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Autore: Zomi    18/05/2012    8 recensioni
GROWHHHH…
Si posò una mano sullo stomaco, sentendolo borbottare, sorridendo.
Già, la mente ora era sazia, ma il corpo necessitava di ben altro nutrimento...
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nico Robin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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ANGOLO DELL’AUTORE:

A Nico Robin92, Robinchan07e Miky923…
 

Zomi
 

 
 
 

 

HUNGER

 
 
Le pagine del libro erano giallognole e dure, seccate dal vento di mille anni e fragili come foglia.
Delicata e con mano leggera, Robin, voltò per l’ennesima volta in quella notte una pagina dell’antico volume di storia che stava leggendo, aspirandone avida l’intenso aroma racchiuso in lui, leccandosi le labbra al dolce sapere degli anni passati, che le era così piacevolmente donato senza alcun contraccambio. Quelle sagge e delicate parole d’inchiostro che racchiudevano mille segreti, si aprivano a lei,  svelandone dettagli e retroscena del passato, dimenticate o cancellate apposta perché troppo scomode.
Robin amava la storia.
Era la madre del presente e la nonna del futuro.
In lei si nascondeva la vera motivazione delle azioni di oggi.
Guerre, patti, alleanze, armistizi, paci…
Piccole parole che nascondevano il sacrificio di molti per una giusta, o sbagliata causa.
Leggere quelle frasi di saggezza, la sfamavano, saziando per un attimo il suo appetito di sapere e di conoscenza. Non sentiva più quel languorino lontano stuzzicarle la mente e intorpidirle il palato. Si sentiva proprio sazia, o almeno a livello culturale.
GROWHHHH…
Si posò una mano sullo stomaco, sentendolo borbottare, sorridendo.
Già, la mente ora era sazia, ma il corpo necessitava di ben altro nutrimento.
Sorridendo dolcemente, chiuse il volume, posandovi sopra le mani ad accarezzarlo. Era ormai notte fonda, e tutti sulla Sunny dormivano. Guardò per pochi secondi il letto occupato dalla sua sorellina, accavallando le gambe sensualmente e rilassando la schiena contro lo schienale della sedia della scrivania.
Nami dormiva pacifica, per niente disturbata dalla lieve luce della lampada dello scrittoio, usata dall’archeologa per leggere.
La mora si alzò dalla sedia, spegnendo il lumino e incamminandosi verso la porta. La socchiuse silenziosamente, donando un'ultima occhiata alla rossa e augurandole, con un sorriso, la buona notte.
Con il suo solito passo felpato e silenzioso, iniziò a camminare nel corridoio, decisa a voler raggiungere la cucina e sfamare anche il suo stomaco, geloso della sazietà del cervello della mora, stracolmo e pieno di conoscenze.
Avanzò serena, seguendo le venature del legno su cui camminava, felice di poter chiamare quella piccola nave casa e di conoscerla come le sue tasche. Posò la pianta del piede a terra, fermandosi sorpresa di notare un leggero e debole bagliore provenire dall’interno della cucina. Piegò il capo su un lato, chiedendosi se non fosse l’unica ad aver bisogno di carboidrati a quell’ora di notte.
Lentamente, si avvicinò alla porta della cucina, appiattendosi contro la parete in legno del corridoio, per sbirciare all’interno della stanza e vedere chi la occupasse.
Si sporse sull’uscio di essa, affacciandosi con metà volto.
Nella penombra giallognola della stanza, seduto su uno sgabello del piano cottura della cabina, incurvato verso un piccolo pittino che si andava svuotando, Rufy, il suo capitano, mangiava velocemente e a mani piene dandole le spalle, e alzando continuamente lo sguardo introno a se, per assicurarsi che nessuno scoprisse quel suo spuntino di mezzanotte.
Il moro, ancora intorpidito dal sonno, si era svegliato nel suo letto con lo stomaco brontolante e piangente, in una rumoreggiante preghiera di cibo.
Storcendo la bocca, e stiracchiandosi scricchiolando, il ragazzo di gomma si era diretto verso la cucina, per saziare il suo notturno appetito, cercando di non emettere alcun suono nel suo camminare e, soprattutto, di non svegliare Sanji, che di certo l’avrebbe picchiato brutalmente se l’avesse scoperto a girovagare nella sua cucina a quell’ora, in cerca di cibo.
Silenzioso e felino come un ladro, era sgattaiolato lungo il corridoio, sgusciando poi tra le sedie attorno alla tavola della sala da pranzo e introdursi, in fine, nel regno di Mr. Prince.
Lì, in punta di piedi e con sguardo sottile, si era avvicinato al frigo, e con un pugno ben assestato, aveva frantumato in mille pezzettini il lucchetto di sicurezza che chiudeva il mobile, vano tentativo di fermare la sua fame.
Vittorioso, aveva acceso una piccola candela per visionare il contenuto del bianco armadietto freddo dei viveri, sbavando affamato davanti ai vari resti della cena.
In una piccola terrina, riposava freddo il polpettone, mentre su un ripiano superiore, tremava per la visione dei canini bavosi del moro, una piccola gelatina rosa.
Rufy esaminò attento tutti gli alimenti, buttandosi poi deciso contro metà del dessert che si era salvato la sera prima dal suo stomaco: una bellissima e buonissima torta di pasta frolla ricoperta da mille nuvolette di bianca panna dolce.
Sorridente, l’aveva resa libera da quell’orrenda prigione formato frigo, per posarla sul ripiano cottura e iniziare a mangiarne veloce una fetta.
Ingurgitava briciola dopo briciola tutta la sua fetta, non permettendosi però distrazioni e continuando a muovere viso e occhi tutt’intorno a lui, all’erta di ogni più singolo rumore della notte.
-Buonasera capitano…- sorrise Robin, emergendo dal buio del corridoio e avvicinandosi a lui.
Sorpreso, Rufy, abbracciò protettivo il suo piatto di dolce, tirando un sospiro di sollievo nel veder venirgli incontro la mora e non invece il cuoco.
-Oh Robin…- le sorrise -… ciao!!!-
L’archeologa, sorridente come suo solito, gli si sedette accanto, posando le mani sul bancone della cucina.
Rufy la osservò con attenzione.
Robin era diversa da tutte le donne che conosceva. Non era come Nami, la sua sorellina, che urlava e picchiava tutti se non si faceva quello che lei ordinava. Robin sorrideva sempre, non urlava mai e quando parlava, aveva sempre un tono di voce calmo e morbido.
Robin non era nemmeno come Boa, che lo viziava in tutto e per tutto, sommergendolo di cibo e facendolo, quasi sempre, ingozzare oltre i suoi limiti. Robin no, lei lo lasciava magiare si liberamente, ma poi lo fermava quando lo vedeva raggiungere il suo limite, evitandogli così quegli orribili, e assai rari, mal di pancia che lo assalivano quando mangiava troppo.
Non era nemmeno come Bibi, la principessa di Alabastra, sua amica ma non quanto lei, che lo aiutava a capire quelle frasi così difficili e complesse che a volte Chopper o Nami usavano durante la navigazione, o che gli leggeva con passione una storia, senza mai dirgli di no.
Non era nemmeno come Dadan, la sua mamma. Anche se era buona e saggia come lei, Robin però era più… più… più bella, si!!!
Per Rufy, Robin era proprio bella.
-Perché sei sveglia?- le chiese, voltandosi verso di lei e accovacciandosi a gambe piegate sul sedile dello sgabello.
-Avevo un po’ di fame…- spiegò la mora, avvicinandosi il piatto con sopra la torta salvatasi dall’attentato culinario del capitano, e servendosene una piccola fetta in un piattino, arrivato sul ripiano a cui era addossata, grazie a una sua mano apparsa in un turbinio di petali rosa su un mobile della stanza.
-Dai?!? Anch’io…- sorrise lui, prendendo tutta la torta restante e divorandola.
Robin sorrise teneramente, divertita dalla spontaneità di quel giovane.
Era strano, ma con lui si sentiva bene. Nonostante avessero parecchi anni di differenza e a livello culturale un abisso chilometrico gli dividesse, Rufy la faceva sentire bene. Il suo carattere sincero e puro, la rallegrava, facendola sentire accettata e al sicuro.
Il suo corpo poi, ora più maturo e muscoloso dopo duri allenamenti, le dava la vera e tangibile sensazione di protezione che per tanti anni aveva cercato nel Grande Blu, per poi trovarla, con sua grande sorpresa, in un esile e sorridente ragazzino che sognava di diventare Re dei Pirati. Arrossì assaggiando un pezzo del dolce, affermando dentro di se che il suo capitano, spesso e volentieri, le piaceva parecchio, e che nonostante fosse un po’ schiocco e avventato, per lei era bellissimo.
-Mmmmgrh… infgrtz…-
-Come capitano?- chiese sorridendo ai mugugni del moro.
Quello, deglutendo con forza un ammasso non più ben distinguibile di panna, pasta frolla e saliva, ripeté: -Hai della panna sul viso…-
Robin si passò un dito ai lati delle labbra, cercando di ripulirsi.
-No, aspetta… più su… no ora più giù… a destra… un pocchettino più di lato…- la guidava Rufy -… no, no… adesso più a sinistra… no, aspetta, faccio io…-
Alzandosi dallo sgabello, si avvicinò a lei, e con un dito l’accarezzò sopra il labbro superiore, dove un buffetto di panna la macchiava. Goloso, il moro si portò il dito unto alla bocca, inghiottendolo e assaporandone il sapore.
-Fatto…- biascicò, restando in piedi davanti all’archeologa, la quale sorrise come ringraziamento.
-Però è strano…- farfugliò Cappello di Paglia, ripassandosi sulle gengive il dito imbrattato di panna -… questa panna è più buona..-
-È la stessa che hai mangiato tu…- inclinò la testa su un lato lei.
-Si, però… questa è più… uhm… più… più buona, ecco…-
Estraendo la falange umida dalle labbra, Rufy la osservò curioso, per subito passarla sul suo piatto e ungerla di nuovo di panna. Scientifico, osservò attento che il dito fosse ben ricoperto di panna, prima di assaggiarla nuovamente immergendola tra le sue ganasce.
-Uhm… si, si… la panna che avevi sul viso tu era più buona di questa…- mugugnò chiudendo un occhio nell’assaporare concentrato la crema bianca.
Robin posò il capo sul palmo della sua mano appoggiata sul bancone, guardandolo sorridente.
-Forse ti sbagli…- sussurrò.
-Nah…- scosse la testa convinto lui -… io di certe cose me ne intendo…-
Deciso a venir a capo di quel mistero, bagnò nuovamente il suo dito indice, imbrattandolo però sta volta con la panna presente nel piatto dell’archeologa. L’assaggiò, imbronciandosi un pochino.
-Uhm... la panna sul tuo piatto è uguale alla mia… ma allora perchè quella sul tuo viso era più buona?!?Mumble, mumble, mumble…-
Incrociando le braccia al petto e chiudendo gli occhi concentrato, Rufy iniziò a rimuginare rumorosamente, facendo sorridere di tenerezza la sua compagna, intenerita dalla figura pensante che le era di fronte.
A volte Rufy era uno scemotto tenero e infantile, altre un genio mancato, altre ancora serio e maturo. Robin si era accorta di tutte quelle meravigliose sfaccettature del carattere del suo capitano e si era anche resa conto di amarle tutte. Più qualità e difetti scopriva in lui, più il suo affetto aumentava, fino a toccare sentimenti che lei stessa aveva conosciuto solo nei suoi saggi e silenziosi libri, senza mai poterli vivere veramente. Senza accorgersene, si era innamorata di quel giovane pirata, coraggioso come un guerriero ma sincero come il più mite dei bambini.
-Ma certo!!!!- schioccò le dita in aria Rufy, aprendo di scatto gli occhi e sorridendo per la conclusione a cui era arrivato.
-Certo cosa, capitano?- chiese curiosa la mora.
Senza darle spiegazioni, Cappello di Paglia s’imbrattò per l’ennesima volta un dito della mano, per poi passarlo sulla pelle bronzea di una guancia di Robin, e sorridente, avvicinarsi di qualche passo a lei e  ripulirla con un tocco veloce della sua lingua.
Robin arrossì vergognosamente nella penombra della cucina, imbarazzata per quell’innocente ma inconsueto gesto del moro. Tremante, appoggiò una mano sulla guancia ancora umida del passaggio della lingua del suo capitano, rabbrividendo impacciata.
-Era logico!!!!- sorrideva contento lui, a pochi centimetri dall’archeologa –Non è la panna che è speciale, ma il tuo viso!!!! Si, si, si!!!! La panna è mille volte più buona sulla tua pelle che su qualsiasi altra torta!!!!-
Robin era pietrificata per la dolcezza e l’importanza delle parole dette dal ragazzo, e stava trattenendo il fiato per l’emozione.
-Oh si, si!!!! Mille volte più buona…- sorrideva ancora il moro.
-R-rufy…- tartagliò, cercando di riprendersi.
-Robin…- la chiamò dolcemente, avvicinandosi ancora –Posso assaggiarti ancora?-
L’archeologa abbassò di colpo lo sguardo sui suoi piedi nudi, cercando di nascondere il suo imbarazzo.
-Capitano…- farfugliò -… non sono cose da chiedere queste…-
-E perché?!? A me piace il sapore della tua pelle… vorrei poterlo assaggiare sempre…-
-Ti ringrazio, ma queste sono frasi che si direbbero due… due… due innamorati… non due pirati… queste cose non si devono dire…- cercò di spiegargli, mantenendo sempre lo sguardo basso sulle sue mani intrecciate e tremanti, posate sui jeans scuri.
-Embè…?!? Non capisco dov’è il problema? Io sono innamorato di te…-
La mora arrossì indecentemente, alzando di botto gli occhi celesti e luminosi sul viso sorridente e sincero di Rufy. Presa dall’emozione, si alzò di scatto dallo sgabello che occupava, lanciandosi contro il ragazzo e abbracciandolo per il collo, dove nascose il viso imbarazzato e sorridente.
-Oh Rufy!!!- lo strinse forte.
-Che c’è?!? Ho detto qualcos’altro che non si deve dire?!?-
-No, no, no… hai detto la cosa più bella del mondo…- lo baciò su una guancia sorridendo.
-An…ma quindi posso assaggiarti ancora?!?-
Robin alzò il viso su di lui, sorridendogli innamorata, e baciandolo a fior di labbra, annuì. Rufy si leccò sorpreso, con la punta della lingua, le labbra, dove per pochi attimi erano state posate quelle di Robin, trovandovi un buonissimo sapore dolce e saporito. Quel dolce aroma lo saziava totalmente, facendo dimenticare al suo stomaco quel languorino persistente che sempre lo abitava, addolcendolo e smorzandolo, sfamando a dovere le sue budella.
-Uhm… Robin, invece che assaggiarti, posso baciarti sempre?!? È decisamente più buono e bello…-
La corvina annuì dolcemente, tornando a posare le sue labbra contro quelle del capitano, che l’abbracciò per la vita  avvicinandola maggiormente a lui. Piano, i due si avviarono verso la cabina del capitano, improvvisamente sazi, abbracciandosi e baciandosi ancora, gesto che ora e sempre avrebbe spento ogni loro appetito. 

 

   
 
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