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Autore: remvsg    16/05/2012    7 recensioni
Watson, dicono, si chiamava John Watson.
Si canta di lui nelle culle dei lattanti e nei borghi del porto, tra la spuma del mare e le reti dei pescatori.
John Watson che si perso e non è tornato.
John Watson che dal sogno non si è più risvegliato.
John Watson che solo di quel canto si era innamorato
Genere: Angst, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Questa è una delle storie a cui voglio bene, per genesi, percorso e risultato finale.

La visione dell'ultima immagine della storia è nata ritornando in convento la sera, lungo le zattere e nelle cuffie questa canzone, anche se devo molto anche ad altri testi, quali 4 marzo 1943 del compianto Lucio Dalle e Andrea del grande Faber (che orami è diventata una delle top song della angst sherlockiano italiano). Quindi grazie alla colonna sonora, grazie a Nari per la prima lettura che ha dissipato molti dubbi e grazie alla mia compagna di corso Serena che ha visto questa povera Rem brancolare nel buoi e l'ha portata in salvo. E non parlo solo della fanfiction.




LE SIRENE                                                                                                                                                                              






Watson, dicono, si chiamava John Watson.
Si canta di lui nelle culle dei lattanti e nei borghi del porto,  tra la spuma del mare e le reti dei pescatori. 
 
John Watson che si perso e non è tornato.
John Watson che dal sogno non si è più risvegliato.
John Watson che solo di quel canto si era innamorato.
 

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Nei posti di mare il sale mangia la gente e ne risputa le ossa senza troppa convinzione,  il sole brucia l'aria dei polmoni e la pelle, solo per risorgere di nuovo, tra il vino e i bordelli, dopo il lavoro e la vita.
 
Quel mare di sangue e sudore, dove le reti si intrecciano alle budella e la gente canta più forte per non sentire il rumore della fatica che pompa nelle vene; qui è nato John Watson e i suoi occhi non avevano mai visto altro. Quegl'occhi di acqua che non esiste, profonda e calda. Il colore degli abissi che guardano e lavorano l'oceano. 
 
Un giovane che, come tanti, nascondeva un sogno, ma diversamente John Watson era pronto a viverlo.
 
Lo vedevi dal desiderio nascosto sulle labbra, proprio lì, nell'angolo destro, baciato da una ruga leggera. Era un ricordo lontano, lui bambino e i capelli ancora di sole. Aveva visto riccioli neri danzare sull'acqua, e la spuma solleticare il corpo di un angelo. E la voce, la voce del mare.
 
Solo per un secondo. Era la cosa più bella che John Watson avesse mai visto. L'unica cosa che credette di aver ascoltato davvero; perché la gente canta ovunque, ma non così. E quello era diventato il suo sogno, continuare a credere di non averlo immaginato.
 
 
Successe una seconda volta, una sera infreddolita dai venti dei monti lontani. Le correnti - così le chiamano- ma John, come la gente del porto, conosceva solo quelle marine, che portano a largo più velocemente a pescare.
 L'inverno stava arrivando, ma John non ci aveva mai fatto conoscenza.


E di nuovo, sulla via di casa.
 
Adesso, John conosceva le leggende sui canti, le conosceva bene.
 
Ma questo è diverso. 
 
Non cantavaper ucciderlo. Non era una canzone di morte.

 
E' la dimensione dei brividi. Di quando il mondo per un attimo segue un altro ritmo e tu fremi. E senti un canto.
Tutto di te si estende, si prodiga per mantenere viva quella sensazione, per continuare a tremare di bellezza, annullando ogni piano presente.
 
L'Oceano canta a te.
 
E solo per te. E non stai morendo.
 
 
 
John Watson seguì il canto fino a raggiungere la banchina e lì chiuse gli occhi. Non riusciva a capire da dove provenisse una simile magia e non se ne curò. Ascoltò l'Oceano cantare, senza muovere un passo, facendosi rapire solo il cuore, non i piedi. Ancora sopravvive.
 
E' una canzone per lui, per John.
 
Chi sei?
 
Perché canti a me?



 
 
Si parla ancora di John Watson, di come quella sera di tempesta uscì di casa solo perché aveva promesso all'acqua che sarebbe ritornato, ritornato ad ascoltare i canti.
 
Qualcuno lo salvi. Qualcuno salvi quello sciagurato.
 
No, lui diceva, NO, devo andare da lui, ne ha bisogno.
 
E allora dicevano che sarebbe morto anche lui.
 
E allora rispondeva che ne aveva bisogno anche lui.
 
 
Lo ritrovarono la mattina dopo, salvo sugli scogli dietro il molo. Sorrideva quel John Watson. 
Sorrideva e dormiva, le labbra pregne di sale e le alghe lungo i piedi e le caviglie a proteggere i suoi sogni dai granchi mattutini.
 
E allora ogni cosa fu più chiara a tutti.
 
John Watson aveva sentito il canto della sirena e non è morto. 
 
Vai per le strade e dillo alla gente, dì loro che non si muore, parla loro di bellezza e rideranno di te perchè non la conoscono. Per questo canta a John. Lui vede l'amaro ogni giorno, mangia pane lievitato col sudore dall'alba fino a quella nuova, ma può ancora vedere, 
John vuole vedere.
E allora la sirena canta,
e canta solo a lui.
La sirena canta per lui.
E sono solo riccioli neri sul'acqua.
 
 
 
 
L'ultima volta che la gente lo vide, John Watson stava piangendo e qualcosa di invisibile, ma presente, stava raccogliendo le sue lacrime, avvertendolo di scegliere bene le sue preghiere.
 
Ma io voglio seguirti. Non voglio lasciarti solo. 
                                                           Non lasciarmi solo.

 
E rinunceresti a tutto John Watson? Rinunceresti a tutto quello che ti circonda per inseguire qualcosa che forse non esiste?
 
Tu sei un miracolo, rispondeva John Watson, fanne uno per me adesso.
 
 
E scomparve.
Nessuno lo rivide più.
John Watson si era offerto all'acqua dell'oceano.
 
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Watson, dicono, si chiamava John Watson.
Le strofe di taverna cantano di lui e soffiano il vento sotto le ali dei gabbiani.
Perché la gente del porto non è alla ricerca di miracoli. 
La gente del porto tende a non credere per vivere, perché dove non c'è immaginazione, anche l'orrore manca.
Ma la nobiltà, quella la gente del porto la sa riconoscere.
E allora la gente canta di John Watson.
Perché lui ha donato la propria anima al mare prima che la salsedine la raschiasse via.
 
John Watson che si perso e non è tornato.
John Watson che dal sogno non si è più risvegliato.
John Watson che solo di quel canto si era innamorato.
 
 
   
 
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