Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: TimeLady    13/05/2012    1 recensioni
Dicono che dopo un po' le persone si abituano, si adattano. Ma con una vita piena di traserimenti, viaggi e addii è difficile pensare che sia la normalità.
Per Emma Riders eppure è diventata una routine: si trasferisce, fa amicizia, si affezziona, si innamora e poi deve dire addio a tutto.
Londra è la prossima tappa della sua vita. Londra è la città che ha sempre sognato. Londra è la città che le sconvolgerà l'esistenza.
Spero vi piaccia :)
Genere: Comico, Demenziale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Image and video hosting by TinyPic

Capitolo uno



 

A Veronica,
nonchè mia compagna di sventura,
che ha scritto una storia con il mio stesso
titolo e a cui voglio un mondo di bene :)

 

 
Londra.
Quella magnifica città che spesso avevo sognato, ora era davanti ai miei occhi marroni.
Assaporai l'aria londinese sporgendo la testa fuori dal taxi verde che occupavo con i miei genitori, mentre i capelli mori dai riflessi rossi svolazzavano colpendomi la faccia.
Sorrisi al pensiero che non sarebbe stato un viaggio di piacere, ma un posto fisso dove vivere.
Eh sì. Con i miei genitori ho girato il mondo a causa del lavoro di mio padre, che richiedeva continui trasferimenti.
Ma questo sembrava l'ultimo dopo tanti.
Io, Emma Riders, finalmente avrei avuto una casa fissa.
Sono nata in Italia, nonostante mio padre fosse britannico, ma ci siamo subito trasferiti a Madrid. Poi, appena fatti un po' di amici, siamo andati a Berlino, a Parigi, a New York, a Atene, a Dubai, a Hong Kong, di nuovo a Dubai, a Sidney e adesso, finalmente, a Londra.
Il taxi passò davanti a Buckingham Palace, la residenza della regina.
Conoscerla era il mio sogno, fin da bambina. Nutrivo un forte rispetto per la Regina Elisabetta, che ammiravo in tutto e per tutto.
Dopo aver svoltato in varie vie piene di taxi colorati e di gente in giacca e cravatta che correva per il marciapiede, ci fermammo in una via piuttosto larga dove sorgevano delle piccole villette con tanto di giardino.
Avrei avuto di nuovo il giardino, come a Sidney, solo senza canguri e dingo (una volta, a casa della mia amica Cleo, i canguri avevano sfondato la porta di casa a suon di zampate).
Il tassista ci scaricò le valige sul marciapiede e, una volta che mio padre lo ebbe pagato e ringraziato, sgommò via.
Mi girai verso la mia nuova casa.
Era bianca, di granito e straordinariamente splendente. Il giardino era adornato di tante piccole margherite sopra un letto d'erba perfettamente tagliato all'inglese. Una piccola stradina di sassi bianchi conduceva al retro della casa in tante piccole curve che schivavano le aiuole e un vecchio acero che si stagliava verso il cielo proprio al centro del giardino. Il portico era decorato con un tavolo e delle sedie a dondolo molto antiche, che alla prima occasiome avrei provato.
Salii le scale del portico e, appoggiata la valigia vicino allo stipite della porta, girai la chiave e aprii la mia nuova casa.
Da molto tempo ormai non mi meravigliavo per le case in cui abitavamo, tanti erano stati i nostri trasferimenti.
Mi trovai davanti a un ampio salone, con dei grandi divani azzurri al centro della stanza, girati verso un televisore al plasma attaccato alla parete e provvisto di Wii.
Cavolo avrei avuto la Wii! Ne avevo sempre sognata una...
Avanzai verso il corridoio alla mia destra e arrivai in cucina. Era... beh era come una cucina: fornelli, ripiani, mensole, lavastoviglie, forno, frigorifero e un tavolo con delle sedie.
Chiusi la porta della cucina e continuai la mia esplorazione verso il corridoio. Sbucai in una semplice stanza vuota, forse usata come sgabuzzino.
Tornai nel salotto, mentre mia madre e mio padre stavano trascinando dentro casa le valigie.
Decisi di prendere le scale che portavano la piano di sopra.
Il pianerottolo forniva una vista sul piano di sotto, il che mi sarebbe tornato utile se avessi sentito il bisogno di origliare le conversazioni tra i miei genitori.
Mi infilai nel corridoio davanti alle scale e aprii la prima porta che trovai.
Un ampia stanza si materializzò davanti a me. C'era un grosso armadio azzurrino attaccato alla parete, un bagno sulla sinistra, un finestra che dava sulla strada adornata di tende azzurre che svolazzavano al fresco vento londinese, una piccola scrivania vicino alla porta, un letto matrimoniale al centro e tante piccole mensole attaccate al muro.
Già per il letto matrimoniale avevo capito che non era la mia stanza.
Richiusi la porta e saltellai verso quella alla fine del corridoio.
Era di legno antico e la vernice si stava togliendo.
Per niente in sintonia con il resto della casa.
Spinsi la porta, che si aprì con uno scricchiolio e vi entrai dentro.
Devo ammettere che era la stanza più disgustosa, malconcia e povera che avessi mai incontrato.
- Ditemi che è uno scherzo... - dissi tra me e me guardandomi intorno.
Una brandina traballante era attaccata al muro (ero certa che se l'avessi spostata sarebbe crollata), c'era un armadio minuscolo in cui neanche la metà dei miei vestiti ci sarebbe stata, un tavolino pieghevole al posto della scrivania era posizionato vicino alla finestra, un bagno più minuscolo di minuscolo si apriva sulla finestra(ma almeno c'era) e c'era una mensola di numero che non stava attaccata al muro e che mi fece prendere un colpo quando si infranse a terra.
E in tutto questo non dimentichiamoci della luce: non c'era neanche la lampadina, quindi la sera avrei dovuto girare per la stanza come una mongoloide troglodita con una candela.
Sbuffando aprii la finestra, almeno per togliere un po' di polvere millenaria che c'era in quella stanza.
La finestra dava sul retro della casa, dove c'era il giardino e un barbecue, e anche sulla facciata destra della casa dei vicini.
Già, i vicini.
Non li avevo ancora visti ma speravo con tutto il cuore che non fossero dei vecchitti rompipalle come quando ero a Parigi (la sera per uscire con Marie ed Erika, dovevo camminare in punta di piedi perchè alle sette e mezza erano già a letto).  
Aguzzai la vista cercando di scorgere qualcuno attraverso le tende della loro casa. Quando ormai pensavo che fosse vuota, scorsi un ciuffo biondo che passava di fianco alla finestra.
Quel ciuffo biondo.
Quell'inconfondibile ciuffo biondo.
Non era possibile.
Richiusi la finestra, cercando di riprendermi da quella visone, scesi le scale con gli occhi fissi nel vuoto e uscii in giardino, sotto lo sguardo sbigottito dei miei genitori. Presi la piccola stradina di sassi bianchi e feci il giro della casa, passando sotto la finestra dei vicini.
Mi fermai proprio lì sotto, sentendomi osservata.
Alzai lo sguardo e vidi che la tenda bianca della finestra svolazzava.
Allora non avevo visto sbagliato: c'era qualcuno in casa!
Continuando a fissare la finestra con la coda dell'occhio, andai a esplorare il retro della casa. Come avevo già visto, c'era un barbecue e un tavolino di vimini, con delle poltroncine bianche. Mi accasciai su una di esse e chiusi gli occhi, pensando a quante cose avrei dovuto fare il giorno dopo: sistemare la stanza, comparare i mobili, installare la rete wi-fi, fare shopping, visitare Londra, chiamare le mie amiche...
Chiamare le mie amiche...
- Cazzo le avevo dato appuntamento su skype! - urlai ai quattro venti mentre correvo in casa a prendere la mia borsa.
I miei genitori stavano già sistemando la roba. Probabilmente stavano facendo la lista delle cose da comprare.
Tornai di nuovo fuori e riguardai di nuovo la finestra di vicini.
Questa volta non ci fu nessun movimento, ma sentii delle urla del tipo "Ridammi i miei calzini!".
Doveva essere abitata da più persone o meglio, ragazzi.
Tornai sulla poltroncina e tirai fuori l'I-Pad comprato per pochi soldi a Dubai.
Velocemente salii su skype e vi trovai Marie, la mia amica francese.
Le altre erano tutte offline, probabilmente da loro era notte (ad eccezione di Erika che era sempre fuori casa).
Immediatamente si aprì la video-chiamata e la mia amica parigina si materializzò sullo schermo.
- Emmuz! Cazzo, dove minchia eri? - urlò facendo un sorriso a 32 denti, mentre si sistemava l’enorme chioma bionda e riccioluta raggruppandola in un elastico.
La finezza francese non era il suo forte: era capace di dire cinque parolacce in una frase di sei parole.
- Ciao Ma'! Sì, sto bene e sono appena arrivata, grazie per averlo chiesto - le risposi ridendo mentre lei si sganasciava dalle risate.
- Okei, scusa. Allora, dove cazzo eri? -
- A spiare i vicini - le dissi a bassa voce indicando la finestra dietro di me.
La vidi spostarsi un po' di lato, forse cercando di intravedere qualcosa attraverso le tende.
- Sono carini? - chiese infine.
- Cosa cazzo vuoi che ne sappia! Non li ho mai visti! Ma sto già pensando a un piano per conoscerli... -
Marie sbarrò gli occhi e si allontanò dallo schermo.
- Mi fai paura quando dici che hai un piano... -
Le feci un sorrisetto malvagio e mi sfregai le mani, tanto per spaventarla ancora di più.
I miei piani non andavano mai a buon fine, soprattutto quando c'erano di mezzo i ragazzi.
- Questo funzionerà. Anzi - dissi alzandomi dalla poltroncina e portandomi dietro l'I-Pad mentre Marie continuava a fissarmi - Lo metto in atto adesso. Ciao Ma' - dissi mentre la mia amica cercava in tutti i modi di fermarmi, urlando e scuotendo lo schermo del suo pc.
Ridendo, chiusi la chat e rimisi l'I-Pad dentro la borsa.
Immaginavo già Marie che si precipitava a chiamare Erika riferendogli quello che stavo per fare.
Spensi il telefono.
Ero certa che mi avrebbero provato a chiamare per fermarmi.
Tornai in casa, appoggiai la borsa sul tavolino di fronte la divano e avvisai i miei genitori.
- Mami, papi, vado a conoscere i vicini! Ci vediamo dopo! - urlai sentendo i passi dei miei genitori al piano di sopra.
Uscii nuovamente di casa e aprii il cancello bianco del giardino, uscendo dalla nostra proprietà. Percorsi i pochi metri che mi distanziavano dal cancello dei vicini e aprii il loro, bianco come il nostro. Avanzai verso la porta con il cuore che mi batteva a mille, mentre pregavo che quel ciuffo biondo che avevo visto prima fosse quello che speravo che fosse.
Arrivai davanti alla porta.
Con in il respiro che accellerava a ogni battito, portai la mano al campanello e schiacciai il pulsantino.
Si sentì uno squillo e dei passi che si avvicinavano alla porta.
Velocemente mi sistemai i capelli mori e sorrisi.
La porta scattò e guardai la persona che mi aveva aperto.
Un ragazzo con dei bellissimi occhi azzurro intenso, capelli mori e poco mossi, tirai da un lato, mi sorrise.
Rimasi paralizzata.
Non era possibile.
Louis Tomlinson mi aveva appena aperto la porta di casa sua.




Angolo della pazza:
Buondì cari lettori/lettrici!
Spero che la storia vi piaccia, anche se credo che la parte della stanza di Emmuz sia un po' drammatica.
LOL :D
Comunque ho la descrizione fisica, fatta molto velocemente, di (quasi) tutti i personaggi nuovi che inserirò nella storia.
Quindi eccola qui:

Emma Riders, occhi marrone intenso, capelli mori con riflessi rossi, lisci, 17 anni, Londra.
Summer Dallas, occhi azzurro ghiaccio, capelli biondi e mossi, 17 anni, Londra.
Chanel Fragrance, occhi verde prato, capelli mori quasi neri, mossi,16 anni, Londra.
Cleo Sundance, occhi blu mare, capelli mori con riflessi biondicci, lisci, 17 anni, Sidney.
Marie Exasperè, occhi marroni, capelli biondo scuro, ricci, 18 anni, Parigi.
Erika Gilbert, occhi color miele, capelli rosso fuoco, lisci, 16 anni, Parigi.
Sasha Windel, occhi color nocciola, capelli neri come la pece, lisci, 18 anni, New York.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: TimeLady