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Autore: My Pride    13/05/2012    3 recensioni
If you’re a swordsman, doesn’t matter if your eyes are close or not. Honor among pirates.
Fu solo quando quella lite si placò e li vide infine sparire entrambi oltre la botola, pur continuando a lanciarsi contro insulti ad alta voce ed epiteti ben poco cordiali, che Brook riprese in mano il violino, carezzandolo con la punta delle lunghe dita scheletriche.
Ammirava il sentimento che, per quanto non lo dessero per niente a vedere, né a se stessi né tanto meno al resto della ciurma, legava profondamente il cuoco e il Vice Capitano.
[ Zoro x Sanji + Brook x Zoro || Post Thriller Bark Arc ]
[ Terza classificata al «Crack contest» indetto da Addy J Lupin e valutato da Ria-chan ]
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing, Shonen-ai | Personaggi: Brook, Roronoa Zoro, Sanji
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Pirates «Crack!» Game'
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Musician, swordsman, skeleton... but still a man
[ Terza classificata al «Crack contest» indetto da Addy J Lupin e valutato da Ria-chan ]

Titolo:
Musician, swordsman, skeleton... but still a man
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Personaggi:
Roronoa Zoro, Sanji Black-Leg, Brook
Pairing: Zoro x Sanji + Brook x Zoro oneside
Tipologia: One-shot [ 1537 parole [info]fiumidiparole ]
Rating: Verde / Giallo
Genere: Generale, Vagamente Sentimentale
Avvertimenti: Shounen ai, Slice of Life, What if?, Linguaggio a tratti un po’ colorito, Post Thriller Bark
Tabella/Prompt: Bevande › 09. Latte
Misc Mosaic 10&Lode: #05. Amore


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


[ If you’re a swordsman, doesn’t matter if your eyes are close or not. Honor among pirates ]

    Le note allegre di Binks’ Sake aleggiavano sulla Sunny come un tiepido venticello estivo, donando all’intera ciurma una sensazione di benessere alquanto rara e bizzarra, dati gli ultimi avvenimenti a cui avevano dovuto far fronte.
    Erano trascorse poco più di due settimane da quando si erano finalmente lasciati alle spalle i fatti accaduti a Thriller Bark, e altrettante ne erano passate dal momento in cui Brook era entrato a far parte di quella scalmanata ciurma. Dopo cinquant’anni di solitudine e tormenti in quella parte remota del Florian Triangle, in balia delle correnti e impossibilitato a scappare a causa dell’ombra rubata, sentire nuovamente intorno a sé risate e chiacchiere allegre l’aveva reso immensamente felice. Non aveva dunque trovato modo migliore di sdebitarsi con quei ragazzi se non deliziare il loro viaggio e le loro giornate con della musica, esattamente come avrebbe fatto con i suoi defunti compagni o con il suo carissimo Lovoon.
    A ben pensarci, se non fosse stato per quei giovani, probabilmente, non sarebbe più riuscito ad andarsene da quell’inferno e non avrebbe mantenuto la promessa che tempo addietro aveva fatto all’unico compagno ancora in vita. In particolar modo, aveva cominciato a nutrire un certo rispetto e interesse per il Vice Capitano, il quale aveva combattuto magnificamente contro il leggendario samurai Ryuuma e ne era uscito vittorioso, riguadagnando per lui l’ombra perduta cinque anni addietro. Quello spadaccino si era rivelato più valoroso di quanto avesse mai immaginato.
    Fu proprio in quel mentre che la botola dell’osservatorio si aprì, e Brook poté vedere la testa di Zoro fare capolino oltre essa. Lo spadaccino lo intercettò con lo sguardo e gli rivolse appena un rapido cenno di saluto, sollevandosi per richiudere la botola dietro di sé e dirigersi alla parete dove erano riposti i suoi pesi. «Non una parola con Chopper», lo sentì dire d’un tratto, e Brook sorrise, almeno per quanto il suo volto scheletrico glielo consentisse.
    «Sarò muto come un morto, anche se io lo sono già, yo-hohoho ♪~» ridacchiò, e, per quanto fosse stato appena fulminato dallo sguardo dello spadaccino - era con la ciurma da appena poco tempo e tutti loro erano già stufi di quelle sue battute, sebbene non sembrasse importarsene per niente -, si ritrovò a sfiorare con l’arco le corde del violino, producendo una nota bassa e melodiosa. «Qualche richiesta in particolare, kenshi-san?»
    Zoro lo guardò di sfuggita e si limitò a fare spallucce, in un gesto che avrebbe potuto significare tutto o niente. «Nessuna, fa’ come vuoi», gli diede carta bianca, giacché non conosceva nemmeno una canzone e non aveva preferenze. Lasciò dunque che lo scheletro suonasse ciò che più lo aggradava, afferrando uno dei manubri da trecento chili per cominciare ad allenarsi, non prima di essersi accuratamente liberato della maglia e dei bendaggi che gli fasciavano il torace e che, a suo dire, gli impedivano di muoversi come avrebbe voluto. Chopper l’avrebbe strigliato per bene se l’avesse saputo, dato che quella non era nemmeno la prima volta che si toglieva le bende con tutta quella nonchalance... però, beh, pazienza. A lui non servivano e ne era più che sicuro. Ormai erano passate settimane dal suo scontro con Kuma, dunque poteva anche evitare di fasciarsi da capo a piedi come una stramaledetta mummia.
    E mentre lui si allenava, perso in tutti quei pensieri che gli distraevano la mente, Brook aveva ricominciato ad intonare la canzone preferita del suo defunto Capitano, cogliendo di tanto in tanto con la coda dell’occhio - oh, ma lui gli occhi non li aveva, rettificò nell’immediato il suo cervello con una risata silenziosa e deliziata - i movimenti dello spadaccino. La cicatrice sul suo petto nudo svettava pallida e rosea contro la sua pelle abbronzata, e lo scheletro si domandò con fare quasi distratto come se la fosse procurata; si ritrovò poi a far scorrere lo sguardo sulla sua figura rigida e composta, seguendo il ritmo della mano con cui faceva scivolare aggraziatamente l’arco sulle corde di violino.
    Gli sembrava fossero passati secoli dall’ultima volta in cui aveva visto dei muscoli flettersi in quel modo, la tensione che si impossessava degli arti superiori e del petto quando gli avambracci tonici oscillavano al ritmo con cui alzava quell’enorme peso, e Brook non negò a se stesso di essersi in qualche modo incantato nell’osservare movimenti fluidi e concisi che lo spadaccino compiva con precisione assoluta, la vena del suo collo ben pronunciata ad ogni minimo sforzo e le scapole che si contraevano al di sotto dell’epidermide quando sollevava le braccia e il manubrio fin sopra al capo.
    Brook non seppe quanto tempo passarono in silenzio, con solo la musica a far loro compagnia e a rompere quei momenti di quiete che avevano cominciato ad aleggiare lì sulla coffa dal momento in cui il Vice Capitano aveva iniziato il suo allenamento, ma un rumore alle sue spalle lo ridestò da quel bizzarro torpore e lo costrinse a voltarsi, focalizzando in poco la figura del cuoco. Ritto e vestito di tutto punto come suo solito, sorreggeva sul palmo della mano un vassoio - Brook poté vedere distintamente su di esso un bel bicchiere di latte che, premurosamente, il biondo aveva portato per lui -, ma parve dimenticarsi in un lampo di esso non appena il suo occhio ceruleo si posò sulla sagoma dello spadaccino.
    Sanji aggrottò difatti la fronte e, dopo aver lasciato il vassoio nelle mani di Brook - che aveva dovuto prenderlo letteralmente al volo, quasi rischiando che quel latte venisse sprecato -, si avvicinò a grandi falcate al compagno, fissandolo con tanto d’occhi. «Che diavolo stai facendo, idiota d’un marimo?» domandò infine con fare incredulo. Aveva cominciato a giocherellare con i denti con il filtro della sigaretta come se si fosse trattato di un leccalecca, incurante del fatto che potesse inumidirsi troppo e spezzarsi da un momento all’altro.
    Zoro, dal canto suo, lo degnò appena di uno sguardo obliquo. «Mi sto allenando, cuoco, mi pare ovvio», rimbrottò, poggiando pesantemente la cima del manubrio sul pavimento. «Va’ a rompere le palle a qualcun altro e lasciami continuare in pace».
    «Col cazzo che ti faccio continuare», berciò il cuoco in risposta, assottigliando lo sguardo nella sua direzione. «Chopper era stato più che chiaro: niente sforzi di nessun tipo prima che tu non ti sia perfettamente ristabilito». Scoccò in un secondo momento un’occhiataccia a Brook, fino a quel momento rimasto in disparte, e quest’ultimo si sentì tremare le ossa. «E tu perché non gliene hai dette quattro?»
    «Yo-hohoho ♪~ Io ci ho provato», rispose di rimando lo scheletro con fare fin troppo tranquillo mentre sorseggiava il suo buon bicchiere di latte, e, sebbene non possedesse nessun muscolo facciale, Sanji fu più che certo che stesse palesemente mentendo.
    La lotta che ingaggiò in seguito con il Vice Capitano non stupì Brook più di tanto, forse perché, nonostante fosse diventato parte dell’equipaggio da non più di una manciata di giorni, aveva ormai imparato a capire che quello era il modo in cui esprimevano i loro sentimenti. Un modo alquanto bizzarro, certo, ma lui non aveva voce in capitolo, per quanto avesse cominciato ad osservare con fare quasi estasiato la lunga gamba fasciata dal pantalone nero che il cuoco aveva appena disteso per rifilare un portentoso calcio allo spadaccino, costretto a parare quel colpo con l’avambraccio muscoloso. In un certo senso, era piuttosto divertente vedere come, tra un’imprecazione soffocata a mezza voce e altri calci o pugni ben assestati, quei due non sembrassero fare propriamente sul serio. Chissà cosa sarebbe successo se, un giorno o l’altro, avessero iniziato a darsele di santa ragione con tutta la loro potenza, senza risparmiarsi il benché minimo attacco e senza dar peso al fatto che fossero comunque compagni.
    Fu solo quando quella lite si placò e li vide infine sparire entrambi oltre la botola, pur continuando a lanciarsi contro insulti ad alta voce ed epiteti ben poco cordiali, che Brook riprese in mano il violino, carezzandolo con la punta delle lunghe dita scheletriche. Ammirava il sentimento che, per quanto non lo dessero per niente a vedere, né a se stessi né tanto meno al resto della ciurma, legava profondamente il cuoco e il Vice Capitano. Non gli era difatti sfuggita l’espressione che Sanji aveva fatto quando Zoro non si era svegliato per ben tre giorni, rasserenandosi solo quando lo spadaccino aveva aperto finalmente gli occhi. Forse era semplice amicizia tra compagni, forse soltanto rispetto come quello che provava anche lui nei confronti del Vice Capitano, o probabilmente era una bizzarra forma d’amore, ma, in qualsiasi modo avesse chiamato quel filo rosso che li univa, era di sicuro un qualcosa di profondo e più che sincero. «Mi batte forte il cuore!» esclamò a quei suoi stessi pensieri, fermandosi di botto per guardare un punto imprecisato dinanzi a sé scoppiare poi a ridere. «Oh, anche se il cuore io non ce l’ho, yo-hohoho! Skull joke!»
    Ci mise relativamente poco a riprendersi e a sospirare, guardando ancora una volta la botola in cui i suoi due compagni erano spariti. Un po’ li invidiava, doveva ammetterlo. Nascondeva le proprie emozioni e la sua situazione sotto risate divertite e battute, pur sapendo che non avrebbe potuto fare granché per cancellarla o tentare di eluderla.
    Era ormai uno scheletro senza pelle né muscoli, certo... ma, in fin dei conti, era pur sempre un uomo.








_Note conclusive (E inconcludenti) dell'autrice
Non posso credere di aver scritto sul serio una cosa del genere. La storia che avete appena finito di leggere, difatti, è stata scritta per il Crack Contest indetto da Addy J Lupin e valutato da Ria-chan, nel quale si è classificata terza
Comunque sia, essendo Brook uno scheletro, non mi sono naturalmente sbilanciata troppo, rendendo la cosa come un amore platonico. O forse più una forma di rispetto tra due spadaccini, ognuno può vederla come più desidera, però, essendo Brook uno scheletro da oltre cinquant’anni, ho voluto giocare specialmente quella carta su cui si sofferma ad osservare i movimenti e i muscoli di Zoro, poiché essendo lui tutt’ossa non ha più i muscoli, ovviamente. Se questo punto non è chiaro, sarò ben lieta di spiegarlo.
Ah, un’ultima cosa: l’espressione che usa Brook, quel «Sarò muto come un morto», è un piccolo richiamo al classico “Dead men tell no tales”, un detto pirata molto comune. Non è dunque sbagliato che dica “morto” anziché “pesce”, giacché è un pirata e far pronunciare lui una frase simile è abbastanza in tema.

Okay, dopo aver appurato di essere pazza e di avere un cervello totalmente malato, spero di non aver fatto uscire gli occhi fuori dalle orbite a qualcuno con questo crack pairing che più crack non si può.
Commenti e critiche, ovviamente, sono sempre ben accetti.
Alla prossima. ♥






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