Disclaimers:
Sherlock appartiene ad Arthur Conan
Doyle, alla BBC e a Moffat e Gatiss.
Note:
Questa storiellina è nata da un
fotomontaggio postato sul gruppo FB Sherlockians Anonimi...
prendetevela con
loro!
ACCADDE
Ripensandoci
anche a distanza di anni, John non seppe mai dire perché
accadde proprio allora.
Non
era
stata una giornata da ricordare fino a quel momento.
Non
c'erano stati inseguimenti, né sparatorie; non avevano
rischiato di finire
accoltellati in qualche vicolo di periferia e il loro appartamento non
era
saltato in aria per via di qualche oscuro esperimento chimico.
Sherlock
aveva risolto per gli yarders un caso di omicidio tutto sommato
semplice per i
suoi standard "L'amante! Più banale di così!
Persino una scimmia
ammaestrata l'avrebbe capito!" aveva esclamato disgustato mentre John
lo
trascinava via dalla scena del crimine, sperando che Lestrade non
l'avesse
sentito.
Avevano
ordinato la cena da un ristorante eritreo recentemente scoperto e poi
si erano
seduti sul divano, Sherlock intento ad aggiornare il suo blog
(stranamente dal
suo laptop) con un articolo sui pollini delle trecento specie di
orchidee di
Hispaniola e John ben deciso a godersi la visione del dvd de "L'uomo
che
sapeva troppo" prestato da Mrs. Hudson.
Poteva
dire di conoscere quasi le battute a memoria di quel film, ma era
talmente
appassionante che l'avrebbe potuto vedere anche dieci volte di fila
senza
stancarsi e il consulting detective non l'aveva mai visto.
Chissà, magari gli
sarebbe piaciuto.
Tuttavia,
dopo circa un'ora dall'inizio del film, Sherlock iniziò a
borbottare commenti
acidi e astiosi rivolti alternativamente alle mail dei potenziali
clienti che
infestavano il suo blog e alla, a suo dire, sdolcinata ed insulsa
interpretazione
di Doris Day e del resto del cast "E' ovvio che non uccideranno il
figlio
fino al giorno dell'attentato, quanti inutili piagnistei!"
"Anche
un bambino capirebbe il vero significato di Ambrose Chapel."
"Gli
yarders riescono a fare la figura degli idioti anche in un film."
John
avrebbe voluto obiettare qualcosa su quelle ingiuste critiche, ma,
conoscendolo, sarebbe stato del tutto inutile, quindi si
limitò ad allargare le
braccia per stiracchiarsi, gli occhi fissi sullo schermo della tv, dove
era
iniziata la drammatica sequenza dell'attentato alla Royal Albert Hall e
le note
del lunghissimo concerto si diffondevano nel piccolo salotto di Baker
Street.
Forse anche Sherlock aveva cambiato idea sul film - si disse -
perché,
d'improvviso, si era fatto silenzioso. Aveva smesso di brontolare.
Aveva smesso
di scrivere sul portatile. Diamine, sembrava quasi che avesse smesso di
respirare.
Fu
solo quando
iniziarono a scorrere i titoli di coda che John si volse a guardare il
suo
coinquilino per chiedergli conto del suo inusuale silenzio, magari
buttando lì
un commento ironico come "Non ti ha appassionato proprio per niente,
vero
Sherlock?"
E
si congelò.
Quando
aveva allargato
le braccia, aveva appoggiato la mano sulla testa di Sherlock e aveva
iniziato
ad accarezzarla piano, con delicatezza, come si fa con un gattino,
talmente
preso dal film da non rendersene conto.
Il
gesto doveva aver
scioccato talmente il consulting detective da farlo zittire.
Eppure
Sherlock non
aveva protestato, né si era scansato infastidito o
disgustato, limitandosi a
fissare John durante gli ultimi venti minuti del film con i suoi occhi
limpidi.
Chiaramente in attesa del suo ritorno alla realtà.
Fu
in quel momento che
accadde.
John
fece scivolare
via piano la mano dai ricci neri, soffermandosi appena su quel collo
impossibilmente lungo e bello e posandola al centro del suo petto,
stringendo
nel pugno la vestaglia blu per attirarlo a sé e sporgendosi
finché le loro
labbra non si incontrarono per la prima volta.
Accadde
così, in una
serata banale, nel silenzio quasi religioso del 221B di Baker Street,
davanti
allo schermo della tv ormai nero, sul loro divano.
Ripensandoci
a
distanza di anni, John sapeva di aver avuto diverse alternative:
avrebbe potuto
arrossire per l'imbarazzo (beh, Sherlock continuava a ripetergli che
quello era
successo, in effetti), mormorare qualche patetica parola di scuse o
riderci
sopra.
Ma
in quel momento
nessuna di queste opzioni attraversò la mente del dottore.
E
così accadde.
E
quando le dita agili
e snelle di Sherlock gli circondarono la nuca, John si
ritrovò a pensare che
era giusto così. Che semplicemente doveva accadere
lì e in quel momento.
Non
gli servivano
altri perché.
FINE
La
cosa che mi ha
fatto più penare? La scelta del film. Ero indecisa tra
"Hollywood
party" di Blake Edwards, bellissimo ma esageratamente comico e non
adatto
a creare la giusta atmosfera (John e Sherlock avrebbero passato un'ora
e mezza
a sghignazzare senza ritegno come la sottoscritta) e "Il ponte di
Waterloo", che invece avrebbe fatto virare la fanfiction verso l'angst
più
nero, viste le implicazioni post-Reichenbach che il suicidio di Vivien
Leight
porta con sè. Alla fine mi è venuto in soccorso
il sempre caro Alfred
Hitchcock... grazie Hitch!