda cosa era uno sguardo in cui la voglia di tornare in azione insieme era più forte della voglia di respirare stessa, era un ed un sorriso, era prove ed indizi e deduzioni lampo e sorrisetti inadatti ad una scena del crimine. La seconda cosa era il nuovo caso, e la voglia di tornare in azione insieme più forte della voglia di respirare stessa.

 

potesse aiutarlo a trovare Sherlock, a trovare il suo Sherlock, a sapere come stava, da quanto tempo era dentro, qualcuno

 

La prima cosa era il ritorno di Sherlock, e la sicurezza che sarebbero stati loro due per sempre, la seconda cosa era il nuovo caso, e la voglia di tornare in azione insieme più forte della voglia di respirare stessa, la terza cosa era il gran finale, quello che doveva essere il gran finale di Sherlock e John, loro due che si infilavano in una stradina e lo beccavano, quello stupratore seriale del cazzo, che lo sbattevano in cella e che scappavano dai giornalisti sorridendosi e lasciando che gli altri parlassero alle loro spalle, a loro non interessava. La terza cosa era entrare in quella stradina e trovarla chiusa, trovarla deserta di persone, trovarla imbottita di quattro pistole armate di mani pronte a colpirli. La terza cosa era loro due che si infilavano in una stradina e lo beccavano, quello stupratore seriale del.

 

era dentro, qualcuno che non lo rimettesse a letto con uno sguardo di pietà, una qualsiasi persona che lo capisse e che lo lasciasse fare e che non lo fermasse anche

 

La prima cosa era il ritorno di Sherlock, e la sicurezza che sarebbero stati loro due per sempre, la seconda cosa era il nuovo caso, e la voglia di tornare in azione insieme più forte della voglia di respirare stessa, la terza cosa era loro due che si infilavano in una stradina e lo beccavano, quello stupratore seriale del, la quarta cosa era Sherlock e John, schiena contro schiena, circondati, in trappola. La quarta cosa era Sherlock che tentava di trattare, che gli faceva un cenno concordato che gli faceva capire di prepararsi a cacciare la pistola – dopo tre anni se lo ricordava ancora, figurati un po' – e quelli che non li ascoltavano e che sparavano un colpo di avvertimento che partiva proprio mentre Sherlock urlava a Lestrade che il momento era quello, Lestrade, ora! La quarta cosa era il colpo che non lo vedeva voltarsi e che lo beccava in pieno, la sua voce che si spezzava e le gambe che cedevano. La quarta cosa era la sua voce che si spezzava e le sue gambe che cedevano.

 

lo fermasse anche se le gambe non gli funzionavano e lui non sapeva se per ora o per sempre, non sapeva se la sua vita era rovinata o meno solo perché

La prima cosa era il ritorno di Sherlock, e la sicurezza che sarebbero stati loro due per sempre, la seconda cosa era il nuovo caso, e la voglia di tornare in azione insieme più forte della voglia di respirare stessa, la terza cosa era loro due che si infilavano in una stradina e lo beccavano, quello stupratore seriale del, la quarta cosa era la sua voce che si spezzava e le sue gambe che cedevano, la quinta cosa era John che estraeva la pistola e la polizia che iniziava ad arrivare e quei criminali a cui probabilmente non fotteva un cazzo di finire in carcere ma dovevano finire Sherlock prima. La quinta cosa erano quegli squali che si avvicinavano a John e John che si abbracciava stretto il corpo sanguinante di Sherlock, pallido, freddo, forse era già morto ma non era quello il punto, il punto era che, vivo o morto, lo avrebbero mutilato, ci si sarebbero divertiti, e lui non poteva permetterlo. La quinta cosa era John che puntava la pistola con il braccio più fermo del mondo mentre quell'altro tremava violentemente nel premere contro la ferita di Sherlock, nel tenerselo sempre più stretto come una mamma a difesa dei propri cuccioli, come un uomo che non cederà a nessuno quelle che ha di più caro al mondo. La quinta cosa era John che si abbracciava stretto il corpo sanguinante di Sherlock, forse già morto ma non era quello il punto.

 

solo perché non sapeva ancora se era vivo ciò che gli interessava per davvero, e ciò che gli interessava per davvero era solo

 

La prima cosa era il ritorno di Sherlock, e la sicurezza che sarebbero stati loro due per sempre, la seconda cosa era il nuovo caso, e la voglia di tornare in azione insieme più forte della voglia di respirare stessa, la terza cosa era loro due che si infilavano in una stradina e lo beccavano, quello stupratore seriale del, la quarta cosa era la sua voce che si spezzava e le sue gambe che cedevano, la quinta cosa era John che si abbracciava stretto il corpo sanguinante di Sherlock, forse già morto ma non era quello il punto, la sesta cosa era un colpo che partiva. Nitido, forte, quasi al rallentatore. Era lanciarsi a coprire quanto più poteva del corpo di Sherlock, era cadere a terra contorcendosi e continuare ad artigliare un capotto scuro ed il suo contenuto. La sesta cosa era sentire le sirene della polizia ed ancora non mollare la presa. Era un dolore lancinante di quelli che senti quando il cuore è a metà e la schiena è in due, insieme. Era svenire sentendo la voce di Lestrade, ma farlo stringendo Sherlock. La sesta cosa

 

era solo Sherlock.

 

John sentì lo sguardo perdersi tra lo sforzo di continuare a strisciare e stanchezza di tutto quel dolore, sentì una voce di donna conosciuta chiamarlo, sentì la guancia contro il pavimento, sentì la gola dolere dalle lacrime del giorno prima, poi non sentì più nulla.

 

Quegli uomini che continuavano a girargli attorno, le nocche dolenti ed il peso di un corpo zuppo di sangue – del suo corpo zuppo di sangue –, la voglia di urlare di lasciarli stare, la voglia di fargli capire che anche se Sherlock è uno sconsiderato, John Watson non lo è, e tiene a quello sconsiderato più della sua stessa vita, la mano che continuava a scivolare, sporca di sangue, le lacrime che continuano a scivolare, sporche di dolore, urlare per davvero, ringhiare quasi, lasciateci stare e fateci vivere, fottuti bastardi, e poi Sherlock che non sorrideva, che non ti faceva capire che andava tutto bene, Sherlock che l'unica cosa che faceva era sanguinare e scivolargli via dalle mani.

 

Fatemi tornare a sognare l'Afghanistan, vi prego. Fatemi tornare da Sherlock.

 

 

Vi prego.

 

 

Si svegliò con una voce di donna che discuteva sottovoce ma concitatamente con un medico, ed appena riuscì a mettere a fuoco il tutto si rese conto che era Molly che insisteva per portarlo nella camera di Sherlock, mentre il medico sosteneva che finché John non si fosse svegliato e finché non avessero potuto verificare la sua situazione lui non si sarebbe mosso da lì nemmeno per andare in un altro letto identico al precedente.

John si tirò su e tossì, sentendo la gola impedirgli di respirare per qualche secondo, e la sua voce tremò nella decisione di dire:

«Fatemi tornare da Sherlock. Vi prego». Come se quelle parole fossero lì da sempre. Forse era così.

Lo sguardo del medico non trovò rifugio né negli occhi terrorizzati di John né in quelli minacciosi di Molly, e, quando dal nulla spuntò anche Mycroft, bastò puntare l'ombrello nella direzione giusta e John fu sistemato su una sedia a rotelle e portato al piano superiore dalla ragazza.

Molly piangeva, ma in una maniera dignitosa. Non muoveva un muscolo e piangeva, non diceva una parola e piangeva. Era solo acqua che scorreva via dagli occhi, e nient'altro a parte dolore. John non parlava.

 

 

John rimase per tre settimane, tre giorni e tre ore accanto al letto di Sherlock, muovendosi solo lo stretto necessario ed assumendo uno sguardo più serenamente rassegnato secondo dopo secondo, come una montagna si sgretoli lasciando che si stacchi solo un sassolino per volta, e rotoli via piano.

Rimandò i corsi di riabilitazione, si licenziò, si fece mandare dalla signora Hudson tutti gli archivi criminali di Sherlock e glieli lesse uno dopo l'altro, ad alta voce, appoggiandoli su delle gambe ormai inutili e stringendo sempre una mano a Sherlock, ma piano, come se avesse paura di fargli male.

 

Quando non leggeva, ripartiva:

 

La prima cosa era il ritorno di Sherlock, e la sicurezza che sarebbero stati loro due per sempre, la seconda cosa era il nuovo caso, e la voglia di tornare in azione insieme più forte della voglia di respirare stessa, la terza cosa era loro due che si infilavano in una stradina e lo beccavano, quello stupratore seriale del, la quarta cosa era la sua voce che si spezzava e le sue gambe che cedevano, la quinta cosa era John che si abbracciava stretto il corpo sanguinante di Sherlock, forse già morto ma non era quello il punto, la sesta cosa era solo Sherlock, la settima cosa erano tre settimane, tre giorni, tre ore ed un secondo dopo i quali sentì la mano di Sherlock ricambiare la stretta, i suoi occhi specchio annebbiato spalancarsi alla ricerca di aria e di luce, l'altra mano lanciarsi verso il nulla e la voce arrancare. La settima cosa era sentirsi chiamare da quella voce, John, John, per l'amor del cielo sei tu?, non ci vedo, John, che mi è successo, John?, John, John, John come se finalmente qualcosa sfuggiva dalla grande logica di Sherlock Holmes ed arrivava prima a John che a lui. La settima cosa era una mano che gli toccava il volto e che lo riconosceva al solo tatto nonostante le lacrime era potergli raccontare tutto e dirgli che entrambi sarebbero stati bene, un giorno, che lui sarebbe tornato a camminare in quel modo buffo e che Sherlock sarebbe tornato a veder scorrere la vita della gente intorno a lui, e che tutto quello era vero. La settima cosa era poterlo stringere di nuovo e potersi sdraiare accanto a lui facendo in modo che lui se ne accorga, era vedere di nuovo un futuro. La settima cosa era il ritorno di Sherlock, e la sicurezza che sarebbero stati loro due per sempre.

   
 
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