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Autore: MalocchioRose    13/05/2012    6 recensioni
Ormai avevi dimenticato tutto, avevi dimenticato anche i cinquantadue anni più beli della tua vita, avevi dimenticato di esserti sposato a Madrid in una calda notte d'estate nella follia dei tuoi vent'anni. Avevi dimenticato i dischi d'oro attaccati nel salotto di casa vostra. Avevi direttamente dimenticato casa vostra. Avevi dimenticato il primo ti amo, la prima volta, la prima lite; il tepore del lettone, la mattina di natale, abbracciati sotto le coperte.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Yaoi | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premetto che sto scrivendo le premesse prima di scrivere la storia, riscriverla in realtà, dal quaderno degli appunti di filosofia, ma son dettagli. Il fatto è che io dovrei scrivere il terzo capitolo di 'Oh Teacher' ma lo stoicismo m'ha messo una depressione in corpo che non mi è venuto fuori niente di diverso dall'angst. La filosofia mi fa quest'effetto, o angst o porn, una volta sono riuscita a produrre pure una p0rn incredibilmente angst, ma direi che mi sono già dilungata abbastanza, quindi niente, in questa storia Harry e Louis sono invecchiati insieme, hanno fatto successo e si sono amati per tanti anni eccetera eccetera e poi arriva la parte triste. L'idea è presa dal libro: L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello.' Interessante libro che tratta di patologie dell'emisfero destro, dove appunto c'era un direttore d'orchestra che non riusciva a riconoscere nemmeno la sua amatissima moglie che però riusciva ancora a dirigere alla perfezione il suo coro.
Per la prima volta in vita mia scrivo qualcosa a raiting verde! Non posso crederci nemmeno io, sono emozionata! °O°
Beh, buona, almeno spero, lettura!
P.S. Ho una fifa blu di aver sbaglaito tutta la consecutio! T^T





CINQUANTADUE.
-Ti amo.-
Due, due sole parole prima di diventare freddo, prima di lasciare quella mano grande, conosciuta, che trovava il suo posto, quello veramente giusto, quello fatto apposta per lei, solo incastrata con la tua.
Se solo fossi stato in te, se solo la malattia non avesse leso tutte le tue terminazioni nervose, avresti potuto parlare per ore di quelle mani, di quello che ti avevano fatto, di come fossero lisce, dei piccoli callettini sul palmo, delle unghie tonde, curate, non morse come le tue. Se fossi stato in te avresti potuto ricordarti di come erano invecchiate, delle prime macchie, delle prime rughe, delle carezze, delle lacrime che avevano asciugato, delle volte che avevano stretto le tue, ma adesso non puoi, non potevi nemmeno ieri, sono cinque anni che non puoi più, che quegli occhi verdi ti sono diventati estranei.
Sono cinque anni che quel simpatico vecchietto, ogni giorno, viene a trovarti all'ospizio, con quello sguardo a metà tra il compassionevole e il distrutto, e per te non è altro che un estraneo, un estraneo che ogni tanto ti ricorda qualcuno, che canta per te, e tu ti ricordi tutte le parole di quello che ti canta. Sai quando fermarti, quando prendere fiato, quando alzare o abbassare il tono, allora, quel forestiero dai ricci bianchi tanto gentile ti sorride, e piange. Gli hai sempre chiesto perchè, e lui ti ha sempre risposto: Perchè la tua voce somiglia tanto a quella della persona che amavo.
Una volta al mese portava dei suoi amici, le prime volte erano in tre, poi rimasero solo in due, nessuno ti ha mai detto perchè quel signore mulatto tanto affascinante ha smesso di venire a trovarti. Nessuno te lo ha mai detto anche perchè nessuno ancora aveva la forza di dire che era morto, e poi, tanto, lo avresti dimenticato dopo poche ore.

Oramai avevi dimenticato tutto, avevi dimenticato anche i cinquantadue anni più belli della tua vita, avevi dimenticato di esserti sposato a Madrid in una calda notte d'estate nella follia dei tuoi vent'anni. Avevi dimenticato i dischi d'oro attaccati nel salotto di casa vostra. Avevi direttamente dimenticato casa vostra. Avevi dimenticato il primo ti amo, la prima volta, la prima lite; il tepore del lettone, la mattina di natale, abbracciati sotto le coperte; lo scalpicciare di Darcy e Tommy, i gemellini identici, forse i più belli del mondo, con i boccoli biondi e gli occhioni celesti, celesti come i tuoi, avevi dimenticato anche tua sorella, che si era offerta di tenerli in grembo per voi; i pianti dei bambini, le notti insonni, i biberon, i pannolini, la spiegazione dell'ape e del fiore, le lauree, le delusioni, l'orgoglio. Tutto estirpato da quella malattia tanto infima che ti lascia sano nel corpo, distruggendoti la mente; distruggendo la gente intorno a te.

Quella mattina, come ogni domenica mattina, erano venuti a trovarti quell' uomo e quella donna, tanto belli e tanto identici, Tom e Darcy, dicevano di chiamarsi, però erano andati via presto, la moglie di Tom aveva una visita dal ginecologo, aspettava il loro secondo bambino. Diceva di volerlo chiamare Louis, come il nonno, come te, però tu nemmeno ti ricordavi di chiamarti Louis quella mattina, ma va bene. Ormai ci erano abituati. Quel simpatico vecchietto dai ricci candidi li saluta con un abbraccio stretto, intimo, che sa di famiglia, con le lacrime agli occhi e i denti grandi stretti sul labbro inferiore.

Quella mattina eri particolarmente assente, distratto da un dolore costante al petto e, quando si è fatto più forte una mano gentile ha stretto la tua, e allora hai sentito il calore abbandonare il tuo corpo, ti sei voltato per cercare il suo sguardo e, per la prima volta dopo cinque anni, lo hai riconosciuto, e lui se n' è reso conto. E allora hai detto quelle due stupide parole, sotto lo sguardo sconvolto dell' infermiera e quello confuso, di quel simpatico vecchietto, che hai riconosciuto come la persona che più hai amato in tutta la tua vita, che mai ha abbandonato il tuo fianco e allora, finalmente completo, hai chiuso gli occhi per l' ultima volta, in una calda mattinata di maggio, nello stesso momento in cui Louis Tomlinson II è venuto al mondo.






 Cordiali saluti,
MalocchioRose.
  
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