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Autore: MartiSpunk    13/05/2012    0 recensioni
Fan Fiction su Tyler & Mallory, i due protagonisti dei film 'Remember me' e 'Welcome To The Rileys', interpretati da Robert Pattinson e Kristen Stewart.
E' una fusione tra le due storie, avvincente ed emozionante.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Shattered
1. Memories and pain. 

 
«Il ricordo è un traditore che ferisce alle spalle».
Sören Kierkegaard. 
 
Tyler


Ciao, fratello.
Lo so, lo so. E' la millesima lettera a vuoto che ti scrivo e be'? Forse lo faccio perché ne ho bisogno. O forse... no, neanche quello. Non lo faccio perché forse ne ho bisogno, ma perché ne ho realmente bisogno. E' una frase un po' ingarbugliata, ma mea culpa, ricordi? 
Ormai sempre tutto così lontano. Possibile mai che il tempo sia volato in un soffio? Ricordo ancora il giorno in cui mi hai sorriso e mi hai sussurrato all'orecchio: “Va tutto bene, Tyler. E' solo un periodo un po' difficile, ma passerà.”
Sì, lo so, è passato. Il problema è solo e sarà sempre uno solo. 
Sei passato anche tu.
Non riesco ancora a crederci, ci pensi? A volte... mi convinco del fatto che questo sia solo un brutto sogno, e che fra qualche minuto mi sveglierò urlando il tuo nome per casa. Andrò a cercarti e ti troverò sempre lì, in quell'angolino, con la chitarra in mano. Quella chitarra che adesso porta il tuo nome e che uso sempre io.
Sì, io e Aidan (ricordi il psicopatico che divide l'appartamento con me?) abbiamo deciso di chiamarla come te. E' un gesto carino, non trovi? Ho preso l'idea molto bene... credo. Anche se suonarla e pensare al tuo nome e quindi, direttamente a te, mi rende un po' malinconico.
Ma tutto passa... tutto. E anche le vite, volano via col vento da un momento all'altro, e non ti lasciano manco il tempo di fiatare o di mormorare un  “aspetta!”, perché si sono già dissolte nel nulla. Ed è una cosa molto brutta; non la auguro a nessuno, davvero.
Il suicidio. Be', non che sia una delle peggiori morti... o forse sì? Non lo so. So soltanto che per ora mi manchi. E tanto. Mi manchi. Sono come un pozzo senza acqua, un alcolizzato senza birre, un tunnel senza via d'uscita. Sono completamente vuoto.
Ho bisogno di abbracciare qualcuno. Te. Il mio fratellone. Neanche un caloroso abbraccio da un amico, quale è Aidan, o da una ragazza - Ally - è sufficiente per placare le mie sofferenze. 
Anche se al clan si è (forse) aggiunto un altro membro. Si chiama Mallory e so solo questo di lei. Spero di conoscerla meglio e di capire che tipo è. E' bella... un po' trasandata ma è okay. Forse ha solo bisogno di amici. Cercherò di aiutarla per come posso. L'ho salvata da un brutto incidente e credo che lei ne sia grata. 
Comunque, Ally è in viaggio per Parigi con le sue compagne d'Università per un mese intero, quindi per ora casa è libera! Ehi, non fraintendermi. Non sto cercando di portarmela a letto! No, caro, Mallory rimarrà al suo posto! No, no, non ci siamo capiti. Mallory non verrà a letto con me, chiaro? La conosco solo da un giorno e pretendi una cosa del genere? Non se ne parla! E poi io sto con Ally, ricordi? Non scombussoliamo la situazione.
Per casa libera intendo “sbronze allo stato puro.” Di quelle che ti stordiscono per mesi interi, che pacchia! Sì, anche a me piacerebbe averti qui con me. Lo ripeto, mi manchi. Ti immagini una sbronza colossale, qui, adesso, io, te, Aidan e amici? Dio, una favola!
Mmm. 
Eh, be'. Adesso devo proprio buttar giù la penna. Mallory sta per svegliarsi e non voglio lasciarla sola per casa. Sì, l'ho ospitata a casa mia, problemi? E' sola e infreddolita, e dopo quell'evento tragico è oltrettutto scossa. Devo aiutarla. Lo so, sono troppo generoso.
Va bene.
Ti lascio, come sempre, con una nuova frase che mi ha particolarmente colpito. E' di Oscar Wilde.
“Come Nichilista, giuro di soffocare i miei istinti; di non amare né essere mai amata; di non aver pietà né essere compatita; di non sposarmi, né essere data in sposa, finché non sia giunta la fine.”
Grazie a Aidan mi sto fissando con l'era del Nichilismo. In ogni caso, continuo ad essere di questo parere, anche quando sto con Ally. Mi dispiace per lei. Ehi, non capire male! Io la amo. 
Ti saluto, fratellone.
Alla prossima, 
Tyler. 
 
 
Chiusi il quadernetto di scatto e poi lo infilai dentro la tasca della felpa blu, appesa dietro la porta. 
Fuori il tempo era abbastanza soleggiato, il cielo mostrava qualche nuvoletta qua e là e la temperatura era piacevole. Non c'era nulla di cui preoccuparmi.
Dopo il terribile episodio di poche ore prima, lasciare andare sola Mallory, per le strade buie e tempestose di New York, non mi andava a genio. Più la guardavo, e più mi rendevo conto che era fragile. Che aveva bisogno di un appoggio - possibilmente maschile - per andare avanti. Era così... ingenua nel suo essere, che riusciva a cacciarsi nei guai senza problemi. 
Ieri, portandola dentro casa, notai che il suo sguardo tradiva ancora un po' di paura, di terrore, di insicurezza anche nei miei confronti. E potevo ben capirla, una situazione del genere non aiutava affatto. Fidarsi di uno sconosciuto come me, non lo è. Ma quella è un'altra storia.
Tutto era apparso così crudo e cruente allo stesso tempo, per me. Non osavo immaginare agli occhi della vittima, ovvero Mallory. Completamente... No, era impossibile da poter descrivere.
Il rapimento è uno dei mali del mondo più brutti che possano esistere. Perché, in un certo senso, è come se ti derubbassero della stessa vita. Non che il bene materiale sia assolutamente fondamentale, nella vita di ogni uomo. Ma abbandonare tutto ciò è decisamente difficile. Perché, ogni persona ha bisogno di un capriccio, di un piacere, di qualcosa che la faccia star bene. E, il più delle volte, una presenza umana non è sufficiente. Mentre una materiale duplica quel piacere. E quell'essere si sente a proprio agio. 
E' un vizio. 
Il poter possedere del tutto qualcosa, è un fottuto godimento. Così forte che quella determinata persona si sente completa. Completa con qualcosa di concreto e non astratto come, per esempio, un rapporto tra amici o fidanzati. Un qualcosa che non puoi toccare - se non con i gesti - ma che puoi vivere, davvero, e stavolta compiacere a pieno dentro di te.
Ma no, Tyler, cosa dici. Avere un mazzo di bigliettoni in mano e molto più che sentirti dire “Ti voglio bene”, o, “Ti amo”. Quelli passano in due secondi. I mazzi, sì, prima o poi finiscono, ma hai il tempo di sfruttarli e assaporarli, -se proprio dobbiamo mettere ancora più carica - come si deve. 
Perché la gente pensa solo al bene materiale? Perché, cazzo, perché?
Ally...
 
“No. Ho sopportato fin troppo, Tyler. Io... non so... non ci riesco.”
Le presi le mani, stringendole. Alzai lo sguardo verso il suo viso rigato dalle lacrime, mentre con un mano le asciugavo un lacrimone. 
Odiavo quando piangeva così. Vedere i suoi occhi azzurri così gonfi e rossi mi distruggeva. Non lo tolleravo. Perché si doveva fare del male?
“No, Ally. Smettila! Non sopporto vederti in questo stato. Ti prego, non mollare tutto proprio adesso che io pos-”
“Non nominare la parola 'posso'. Non lo fare. Tu non puoi niente, Ty. Cazzo, nulla manda via i ricordi, niente! Sono finita, sbriciolata!”
“Cos'è che ti distrugge così tanto, eh? Ally troveremo una soluzione a tutto, credimi.”
Tirò su col naso, mentre mi osservava con sguardo sospetto. “La tua sicurezza è ridicola. Non usciremo mai da questo malessere, renditene conto, cazzo! Tyler, mi deludi.”
“Ah! Adesso sono io che ti deludo, interessante! Ally, sei patetica. Dopo tutto il nostro... amore, te ne esci per un problema del genere. E mi abbandoni, okay. Ma sai una cosa? A me non me ne frega un cazzo di tuo padre... né delle tue tragedie familiari passate.”
Mi guardò con gli occhi rossi, sanguinanti e uccisi da forti sparatoie inaspettate, crudeli quanto le mie parole.
Perché se suo padre stava male, era anche colpa mia.
 
“Fatti curare. Sei uno stronzo, non sai mai ciò che vuoi, non saprai mai aiutare nessuno.” Ally.
“Amico, non sai cosa significa aiutare il prossimo.” Aidan.
“Ma che hai? Per ora pensi solo ai capricci e non ai sentimenti. Da quando stai con Ally sembri diverso...” Mamma.
“Dov'è finito il mio Tyler? Quello che si frantumava l'anima per gli altri?” Caroline.
“Figliolo, so che è un periodo difficile, ma il menefreghismo non aiuta, in ogni caso...” Papà.
Era da mesi che questi pensieri mi giravano per la mente.
Era da mesi che che li sopportavo senza dire niente.
Era da mesi che stavo impazzendo e cercavo di scrollarli via, ma non succedeva niente. Assolutamente niente.
Ally mi aveva perdonato, Aidan pure, Caroline, mamma, papà, tutti l'avevano fatto. 
Eppure, ancora una persona stentava a farlo. E sentivo che non lo avrebbe fatto mai, perché dopo aver rischiato la sua vita, dopo l'uccisione di suo fratello, adesso era cambiato radicalmente. Ed era come se l'avesse ucciso di nuovo. 
E tutto questo senza motivo.
Il suo cuore batteva, pulsava ancora. Ma questo solamente agli occhi e all'udito del mondo. 
Perché dietro l'apparenza, c'è sempre l'essere.
E dentro di sé, lui non si sentiva vivo.
Io non mi sentivo vivo.
Niente dentro di me accellerava il ritmo dei miei sensi.
Niente mi elogiava così tanto da riuscire a farmi sorridere.
E niente era tale da potermi curare.

 
 
§§§
 
 
«Ohi! Ohi! Ciao! Ehilà! Ehm, ci sei?».
Aidan, Aidan, Aidan. Perché sei così coglione, Aidan? 
«D'accordo, adesso smettila di fare il minchione e vieni qui!». Emettendo un gemito sofferente, mi alzai dalla sedia e lo raggiunsi con passo lento.
Era sull'attenti, intento a svegliare la piccola Mallory. Lo guardai male per diversi secondi e poi lo presi per il braccio, strattonandolo.
Era mezzogiorno inoltrato, e ancora Mallory vagava nei sogni, beandosi della comodità del mio letto. Mentre io, invece, dovevo sopportarmi le puttanate del mio conquilino. 
«Ma dai! Non può fare la bella addormentata, mica si trova a casa sua, eh!». Si tamburellò sulla fronte, come per dire “non sono scemo”, oppure, “anche io ho un cervello”.
No.
«Può dormire quanto vuole. Lasciala stare, è ancora un po' scossa».
«Ah, certo! Ho capito! Siccome Ally non c'è... ah! Vuoi fare il furbo? Eh, bravo!». Mi diede una pacca sulla spalla, mostrando un sorriso da ebete. La mia espressione si indurì all'istante.
«Non ho alcuna intezione di tradire Ally con una sconosciuta», annunciai, sparecchiando la tavola e portando i piatti al lavello. Iniziai a pulirli come mi aveva insegnato mesi fa Ally. «Inoltre, non resterà qui per sempre, quando starà meglio potrà anche tornarsene a casa».
«E se quel stare meglio arriva dopo?», chiese, alzando un sopracciglio. Continuai a lavare i piatti, senza girarmi. «E... se quel stare meglio comprende Tyler Hawkins? Ehi, ci hai mai pensato?». 
Aumentai il rumore dell'acqua, facendo finta di non aver sentito nulla. Come poteva pensare una cosa del genere? Quella povera ragazza mi conosceva da pochissime ore, e forse, neanche si ricordava più la forma del mio viso. 
Era impossibile.
Strofinai con forza un piatto incrostato di sugo rosso e spaghetti quasi asciutti. Mentre lasciavo cadere altro sapone, Aidan sbuffava sonoramente, cercando di attirare la mia attenzione. Sfilai un tovagliolo dal cassetto più vicino e iniziai ad asciugare il piatto ormai pulito.
«Come, scusa?», domandai, innocentemente. «L'acqua era messa troppo forte, non ti ho sentito».
Alzò gli occhi al cielo e sbuffò un'altra volta. Era così divertente farlo incazzare. «Sì, certo! Raccontala a un altro, Tyler! Lo so... lo so che mi hai sentito perfettamente! Quindi adesso esigo una risposta!». Incrociò le braccia al petto.
«No», dissi, guardando altrove. 
«“No” non vuoi darmi la risposta, o “No” è la risposta?».
«No e no! No, capisci? No è la risposta», sbraitai irritato.
«Va bene, non ti incazzare! Ti ho solo fatto una domanda». Aidan scosse la testa, esitante. Il suo viso cominciò ad arrossarsi; era come se riuscissi a percepire le sue vene ribollire. Scacciai immediatamente via quel pensiero così stupido.
Mi avvicinai repentinamente alla tavola, e con un gesto più che automatico iniziai a sparecchiarla del tutto. Afferrai la tovaglia con il pugno ben ristretto e la scotolai per terra. Ormai era come se fossi diventato la “donna” della casa. A causa dell'assenza di Ally, ogni tipo di lavoro femminile toccava a me. 
Onestamente tutto ciò non mi creava alcun problema. Prima del suo arrivo era già abituato a questo tipo di faccende, mentre Aidan, come al solito, sprecava il suo tempo dentro la sua testa, scervellandosi su questioni irrisolvibili o inventando aggeggi da vendere alle donne e che poi non avevano un buon fine.
Non sapevo se odiarlo, oppure no. Be', in un certo senso la sua compagnia era il massimo per me, e lo era sempre stato. Prima che la vita di Ally entrasse a far parte della mia, si saldasse con la mia anima, lui la occupava ogni giorno senza mai lamentarsi. Mmm, be', in effetti qualche piccola lamentela c'era sempre stata, ma lasciamo perdere.
Aidan è Aidan.
L'unica cosa che non sopportavo di lui, erano queste domandine a trabbocchetto che doveva sempre rivolgermi. Erano una specie di spada al cuore, perché doveva assolutamente farmi dire cose che non erano. Cose che conoscevo appena. Cose che non erano per niente interessate al sottoscritto. 
Dopo aver sistemato tutto, mi dileguai dalla cucina e affrettai il passo, giungendo in poco tempo dentro la mia camera.
Mallory dormiva ancora. Parlava nel sonno. Fargugliava parole insensate, rigirandosi continuamente nel letto. Un po' mi addolcii, e senza rendermene conto mi aprii in un sorriso pieno di compassione. 
Chissà se era ancora spaventata. La sua mente tradiva emozioni, le sue parole erano cariche di dubbio e persuasione allo stesso tempo, le sue labbra si muovevano a stento e sembrava che stesse lottando contro un incubo. 
Per un momento pensai di svegliarla, di chiederle come stava, di rassicurarla ancora un'altra volta. Poi, però, mi rimangiai tutto e decisi di restare al mio posto. Del resto, ci conoscevamo da pochissime ore; non erano sufficienti per poter istaurare un rapporto d'amicizia, o addirittura una chiaccherata amichevole. Dovevo solamente restare fermo, immobile, senza alzare un dito. 
Fermo. Pietrificato. Immobile.
Feci per voltarmi ma fui interrotto da un lamento. E poi da un sospiro. E poi ancora da un frase che mi fece raddrizzare, mi fece sgranare gli occhi, mi sorprese più di quanto credessi e mi fece rimanere a bocca aperta. 
“È stato carino da parte sua.” Sorrisi nuovamente, ripensando al tono che aveva usato nel pronunciarla.
Quindi... mi era debitrice. Debitrice. Non si era scordata nulla, ricordava ancora ciò che era successo prima. Mi ricordava. Forse... avrebbe riconosciuto immediatamente la forma del mio volto oppure la mia voce. Avrebbe subito capito chi ero. Avrebbe messo a fuoco ogni singolo particolare. Lei era coscente di tutto.
Un po' mi sentii fiero. Nessuno l'avrebbe mai detto, ma dopo il mio periodo buio e solitario, quel periodo in cui mi ero chiuso in me stesso, senza dar retta a nessuno, senza aiutare nessuno, come invece avevo sempre fatto... proprio lì, in quel momento, stavo rinascendo. Stava risorgendo il mio sole. Tyler Hawkins stava ritornando ad essere quello di prima.
 Quel ragazzo che sperava nel futuro degli altri e non nel proprio. Quel ragazzo che faceva di tutto per gli altri. Quel Tyler che difendeva i diritti degli altri e mandava a quel paese i propri. Quel Tyler che voleva rendere la vita semplice a tutti... felice, spensierata. E quando si trattava di lui, faceva sempre spallucce e pensava “me ne farò una ragione” oppure “non è fondamentale cambiarla adesso. C'è tempo”.
Perché io avevo aiutato Mallory. D'istinto, senza oppormi. 
Presi la busta di carta gialla che si trovava sotto il libro “L'amore in un sol boccone” - testo consigliato dalla sdolcinata Ally Craig - e rimasi a fissarla per minuti interminabili.
Ecco, quello era decisamente un atto puramente masochista.
La aprii lentamente, sfiorandola con le dita e provocandomi il solletico, leggermente. Il testo era inciso a penna, una calligrafia ordinata, pulita ed elegante la rendeva terrificante. Alla fine dello scritto, una firma.
 
Tyler Hawkins
 
“Papà”, pensai, gemendo, “perché sono costretto a far questo? A fare una cosa della quale mi pentirò per il resto della mia vita? Una cosa che ucciderà Ally? Una cosa che senza dubbio ci dividerà, e che ci farà odiare per sempre? Non posso abbassarmi ai tuoi livelli. Hai detto «Tyler, è per una giusta causa. Vuoi o no far capire a Ally che non c'entri nulla con questa faccenda? È opportuno che lei sappia la verità». 
Ma quando la verità neanche esiste, allora perché rischiare così tanto? Perché oltrepassare il limite rende più coraggiosi? Perché giocare sporco rende più facili le vincite? Perché ragionare secondo la mentalità di mio padre rende intelligenti? O perché non sai come iniziare il gioco, eh, Tyler? 
Gioca, combatti, vinci. Non è un motto, è solo uno stile di vita. È un modo per ottenere ogni cosa, per mostrarti potente, coraggioso, per non essere sofferente, per non soffrire ancora, per non morire un'altra volta.
Sii forte. Non arrenderti!
D'accordo, papà. D'accordo, stronzo. Vuoi che io esca le palle? Vuoi che io mi mostri per come sono realmente? Vuoi che lo faccia davvero? Vuoi davvero rischiare grosso? Woho.
Allora imbucherò la lettera. La spedirò, ne farò una reliquia, la paragonerò a un pezzo d'oro introvabile. La farò diventare ciò che hai sempre desiderato, e con questa mi costruirò un piano. Un piano lavorativo, non diabolico come i tuoi. Un concentrato d'affari. Un modo per uscir fuori da questa situazione.
Lavorerò come te. Ma... ogni istante in cui toccherò piede dentro il tuo ufficio, mi sentirò diverso. E anche tu!
Perché nel tuo lavoro ci sarà anche il mio. E saranno una cosa sola. Un miscuglio di pensieri.
Gioca.
Combatti.
Vinci.
Spostai lo sguardo verso Mallory, che aveva cambiato posizione. Adesso si trovava rannicchiata sul cuscino a quadri, con le gambe incrociate e le braccia in aria. E quasi russava.
Mi avvicinai lentamente al suo letto, sperando di non fare rumore, in modo da non svegliarla di soprassalto. Lasciai cadere gli occhi sulla sensibilità del suo corpo esile, sulle sue guance poco arrossate, sulle sue lentiggini appena accennate e sui suoi denti apparentemente ingenui.
E lasciai che il mio indice strofinasse piano, piano la sua palpebra pallida. In un movimento impercettibile, quasi trasparente.
La osservai ancora per un po', quasi a fissarla.
«Grazie», sussurrò improvvisamente, facendomi sobbalzare. Pensavo di averla svegliata, invece parlava ancora nel sonno. «Non...», continuò, impastando vocali e consonanti che riuscii a capire per poco. «Non... voglio andare via...».
«Resta qui», risposi, come se si stesse rivolgendo a me, mentre invece stava sognando. Era l'unico modo per poterla rassicurare? Forse. Non lo sapevo ancora, aspettavo solo il suo risveglio.
Ed io, sto già vincendo.
 
Mallory
 
Quando riaprii gli occhi una luce vicina mi accecò completamente. Li strizzai in una mossa automatica e mi stiracchiai bruscamente, lanciando sbadigli qua e là. 
Poi, una domanda mi occupò la mente: “Dove cazzo mi trovo?”. E un'altra ancora: “Dove ho dormito durante tutta la notte?”. E... ciliegina sulla torta: “Mallory, vuoi spiegarmi perché stai qui a farti domande e non vai a vedere cosa succede?” Oh, giusto.
Toc, toc, toc.
Non risposi. Preferii star zitta e guardarmi intorno. 
Mi trovavo dentro una camera da letto cupa e vecchiotta, con mobili di seconda/terza mano che rendevano più o meno accogliente il posto. Una luce soffusa illuminava per quanto poteva la scrivania che si trovava di fronte al letto in cui avevo ronfato, e un odore di sesso fresco proveniva dalle lenzuola.
Certo, ero finita nella casa di qualche molestatore o di qualche donnaiolo di città. Perfetto, assolutamente perfetto.
Toc, toc, toc. #2
Bene. Era il tizio che mi aveva imprigionata? Boh. Non potevo aprire, non sapevo neanche chi ci fosse lì dietro e dove mi trovassi, per giunta! Ero nella merda. Ora cosa cazzo si raccontava a Matt? E i miei soldi?
Abbassai lo sguardo in cerca della mia borsa color cachi. Niente, praticamente dispersa. Introvabile, oltretutto, nel casino della camera in cui ero rinchiusa. La stanza era solamente sparsa di cianfrusaglie e fogli, fogli e tantissimi altri fogli. Alcuni pure strappati.
Toc, toc, toc. #3
Decisi di alzarmi e di affrontare il tutto per bene. Non c'era alcun motivo di temere l'uomo che stava bussando alla porta con vigore. Bisognava conoscere e cercare di ricordare. Bisognava usare sottigliezza.
Poi, una scena si presentò sotto i miei occhi, proprio nel momento in cui spalancai la porta e incrociai il suo sguardo caldo e tremedamente... familiare.


«Come ti chiami?», mi chiese un ragazzo alto, apparentemente bello e con l'aria allarmata. Mi teneva accucciata tra le sue braccia possenti.
«Mallory», risposi, figendomi atterrita ed emettendo respiri affannati per dare più carico alle parole e per manifestare la scena ancora più crudele.
Matt aveva fatto un buon lavoro, aveva ragione.
«Ti prego, portami via di qui, ho paura», gemetti.
«Io sono Tyler. Certo, ti porto subito via di qui». A sorpresa mi prese in braccio, sollevandosi da terra a sua volta. Io mi rannicchiai sul suo petto e gemetti nuovamente, figendomi ancora più scossa. «Non aver paura, è tutto finito. Solo... fidati di me», promise lui.
Chiusi gli occhi e annuii, emettendo un respiro più che profondo. Lui, istintivamente, appoggiò la testa contro la mia, e una cascata di capelli biondo scuro invase la mia fronte.

Non potevo crederci.
Ero rimasta sconvolta, senza parole. Incapace di esprimermi o di dire qualcosa di sensato.

«Oh», ansimai, e lui aggrottò la fronte, confuso. 
Sono in un mare di guai.









Note dell'autore:

CIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAO. :D
D'accordo, sono schizzata! Parecchio schizzata. Mabbò, oggi è il compleanno di Robert e mi pare anche ovvio (+ 26)!
A proposito:
Happy B-Day my man. :')
Trucidatemi, è da più di un mese e mezzo che dovevo postare questo capitolo. E non l'ho fatto. Non per capriccio, ma per questione di N-O-N T-E-M-P-O-L-I-B-E-R-O. Yeah.
E vabbè.
Il capitolo è stato un parto. 
L'ho partorito peggio di Bella Swan, per cui, compatitemi! Non faccio ridere, lo so. 
Comunque, in ogni caso... auguri a tutte le mamme! :) Soprattutto alla mia (che modesta), a quella di Kristen e a quella di Rob che 26 anni fa metteva al mondo questo giovincello dagli occhi di ghiaccio, aw. Tanto per restare in tema "parto". Beeello.
Il capitolo può sembrare confusionario. I pensieri dei protagonisti lo sono. Ma c'è un motivo a tutto, OVVIO.
Questi motivi li scoprirete passo, passo, nei capitolo successivi.
Bella scoperta, eh!
Ho capito, stacco. Buuuuuonanotte e grazie per aver letto. :3
- MartiSpunk.





 
  
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