Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: StephEnKing1985    14/05/2012    0 recensioni
- Marco? - chiamò Manuel. Marco era lì seduto sul panettone di cemento a piangere sconsolato.
Manuel gli andò vicino e s'inginocchiò di fronte a lui, incontrando i suoi grandi occhi color cioccolato, ora bagnati dalle calde lacrime- Ehi - gli disse - Ma perché piangi? Guardati intorno. C'è Torino di notte che è tutta per noi. E poi... Ci sono io con te. - Gli sorrise e gli porse la mano. Marco lo guardò. In quegli occhi azzurri c'era molta più sincerità di quanta non ne avesse mai vista in vita sua... Quegli occhi color cristallo gli sorridevano, e sembravano dire "Non abbandonarmi, amico mio. Se mi abbandoni, tutto sarà stato vano." Marco allora prese quella mano e Manuel dolcemente lo tirò su. - Andiamo - disse soltanto.
- Ti voglio bene, Manuel. - sussurrò Marco all'orecchio di Manuel, mentre sotto di loro il Po scorreva tranquillo...
- Ti voglio bene anch'io, Marco. - rispose Manuel, stringendolo ancora di più nell'abbraccio.
*****

Marco e Manuel. Un anno d'età di differenza, anni luce differenti per modi di pensare ed agire. Eppure così simili, così saldamente uniti da un legame fraterno che li farà incontrare e sperare di nuovo nella vita. Sostegno l'uno dell'altro contro le delusioni della vita, prime fra tutte quelle d'amore. Una meravigliosa storia di amicizia, che vede protagonisti Marco De Cristina e Manuel Chiaravalle, già presenti nelle fiction di Notrix "Finalmente... Laureati!" e "Troppo bello per essere vero". In questo nuovo romanzo, Notrix ci conduce per mano verso un grande ed inesplorato parco (la città di Torino, che ha dato i natali a Marco e Manuel), dove la falsità e l'opportunismo sono elementi del paesaggio, e dove due ragazzi, così differenti in tutto e per tutto, trovano nell'amicizia una sicurezza contro le avversità della vita.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ci sono ragazzi che non sono in pace con loro stessi e che hanno sempre bisogno di cambiare, di trovarsi in un’avventura. Così, anche se sono felicemente fidanzati da un anno e forse più, sentono il bisogno smodato di fare una scappatella ogni tanto. E ce ne sono altri che magari si innamorano dei suddetti ragazzi, essendo però loro diversi in tutto e per tutto. Ragazzi che trovano un partner e gli restano fedele per tutta la vita, che pensano soltanto a lui anche quando il tempo e la paura di morire sembrano incombenze sempre più vicine.

Marco poteva appartenere a quest’ultima categoria, tanto che da quando iniziò a conoscere Martin, sembrò dimenticarsi un po’ del suo amico Manuel. Complice anche il ragazzino, che richiedeva quasi sempre la sua presenza, Marco passò due bei mesetti senza sentire Manuel. Sì, ogni tanto gli veniva lo scrupolo di andare a controllare se il ragazzo l’avesse chiamato o gli avesse mandato un messaggio, ma poi immancabilmente trovava un messaggio di Martin che gli scriveva cose dolci, o una sua chiamata non risposta. Così, giocoforza il povero Marco non riusciva mai a prendersi un minuto per sé e per il suo buon amico Manuel.

E l’ho anche portato a Belluno… stava pensando Manuel, mentre riordinava le richieste di mutuo da evadere… proprio un bell’amico, non c’è che dire. Immerso nel lavoro e nei pensieri, fu interrotto dallo squillo del cellulare. Lo prese in mano, sperando che fosse Marco. Invece Marco non era. Era Simone. Aprì il cellulare, sbuffando leggermente.

- Pronto – rispose, mezzo seccato.

- Ciao amore – disse Simone – Come va? Cosa fai? –

- Andare va così così, grazie. Stavo lavorando. –

- Ma povero amore… Che ne dici se vengo a prenderti, dopo? –

- Grazie, ho la mia macchina. –

- Ma non ti va proprio? –

- Sono due mesi che me lo chiedi, Simone… non mi va, per venire al lavoro uso la mia auto… E poi non mi sembra di averti dato il permesso di chiamarmi “amore” –

Silenzio dall’altra parte del telefono. Si sentì un sospiro.

- Non puoi darmi una possibilità? – domandò Simone. Manuel si toccò la fronte e chiuse gli occhi, esasperato. I piccolini sapevano anche essere insistenti, quando volevano.

- Posso fare finta di essere un vecchio. Mi sono fatto crescere la barba, per te! - Esclamò Simone, con una punta di disperazione nella voce.

- Non… non è quello, Simone… cerca di capire… - annaspò Manuel.

Ancora silenzio per cinque minuti.

- Pronto? Simone? –

Dopo un altro attimo di silenzio, in cui Manuel stava per chiudere, Simone rispose – Sono qui. Allora, fatti trovare fuori dal lavoro. Sarà una sorpresa. –

Manuel digrignò leggermente i denti. Possibile che quel ragazzino non voleva capirlo che non gl’interessava???

- Simone, non… -

- Alle sei in punto. Non mancare, ti prego. Se manchi, mi taglierò le vene. –

Per un attimo Manuel fece per dirgli Fai pure, chi se ne frega, ma inspiegabilmente le parole gli morirono in bocca, memore della sua esperienza personale.

- E’ un ricatto? – domando Manuel.

- Sì. – rispose Simone, festante.

Massaggiandosi la tempia, Manuel rispose sospirando – Va bene. Ci sarò. Ora lasciami lavorare, per favore. –

- Ci vediamo, bel culetto. – rispose Simone, chiudendo la chiamata.

- Ma vaffanculo – rispose di rimando Manuel, anche se ormai Simone aveva attaccato.

 

*****

 

All’uscita da lavoro, Manuel si guardò intorno. La solita ambientazione, il solito viale alberato e auto che passavano; nulla di ordinario. Mentre aspettava Simone, passeggiava nervosamente avanti e indietro, chiedendosi perché non gli avesse detto un secco “no”.

Quando furono passati venti minuti senza che Simone arrivasse, decise che era giunta l’ora di telare e si avviò verso il parcheggio della Banca, dov’era custodita la sua macchina. Proprio nel momento in cui si girò, vide un’auto, una vecchissima Fiat 131 dell’80, di colore marrone chiaro. Sgranò gli occhi a quella visione, soprattutto vedendo chi la stava guidando.

- Simone?!? –

Il ragazzo fermò l’auto proprio accanto a lui, e scese. Portava un completo grigio e una cravatta, unite ad un paio di scarpe classiche di pelle. Gli andò vicino e gli sorrise.

- Allora? – esordì – Sono abbastanza “stagionato” per te? –

Manuel si portò una mano alla fronte e si fece una risatina. – Non ho parole – disse soltanto, scuotendo la testa. – Ma dove l’hai preso questo dinosauro? – chiese, riferendosi alla vecchia auto.

- Me l’ha prestata mio zio. – disse, radioso – Allora, ci vieni a cena con me? –

Sospirando, Manuel annuì. E fu allora che Simone sorrise ancora, aprendo lo sportello del posto passeggero per farlo accomodare.

- Signore… Anzi… Signorino. Prego. –

- Che matto sei – disse Manuel entrando nell’auto.

- Chiunque diventerebbe matto, per farti contento – rispose Simone mentre chiudeva lo sportello.

Tornato in auto, si mise comodo e si sistemò la cravatta.

- Ti porto in un posto fantastico – disse.

- Dove? –

- E’ una sorpresa. – disse solo, riaccendendo il motore e partendo. Non che Manuel fosse entusiasta all’idea, ma solo perché quel ragazzino si era degnato di vestirsi bene e addirittura prendere un’auto d’epoca per fargli colpo… Almeno una chance, per quanto piccola, se la meritava.

 

*****

 

Giunsero nei pressi di Asti, in uno di quei paeselli arroccati sulle verdi colline piemontesi. Posti che Manuel conosceva abbastanza bene, e che credeva di aver dimenticato.

- Dove mi stai portando? – domandò Manuel, guardando fuori dal finestrino.

- Te l’ho detto, è una sorpresa. – rispose Simone.

Poco dopo l’auto si fermò di fronte a un ristorante con veranda esterna che si affacciava sulle colline astigiane.

- Siamo arrivati – dichiarò Simone spegnendo il veicolo.

 

*****

 

Non c’era nulla che non andasse in quella cenetta romantica a lume di candela, tranne forse il fatto che Manuel non si sentiva a suo agio. Simone era lì davanti a lui, che gli parlava di musica e arte, ma lui lo ascoltava poco e parlava anche di meno. Eppure Simone non sembrava disturbato da tale comportamento. Sorrideva continuamente, e parlava… Mentre Manuel malediceva quel giorno in cui gli era venuto in mente di andare da lui.

Thomas, accidenti a te! Se non mi avessi detto che ero un fossile, a quest’ora… Già, dove sarebbe stato, a quell’ora? Forse a casa sua a dormire, o a parlare con Marco…? Non lo sapeva. Di sicuro non con chi avrebbe voluto essere.

- Manuel, mi stavi ascoltando? – lo rimbeccò Simone, da un angolo lontanissimo del pianeta.

- Eh? – rispose Manuel, trasognato

- Non mi stavi ascoltando… - Simone assunse un’espressione triste, tipica di quelli della sua età. Dio quando odiava i ragazzini.

- No, scusa… è che… stavo pensando… Ma come hai trovato questo bel posto? –

- Lo conoscevo già – rispose Simone – ci ho portato un ragazzo, tempo fa… -

- Ah, capisco… - se solo Simone avesse immaginato dove Adelmo portava Manuel durante le loro serate romantiche, sarebbe impallidito.

Concerti di musica classica, opere, ristoranti raffinati… Ogni volta che entravano, Adelmo con i suoi settant’anni e Manuel di cinquant’anni più giovane, tutti si giravano a guardarli. Ovviamente non c’erano effusioni in pubblico – Adelmo non avrebbe potuto, data la sua immagine pubblica – però c’era ugualmente un’atmosfera di complicità che legava Manuel all’anziano Adelmo… una complicità che sembrava essere svanita quando Adelmo l’aveva lasciato.

Nulla a che vedere con ciò che stava provando adesso. Noia, soltanto noia. E imbarazzo.

- Manuel? – chiamò Simone.

- Dimmi. –

- Forse ti faccio una domanda indiscreta, ma… Perché ti piacciono i ragazzi più grandi? –

Tombola. Una domanda che gli avevano posto in molti, da un po’ di tempo a quella parte. Una domanda che francamente avrebbe evitato di porsi, e per la quale non aveva una risposta ben precisa.

- Non so – rispose Manuel – A te perché piacciono quelli più grandi, come me? –

- A me non piacciono i vecchi rinsecchiti – rispose Simon – Tu sei più grande di me, ma hai un bel fisico, sei tonico, atletico… e molto intelligente. – Manuel gli avrebbe sbattuto il candelabro in testa se non avesse aggiunto che era intelligente.

- Nient’altro? – domandò Manuel. I suoi occhi azzurri e penetranti scrutavano attentamente Simone, che si sentiva osservato con malocchio dal suo ospite, come un alunno colpevole di non aver studiato che viene interrogato dal professore. Nell’espressione di disagio di Simone, Manuel poteva chiaramente vedere tutta la fatica che stava facendo il ragazzo nel cercare di rendersi interessante. Questi giovani… proprio non riuscivano a pensare altro che alla bellezza. Sospirando, Manuel si ricompose, smettendo di guardarlo. Simone tirò un sospiro di sollievo, ma sapeva allo stesso tempo di non aver fatto una bella impressione.

- Scusa – disse Manuel – Sono un po’ duro con voi giovani. –

- Non importa – rispose Simone – Capita. –

Tutto sommato, la cena andò bene. Continuarono a parlare (anche se parlava di più Simone), e verso una certa ora si avviarono a casa. Una volta arrivati, Manuel esitò prima di scendere dall’auto, e guardò Simone. Questi era lì al posto di guida che lo guardava imbarazzato, lanciandogli occhiate di tanto in tanto. Il dolce Simone sapeva di avere nella sua auto un ragazzo prezioso, figo e ricco, ma inspiegabilmente si sentiva oppresso da qualcosa. Manuel continuò a guardarlo, e questa volta lo sguardo di Simone si posò sul suo viso. Egli sembrava spaventato, incapace di proferire parola. Gli occhi di cristallo di Manuel non si muovevano, al contrario di quelli di Simone che guardavano da tutte le parti. Quante parole inespresse che aveva in testa il ragazzo!

Chissà che cos’ha… Pensò Manuel, chiedendosi come mai non fosse già sceso da quell’auto e da quel ragazzino rompiscatole. Per educazione, forse, o forse perché voleva vedere dove Simone andava a parare.

In un secondo, ebbe la risposta. Simone si avvicinò a lui e cercò di acchiappargli la nuca con la mano destra. Le sue labbra cercarono quelle di Manuel, che chiuse gli occhi e si abbandonò ad un sospiro di sconfitta poco prima che le labbra del ragazzo si incontrassero con le sue. Simone lo baciò dolcemente, con passione, ma Manuel era come un manichino nelle sue mani. Non si mosse né si scompose di una virgola. Teneva solo gli occhi chiusi, come si fa di solito quando si sale su una giostra che fa troppo paura, aspettando che il momento passasse. Le mani di Simone si spostarono dalla sua nuca alla schiena, scendendo lentamente, ma Manuel rimase lì, fermo immobile. A quel punto Simone si staccò, aprendo gli occhi. I suoi occhi incontrarono quelli di cristallo di Manuel, che lo guardava con espressione neutra.

- Manuel – disse Simone, carezzandogli la guancia – Che c’è? Non … non ti piaccio? –

Per tutta risposta, Manuel si limitò a sospirare e a guardare Simone con lo stesso sguardo che userebbe un medico per comunicare una malattia mortale ad un paziente. Preoccupato e desolato. A quel punto, Simone si allontanò lentamente e rimise le mani sul volante. Restò a guardare fuori dal parabrezza per minuti interminabili, e Manuel si aspettò di dover arginare una piena di lacrime, quando le sue aspettative furono brillantemente deluse dalla voce di Simone.

- Beh… Allora … Ciao. – disse Simone, sfoderando un sorriso che tradiva insicurezza.

- Ciao. Grazie per la bella serata, anche se improvvisata. – si limitò a rispondergli Manuel.

- Ci… ci vediamo. –

- Certo. Ciao Simone. Grazie. – disse Manuel, e aperto lo sportello dell’auto, scese, e si avviò verso il portone di casa sua. Una volta dentro l’androne, vide che l’auto di Simone era ancora ferma lì. Pensò di spiare dai vetri del portone (tanto da fuori Simone non avrebbe visto granché): il ragazzo era lì che si stava togliendo la cravatta e tirava fuori dei fazzoletti di carta per asciugarsi il viso. Stava piangendo a dirotto, chissà per quale motivo. Rimase lì ancora per qualche minuto, finché non rimise in moto e partì lentamente. A quel punto Manuel si appoggiò alla balaustra della portineria, dove la signora Concetta Striani, la gentile portinaia salentina del palazzo, aveva posato i nuovi elenchi telefonici. Sospirò ampiamente, portandosi le mani alle tempie, cercando di elaborare un pensiero coerente.

Mi dispiace, Simone… pensò Manuel …Ma non saresti mai felice con me. Come io non lo sarei con te.

E si avviò verso le scale.

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: StephEnKing1985