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Autore: elyxyz    18/05/2012    12 recensioni
Questa fic contiene spoiler sulla puntata 4x04 “Aithusa”.
La storia prende spunto dagli eventi della puntata, ma ho rimaneggiato fatti e informazioni a mio piacere, portandoli verso un’altra direzione.
Ma Merlin non era solo un mago, era anche un Signore dei Draghi, forse l’ultimo di essi, e – come gli aveva rammentato il drago, tra un ruggito e l’altro, neanche tanto velatamente – lui aveva un compito di fondamentale importanza da portare a termine.
Era suo dovere prendersi cura di quella creatura non ancora nata. Glielo imponeva il suo ruolo, quel ruolo che suo padre gli aveva tramandato, sacrificandosi per salvargli la vita.
Kilgharrah era stato perentorio, a riguardo. E anch’esso, riconobbe Merlin a malincuore, aveva le sue giuste ragioni. E ottime argomentazioni.
[ATTENZIONE: Merlin & Arthur, friendship (o pre-slash SOLO AD INTERPRETAZIONE PERSONALE)].
Genere: Avventura, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Drago, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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Sono sette mesi che ‘covo’ questa fic nelle mie bozze

Sono sette mesi che ‘covo’ questa fic nelle mie bozze. E finalmente mi sono decisa a finirla! *_*

Oggi, invece, che sono a casa malata, trovo il tempo di postarla. U_U

 

Questo racconto contiene spoiler sulla puntata 4x04 “Aithusa”.

La storia prende spunto dagli eventi della puntata; tuttavia, essi sono stati rimaneggiati verso un’altra direzione dal minuto 25 circa in poi. Diciamo che nella mia fic non entreremo nella grotta e prenderemo un’altra strada. Ah! Ho anche usato le parole di Kilgharrah a mio uso e consumo. XD

 

Come ho spiegato ad alcune autrici a suo tempo, ho scelto di non leggere nessuna fic su Aithusa, per non venirne influenzata mentre scrivevo questa storia. Chiedo perdono se, in qualche modo, questa fic può assomigliare ad altre, la cosa non è affatto voluta ed è del tutto casuale.

In minima parte, è anche un omaggio a Saphira di Eragon, anche se è passato un secolo da quando l’ho letto.

 

La storia è composta da 5 capitoli ed è già finita, è in fase di betareading.

 

ATTENZIONE: Merlin & Arthur, friendship (o pre-slash SOLO AD INTERPRETAZIONE PERSONALE).

 

 

Grazie.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

A chiunque vorrà lasciare un parere.

Grazie.

 

Aithusa

 

[Our Egg, Our Mascot]

 

 

 

Capitolo I: La Compagnia del Drago (Impossibile way, just way)

 

 

“Dobbiamo dirigerci verso Est.”

 

Quando Merlin aveva espresso quell’indicazione precisa, tutti i cavalieri lo avevano guardato stupiti, ma solo Arthur aveva manifestato le loro perplessità, chiedendogli come facesse a saperlo.

 

Avrebbe mai potuto dirgli che gliel’avevano rivelato i Druidi, quella notte, mentre lui dormiva?

 

Il mago si era morso le labbra, arrabattando una risposta verosimile, o quantomeno decente.

“Sento che è andato in quella direzione.” Motivò frustrato, sapendo che il re avrebbe criticato la sua spiegazione; ma, per fortuna, Elyan aveva trovato giusto in quel frangente dello sterco di cavallo, segno che effettivamente il servo aveva visto giusto e l’uomo che li precedeva era diretto da quella parte.

 

Quindi, senza indugiare oltre, Merlin aveva ripreso per primo il cammino incitandoli a proseguire, senza aspettare che gli altri, concretamente, lo imitassero.

 

Ancora una volta, Arthur sollevò un regale sopracciglio, stupito dal comportamento del suo servitore, divenuto così impensabilmente zelante verso questa missione.

Pur avendo sulla punta della lingua un’osservazione pungente nei suoi confronti, egli preferì – all’ultimo momento – tenersela per sé e non chiedersi come mai il suo scudiero fosse diventato talmente volenteroso da fare da apripista.

 

Il semplice fatto che quell’idiota non si lamentasse ad ogni sospirar di vento di avere fame, sete o le ossa doloranti, era già di per sé una cosa eccezionale. Perciò se lo sarebbe tenuto più che volentieri silenzioso e ligio, anche se – da esperto cacciatore e guerriero qual era – il re avrebbe continuato a diffidare delle sue dubbie capacità di seguire una traccia. Probabilmente Merlin aveva scelto a caso uno dei punti cardinali e – sempre casualmente – aveva indovinato.

 

 

***

 

 

Dannazione!, avrebbe dovuto dare retta a Gaius!

Da che era partito, Merlin continuava ad imprecare contro se stesso.

Benché lui non condividesse appieno le convinzioni del suo mentore, riconosceva che questi aveva avuto ragione su Julius Borden e i suoi intenti illeciti. E lui si era fatto abbindolare come un allocco!

 

Ancora ricordava il senso di rabbia e impotenza che erano sopraggiunti dopo lo smarrimento iniziale, quando si era risvegliato, all’alba, fra la postierla semiaperta e le mura perimetrali.

Julius si era approfittato della sua buonafede! Lo aveva usato per i suoi scopi – appropriarsi della terza parte della Triscele – e poi si era disfatto di lui.

 

Quel che era peggio, secondo lui, era che quel mascalzone non aveva scrupoli e avrebbe potuto usare quell’uovo di drago per i suoi scopi malvagi.

 

Su questo, Gaius ci aveva visto giusto e poi aveva espresso una grande verità. Quell’uovo era rimasto nascosto al sicuro per quattrocento anni, e forse nessuno avrebbe dovuto appropriarsene.

 

Ma Merlin non era solo un mago, era anche un Signore dei Draghi, forse l’ultimo di essi, e – come gli aveva rammentato il drago, tra un ruggito e l’altro, neanche tanto velatamente – lui aveva un compito di fondamentale importanza da portare a termine.

Era suo dovere prendersi cura di quella creatura non ancora nata. Glielo imponeva il suo ruolo, quel ruolo che suo padre gli aveva tramandato, sacrificandosi per salvargli la vita.

 

Kilgharrah era stato perentorio, a riguardo. E anch’esso, riconobbe Merlin a malincuore, aveva le sue giuste ragioni. E ottime argomentazioni.

 

Alla fine, gli aveva promesso che avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per recuperare l’uovo, l’ultimo della sua specie, anche se sinceramente non sapeva come fare: avrebbe dovuto raggiungere Borden e impedirgli di fare qualche sciocchezza e, al contempo, avrebbe dovuto trattenere Arthur dal distruggere quella cosa tanto preziosa.

E, poiché preparare piani d’azione era impossibile – troppe erano le varianti impreviste – come sempre, avrebbe dovuto improvvisare.

 

 

***

 

 

Avevano cavalcato per buona parte del giorno, seguendo le tracce di quel furfante con intenti malvagi, scendendo di tanto in tanto dalle loro cavalcature per verificare le orme lasciate e studiare le tracce fuorvianti del terreno. E, ogni volta, il servo risaliva in groppa per primo e ripartiva senza indugi per non accumulare ulteriore ritardo.

Ma, essendo una corsa contro il tempo, a Merlin sembrava che la distanza tra loro e colui che inseguivano non diminuisse mai e che, da un momento all’altro, avrebbe percepito in qualche modo di essere arrivato troppo tardi.

Nel suo animo sensibile, i sensi di colpa per aver deluso Gaius, tradito Kilgharrah e soprattutto la memoria di suo padre, se ne stavano in un cantuccio inquieti, pronti ad essere sguinzagliati.

 

Quando Gwaine gli si era affiancato, trotterellando allo stesso passo per chiedergli come mai fosse così silenzioso, lo stregone si impose di stiracchiare le labbra in un tentativo di sorriso.

 

“Prima arriveremo e prima torneremo a casa!” aveva risposto, fingendo un’aria annoiata.

 

“Dubito che arriveremo a Camelot per cena!” aveva ironizzato l’altro, credendo che l’amico si fosse un po’ offeso per lo scherzo che gli avevano architettato lui e gli altri cavalieri la sera addietro.

“Ma stavolta non ti nasconderemo il piatto. Promesso!” gli garantì, per cercare di rimettere a posto le cose.

 

Merlin apprezzò la sua gentilezza, e anche se non poteva dirgli quali erano i suoi reali crucci, gli fu grato per l’amicizia che l’altro gli dimostrava.

 

“Sarà meglio, altrimenti metterò il doppio del pepe nei vostri piatti… oppure delle bacche di sambuco!” minacciò, per stare al gioco, mentre Arthur – che in quel momento li stava superando, per mettersi a capo della piccola carovana – gli diede uno scappellotto sulla nuca come ammonimento.

 

“Non puoi avvelenare il tuo re, Merlin.” Gli intimò, con l’inflessione arrogante di quando voleva sottolineare il suo potere.

 

“Ahi!” guaì il servo, rispondendo con un’occhiataccia, a cui il giovane Pendragon replicò con un ghigno.

 

Un istante dopo, anche Elyan imitò il sovrano, passando accanto al valletto reale e dandogli una lieve scoppola. “Non puoi avvelenare neppure il fratello della tua migliore amica!” gli rammentò, sorridendo e ammiccando.

 

“Ehi!, ma-” si lamentò lo stregone, voltandosi indietro per controllare che nessun altro cavaliere avesse intenzione di colpirlo, però – nel farlo – non si accorse che anche Leon si era avvicinato e aveva ripetuto il medesimo gesto dei due uomini che lo avevano preceduto.

 

“Sir Leon!” sbottò il mago, massaggiandosi, indignato. “Anche voi?!

 

“Io ti ho sempre trattato bene Merlin, non troverei giusto che tu mi avvelenassi…” gli spiegò, complice degli altri cavalieri.

 

Fu a quel punto che il servo ruotò il busto sulla sella, verificando la posizione di Percival, che era poco dietro di lui.

“No! Voi no! Non ci provate neppure!” esclamò, incassando il collo nelle spalle per sicurezza. “Potreste staccarmi la testa di netto, con la vostra forza!” strillò, fingendosi esageratamente preoccupato.

 

Gli altri risero di lui, e Percival si limitò a sbuffare, con condiscendenza.

“Se mi metterai le bacche nel piatto, potrei colpirti quando meno te lo aspetti. Stai in guardia!” lo ammonì, gonfiando i muscoli per sembrare ancor più intimorente di quanto già non fosse.

 

L’avvertimento fece scoppiare una seconda ondata di risa, mentre lo scudiero rinunciava a futuri propositi di ritorsione culinaria.

 

 

***

 

 

“Solo quando la via che ti si porrà davanti sembrerà impossibile, allora vorrà dire che è quella giusta.”

 

Le parole del capo dei Druidi echeggiavano dentro di lui, fintanto che Merlin osservava, desolato, il crepaccio di venti iarde che divideva il terreno fra loro e la presunta meta. Vi era una alta e stretta valle con un fiume, che serpeggiava una ventina di aste più in basso.

Assieme ai suoi compagni, anch’egli si sporse per guardare giù e nel farlo urtò una piccola pietra che cadde nel vuoto. Fu solo dopo un tempo terribilmente infinito che si udì il tonfo del sasso nell’acqua.

Lo sguardo che tutti si scambiarono fu alquanto eloquente.

 

“Eppure le sue tracce finiscono qui.” Aveva ripetuto Leon, per l’ennesima volta.

 

“Ehi, Perce! Niente di nuovo?” chiese Elyan al cavaliere silenzioso, che faceva ritorno da una breve perlustrazione. La sua espressione frustrata rispose per lui.

 

“Non può essersi buttato nel vuoto!” sbottò Gwaine, sbattendo le mani guantate contro le cosce per scaricare il nervosismo. “Oppure sì?”

 

“Nessuno riuscirebbe a sopravvivere a quel salto.” Aveva risposto Arthur, pensieroso. “E nessuno riuscirebbe a risalire una parete così scoscesa.” Specificò, per puntiglio.

 

“Eppure un modo c’è. Deve esserci.” Aveva bofonchiato Merlin, tra sé e sé, tastando il terreno attorno a dove comparivano le ultime impronte del fuggiasco.

 

“Solo quando la via che ti si porrà davanti sembrerà impossibile, allora vorrà dire che è quella giusta.”

 

“E se il ladro fosse un mago?” riprese Gwaine, dando voce ad un dubbio lecito. “Magari ha usato qualche stregoneria ed è volato di là!”

 

Mentre sussultava vedendo Arthur impallidire per l’idea del suo sottoposto, Merlin sentì stringere le viscere. E si sentì un po’ più colpevole. E traditore.

 

“La magia è il male.” Aveva risposto il re, incrociando le braccia, applicando i paterni insegnamenti. “E comunque ritengo improbabile che un uomo riesca a volare…” concluse infine, esprimendo stavolta il proprio pensiero.

 

In quell’esatto istante, fintanto che il suo signore terminava di parlare, lo stregone fu colpito da un’idea e sussurrò un incanto di disvelamento e, come dal nulla, comparve davanti a loro un ponte malandato, che tuttavia collegava inequivocabilmente le due sponde.

 

Tutti i presenti sgranarono gli occhi contemporaneamente, stupefatti da quell’apparizione.

 

Un attimo prima non c’era, e un attimo dopo era lì, sotto al loro naso.

 

Ma come diamine-!” imprecò Arthur, sondando ora i suoi uomini impalati ora il ponte. L’unico fuori posto era… “Merlin!” ruggì, rivolto al suo servo. “Cos’hai combinato?!”

 

“Io? Io niente!” si difese il valletto, con foga, mentre ancora a carponi si risollevava seduto sui talloni. “Ho solo sfiorato questa pietra!” spiegò, additando la piccola sporgenza.

 

“E’ senza dubbio stregoneria…” considerò Sir Leon, preoccupato.

 

“Non me ne importa.” S’intromise il mago, accostandosi alla passerella con l’intento di salirvi. “Non c’è tempo da perdere!”

 

“No, Merlin, aspetta!” lo fermò Sua Maestà, afferrandolo per il braccio con l’intenzione di trattenerlo.

 

“Che avete?” sbuffò lo scudiero, senza nascondere l’impazienza nella voce. Avevano perso fin troppo tempo, offrendo un involontario vantaggio a quel farabutto di Borden.

 

“Sei forse impazzito?!” lo sgridò Arthur, rafforzando la stretta. “Non è altro che un ammasso di tavole malridotte e corde marce!” considerò. “Non è sicuro!”

 

Merlin si liberò dalla sua presa con un piccolo strattone.

“Beh, finché non si tenta, non lo sapremo mai. Mi offro come volontario per attraversarlo per primo.” Dichiarò. “Sono il meno pesante fra noi.”

 

Il re strabuzzò gli occhi, riacciuffandolo per gli avambracci.

“Ma ti sei ammattito?!” domandò, scuotendolo quasi per svegliarlo da quello stato. “Merlin, che diavolo ti prende?! Ritorna in te!” gli ordinò. O forse lo pregò.

 

“Sire… non sono uscito di senno.” Lo rassicurò, sorridendo per corroborare la sua risposta. “Voglio solo concludere al più presto questa dannata missione, così potremo tornarcene a casa! Non è forse ciò che desiderate anche voi?

 

Arthur non parve del tutto persuaso della sua replica, ma lo lasciò andare.

“Comprendo. Tuttavia quel ponte-” non ebbe modo di finire la frase, che già il suo servo si era lanciato verso le assi sospese nel vuoto, arrivando dalla parte opposta, incespicando e barcollando un paio di volte sulla passatoia ciondolante, mentre egli – con tutti i suoi uomini – tratteneva il fiato per la paura di vederlo inghiottito nel vuoto da un momento all’altro.

 

“Tu! Stupido idiota!” ruggì il giovane Pendragon, esprimendo nell’ira il terrore che lo aveva paralizzato, incurante del sorriso del suo valletto personale. “Aspetta che ti raggiunga e vedrai!” minacciò.

 

“Sire, mi dispiace, ma non potevo fare altrimenti!” si scusò, senza darsi pena di sembrare realmente contrito. Poi ripuntò l’attenzione sulle vere priorità. “Per prudenza, è preferibile oltrepassarlo uno alla volta!” si raccomandò. “Sembra reggere bene il peso di una persona sola! Non fate caso agli scricchiolii!”

 

Purtroppo per lui, Merlin non poteva sapere che Julius aveva manomesso le corde del ponte, per eliminare possibili inseguitori e che lui, al primo passaggio, aveva involontariamente indebolito la struttura.

 

“D’accordo, ci vado io.” Si risolvette Arthur, per dare il buon esempio. Quindi si tolse parte dell’armatura per essere più leggero e si sistemò il mantello e la spada al fianco. “Lasciate i cavalli al pascolo e poi seguitemi.”

 

I suoi sottoposti eseguirono all’istante quanto suggerito, prendendo dalle rispettive cavalcature ciò che sarebbe potuto servire loro e togliendo le selle e le briglie dalle bestie.

 

Successivamente, col fiato sospeso, assistettero all’avanzata del monarca verso il centro del burrone, mentre Merlin, dall’altro lato, faceva altrettanto.

 

Mancava meno di una iarda per toccare il suolo al di là, quando il nobile udì un rumore improvviso, sordo, come di uno strappo, una lacerazione e – con un piccolo ansito di sorpresa – si sentì mancare il sostegno sotto ai piedi.

Fu per istinto che egli riuscì ad afferrare una delle corde, mentre andava a sbattere di peso contro la parete rocciosa dello strapiombo e soffocava un grido di dolore, rimanendo a penzoloni nel vuoto, intanto che le assi di legno cadevano inermi verso la loro distruzione.

 

“Maestà!” urlarono in coro tutti, spaventati dalla situazione di estremo pericolo, e Merlin si chinò verso di lui.

 

“Arthur, reggetevi!” gli comandò, cercando di issare la fune a cui era aggrappato, ma il suo peso robusto rendeva difficile l’operazione.

 

Il re guadagnò un pollice alla volta, strisciando verso l’altro, arrancando coi piedi contro le rocce appuntite, incurante delle abrasioni, ma scivolando a causa della parete sdrucciolevole.

 

Appena sopra di sé, sentiva il suo servo ansimare per l’immane fatica e tuttavia non lo vide cedere, fino a quando, con un ultimo sforzo, egli non raggiunse l’orlo del burrone.

 

“Arthur, afferrate la mia mano!” lo supplicò Merlin, con un tono quasi disperato e il viso contratto in una smorfia di tensione.

 

Il nobile gli si affidò, aggrappandosi a quelle dita così esili e così forti, nel momento esatto in cui la funicella a cui era attaccato si strappò, sotto al suo peso, cadendo anch’essa nel vuoto.

 

Sostenuti dagli incitamenti dei cavalieri, servo e padrone raggranellarono l’ultima oncia di energia e, finalmente, si ritrovarono entrambi in salvo, appena oltre il ciglio del baratro.

 

Adesso che la sua vita non era più in pericolo, Arthur si prese il tempo di rimanere lì, sdraiato riverso sulla terra umida, a respirare a pieni polmoni, mentre il cuore impazzito minacciava di scoppiare.

 

Sentiva Merlin accanto a sé fare altrettanto, il calore del suo corpo vicino al proprio.

 

“Grazie.” Ansimò, cercando un contatto con la mano che era fra loro.

 

Dovere.” Rispose il servo, stringendogliela come vera risposta.

 

Fu solo qualche istante dopo che il nobile si accorse di quanto era ruvida e scorticata a causa del salvataggio.

 

Del resto, egli non versava in condizioni migliori.

 

“Maestà! Va tutto bene?!” si sentì urlare, poiché gli uomini oltre il dirupo cercavano rassicurazione.

 

Arthur allora si rialzò a sedere, e successivamente si mise in piedi, mugugnando un po’ per il dolore e Merlin prontamente gli fu accanto.

 

“Siete ferito?” si preoccupò il servo, scrutando i tagli sulla sua tempia e sulla guancia, la tunica e le braghe strappate in più punti dagli spuntoni di roccia.

 

“E’ una sciocchezza, ho sbattuto contro la parete.” Garantì, gonfiando il petto e raddrizzando le spalle, benché avesse una fitta costante alla scapola destra. E forse una costola incrinata.

Gli faceva male respirare.

Gli faceva male un po’ dappertutto, ad essere sincero. Ma questo non poteva dirlo.

 

“Siete sicuro?” insistette lo scudiero, nient’affatto persuaso dalla sua bugia.

 

Ma perché diamine quell’idiota lo conosceva così bene?

“Sì, Merlin.” Ripeté, strascicando il nome per indispettirlo e distoglierlo dalla sua apprensione. E, senza attendere oltre, si rivolse ai suoi sottoposti in attesa: “Stiamo bene!”

Anche da lì, poteva chiaramente scorgere il loro sollievo.

 

“Vostra Altezza, cosa possiamo fare?!” chiese Sir Leon, riferendosi ora al passaggio distrutto.

 

“Maestà, noi dobbiamo proseguire… trovare l’uovo di drago… il ladro ha già troppo vantaggio…” gli rammentò lo stregone, intromettendosi fra loro.

 

Alla fine, scegliere il da farsi fu tutt’altro che complicato.

 

“Perlustrate la zona, andate verso valle per vedere se la spaccatura si restringe, forse sarà più semplice ricongiungersi. Se così non fosse, ritornate indietro e provate a legare tra loro saldamente le funi, ricostruiremo un transito di corde!” ordinò, sapendo che gli altri gli avrebbero obbedito ciecamente. “Nel frattempo, io e Merlin proseguiremo nella missione!”  

 

Appena ottenuto un: “Ai vostri ordini, Maestà!” il re e il mago ripresero il cammino.

 

 

Continua...

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio a Tao, che sopporta i miei scleri. X3
E a Giuls, che mi coccola col suo entusiasmo!

 

Note: Pur preferendo abitualmente i nomi originali, ho scelto di utilizzare Triscele anziché la versione grecizzata Triskelion, usata nell’episodio in inglese. Ho adoperato un paio di frasi della puntata, avvalendomi delle traduzioni, ma modificandole un po’ a mio piacere.

 

Colore del titolo ‘dovrebbe’ richiamare le gradazioni dell’uovo, purtroppo non è possibile farlo in modo realistico. U_U

 

Le bacche di sambuco a cui Merlin accenna non sono mortali, bensì un potente purgante. X°D

 

Ho usato il termine ‘asta’ per tradurre ‘rod’, l’unità di misura inglese. 1 rod corrisponde a circa 5 metri.

 

Lo dico ora per sempre. Per me Aithusa è una femmina. E’ una convinzione che ho dal primo momento in cui l’ho vista. *_*
Da spoiler confermati della 5^ stagione, (evidenziate per leggere) sembra che la cosa sia confermata: è una dragonessa! ^^

 

 

Avviso di servizio: Linette arriverà tra qualche giorno; scusate il ritardo, ma se mi concentro solo su di lei, non riesco mai a postare nient’altro delle mille fic che ho in bozza. Ç_ç

 

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

   
 
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