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Autore: StylesMadCarrot    13/05/2012    4 recensioni
Da troppo tempo cercavo un pretesto per fuggire, scappare da quella tortura che era la mia vita.
Mi chiamo Jamie, ho diciotto anni e la mia vita non mi ha mai sorriso, fino ad oggi.
Da piccola pensavo che l'amore fosse una persona. "Signor Amore", così lo chiamavo. Da quando ero stata rinchiusa in quella casa di cura mi avevano insegnato che l'Amore non esisteva per me, e che dovevo provare pena per quelle persone che riuscivano a trovarlo.
E la mente di una bambina cosa può pensare sapendo che il Signor Amore non sarebbe mai andato a salvarla? Imparare a sopravvivere senza. Ero fuggita.
Ma nel momento in cui i miei occhi incontrarono il castano scuro dei suoi... Capii che l'amore mi aveva trovata.
Tutti hanno la speranza che l'amore li venga a salvare, per me era una certezza.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I
Run Away.



Da troppo tempo cercavo un pretesto per fuggire, scappare da quella tortura che era la mia vita.

Mi chiamo Jamie, ho diciotto anni e la mia vita non mi ha mai sorriso, fino ad oggi. Ho vissuto in una casa di cura dall’infanzia, quando i miei genitori mi chiusero lì perché erano convinti che fossi pazza. Ma che malattia può avere una bambina di sei anni, costretta a vivere senza un esempio da seguire? Un padre sempre ubriaco, assente, adultero e bastardo. Sia io che mio fratello sapevamo bene che tradiva mia madre, che di conseguenza diventava violenta e perennemente depressa, scaricando poi tutto su di me.
E poi ero io la pazza, soltanto perché una volta mi ero difesa dalla sua violenza. Quella sera di ottobre la ricordo ancora, nei frammenti della mia mente. Ero piccola, mio padre non c’era e mio fratello, due anni più grande di me, era a dormire dai nonni. Mia madre si era lasciata prendere da una crisi di nervi e, in cerca di una via di sfogo, se l’era presa come sempre con me. Ero spaventata, e l’unica via di uscita mi era sembrato quel coltello, posato sul davanzale della cucina. Non volevo fare male a nessuno, non ne avrei avuto il coraggio. Volevo solo spaventare un po’ la mia mamma, così che forse mi lasciasse stare. Ma lei iniziò ad urlare, chiamando mio padre, strillando che avevo tentato di ucciderla. Quando lui arrivò non era solo.
Arrivarono dei grossi uomini vestiti di bianco, che mi presero di forza e mi rinchiusero in un furgoncino con le sbarre al posto dei finestrini. Quei momenti sono ancora vivi nella mia mente. Chiedevo aiuto, chiamavo mia madre, mio padre, mio fratello, ma tutto quello che ricevevo in risposta era un cattivo “Taci, bambina”. Avete mai visto un bambino piangere? Per quanto gli si possa chiedere di tacere, lui continua a lacrimare, strillare. E’ naturale. I bambini hanno bisogno di liberare le loro emozioni, perché ancora non hanno imparato a contenerle.

Da allora non seppi nulla della mia famiglia.

Dodici anni passati in una stanza. Tra trattamenti comportamentali, pasti scadenti, e tutori freddi come il ghiaccio, non avevo mai veramente capito cosa fosse l’aria aperta, non avevo mai visto il mondo. A parte i fiochi ricordi del giardino della mia vecchia casa e l’immagine della luna attraverso le sbarre, non sapevo proprio cosa fosse; finchè non fui abbastanza grande da arrivare a toccare il davanzale della finestra con le mani e ad imparare ad arrampicarmici sopra.
 

-


‹‹Mi chiamo Daphne Anderson, piacere››
No, troppo contenuto.
‹‹ Io sono Daphne Anderson, piacere di conoscerla››
Questo era troppo formale.
‹‹ Daphne Anderson, piacere››
Poteva andare. D’altronde ero appena fuggita da una casa di cura, da quel momento in poi avrei dovuto dire per sempre addio al mio vecchio nome. Ero da sola, nella cabina di un treno. Nel panico della fuga avevo preso la prima partenza che mi era capitata, al minor costo possibile. Londra, quella era la mia destinazione. Avevo sentito parlare molto di quella città, forse lì avrei potuto farne qualcosa della mia vita.
Me n’ero occupata bene di quella fuga, l’avevo programmata per mesi e mesi, quindi mi ero curata di ogni minimo particolare. Documenti falsi, stampati furtivamente dal computer del manicomio, un certificato che testimoniava la “morte” dei miei genitori e tutto quello che mi sarebbe potuto servire per trasferirmi in un’altra città. Inoltre ero già maggiorenne, quindi il fatto di avere una famiglia o meno era ben poco rilevante. Presi il giornale che era poggiato sul tavolino di fronte a me, iniziando a leggere gli annunci.
“ Cercasi coinquilino/a in Baker Street, n.126, Londra. Appartamento; 5 vani, 1 cucina e 3 bagni. 750 sterline al mese. Per info chiamare 4659902, sig. Payne.” Perfetto. Il treno si fermò. Sorrisi e mi alzai, portando con me la pagina degli annunci. Una volta arrivata alla stazione mi precipitai verso una cabina telefonica, inserii una moneta ed ascoltai il telefono squillare, in attesa di una risposta.
 

-


‹‹ Tu sei Daphne? Ti aspettavamo. Io sono Harry Styles, uno dei proprietari dell’appartamento. Accomodati›› sorrise il ragazzo, aprendomi la porta. Sorrisi e gli strinsi la mano, entrando in casa. Non sapevo il perché, ma mi aspettavo delle persone più … Mature. Non miei coetanei. Ma d’altronde non poteva che essere un punto positivo, perlomeno avevo conosciuto qualcuno. Entrammo in uno spazioso salotto, con parquet chiaro, una tv piuttosto grossa appesa alla parete e due divani blu scuro di fronte ad essa. Alla sinistra vi era la cucina, confinante con il soggiorno, anch’essa in legno chiaro. Sembrava proprio una bella casa. Di fronte all’entrata, vi era una piccola scala in ferro battuto, che portava al piano superiore, del quale era visibile solo un corridoio. Altri due ragazzi, più o meno della mia età, erano poggiati allo schienale del divano e mi sorridevano. Uno dei due, alto e muscoloso, dai capelli corti e occhi castano chiari si avvicinò a me, porgendomi la mano.
‹‹ Io sono Liam, il ragazzo con il quale hai parlato al telefono stamattina; benvenuta›› sorrise cordiale. ‹‹ Lui è Niall, è sempre un coinquilino›› disse, indicando il biondino poggiato al divano. Era un ragazzo non troppo alto, magro e dall’aria allegra, con un paio di occhi di un bellissimo azzurro chiaro e un sorriso molto dolce, incorniciato da un poco visibile apparecchio per denti. Niall mi sorrise e mi strinse la mano.
 ‹‹ Quanti siete in tutto?›› dissi, mentre una piccola parte di me li studiò guardinga.
 ‹‹ Solo noi che vedi›› mi rispose Liam. Se mi avessero accettata avrei dovuto vivere in una casa con tre maschi. Ma la cosa non mi preoccupava molto, dato che sembravano tutti dei bravi ragazzi. ‹‹ Bene Daphne, adesso inizia l’interrogatorio›› rise il ragazzo di nome Harry, aprendo la bocca in un sorriso smagliante, ed invitandomi a sedere su una delle sedie accanto al bancone della cucina. ‹‹ da dove vieni?››
‹‹ Sono nata vicino Edimburgo, e mi sono appena trasferita da lì›› dissi, ripetendo le parole scritte sulla mia “nuova” carta d’identità.
‹‹ Cosa ti porta a Londra?›› chiese Liam incuriosito.
‹‹ In verità nulla in particolare. Sono orfana di entrambi i genitori, quindi non ho mai avuto nulla che mi legasse veramente ad Edimburgo. Sono qui per crearmi una vita indipendente, andare in una nuova scuola, trovarmi un lavoro, eccetera›› risposi. Mi ero già preparata per quel genere di domande, quindi sapevo sempre cosa rispondere. ‹‹ Ho letto vari annunci sul giornale per incarichi da cameriera, cassiera o roba simile; e in giornata andrò ad iscrivermi alla Grant High School. Una volta trovato un lavoro non sarà difficile pagare l’affitto›› conclusi.
‹‹ Beh, potremmo chiedere di meglio?›› disse Harry, sorridendo. Il biondino di nome Niall bloccò il moro con un gesto, poi si rivolse a me, con espressione seria.
‹‹ Sai cucinare?›› mi chiese fissandomi, alzando un sopracciglio.
‹‹ Me la cavo›› sorrisi, facendo spallucce. L’espressione minacciosa di Niall si trasformò in un sorriso a trentadue denti ed infine il ragazzo esclamò: ‹‹ Benvenuta in famiglia!››
Io, Liam e Harry scoppiammo a ridere.
‹‹ Vieni, ti mostro la tua camera›› disse Liam. Annuii e lo seguii. Salimmo la scaletta di ferro e percorremmo il corridoio, fino ad arrivare ad una porta, posta in fondo. Il ragazzo aprì la porta e sorrise. La stanza era piuttosto spaziosa. Le pareti erano verniciate di arancione –cosa che mi fece molto piacere dato che era il mio colore preferito-. In fondo alla camera vi era una grossa finestra, circondata da sottili tende bianche, con vista sul centro cittadino. Era una serata uggiosa, le nuvole coprivano il cielo e le luci della città illuminavano i palazzi. Di fianco alla finestra vi era un grosso letto, con le lenzuola azzurre ornate da bellissimi ghirigori bianchi ed arancioni. Infine vi erano un grosso armadio e una scrivania, alla parete alle mie spalle. Sorrisi a Liam.
‹‹ E’ davvero bella, grazie›› dissi. Il ragazzo ricambiò il sorriso.
‹‹ Ti lascio un po’ di tempo per ambientarti. Aspetta … Niente valigie?›› mi chiese. Feci cenno di no con la testa.
‹‹ Solo questa›› risposi, indicando la mia grossa borsa bianca, dove avevo riposto solo un paio di cambi e i documenti. Liam annuì.
‹‹ Okay, adesso vado di là. Stasera un nostro amico di nome Louis e la mia ragazza Tess, verranno a cena da noi. Se hai bisogno di qualcosa, fai un fischio. Ci vediamo a dopo›› concluse;  poi si congedò, chiudendo la porta alle sue spalle.
Sospirai e iniziai a vagare per la stanza, curiosando qua e là. La camera era spoglia, ma presto l’avrei personalizzata a modo mio. Aprii l’armadio, dove c’erano una piccola pila di tovaglie e un accappatoio rosso. Sull’anta sinistra era appeso uno specchio. Osservai il mio riflesso. Una ragazza terribilmente magra, dagli occhi grandi e azzurri, attorniati da lunghe ciglia; le labbra pallide e carnose, il naso sottile e dei lunghi capelli castano chiaro, con dei riflessi scuri, mi osservava. Era passato fin troppo tempo dall’ultima volta in cui mi ero guardata allo specchio. Ero in un pessimo stato. I miei occhi erano attorniati da profonde occhiaie e sembravano un po’ troppo grandi per via della mia magrezza e come se non bastasse i miei zigomi erano un po’ troppo scavati. Quegli elementi abitavano il mio viso da quando avevo varcato la soglia del manicomio, dodici anni prima. Ma anche quelli sarebbero passati, avrei ripreso un po’ di colorito e carne, con la mia nuova vita. Dovevo solo avere fiducia. Mi diressi verso il letto e mi ci buttai sopra. Era comodo. La superficie soffice del materasso mi confortò e la stanchezza dovuta alla fuga e all’interminabile viaggio mi fece cadere ben presto in un sonno profondo.

Mi risvegliai che erano già le 7:45. Qualcuno bussava alla porta.
‹‹ Daphne, è permesso?›› era Harry. Mi alzai ed andai ad aprire. Il ragazzo mi osservava sorridente, con un pacchetto tra le mani. Non mi ero accora fino a quel momento di quanto Harry fosse attraente. I suoi grandi occhi erano di un bel verde smeraldo, i boccoli castani gli incorniciavano il viso e davano un ulteriore tocco di bellezza al suo viso. Era molto alto ed aveva un fisico piuttosto slanciato. Indossava una felpa blu ed un paio di jeans. Lo guardai e sorrisi a bocca chiusa.
‹‹ Ho sbagliato momento?›› mi disse il ragazzo, spalancando gli occhi. Feci cenno di no con la testa e sorrisi.
‹‹ No tranquillo, mi ero soltanto addormentata. Vuoi entrare?›› il ragazzo piegò gli angoli della bocca in un sorriso ed entrò nella mia stanza, porgendomi il pacchetto. Chiusi la porta alle mie spalle e lo guardai. ‹‹ E’ per me?›› chiesi. Harry annuì.
‹‹ Un pensiero di benvenuto›› ammiccò il ragazzo, allargando il sorriso. Presi un lembo della carta da regalo rossa e la strappai pezzo dopo pezzo. Osservai il regalo e sorrisi.
‹‹ Liam mi ha detto che non avevi un cellulare, quindi ho pensato di potertene regalare uno. Così possiamo sentirci più spesso›› sorrise il riccio, facendomi l’occhiolino.
‹‹ Non avresti dovuto, davvero, grazie›› sorrisi, dandogli un bacio sulla guancia. Lui sorrise e indietreggiò leggermente.
‹‹ Adesso sarà meglio che vada. Ci vediamo a cena, bellezza›› ammiccò Harry, uscendo dalla stanza e ridendo. Arrossii, ma fortunatamente il ragazzo era già uscito. Quella sera i miei coinquilini avrebbero avuto ospiti, ciò significava che avrei avuto l’occasione di conoscere nuova gente. Sorrisi tra me e me e presi la mia borsa.
Okay, non avevo una grande varietà di vestiti, ma mi sarei potuta organizzare bene. Presi la mia maglietta preferita, larga e rossa, col simbolo dei Ramones ed un paio di jeans. L’importante era sentirsi bella, no? Mi guardai allo specchio. Ero sempre stata una di quelle ragazze con le curve nel punto giusto. I miei lunghi capelli chiari mi accarezzavano la schiena in morbidi boccoli e i miei occhi brillavano del colore del cielo.
‹‹ Daphne, sono arrivati gli ospiti›› mi chiamò Niall.
‹‹ Eccomi›› dissi uscendo dalla mia camera. Sentii due voci estranee provenire dal soggiorno. O perlomeno una delle due avrebbe dovuto esserlo. Scesi le scale sorridendo.
‹‹ Daphne, loro sono Tess e Louis›› disse Liam sorridendo.
Nel momento in cui il ragazzo mi guardò il mondo mi crollò addosso.

Era Louis. Quel Louis.

Era Louis Tomlinson, mio fratello.





*Spazio all'autrice*

Salve a tutti! Oggi era il mio giorno d'ispirazione. Avevo voglia di pubblicare qualcosa di nuovo per me, che non avevo mai scritto.
Così ho aperto Word e ho lasciato che le parole viaggiassero.
Se vi piace la mia nuova FF, recensite!
Se vedo che incita un certo interesse, continuo!
Xx

  
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