Libri > La Saga dei Gardella
Ricorda la storia  |      
Autore: Val Nas    15/05/2012    2 recensioni
“-GIULIA!
La chiamò straziato, ma nessuna risposta arrivò ad accarezzare il suo orecchio con quel tono di voce basso e riservato che lui amava. Solo il gelo dietro la nuca e la pena pressante che gli stava scavando il petto squarciando il suo cuore. Si inginocchiò tra gli steli d’erba, sollevando l’esile corpo di Giulia tra le braccia. Il gelo della sua pelle e il muto silenzio del suo cuore lo uccisero, lasciandolo senza anima e raziocinio.
Non aveva bisogno di incontrare di nuovo i suoi occhi, ora virati da un chiaro color nocciola, ad un cupo rosso carminio."
Giulia e Sebastian.
La storia di questo grande amore, che ha sconvolto l'animo del bel cacciatore francese, non è mai stata approfondita. Non si sa come si siano svolti i fatti con precisioni, né Sebastian né Max la raccontano mai nei dettagli.
Ed ecco qua, un po' di fantasia e la storia ha preso vita..
Genere: Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il cacciatore Sebastian Viogèt era disperato. La sua amata, non si trovava in nessun anfratto della città eterna. Era da 5 ore che lui e gli altri Cacciatori perlustravano le zone più consone ai vampiri e ai loro servi del Tutela, ma era stato tutto un gigantesco buco nell’acqua. Non in una casa, non in strada, tantomeno nella villa romana dei Pesaro, dove Giulia viveva con la famiglia.
Immerso in una tale disperazione che gli faceva bruciare il ventre e scottare la Vis bulla che pendeva dal suo ombelico; egli si accorse solo in un secondo momento dell’uomo alto e bruno poggiato al tavolino di cristallo del salotto di casa Viogèt.
Era tornato speranzoso ci fosse qualcuno ad attenderlo con liete notizie. Ma non si aspettava il sicario migliore, colui che era la causa della sua sventura.
“ Come osi presentarti in casa mia, Maximilian?”
Max incrociò le braccia, lo sguardo era rivolto a terra,i capelli scomposti e raccolti in cada rada sulla nuca. Il volto era sanguinante ;e sul braccio lasciato scoperto dalla camicia lacerata il marchio del Tutela risplendeva nero ed indelebile, macchiandolo a vita da una colpa terribile.
Lo sguardo nero e cupo di Max, rivolto al pavimento e non a sfidarlo con la solita arroganza e strafottenza, mise Sebastian in allarme.
“ Viogèt..” disse grave Pesaro alzandosi finalmente dal tavolino che scricchiolò sinistramente. Gli occhi di Max erano vacui, la bocca ridotta ad un’unica linea sottile priva di espressione. Sebastian si avvicinò a grandi passi facendo cadere il paletto di frassino che teneva tra le mani per chiudere attorno al collo di Max entrambi i suoi palmi, sollevandolo da terra senza sforzo. Max non oppose resistenza, dopotutto non ne aveva motivo.
“Dove è Giulia? Dove l’hanno portata?”
Maximilian tossicchiò stretto in quella forza sovrannaturale.
“ PARLA!” urlò Sebastian tremando di nero livore e risentimento.
Dentro di lui, aleggiava un costante senso di colpa volto a schiacciarlo e a non farlo respirare.
Max puntò gli occhi alle sue spalle.
Un conosciuto gelo si piantò sulla nuca del cacciatore, che mollò la presa sull’uomo che più odiava e disprezzava al mondo.
Che uomo poteva essere, colui che portava la sorella nelle mani di demoni infernali? Un mostro, un folle.
L’ho fatto con buone intenzioni, Sebastian. Certo Max, le buone intenzioni di ucciderla e dannarla
Sebastian si spostò i riccioli morbidi dal volto fissando gli occhi rosacei dell’antico vampiro che era giunto sulla scena.
I loro volti erano terribilmente simili; Sebastian e il suo trisavolo Beauregard parevano padre e figlio.
Odiava essere il nipote di un tale mostro e quando Giulia sarebbe stata al sicuro si sarebbe occupato anche di lui. Doveva aggrapparsi a un piccolo spiraglio di luce, non doveva farsi risucchiare nero buio della disperazione. Non ancora.
“Vedo che qualcuno ti ha concesso l’invito ad entrare..” dedusse Sebastian misurando Max con uno sguardo omicida.
“Nipote, sono lieto di rivederti.”
Le zanne snudate e luccicanti alla fioca luce del crepuscolo la dicevano lunga su quanto fosse ben lieto di quell’incontro.
“Vattene. Ho ben altro a cui pensare.”
Sebastian raccolse il paletto da terra e lo rinfoderò nella manica del rendigote nero di alta sartoria chiarendo la sua posizione. Tremava di rabbia, paura e terrore; ogni suo respiro in quella stanza ne toglieva uno alla vita della donna che amava.
“L’ho portato per evitare mi ammazzassi. Una precauzione, diciamo così..”
Era la voce cupa e ferma di Max a parlare.
“ Ammazzerò entrambi uno alla volta. Magari tra qualche ora. Adesso ditemi dove è Giulia.”
Il suo sguardo da tigre sfrecciò da una parte all’altra della stanza; dal vampiro, all’umano schiavo di quelle creature aberranti e senza scrupolo reo in eterno di una colpa che non avrebbe mai potuto essere perdonata. Deglutendo il pomo d’Adamo di Sebastian si sollevò rumorosamente, mostrando tutta la tensione che sentiva in corpo.
Beauregard infilò la mani nelle tasche delle sue braghe color topo.
“Al Pincio. L’hanno portata là.”
Non lo stava aiutando per pietà, di certo Beauregard non ne provava; tantomeno affetto. Era solo per egoismo personale e perché comunque fosse andata quella questione , poteva portarlo dalla sua parte.
Le ultime vocali del luogo dove avevano portato la sua amata Giulia vennero inghiottite dal turbinio del movimento secco del cacciatore che afferrò Maximilian per il collo scaraventandolo sul tavolo in cristallo. Mille schegge esplosero, mentre esso si frantumava sotto al peso di Max.
Si piegò su di lui, con gli occhi sporgenti colmi di furore e rabbia.
“Muoviti, seguimi.”
Max non reagì ma fissò con astio e odio gli occhi color ambra di quell’uomo che detestava con tutto se stesso.
“Che tu sia dannato, Viogèt.”
Ma prima che Sebastian sentisse quel subdolo insulto rivolto alla sua persona, egli si trovava già sulla porta di casa, correndo a perdifiato verso il colle del Pincio sotto un cielo già chiazzato di stelle, da cui una luna pallida saliva ad est, la cui luce era così fioca da non spazzare via nemmeno le ombre più tenui.

******

Sebastian saliva il pendio del colle del Pincio col cuore in gola. Il sudore gli colava dalle tempie chiazzando la camicia nera che aveva indossato quella limpida mattinata di fine Maggio. Una giornata che rischiava di trascinarlo giù nelle profonde fauci di una angoscia senza fine. La collina sembrava essere infinita, e sapeva che avrebbe raggiunto il termine di quella strada troppo tardi per salvarsi dal nero pozzo che sentiva inghiottire il suo animo.
Dopo interminabili attimi il pendio si addolcì, trasformandosi in una ampio spiazzo panoramico sotto il quale Roma brillava come un gioiello sinistramente immobile spettatrice di quel attimo.
“GIULIA!”
Il suo grido nell’oscurità fu di puro risentimento e rabbia, accompagnato solo dal rumore delle foglie smosse dalla tiepida aria primaverile. Era una burla. Doveva solo essere un incubo fatto apposta dal cinico e baro destino.
Ma tutte le sue riflessioni logiche, il suo imperativo di mantenere la calma venne fatto a brandelli dalla gelida sensazione ghiacciata dietro la nuca.
Fece mezzo giro su stesso, poi si bloccò. La vide. Un esile corpo steso in una chiazza di luna piena, avvolto da un candido abito di mussola.
L’abito adorabile di quella mattina, che aveva stretto tra le dita emozionato quando lei con la sua voce argentina gli aveva detto sì.
“GIULIA!”
La chiamò straziato, ma nessuna risposta arrivò ad accarezzare il suo orecchio con quel tono di voce basso e riservato che lui amava. Solo il gelo dietro la nuca e la pena pressante che gli stava scavando il petto squarciando il suo cuore. Si inginocchio tra gli steli d’erba, sollevando l’esile corpo di Giulia tra le braccia. Il gelo della sua pelle e il muto silenzio del suo cuore lo uccisero, lasciandolo senza anima e raziocinio.
Non aveva bisogno di incontrare di nuovo i suoi occhi, cha ora sarebbero stati virati da un chiaro color nocciola ad un cupo rosso carminio.
La sua maledizione di essere un Gardella faceva sì che tutto gli fosse chiaro.
Non avrebbe mai più rivisto quelle guance colorirsi di rubino tenue quando lui le faceva un complimento, non avrebbe mai più udito la sua voce rimproverarlo, non avrebbe mai più accolto le sue labbra contro le proprie.
Con dita tremanti e con amare lacrime salate a rigargli le guance, Sebastian le tolse i capelli castani dal volto marmoreo e pallido.
“Perdonami..”
Un acuto senso di colpa lo raggiunse con un dardo, avvelenando il suo dolore.
La mano leggera ma glaciale di Giulia sfiorò il suo zigomo, costringendo il suo stomaco in una morsa di orrore e ribrezzo. Non era più la sua Giulia, non lo sarebbe stata mai più.
“Perché piangi amore mio? Ora sono guarita.. Noi staremo insieme per sempre..”
Sebastian lasciò che lei lo toccasse, permise alle braccia di stringerla per l’ultima volta auto infliggendosi altro male.
“Lascia che io ti aiuti, amore..”mormorò suadente Giulia con le zanne snudate e sporgenti oltre il labbro superiore.
Era peggio della morte. Dover vedere quale affronto era stato fatto a quella creatura perfetta era il dolore più prepotente che un uomo potesse mai sopportare.
Giulia insinuò le dita tra i suoi ricci bronzei e folti, con una foga che non le apparteneva, attirandolo a se.
Il contatto delle loro labbra fu uno stridio, che spaccò il cuore di Sebastian in due.
“Ti amo Giulia.”
La creatura che aveva assunto le sembianze di Giulia sorrise vittoriosa.
“Ti amo, sarà per sempre vedrai..”
Un solo tocco delle sue labbra, l’ultimo amaro ricordo di ciò che erano stati insieme e che sarebbero potuti essere, prima di stringere il paletto tra le dita.
“E’ già per sempre. Il mio amore è per sempre.” mormorò Sebastian prima di infilare il paletto tra i loro corpi ed affondarlo nel suo cuore senza esitare.
La polvere esplose tra le sue dita cadendo nera sull’erba argentata dalla luna.
La strinse tra le dita mentre il suo corpo iniziava ad essere percosso da tremiti e brividi di orrore.
Un urlo straziato esplose dalla sua gola, lasciandolo in ginocchio e piegato definitivamente dal senso di colpa e da ciò che era stato costretto a fare.
Aveva perso tutto. Una vita, una missione, la donna alla quale aveva desiderato donare tutto se stesso. Era stato un errore per uno come lui innamorarsi.
Adesso era morto, rendendosi conto definitivamente che era un uomo sbagliato.
Amandola, l’aveva uccisa.
Un colpo alle spalle lo sorprese, e in meno di un istante si trovò disteso sul manto erboso.
“Dannato bastardo!”
Max si avventò su Sebastian, sedendosi di peso su di lui sferrandogli un pesante rovescio.
Un rumore bestiale uscì dalla gola di Sebastian, l’ultimo grido della bestia morente.
Lo ribaltò invertendo le loro posizioni. Max non poteva sperare di averla vinta, ma che importanza aveva ormai?
Ma la scarica di violenza che si aspettava provenisse da Sebastian ,non giunse.
“L’hai uccisa tu, Max. Sei stato tu.”
Poteva spezzargli il collo, poteva percuoterlo fino ad ucciderlo ma non lo fece. Questo non gliela avrebbe restituita.
“Che tu sia maledetto Pesaro. Per l’eternità.”
Si alzò di scatto schifato alla sola idea di doverlo toccare.
Senza aggiungere altro, chiuso nel suo dolore Sebastian scomparve nel buio e in quella notte dalla luna troppo pallida che aveva permesso alle ombre di averla vinta.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > La Saga dei Gardella / Vai alla pagina dell'autore: Val Nas