Il tempo passò
velocemente, mentre Albert, unito alle
capacità di Lucinda, risolveva e sventava casi sempre
più complicati, finché non
arrivò il giorno della sua ultima missione.
-Secondo Lucinda, il capo dei Black Orango si trova
dentro quella fabbrica tessile abbandonata. Albert, dai istruzioni alla
squadra.-
Manuel era stato promosso a colonnello dopo aver fatto fallire
più di una
decina di colpi ai trafficanti.
-Squadra Alfa, entrate all’interno
dell’edifi…- Un lampo
abbagliante accecò momentaneamente Albert, sebbene si
trovasse a osservare la
scena da uno schermo lontano dall’azione; subito la luce fu
seguita da un enorme
boato, mentre tutti i soldati venivano spazzati via
dall’esplosione. –Merda!-
urlò Manuel –Ci stavano aspettando quei bastardi,
ma come facevano a saperlo?
Fai qualcosa o giuro che sarò io ad ammazzarti.- Albert
sbuffò e chiuse gli
occhi.
Il dolore si era esteso anche al torace, facendogli
soffrire pene infernali.
-Squadra Alfa, fermi!- urlò il ragazzo. Prese una seconda
auricolare: -CD, ci sei?- -Forte e chiaro signore!- -Ottimo, dammi
un’altra
entrata dell’edificio, che non sia quella principale e
nemmeno quella sul
retro.- -Fatto. Alfa potrebbe irrompere dal canale di scolo,
è sufficientemente
grande.- -Entrate dal canale di scolo, CD vi fornirà le
coordinate esatte.-
Una volta all’interno dell’edificio sgominare tutte
le
trappole fu un gioco da ragazzi: -Granata stordente dietro alle
barricate che
avete davanti, sono appostati tre nemici.- suggerì Albert
osservando l’azione
dalla telecamera posizionata sull’elmetto di un soldato. Dopo
una piccola
esplosione, tre uomini uscirono da dietro degli scaffali barcollando e
tenendosi la testa come ubriachi. –Avanzate!-
ordinò il ragazzo.
Dopo circa mezz’ora, il primo piano dei tre era sgombero.
Il secondo fu molto più difficile da ripulire: Albert
dovette tornare indietro cinque volte; tre per agguati, una per un
cecchino, e
infine per evitare un missile nemico sparato da un bazooka.
–Siamo pronti per irrompere al terzo piano. È
incredibile
signore! Non abbiamo perso nessun soldato grazie alle indicazioni di
Albert,
nonostante ci fossero più di cinquanta nemici.-
esclamò il capo della squadra
Alfa all’auricolare di Manuel e di Albert. Dopo quella frase
il ragazzo si
sentì realizzato: finalmente stava vivendo il suo sogno,
stava salvando vite
umane e la sua di vita non poteva andare meglio; si sentiva
onnipotente, capo
del mondo e sovrano del tempo, nulla e nessuno poteva contrastarlo.
-Dentro la stanza c’è il capo
dell’organizzazione Black
Orango.- disse improvvisamente Lucinda. Manuel si alzò dalla
sedia: -Lo voglio
vivo, ripeto, vivo a tutti i costi!- -Ricevuto signore. Pronti?
Entriamo!-
Albert cominciò a ridere. Appena la porta si
spalancò,
un’enorme pioggia di proiettili (anche attraverso le spesse
pareti) investì
Alfa uccidendo tutti i soldati. Il colonnello sbatté
l’auricolare per terra e
cominciò a urlare in faccia ad Albert, il quale continuava
divertirsi: -Che
cazzo hai da ridere, si può sapere, eh?- -Rido
perché hai sempre la stessa
reazione ogni volta che muore qualcuno della tua squadra.- Ora fu
Albert ad
alzarsi, e mise sfrontatamente il suo viso a pochi centimetri da quello
del
colonnello con aria di sfida: -Non hai ancora capito che sono io qui il
capo?
Se voglio, potrei ucciderti, e tu tra pochi secondi non lo sapresti
nemmeno.
Senza di me tu non sei nulla, per cui abbassa i toni quando parli con
me; mi
sono stancato.- Manuel estrasse la pistola dalla sua fondina e la mise
sul tavolo
davanti al ragazzo: -Potresti uccidermi? Bene, fallo!- -Non mi
sfidare…-
-Fallo!- urlò. Albert con un movimento rapido prese
l’arma e gli sparò in pieno
petto.
Nella stanza calò il silenzio, mentre in lontananza si
sentivano dei passi avvicinarsi sempre più. Albert aveva
ancora impressa sul
viso un’espressione cinica, malvagia: quell’azione
lo aveva fatto sentire
meglio; era proprio un gesto del genere la prova definitiva della sua
onnipotenza, e questo il ragazzo lo sapeva.
Lucinda gli si avvicinò lentamente, come se nulla fosse
accaduto in quella stanza: -Ora che hai capito che puoi fare quello che
vuoi,
torna indietro e concludi l’operazione.-
-Non entrate!- urlò nell’auricolare Albert.
–Dall’altra
parte vi aspettano con mitragliatrici pesanti, se irrompete morirete
tutti.-
-D’accordo squadra- disse Manuel –allontanatevi e
fate saltare la porta, poi
fumo a volontà, non devono vedervi, non devono sapere che
siete lì. Usate i proiettili
di gomma, voglio il capo vivo.-
L’operazione fu un successo: i criminali furono presi in
contropiede dall’esplosione e dalla nebbia, e in pochi minuti
furono tutti a
terra in arresto.
Dalla sala di controllo risuonarono le grida di gioia di
Albert, Manuel e di CD nell’auricolare: -Ce
l’abbiamo fatta, i Black Orango sono
finiti!- Poi il colonnello abbracciò il ragazzo: -Senza di
te tutto ciò non
sarebbe stato possibile. Grazie davvero.- -Ok, questo bilancia il fatto
che ti
abbia sparato.- Il colonnello tornò serio: -Hai fatto cosa?-
-Niente,
assolutamente niente!- si affrettò a dire il ragazzo.
–Avevo capito che tu… ma
non importa. Tra due ore ti voglio nella sala interrogatori: la squadra
porta
qui il capo dei Black Orango. Magari mi potrebbe servire ancora il tuo
aiuto.-
Così, con un’altra pacca sulla spalla,
congedò Albert e Lucinda.
Due ore più tardi Albert vide entrare il capo dei Black
Orango nella sala interrogatori: l’uomo era scortato da due
guardie ed era
ammanettato alle gambe e ai polsi; era vestito con una camicia nera
strappata
in più punti e indossava un paio di pantaloni bucati sulle
ginocchia; aveva un
viso bianco e affilato, con una lunga coda di capelli nera che gli
scorreva
lungo tutta la schiena tenuta insieme da molti elastici colorati.
Quando il criminale entrò nella stanza, alzò la
testa, e
infilò la mano destra nella coda di capelli. Una guardia gli
afferrò il braccio
e l’uomo lo colpì nel petto con una piccola asta
di ferro arrugginita. La
seconda guardia tentò di estrarre la pistola, ma fu troppo
lenta: il criminale la
trafisse in piena gola, tappezzando le pareti della camera di rosso.
–Tanto
morirete tutti!- urlò a squarcia gola, mentre tentava
inutilmente di uscire
tirando calci alla porta blindata, come una bestia impazzita in gabbia.
-Potevano perquisirlo meglio.- commentò Lucinda che
intanto aveva raggiunto Albert. –Sai cosa fare.- gli
sussurrò all’orecchio. Il
ragazzo chiuse gli occhi, e, quando li riaprì,
sentì all’interno del suo corpo
un dolore lancinante che era diffuso dal petto al bacino; mise le mani
davanti
bocca e tossì un paio di volte.
Prima che il criminale fosse portato dentro la sala
interrogatori, il ragazzo informò le guardie del pezzo di
ferro tra i capelli
del criminale. –Figlio di una cagna!- disse uno dei due.
–Che cosa volevi fare?
Adesso prima di interrogarti ti portiamo a fare un bel
giretto…-
-Secondo me dovresti andare a farti visitare.- disse
Lucinda con la sua solita calma. –E perché mai?-
rispose il ragazzo stizzito.
–Guardati le mani.- Albert osservò i palmi delle
sue mani: erano coperti di
sangue. –Co…cosa mi succede?! Cosa mi sta
succedendo?!- Il ragazzo era in preda
a un terrore che mai aveva sperimentato in vita sua; gli occhi erano
spalancati, e il respiro era corto e affannoso, mentre, senza che se
rendesse
conto, stava tremando. L’onnipotente Albert era stato
corrotto.
-Tra poco, appena il computer li elabora, ti do i
risultati.- Albert era davvero stufo di stare sdraiato su quel lettino
bianco,
in quella stanza dove tutto odorava di disinfettante, e di sentire
sempre
quella voce tanto fastidiosa. –Ecco che arrivano…-
Il dottore stette un paio di
secondi in silenzio; guardò il ragazzo, e poi
abbassò lo sguardo sullo schermo
del computer per la seconda volta; il ragazzo, e lo schermo, di nuovo.
–Mio
caro- disse –hai partecipato per caso a una rissa in questi
giorni?- Albert rimase
stupito da quella assurda frase. –Non mi interessa cosa hai
fatto- proseguì il
dottore –ma devi smettere immediatamente. Non ho mai visto
una cosa del genere:
sembra che i tuoi organi abbiano subito una forte pressione sia
dall’esterno
che dall’interno, come se… in parole povere sembra
che tu li stia spremendo.-
Albert era perfettamente consapevole di ciò che gli stava
accadendo, ma nel suo
inconscio non era ancora pronto ad accettarlo definitivamente. Prima
che il
ragazzo uscisse dallo studio, sentì il dottore che gli disse
che se non avesse
preso delle precauzioni, molto presto il danno sarebbe stato
irreversibile.
Per ‘distrarsi’, Albert andò ad
ascoltare
l’interrogatorio nella stanza accanto a quella del criminale,
in cui,
attraverso un vetro, poteva osservarlo senza essere visto.
–Sappiamo entrambi che i Black Orango non sono stati
definitivamente sconfitti. Bruce, se mi dici qual è il
piano, sicuramente tenterò
di fare qualcosa per te.- disse Manuel, serio e irremovibile, seduto
davanti al
malvivente. Bruce rise: -D’accordo, se vuoi ti spiego tutto.-
Il colonnello
rimase tanto sorpreso quanto sospettoso: gli sembrava davvero
impossibile che
un criminale del suo calibro si fosse arreso tanto facilmente.
–Credi che non
me ne sia accorto che tutti i nostri tentativi di traffico
d’armi e droga siano
falliti miseramente? E quando dico ‘tutti’, intendo
proprio tutti.- -Siamo
diventati sempre più bravi.- rispose Manuel inorgoglito. -
Poi vi conosciamo da
tanto tempo, ormai siete un libro aperto per noi.- Bruce scosse la
testa:
-Credi anche che la nostra organizzazione non abbia delle spie
infiltrate
dappertutto?- Ora il colonnello impallidì.
–Esatto, ne abbiamo anche ‘un paio’
qui da voi.- Fece una breve pausa, come per far piombare ancora di
più nello
sconforto il suo interrogatore. –Da un paio di anni non
riusciamo più a
concludere un affare, e guarda il caso, proprio da quando in questo
posto è
arrivato un nuovo ragazzino, un certo Albert. I nostri informatori mi
hanno
detto che è capace di cose straordinarie, e la prova
è che nessuno dei vostri
soldati sia stato mai ferito.- Schifoso bugiardo!- urlò
Manuel –Nulla di ciò
che hai detto è vero!- Bruce rise di nuovo: -Davvero?
Scommetto che il ragazzo adesso
si trova dietro quello specchio.- Il sangue di Albert gelò
di colpo.
–D’accordo, allora il tuo piano quale sarebbe?-
chiese il colonnello sicuro di
sé –Se credi che abbiamo un’arma
così potente, come farai a batterla?- Bruce
allargò
le gambe e si mise a suo agio sulla sedia metallica, come se si
trovasse in un
locale pubblico: -So che Albert può tornare indietro nel
tempo e cancellare ciò
che è avvenuto.-
Il ragazzo cominciò a passeggiare per lo stanzino,
nervoso più che mai: non gli sembrava possibile che il suo
più intimo segreto
fosse tra le mani dell’organizzazione.
-Ora ti dico cosa faremo.- continuò Bruce –Non
importa
quante volte il ragazzo torni indietro nel tempo, (magari lo ha fatto
in questo
momento) ma non potrà mai cancellare la sua morte.-
-Touché, mon amie, touchè!- disse scherzosamente
Lucinda
alle spalle del ragazzo. Albert voleva spaccare il mondo: non solo il
suo dono,
ma adesso anche il suo punto debole; si sentiva totalmente impotente, e
ciò lo
faceva stare male più di qualsiasi altra cosa.
-Il mio piano è questo. Domani, 31 maggio, un mio
complice entrerà qui, in questo edificio; naturalmente
nessuno di voi sospetta
minimamente chi sia. Nella sua valigetta avrà tanto
esplosivo da far saltare
tutta la baracca. Potete trasferire il ragazzo da qualche altra parte,
ma noi
lo verremmo a scoprire comunque in breve tempo. Se decidi di
controllare tutte
le valigette, accomodati pure: c’è troppa gente
che lavora qui, ed è
impossibile per te controllare ogni singola persona. Dovrai delegare
l’incarico
ad altri e… il gioco è fatto. Chiudi la baracca
per il 31? Nessun problema! Il
tutto avverrà il giorno successivo, o quello ancora dopo.
Hai perso: Albert
potrà tornare indietro quante volte vorrà,
comunque è impossibile che il 31
maggio non giunga. Puoi tentare di tutto, se vuoi, ma ci sono troppi
miei
uomini qui dentro.- Poi col sorriso sulle labbra: -Sarà una
strage! E se quel
giorno il ragazzo volesse fare l’eroe, e consegnarsi, sappi
che non lo
accetterò: insieme a lui devono morire altre persone.- -Se
siete così
organizzati, perché non fate saltare in aria tutte le nostre
basi operative,
così da toglierci di mezzo tutti?- chiese Manuel.
–Semplice! Perché fino ad
oggi ci abbiamo guadagnato. Non hai idea di quanti colpi abbiamo messo
a segno
grazie alle nostre spie. Se voi non ci foste più,
un’altra agenzia prenderebbe
il vostro posto, e io dovrei ricominciare il lavoro da capo.-
Il colonnello guardò lo specchio dietro il quale
c’era Albert,
e con l’espressione del suo volto gli chiedeva disperatamente
aiuto.