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Autore: Padfoot_07    19/05/2012    5 recensioni
Piccolo spaccato su una giornata particolare, con protagonista uno dei malandrini di terza generazione: James Sirius Potter; e qualcun'altro...
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, James Sirius Potter, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo 1 *** Una mano da felpato ***

Ottery St Catchpole... 11 Luglio 2020

Un ragazzo dagli scarmagliati capelli corvini, esile ed occhialuto, volava. Si librava agilmente sulla sfilza indistinta di case ammucchiate ai piedi dei colli che circondavano il villaggio.

Un grido di gioia fuoriuscì ruggente dalle sua labbra mentre una sensazione d'infinita libertà lo pervadeva...

James Potter era letteralmente nato per volare! E lì, tra le nuvole, era senza alcun dibbio nel suo elemento.

Il suo bel volto era pervaso di gioia, ed un ghigno gli si disegnò sulle labbra sottili in perfetto stile malandrino... chissà cosa avrebbe detto nonna Molly se l'avesse visto volare in giro per il villaggio, quando lo sapeva a giocare a Quidditch sul vicino colle dell'Ermellino...

Scese tra gli alberi accellerando anzichè decellerare,

James Sirius Potter amava il rischio, aveva appena schivato con una manovra particolarmente complicata dell'ultimo minuto una grossa quercia secolare, lanciando un grido di giubilo con l'adrenalina a mille; quando improvvisamente ed inaspettatamente, due figure ammantate in divisa, gli si materializzarono dinnanzi, costringendolo, per non investirli, a precipitare dalla scopa.

Dolorante, James si rialzò ancora scosso e confuso, spazzolando via dai jeans babbani il terriccio e le foglie. Cosa diamine era successo? Si guardò intorno, sbuffando seccato.

"No! Ancora?!" sbottò. “Qual buon vento vi porta quì? Un bel pic-nic, o magari una piacevole passeggiatina immersi nella natura?" sogghignò.

"Le consiglio di fare poco lo spiritoso signor Potter, stavolta é in guai seri!" Lo riprese uno dei due auror apparsi poco prima afferrandolo per un braccio.

Il tizio era alto, piuttosto muscoloso e dai capelli neri e riccioluti, e lo scrutava minaccioso mentre manteneva una presa ferrea sul suo avambraccio. L’altro, che si stava ancora avvicinando, era basso, in carne e dai capelli biondo slavato appiattiti sul capo.

James li riconobbe subito. Si trattava rispettivamente di Railey e McFaith, due degli auror che lavoravano per il dipartimento di suo padre.

Suo padre…

Pensò con una stretta allo stomaco. Stavolta sì che si era cacciato in guai seri!

James si scosse ritraendo il braccio dalla presa di Railey, irritato.

"Sai ragazzo, non invidio per niente tuo padre! Deve essere frustrante per lui avere un figlio scavezzacollo come te."

Esclamò Railey con aria saccente.

"Che disonore" s'inserì Mcfaith.

James s'infrvorò, arrossendo in zona orecchie, cosa che come la famiglia sapeva significava "PERICOLO".

"Come si permette?" urlò con gli occhi nocciola che mandavano saette oltre le lenti.

"Non parli di cose che non conosce!"

"Vedi un po' di moderare i toni marmocchio" lo riprese acidamente Mcfaith "sei gia abbastanza nei guai, vuoi davvero aggiungere altre incriminazioni alla tua fiorente collezione?" fece beffardo.

James si morse la lingua per non controbattere, era meglio non fornire altri motivi a quelle due arpie travestite da auror, altri motivi per accusarlo.

"Forza ora! Abbiamo meglio da fare che andare in giro a raccattare ragazzini perdenti" esclamo velenosamente Railey.

E detto ciò afferrò James rudemente, e si smaterializzò al Quartier Generale degli Auror.

Quartier Generale degli Auror

Quella calda mattina di Luglio il dipartimento Auror era affollato come al solito d'impiegati, chi si affaccendava tra un cubicolo e l'altro. Chi trasportava fascicoli, chi consultava i colleghi, e chi, come il capitano Potter, stava seduto alla propria scrivania sbrigando pratiche e scartoffie varie con aria ananoiata.

Harry Potter era stato nominato a soli ventisette anni capo del Dipartimento Auror del Ministero, amava il suo lavoro, ma prediligeva senz'altro l'azione al disbrigo di pratiche burocratiche.

Aveva addirittura rifiutato un ufficio privato(come da tradizione), proprio per non ritrovarsi confinato in solitudine in un ufficio, accontentandosi di un cubicolo particolarmente spazioso posto a capo delle altre file all'estremità opposta del corridoio che passando tra le varie scrivanie portava alle imponenti porte di quercia d'ingresso.

Si passò una mano tra i capelli, che anche col tempo non ne avevano voluto sapere d' essere domati, e poi sul volto ancora così giovane, la vita aveva con particolare ironia posto sulle sue spalle il peso della responsabilità ancor prima che venisse al mondo, ed aveva continuato a farlo nel tempo...

Tuttavia stavolta non era una profezia ad obbligarlo a fare qualcosa, ma una sua liberissima scelta, perché Harry Potter aveva desiderato essere un Auror, fin dall'età di quattordici anni, quando un mangiamorte sotto mentite spoglie gli aveva consigliato quel mestiere.

Sorrise al ricordo.

Certo che i tempi passati ad Hogwarts parevano ora così lontani ora. Era come se si trattasse della vita di un altro. Per diciassette anni era stato come circondto da un’asfissiante bolla di terrore, e sconfiggere Voldemort era stato come ritornare a respirare.

Ripensando a quegl’anni, una fitta di malinconia l'assalì. Si sentiva come quando aveva abbandonato casa Dursley per l'ultima volta…

Posò lo sguardo su una vecchia foto sulla scrivania, che ritraeva lui insieme ai suoi migliori amici ad Hogwarts.

Ron e Hermione, quanta strada che avevano fatto quei due da quei tempi.

Proprio lì accanto era posata un’altra bella foto, quella del suo matrimonio con Ginny. Entrambi erano raggianti e sorridenti, così come i testimoni che li affiancavano... Ron e Hermione.

Poco più in là, c'era quella che lo ritraeva assieme alla sua meravigliosa famiglia: Ginny con in braccio la piccola Lily dalle treccine rosse come la mamma e le nonne, e lui mentre teneva tra le braccia due bimbi dalla zazzera spettinata quanto la sua "Marca Potter", come ripeteva spesso Ginny, mentre tentava di dare una sistemata ai capelli ribelli dei figli maggiori. Il suo secondogenito Albus, ed attaccanto alle spalle il suo James, intento a fare ad intermittenza linguaccie al fratellino oltre la spalla del padre.

La sua famiglia!

Anni prima non avrebbe mai sperato di sopravvivere alla maggiore età, adesso invece, aveva una meravigliosa famiglia ed un lavoro che adorava.

Non poteva non ripensare con una stretta allo stomaco a chi aveva permesso che lui avesse un futuro, a chi gli aveva fatto il piu' bello dei doni... la vita.

Lascio' vagare ancora lo sguardo smeraldino sulla foto che ritraeva i suoi genitori con lui a pochi mesi e su quella del matrimonio dei suoi genitori, ritratti insieme al suo padrino Sirius Black, era a loro in particolar modo che doveva la felicita' che ora finalmente aveva. Il sorriso sereno che i suoi genitori gli rivolgevano in quella foto, era sospeso nel tempo; ed era per Harry la promessa della loro presenza, con lui, per sempre.

"Vorrei avervi ancora qui" pensò con un groppo alla gola, chissà come sarebbe stato se fossero stati ancora in vita, sarebbero stati fieri di lui? Della vita che aveva scelto, della strada che aveva seguito? Avrebbero adorato la sua Ginny? Suo padre e Sirius avrebbero riso orgogliosi del nipotino che portava i loro nomi e delle sue malandrinate? Avrebbero consigliato e rassicurato amorevoli il timido e sensibile Albus? E avrebbero coccolato la sua dolce e pestifera Lily?

Sicuramente... sarebbe stato così. Questo pensiero rendeva la loro assenza ancora piu' avvilente, e rendeva presenza il vuoto che c’era al loro posto.

In quel mentre alzando lo sguardo Harry notò Railey, uno dei suoi Auror entrare a passo spedito nel Quartier Generale e dirigersi verso di lui.

"Railey, cosa ci fai qui? Stamatina eri di guardia a quel convegno internazionale nel Devon" fece Harry con un sopracciglio inarcato.

"Precisamente capitano, mi trovavo sul posto, almeno fino a quando non sono stato richiamato per intervenire a bloccare un'infrazione del decreto delle arti magiche tra i minorenni nelle vicinanze del convegno" proferì Railey tutto d' un fiato.

"Capisco, ma perché non sei ancora tornato al tuo compito? I casi di magia minorile competono all'ufficio pelr l’Uso Improrpio della Arti Magiche, non al dipartimento..." Harry si bloccò sbarrando gli occhi con un lampo di comprensione ad attraversargli il cervello di fronte al ghigno che curvò le labbra di Railey.

"Ti prego, dimmi che non é come credo..." sbotto' disperato afferrandosi il capo tra le mani.

"Temo di si invece, capitano" confermò l'Auror per nulla dispiaciuto.

Harry lo fulminò con lo sguardo, propio come il figlio aveva fatto poco prima. Possibile che non fosse permesso licenziare dipendenti senza una scusa più valida di un -non lo sopporto-?!

"Va bene Railey, ti ringrazio, ora torna pure al tuo dovere" sbottò alzandosi dalla scrivania e dirigendosi con passo spedito al vicino ufficio.

Bussò alla porta col grosso battente in ottone, sotto una targhetta recante il cognome: McMillan.

Dopo aver udito un “Avanti”, Harry spinse un anta, e richiusala alle proprie spalle, raggiunse la scrivania alla quale era seduto il suo vecchio compagno di scuola, Ernie McMillan, e con le spalle rivolte alla porta (Harry lo capì dalla capigliatura che spuntava oltre l'alta spalliera della sedia), il suo primogenito, James.

Il ragazzo voltò il capo, che fino a quel momento aveva tenuto arrogantemente voltato da un'altra parte, sul padre; mutando l' espressione fiera, in una di muto soccorso.

"Ernie, cos'é successo stavolta?" indago' preoccupato appuntando lo sguardo su McMillan.

"Siamo alle solite Harry, ti avevo avvertito l'ultima volta delle gravi conseguenze che un infrazione del genere provoca. Tuo figlio é stato fermato da due dei tuoi uomini mentre volava a cavallo di una scopa, in una zona popolata da babbani, e per di più ad elevata velocità. Presumo che tu sappia da te a cosa va incontro" fece Ernie coi modi pomposi che l'avevano contraddistinto fin dai tempi della scuola.

Harry s'irrigidì.

"Certamente Ernie, ti assicuro che non accadrà mai più una cosa del genere, te lo assicuro" si scusò.

"Vero James?" aggiunse scrutando serio il figlio negli occhi.

James restò in silenzio per un secondo, ma difronte al sopracciglio inarcato del genitore si piegò sconsolato, e sbotto di malagrazia un "Certo".

"Va bene per questa volta puoi andare James, ma ricorda che alla prossima che combini l'espulsione da Hogwarts scatterà automatica" lo informò McMillan.

Harry rivolse un cenno di saluto ad Ernie, e con una mano sulla spalla del figlio, lo diresse fuori dall'ufficio.

"Papà io..." iniziò James appena il padre ebbe richiso la porta dell'ufficio alle loro spalle, ma Harry lo interruppe.

"No James, niente storie stavolta!" soffiò Harry incollerito.

"Possibile che non riesca a farti prendere seriamente i rischi a cui vai in contro?" esclamò frustrato "Cosi' butti via il tuo futuro! Senza contare che potevi finire schiantato da qualche parte!

Vuoi far morire di paura me e tua madre?” sbotto con una piega ansiosa nella voce. “Possibile che tu non riesca a mettere un minimo di giudizio in quello che fai? Così stai seriamente compromettendo il tuo futuro!" Harry urlò tutto d'un fiato. Proprio ora che credeva che finalmente James avesse smesso di comportarsi da irresponsabile, s'era dovuto prontamente ricredere.

Erano rare le occasioni in cui Harry sgridava così i suoi figli, e detestava quando succedeva, si sentiva terribilmente in colpa e simile al suo terribile incubo d'infanzia: zio Vernon (solo senza baffi e con molti chili in meno); ma, dei suoi figli, James lo metteva alla prova più degl’altri due messi assieme.

Anche se ancora incollerito verso il figlio, Harry si addolcì alla vista del ragazzino che, a capo chino, stava in silenzio a subire quella sfuriata.

Solitamente le critiche ed i rimproveri gli scivolavano addosso, ma forse stavolta era stato un po' troppo duro con lui.

Poggiò entrambe le mani sulle spalle del primogenito, e lo incoraggiò ad alzare lo sguardo. Gli somigliava tanto, ma ancora di più gli ricordava suo padre, James era davvero uguale a suo padre.

Pensò con rammarico che forse suo padre, al suo posto, non l'avrebbe fatta poi così lunga, ma sarebbe stato fiero del suo pestifero erede. Però qui non si trattava di piccole marachelle fatte a scuola, ma di legge, e Harry non voleva che suo figlio finisse per mettersi in guai seri.

"Jamie, ascoltami. Sò che hai delle ottime potenzialità. Sei brillante, tra i più bravi a scuola del tuo anno, un asso nel Quidditch, ma sprechi tutto il tuo tempo nel combinare disastri e a metterti nei guai. Io voglio che tu capisca quanto ti danneggi comportandoti così. Ti voglio bene e posso solo volere il meglio per te, quindi ti prego ascoltami una buona volta, tuo fratello non ci ha mai dato tanti problemi quanto te!" esclamò l'ex-prescelto.

"Si dovrei comportarmi di più come Albus il perfetto!" fece James sarcastico, punto sul vivo. James voleva bene a suo fratello, tuttavia era stufo d'essere sempre paragonato a lui, d'essere sempre quello che veniva rimproverato.

"James..." fece Harry impaziente.

"No, no hai ragione, io sono quello che sbaglia sempre, che combina guai, quello che vi delude sempre... sai cosa ti dico allora? Pensa al futuro di mio fratello e laciami in pace. Non sprecate il vostro tempo con me!" urlò rabbioso, voltando la faccia al padre.

Harry rimase basito. Cosa gli era preso?Cos’era che turbava così tanto James stavolta? Non aveva mai visto tutta quella rabbia in lui.

"Beh forse non sarebbe un male se cecassi di seguire l' sempio di tuo fratello" esclamo' Harry, contrariato da quella scenata.

Subito si morse colpevole la lingua, alla vista dello sguardo ferito rivoltogli dal figlio.

Stava per aggiungere qualcosa quando un avoce lo richiamò...

" Capitano, capitano Potter!" Un ragazzo sulla ventina, piuttosto esile ed affannato giunse correndo lungo il corridoio.

"Lambert cosa succede ancora?" chiese seccato Harry.

"Duello sulla Durham boulevard, a Chapel Hill" l’informò il segretario.

"Ma sono impazziti tutti oggi?" fece Harry frustrato." Va bene, me ne occuperò personalmente. Chiamami Weasley per favore Carl"

"Agli ordini signore!" scattò Lambert , percorrendo a passo spedito l'interno del dipartimento Auror.

"James, ne riparliamo stasera, ok?" fece Harry concitato.

"Si certo, come no..." ribattè James casualmente.

Harry ignorò l'ultima affermazione del figlio... "Bene, ora vai a casa via camino, la mamma dovrebbe essere di ritorno tra poco. Ci penso io a dirle perché non sei alla Tana. Mi raccomando, ti imploro, stai buono e tranquillo, e non demolire casa!" raccomandò spingendo il figlio fino ad uno degli ascendori.

"A dopo" saluto' scompigliandogli i capelli.

"A dopo" rispose James afono.

Harry gli rivolse un breve sorriso prima di correre via alla volta del Quartier Generale.

Mentre percorreva l'Atrium e prendeva un camino diretto per casa sua, a Gloucester, James sentiva la frustrazione crescere dentro di sè.

Possibile che non ne combinasse una buona? Non aveva mai dato tanto peso ai guai che combinava, li trovava divertenti, ed a scuola era uno dei ragazzi più invidiati ed ammirati. Il grande James Sirius Potter! Più si mostrava sicuro di sè più rimproveri aveva, perché tutti credevano che fosse abbastanza forte da non necessitare di rassicurazioni una volta ogni tanto?!

Di una cosa era sicuro... lui era solo una delusione per la sua famiglia.

GLOUCESTER HOUSE

Mentre James era immerso nei suoi pensieri il rumore di qualcosa andata in frantumi, lo riscosse. Afferrò la bacchetta dalla tasca dei jeans e si diresse furtivo verso il retro, da dove proveniva il rumore di una voce roca che borbottava imprecazioni a casccio.

Scostò cautamente la tendina della porta della cucina, e scorse, con un tuffo al cuore, uno sconosciuto alto e trasandato, col capo coperto da un pesante mantello nero da viaggio, chino a raccogliere i cocci del grande vaso da giardino andato in pezzi.

"Mi scusi'" proruppe James spalancando la porta e puntando la bacchetta verso lo sconosciuto "posso aiutarla?" fece scrutando l'intruso arcignamente.

Questo, si disse, non era il modo più appropriato di stare buono e tranquillo.

"Hey, hey buono ragazzo" fece quello, alzando le mani verso di lui, come a contenerlo, scosso per essere stato colto sul fatto.

"Tuo padre non ti ha insegnato a non attaccare chi è disarmato?"

Lo straniero sogghigno' difronte all' espressione sconcertata di James.

“Certo che si. Ma si dà il caso che lo sconosciuto si trovi nel mio giardino” ribattè piccato il ragazzo.

“Se ti dico che le cose non sono come sembrano, secondo te cado in un clichè?” domandò sarcasticamente l’uomo. Aveva una voce profonda e leggermente rauca, ma piacevole. Del volto non era possibile vedere molto, il cappuccio vi gettava su un’ampia ombra, e lui contribuiva alla poca visibilità, tenendo il capo leggermente inclinato verso il basso.

Per tutto il tempo che James stette ad esaminare l’uomo che gli stava di fronte, quello rimase assolutamente immobile, e rilassato. Dava la strana sensazione di trovarsi a suo agio, ma era più di questo, pareva inspiegabilmente… divertito?

“Sai è davvero un a situazione comica” rise in uno sbuffo. Reclinò il capo leggermente su una spalla, studiando il ragazzino che gli stava di fronte “Non avrei mai pensato che un giorno avrei fatto un discorso del genere a qualcuno. Invece eccomi qui, a tua disposizione, per impedire che tu faccia qualche sciocchezza. Vuoi che impersoni il fantasma dei natali passati?” rise giovale.

James sentiva la rabbia cominciare a salire nei confronti dell’uomo che pareva divertirsi senza ritegno a prendersi gioco di lui. Aveva senz’altro scelto la giornata sbagliata però.

“Mi fa piacere il divertirvi così tanto” sbottò irritato James “ma sarei grato se potesse sparire adesso”.

James tutto si sarebbe aspettato tranne che vedere lo sconosciuto arricciare un lato delle labbra in un sorrisetto.

“Non avrei tanta fretta fossi in te. Non andrò via fintanto che non avrò detto quello che ho da dire” fece con un tono basso e diverso, d'avvertimento.

James non si prese neanche il disturbo di rispondere, e volgendo le spalle all’uomo si diresse verso la porta d’ingresso di casa. Non fece nemmeno un paio d passi però, che si trovò le gambe bloccate.

“Hei!” si voltò adirato verso l’uomo alle sua spalle “Avevi detto di essere disarmato” lo accusò.

“Beh, TECNICAMENTE, lo ero, non avevo messo mano alla bachetta” rise l’uomo “Su non fare quella faccia. Non voglio farti del male James, voglio solo parlarti!”

James incrociò le braccia ostinato, e volse il capo verso destra, nemmeno molto sorpreso dal fatto che lo sconosciuto conoscesse il suo nome. D’altra parte lì tutti si impicciavano degli affari del famoso Harry Potter pensò con amarezza.

Lo sconosciuto non parve né sorpreso né preoccupato da quell’atteggiamento poco collaborativo.

“So come ci si sente ad essere al posto tuo” attaccò improvvisamente.

“Certo come no” sbuffò sarcasticamente James Sirius, sempre senza guardare il suo interlocutore.

“Mmm…” L’uomo fece il gesto di riflettere grattandosi il mento “Vediamo. Ti senti incompreso, nel posto sbagliato. Vorresti essere apprezzato per quello che sei. Non ti senti all’altezza delle aspettative dei tuoi genitori. E… ” fece una pausa ad effetto, tornando ad abbassare lo sguardo nella sua direzione “ovviamente tuo fratello è tutto il tuo opposto.” Elencò.

“Hai anche tu un fratello?” chiese James curioso, volgendosi appena verso di lui.

L’uomo sorrise melanconicamente “Si ce l’avevo. Piu’ piccolo di me. Vedi, anche mio fratello era, con grande orgoglio dei miei genitori, un figlio molto migliore di me”

“Magnifico, un altro frustrato” lo interruppe il ragazzo spazientito.”

Lo sconosciuto rise forte. James lo guardò inarcando un sopracciglio, seriamente preoccupato per la salute mentale del suo interlocutore.

“Bel caratterino ragazzo. Decisamente irruento, non c’è che dire” gli sorrise giovale, mostrando una schiera perfetta di denti bianchissimi” ma non mi hai lasciato finire.” Ribattè alzando l’indice della mancina.

“I miei genitori erano quello che erano, e non hanno saputo accettarmi, non condividevano niente con me, se non il DNA.”Sorrise amaramente “Continuo a credere di aver fatto bene a seguire la vita che ritenevo piu’ giusta, e poi, vedi, la mia famiglia non mi ha mai amato per quello che ero. Non erano capaci di andare oltre le loro visioni delle cose. Per me staccarmi da loro era l’unica cosa da fare per riuscire a trovare un po’ d’affetto e comprensione”

Si interruppe un attimo con la mente palesemente altrove. Per quanto James poteva intravedere della sua fronte corrucciata, al di sotto del cappuccio.

Poi si riscosse tornando al presente. “ Il tuo caso è totalmente diverso dal mio!” Asserì con un a convinzione tale da non lasciare spazio ad obiezioni.

“I tuoi genitori ti amano profondamente James, e se certe volte ti sembrano severi, è perché hanno paura di perderti, di non saperti aiutare come vorrebbero. Loro lottano per te, non per loro stessi. E’ questa la differenza” fece l’uomo con genilezza “Il loro amore per te.

Se c’è qualcosa che non è mai mancato nella tua famiglia, quello è l’amore.”

Contro la sua volontà, le parole dell’uomo avevano fatto breccia. Avevano colto nel segno, e James lo sapeva. Non poteva prendersela con i suoi per partito preso, era stato immaturo e ingiusto. Lo irritava quell’essere messo di fronte alla realtà, ma non poteva ignorare i fatti.

James sapeva quanto suo padre lo amasse, lui invece per paura di deluderlo, di non essere all’altezza della sua stima, aveva scelto la via più semplice della ribellione.

Tornò a studiare l’uomo. Se ne stava gongolante, conscio di aver fatto centro. Lo straniero sorrise più apertamente. James ne colse qualcosa di familiare nei tratti, come se quell’espressione di puro buonumore, avesse scoperto una parte che i sorrisetti di prima avevano solo reso tanto enigmatico.

“Chi sei?” chiese James curioso.

L’uomo tirò un po’ il capo all’indietro dando accesso, allo sguardo di James, ai suoi occhi.

“Diciamo... un vecchio amico della famiglia Potter” fece con una nota carezzevole nella voce.

"Ah, e mi raccomando, non mettere la testa a posto tutta in un botto. Devi portare onore ai nomi che porti James Sirius…”indugiò serafico sul secondo nome.

James lo vide sparire in un –pop- , ma non prima di aver colto una familiare scintilla ammiccante negli occhi grigio cielo dello sconosciuto. L'aria restò densa e limpida nella brezza estiva. Nessuno a Gloucester Street vide altri, se non il maggiore dei ragazzi Potter parlare da solo nel vialetto di casa; tuttavia James sapeva che quello strambo visitatore non era andato tanto lontano. Poteva ancora sentirne nelle orecchie l'eco della risata simile ad un latrato, non era scomparso per sempre.

ANGOLINO DELL'AUTRICE: Spero la storia vi sia piaciuta! Chissà se avete indovinato l'identità dello sconosciuto...? Questa storia è nata da un insieme di vecchio materiale buttato nel dimenticatoio. Se avete apprezzato, o meno, fatemi sapere cosa ne pensate!! ;D Un bacio Syria

  
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