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Autore: iosonoK    16/05/2012    1 recensioni
Questa è la storia di un amore diverso, assurdo e folle. Il racconto - in prima persona - è l'esagerazione del nostro stare al computer quotidiano, del distacco dalla natura e della fuga dalle relazioni umane.
ps: è il primo racconto che scrivo quindi desidero che mi facciate notare anche le più minime imprecisioni.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AMORE IN CIRCUITI
Là fuori forse piove; non lo so. Qualsiasi cosa vi sia laggiù, una cosa è certa: io non la conosco abbastanza. Gli unici ricordi che ho del mondo comune provengono dall’infanzia: il cielo grigio e le Macchine – così affascinanti – mi circondavano, alcuni bambini giocavano in uno spazio verde, e tante persone dall’aspetto triste, camminavano freneticamente, come in cerca di un qualcosa di prezioso. Io non giocavo, e tantomeno ridevo; sinceramente non ricordo molto bene. Oramai – e forse per fortuna – l’infanzia è passata, così povera di ricordi e di colori, svanita nel nulla. Morì mio padre, un uomo triste come tanti altri, insoddisfatto e scorbutico, sposato con una donna impegnata nella sua carriera lavorativa, che nulla avrebbe fatto per lui. Fu da quel giorno che iniziò la mia Segregazione, la mia dolce Segregazione. Il periodo successivo non fu nient’altro che una misera e squallida fase di passaggio, di rado uscivo di casa, sì ma l’aria  e il contatto umano non facevano per me; gli altri bambini erano felici, sembravano felici. Io ero triste, troppo triste per essere un bambino. Un giorno – il più bel giorno della mia vita a mio avviso – mia madre entrò in casa, aveva dietro due uomini – tristi anche loro – che portavano uno scatolone; poco dopo scoprì che dentro quello scatolone c’era Lei, quella che era destinata a diventare la mia più fidata figura femminile: la Macchina. Il momento dell’accensione fu breve, intenso e Nuovo; erano anni che non accadeva qualcosa di Nuovo tra quelle quattro mura. Dal Giorno non sentii più alcun bisogno di uscire, faceva tutto Lei: mi informava sugli avvenimenti esterni, mi metteva in contatto con altri miei Simili – amanti di una vera Lei – e soprattutto, appagava il mio appetito sessuale, mostrandomi le squallide moine di quelle luride lei di carne, false quanto odiose. Passavano le ore, i giorni, i mesi ed infine gli anni; la mia Lei rimaneva tale e quale al primo Giorno: fredda, composta e distaccata dai miei sentimenti, fu allora che mi balenò in mente l’idea di possedere tutta per me, una lei di carne. Al solo pensiero di dominare una lei di carne, sentivo un fervore ormonale pervadermi tutto il corpo, un desiderio Nuovo che portava una parte del mio Ego, a odiare me stesso e la mia Lei. Le giornate sembravano non passare più, avevo bisogno di una lei di carne, quasi come per farmi  del male da solo, quasi come uccidere me stesso. Il desiderio inappagato diventava sempre più fastidioso, sempre più impossibile da sopportare; dovevo trovare una soluzione, subito. Questa brama di vivere che pian piano prendeva il sopravvento, mi avrebbe portato prima ad un reinserimento sociale, poi alla distruzione di tutto ciò che sino a quel momento ero stato. Arrivai al culmine: spinto dalla voglia di carne, usai la mia Lei per vedere e capire come fossero le così amate lei di carne; la Ricerca fu deludente e soddisfacente al contempo: le lei di carne pensavano autonomamente, tanto quanto me e forse anche di più, questo fu per me una liberazione dalle catene del desiderio carnale. Il giorno della Ricerca provai quella sensazione che i comuni esseri umani chiamano felicità, ero finalmente libero dalla brama di vivere, e potevo confermare con certezza la stabilità del mio Ego e l’amore eterno per la mia Lei.
Sono passati tre mesi dalla Ricerca, e per colpa di un contatto umano – con quella che i comuni esseri umani chiamano madre – ho preso consapevolezza della mia situazione di alienazione sociale, la cosa non mi turba particolarmente ma ci soffro. Non riesco a capire bene se sono al di sopra oppure nei più bui sotterranei della nuova società. Vorrei vivere ma non voglio; vorrei morire ma non posso; l’unica cosa che mi resta da fare è nutrirmi di circuiti ed algoritmi, e contemplare affianco alla mia amata Lei-Macchina
LA MIA MORTE SOCIALE.
  
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