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Autore: _joy    13/05/2012    3 recensioni
Che cosa succederebbe se fosse Caspian a lasciare Narnia e ad arrivare nel mondo reale?
Questa fanfic è ambientata dopo Il Viaggio del veliero.
Troverete delle discrepanze spaziotemporali per quanto riguarda il mondo reale che il giovane re dovrebbe incontrare rispetto a quanto scritto da C.S. Lewis... ma, del resto, questo Caspian è moro e ha profondi occhi scuri...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Caspian, Edmund Pevensie, Eustachio Scrubb, Lucy Pevensie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Far away'
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Era stata una giornata normale.

Incontri con i consiglieri, il punto sulla costruzione della nuova ala del castello, l’approvvigionamento della flotta reale, i problemi del popolo. Aveva prolungato di un’ora il tempo che concedeva ai sudditi per esporre direttamente a lui le varie questioni, durante le udienze.

Cercava sempre di mantenere un contatto diretto con il suo popolo, di non sembrare un sovrano distante e incurante. Le apparizioni pubbliche, le parate, lo annoiavano. Sorrideva, ma era un sorriso meccanico.
Invece ascoltare i problemi, le lamentele, i bisogni del suo popolo lo appassionava: raddrizzare torti, sanare ingiustizie, anche dare solo un piccolo aiuto lo faceva sentire bene. Un vero re.

E non importa se qualche suo consigliere arricciava il naso davanti a questa sua disponibilità. Troppo plebeo. Troppo tempo sprecato. Troppa disponibilità, che poteva forse addirittura ledere la sua regalità. Suo padre non lo aveva mai fatto. Miraz tantomeno.

Quante volte Caspian aveva avvertito un sottile biasimo? Si sentiva quasi uno scolaretto, in certe occasioni. O un nipotino ribelle. Come se i suoi anziani consiglieri scuotessero la testa e lo lasciassero fare perché il re, purtroppo, a volte può fare i capricci. E bisogna sopportare pazientemente, perché il re è il re. È giovane e ha questa mania di giocare a fare l’amico del popolo…

Re Caspian sospirò, guardandosi allo specchio. Il viso giovane quasi corrucciato, le labbra serrate per l’impazienza, gli occhi scuri stanchi. Va bene, anche per oggi il suo dovere l’aveva fatto. Poteva concedersi una cavalcata.

Certo, non che fosse più divertente come una volta. Se prima doveva comunque cavalcare in compagnia del suo precettore, o almeno con uno staffiere a fargli da scorta, ora che era re aveva almeno cinque persone attorno a lui, che lo circondavano rendendo irrealizzabile il progetto di fare una bella galoppata sfrenata.
Troppo irresponsabile, troppo pericoloso. Il re era un cavallerizzo provetto… ma comunque era il re. E in quanto tale aveva dei doveri. Tra i quali rientrava, senza dubbio, il non rompersi l’osso del collo cavalcando a briglia sciolta.

Tornato a palazzo dopo il viaggio fino al Regno di Aslan, i divieti e le norme di corte gli pesavano sempre più. Certo, conosceva i suoi doveri ed era pronto ad assolverli. Ma c’era qualche giornata – come oggi, per esempio – in cui sentiva il peso di tutte le responsabilità, i divieti, le imposizioni, gravargli addosso e togliergli il fiato.

La cavalcata non lo aveva rasserenato, ma almeno l’esercizio fisico gli aveva giovato, dopo una giornata chiuso nel castello. La cena era stata noiosa, persino ascoltare i suoi fidati lord lo aveva annoiato.
Raggiunte finalmente le sue stanze, Caspian si era chiuso dentro e aveva riflettuto amaramente sul fatto che oggi, davvero, sembrava un bambino capriccioso ai suoi stessi occhi. Di malumore, si era tolto gli stivali e si era gettato sul letto. Stava fissando il baldacchino sulla sua testa e non avrebbe saputo dire se si era addormentato, o era caduto in un dormiveglia, ma all’improvviso si alzò di scatto a sedere sul letto, perché aveva sentito un rumore.

O forse non era un rumore, ma una voce.

In camera sua?

Si guardò attorno, cercando di penetrare con lo sguardo le ombre. Niente. Silenzio, a parte che per i passi della guardia fuori dalla sua porta.

Eppure…l’eco di una voce…e di un singhiozzo?

Buttò le gambe giù dal letto, calzò gli stivali e si avvicinò alla porta. Con una scusa allontanò la guardia e procedette lungo il corridoio. Svoltò a sinistra, poi a destra. Camminava senza sapere dove stava andando, ma sapeva…di dover andare.

Salì delle scale strette, che ricordava da quando era bambino: erano le scale di servizio e lui le usava per scappare dalle lezioni più noiose e nascondersi in cucina, dove la cuoca gli regalava i biscotti. Ma non scese verso le cucine: salì.

Sbucò in un corridoio polveroso, appartenente alla vecchia ala del castello. Ricordava vagamente di aver relegato lì trofei appartenuti ai passati sovrani. Si mosse esitando, percorse lentamente il corridoio, fermandosi a sbirciare oltre le porte aperte.

E poi raggiunse una stanza da cui proveniva un fioco bagliore, che dal corridoio non si vedeva. Ma non c’erano candele a illuminare l’interno, bensì…che cos’era quello?

Un armadio aperto,che però non sembrava affatto un armadio. Aveva la struttura in legno, le ante aperte, ma mancava del fondo. O meglio, al posto del fondo c’era una stanza.

Ma poi, era una stanza? Sì, certamente, aveva un pavimento, una finestra e una porta, ma quanto al resto… uno strano tavolo con una sedia ancora più strana abbinata: Caspian non aveva mai visto una sedia che non poggiasse su solide gambe, ma su…cos’erano quelle cose tonde? E cosa c’era sopra il tavolo?

Si avvicinò per sbirciare meglio e sentì di nuovo l’eco del singhiozzo che lo aveva destato poco prima. E poi una voce:
«Insomma, Bella! Non ti riconosco più…»
La voce sfumò, la stanza parve dissolversi sotto il suo sguardo. Caspian, allarmato, si avvicinò e si protese per guardare ancora.

E la stanza riapparve, ma non era più la stessa. Era più piccola, con pareti bianche e il quadro di una nave appeso al muro. Era il suo vascello, quello dipinto nel quadro? Si avvicinò di un paio di passi ancora. E apparvero dei visi, sfocati, lontani. Ma Caspian non indugiò oltre, perché nella sua mente se ne erano impressi due.

Uno non lo aveva mai visto: apparteneva ad una ragazza mora, con gli occhi scuri e i capelli ricci, che le cadevano attorno al viso come una folta cortina.

L’altro, era quello di Eustace.

Caspian allungò la mano per trattenerli ed entrò nell’armadio.  

   
 
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