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Autore: starliam    08/12/2006    17 recensioni
Un flashback improvviso riporta un lontanissimo ricordo nella mente di Harry.
Dolore alla testa, sangue, e le lacrime che gli solcavano le guance...
Ma Piton cosa c'entra?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Allora, Potter? Sei in grado di spiegarmi dov'è che hai sbagliato stavolta?

Piton era in piedi davanti a lui, la bacchetta ancora alzata. Odiava, odiava avere Piton come insegnante di Difesa. Chissà perchè, sceglieva sempre lui per mostrare alla classe gli incantesimi difensivi.
E naturalmente, avrebbe odiato Piton anche se avesse continuato a insegnare Pozioni o qualunque altra materia. Piton che adesso lo guardava con un'espressione quasi disgustata.
Si sentiva rosso per lo sforzo e per la rabbia, e non aveva la più pallida idea di dove aveva sbagliato. Evitò di guardare in faccia il professore, certo che vedendolo rimanere in silenzio per un periodo sufficientemente lungo lo avrebbe rimandato a posto (non prima di aver sottolineato alla classe la sua incapacità).
Abbassò lo sguardo sulla veste dell'insegnante, la stessa da quando lo aveva visto la prima volta.
Nera e con una fila di piccoli bottoni. Aveva fissato gli occhi proprio su quei bottoni, quando gli capitò una cosa insolita. Tutto a un tratto, un'immagine gli balenò alla mente. Un'immagine che sembrava vecchia di anni, di secoli, forse addirittura risalente a un'altra vita. Eppure così vivida, come se gli fosse appena capitata.

Dolore alla testa, sangue, e le lacrime che gli solcavano le guance. Pianti e urla, e paura, una paura che non credeva possibile provare.
E bottoni neri, e una veste nera a contatto con il suo volto bagnato. Odore di menta.


Il tutto era stato così veloce che non sapeva spiegarsi cosa fosse. Ma sentiva chiaramente di essere impallidito.Da qualche parte in lontananza, la voce di Piton che gli ordinava di tornare a posto.
Obbedì meccanicamente. Hermione, perplessa, gli chiese se stava bene.
Il suo pallore improvviso e la sua espressione stralunata non dovevano essere passate inosservate. Biascicò in risposta un "sì", e finse di seguire la lezione, ma senza riuscire a scrollarsi dalla testa quella visione improvvisa. Un ricordo? Un vecchio sogno tornato alla mente? Quella veste nera di chi era? Non riusciva a ricordare niente, fra le sue esperienze, che potesse avere a che fare con una scena simile.
Per quanto cercasse di non pensarci, non riuscì a distogliere la sua mente da quel particolare episodio. Al momento di andare a letto, si sentiva ancora profondamente scosso. Si impose di non pensarci, mentre la stanchezza accumulata in giornata lo faceva sprofondare nel sonno.

Stava piangendo disperatamente, agitandosi nel lettino. Il dolore alla fronte era insopportabile, e non capiva cos'era successo. Dei rumori, delle grida, la sua mamma che urlava, una voce agghiacciante che non conosceva e una grande luce. Poi più nulla. Perchè non veniva nessuno? Stava piangendo da molto, ormai, e la sua mamma non si faceva mai attendere così tanto, quando lui piangeva. Veniva subito a vedere di cosa aveva bisogno.
Anche il suo papà veniva subito da lui, e si divertiva a fargli smorfie e facce buffe per farlo ridere. Perchè lo avevano lasciato solo, con quel dolore alla testa? Finalmente, qualcuno venne. Ma non era la sua mamma. E neanche il suo papà. Era un altro uomo, che non aveva mai visto, con dei lunghi capelli neri e un grosso naso. Era pallidissimo e sembrava sconvolto, poteva avvertire chiaramente il sentimento di paura e disperazione che lo accompagnavano. Perchè i suoi genitori lo avevano lasciato con lui? Era forse l'Uomo Nero delle favole? Si spaventò ancora di più, e iniziò a piangere più forte. Voleva che quell'uomo se ne andasse, voleva la sua mamma e il suo papà. Ma quell'uomo non se ne andò, anzi: tese le braccia verso di lui e lo sollevò dal lettino. Lo strinse a sè e iniziò a cullarlo, accarezzandogli i capelli. Poteva sentire che gli mormorava qualcosa, forse per calmarlo. A poco a poco, Harry si sentì più tranquillo. Non era bravo a cullarlo come la sua mamma, ma sicuramente quell'uomo non gli avrebbe fatto male. Forse lo avrebbe portato dai suoi genitori. Piano piano, si addormentò.


Harry si svegliò sobbalzando, spaventato. Cos'era stato quel sogno? La risposta era fin troppo semplice: non era un sogno. Aveva rivisto chiaramente un momento della sua infanzia, come in un flashback. Ed era certo anche di un'altra cosa: quell'uomo era Piton. Un Piton più giovane, certo, ma era lui senza alcuna ombra di dubbio. Perchè lo aveva preso in braccio e cullato? Si sdraiò di nuovo, cercando di calmarsi. Sicuramente il brevissimo flashback che aveva avuto in giornata lo aveva influenzato e lo aveva portato a sognare quel particolare momento. Cercò di riflettere: quando poteva essere avvenuto? Non sapeva che Piton lo avesse visto da piccolo, e perchè avrebbe dovuto? Non era certo amico dei suoi genitori...
Improvvisamente, la risposta lo colpì con la forza di una scarica elettrica, e scattò di nuovo a sedere. Quel dolore alla fronte, quel senso di abbandono e la paura che aveva provato nel sogno, potevano voler dire una sola cosa: era la notte della morte dei suoi genitori.
Harry trattenne il respiro, per un attimo incapace di riflettere. Poi i pensieri, tutti quelli che poteva avere, lo sommersero. Che ci faceva Piton in casa sua, quando i suoi genitori erano stati uccisi? Non sapeva che ci fosse anche qualcun altro. Era stato lui a consegnarlo a Hagrid? Ma la casa? Aveva sempre saputo che la casa era stata distrutta, nel suo sogno invece era ancora integra, come mai? E perchè, dannazione, si era svegliato proprio in quel momento? Se avesse continuato a sognare forse avrebbe potuto saperne di più! Ormai, non c'erano possibilità che potesse ricominciare il sogno da dove lo aveva interrotto. Era capitato per caso, non sarebbe successo di nuovo. Anche perchè, sicuramente, per quella notte non sarebbe stato più in grado di dormire.

Infatti la mattina seguente aveva delle pesanti occhiaie, si sentiva stordito e con la testa pesante. Non aveva parlato a nessuno del sogno, neanche a Ron e Hermione. In effetti, non sapeva cosa fare. Parlarne a Silente? Mentre si sforzava di mangiare qualcosa al tavolo della colazione, gettava di tanto in tanto lo sguardo su Piton, che sorseggiava il suo thè e leggeva la Gazzetta del Profeta al tavolo degli insegnanti, scambiando di tanto in tanto qualche parola con i colleghi. Improvvisamente, Mentre Harry era intento a fissarlo, Piton volse il viso verso di lui (come se si fosse accorto del suo interesse), lanciandogli una delle sue solite occhiate acide. Harry si affretto a distogliere lo sguardo. Forse poteva chiedere direttamente a Hagrid?
Ciò che lo faceva stare male era il pensiero che poco meno di un'ora dopo avrebbe avuto la solita punizione del sabato mattina proprio con Piton. Era da molto che andava avanti, dopo che aveva usato uno degli incantesimi del Principe Mezzosangue su Malfoy.
Giocherellando con il porridge, vide con la coda dell'occhio Piton che si alzava dal tavolo e si dirigeva verso i sotterranei.


La penna era più pesante del solito, quella mattina. Quella maledetta scatola era quasi finita, finalmente, ma non era riuscito ad andare avanti molto. Scriveva meccanicamente, incapace di concentrarsi. Erano quasi tre ore che era lì, fra poco Piton lo avrebbe congedato, prima che finisse l'ora del pranzo. Come al solito, era rimasto a consultare i suoi libri tutta la mattina, senza considerare troppo Harry, fatta eccezione per qualche battuta sarcastica sul suo aspetto non proprio fresco come una rosa.

- Bene, Potter, puoi andare.

Harry rimase fermo a sedere. Sapeva cosa stava per fare e sapeva che non avrebbe dovuto farlo, ma non ce la faceva a resistere. Doveva sapere.

- Potter? Ti ho detto che puoi andare. Non ho voglia di deliziarmi con la tua compagnia più a lungo.

Harry si alzò, sentendo il cuore che batteva più veloce. Ma invece di dirigersi verso la porta, andò dritto verso la scrivania del professore.
Piton alzò su di lui uno sguardo interrogativo.

- Professore, io...avrei bisogno di parlare, se non le dispiace.

Piton sollevò un sopracciglio.

- In realtà sì, mi dispiace. Mi farebbe molto più piacere se ti venisse voglia di parlare durante le interrogazioni in classe.

- Credo..che sia una cosa seria.

A questo punto il professore gli indicò con un cenno del capo la sedia di fronte alla scrivania. Harry si sedette di colpo e rimase in silenzio.

- Allora? Guarda che non ho tutto il giorno, Potter.

Ecco, e adesso? Come poteva iniziare il discorso? Scusi, professore, cosa ci faceva in casa mia la notte in cui i miei sono stati uccisi? No, non era proprio il caso. Deglutì un paio di volte, poi disse:

- Si tratta...di uno dei miei sogni, signore. - Oh, capisco, un altro dei tuoi sogni. Sì, è sicuramente meglio parlarne con me, prima di catapultarsi al Ministero. Se solo ci avessi pensato anche l'anno scorso, ti saresti risparmiato un viaggio.

Harry fremette. Piton si stava riferendo alla morte di Sirius, al fatto che Harry invece di chiedere aiuto a lui aveva agito sconsideratamente. Si sentì mancare il coraggio, e stava quasi per alzarsi e andarsene senza un'altra parola, quando capì che per Piton era un modo di fargli sapere che era disposto ad ascoltarlo. Ed eventualmente, anche ad aiutarlo.
Riprese coraggio, e buttò fuori in un soffio:

- Ho sognato la notte della morte dei miei genitori... Piton sollevò lo sguardo dal libro e lo piantò in faccia a Harry, stringendo gli occhi in due fessure sottili. - Cosa hai sognato, esattamente?
- Ho..ho sognato lei...c'era lei lì con me, mentre io piangevo...e volevo sapere perchè..

Senza una parola, Piton si alzò, e si incamminò a grandi passi verso la porta, seguito dallo sguardo sorpreso di Harry.

- Torno subito, Potter, aspettami qui.

Prima di uscire, si volse di nuovo al ragazzo:

- E, per favore, sii così gentile da non ficcare il naso fra le mie cose, mentre non ci sono.

Harry arrossì. Si ricordava fin troppo bene cosa aveva combinato l'ultima volta che Piton lo aveva lasciato solo nel suo ufficio.

Passarono 10 minuti, poi altri 10. Dove diavolo si era cacciato Piton? Finalmente il professore tornò, si chiuse la pesante porta alle spalle e tornò davanti a Harry. Rimase in piedi, appoggiandosi alla scrivania.

- Bene, Potter, credo proprio di poter rispondere alla tua domanda.
Harry spalancò gli occhi per la sorpresa: aveva improvvisamente capito dove era stato Piton. - E' andato a chiedere il parere di Silente, vero? - Sì, Potter. Non ce ne sarebbe stato bisogno, ma conoscendo il preside non si sa mai. Dunque, volevi sapere cosa ci facevo con te la notte dell'uccisione dei tuoi genitori. La risposta è molto semplice: dopo aver avuto notizia di un probabile attacco a Godric's Hollow, Silente mi mandò a controllare cos'era successo. Questo perchè io ero l'unico la cui presenza sul posto non avrebbe destato sospetti, se anche fossi stato visto dai Mangiamorte. Comunque, Mangiamorte non ce n'erano, e nessuno mi ha visto.

- E...cos'è successo...dopo?

Piton alzò di nuovo un sopracciglio.

- Ero convinto che vi avrei trovati morti tutti e tre, invece una volta arrivato ho visto che tu eri sopravvissuto, anche se non riuscivo a spiegarmi come. Così ho contattato Silente, che ha capito cosa doveva essere successo e mi ha chiesto di distruggere la casa, in modo da far credere ai babbani che si trattasse di una fuga di gas. Sarebbe stato troppo difficile spiegare l'accaduto in altre maniere, e non potevamo certo obliviare chiunque fosse arrivato sul posto l'indomani. Lui intanto avrebbe mandato Hagrid a prenderti.

Questa era l'unica spiegazione che Harry era riuscito a ottenere. Detto questo, Piton l'aveva congedato senza un'altra parola sull'accaduto. Anche dopo averne parlato con Silente, non era riuscito a sapere molto di più. Solo che non gli era mai stato detto niente, nè a lui nè a nessun altro, per evitare qualunque problema a Piton e alla sua copertura.
Harry però continuava a essere confuso. Non c'era niente di strano nelle spiegazioni che aveva ricevuto; riusciva a capire tutto perfettamente. Era l'atteggiamento che Piton aveva avuto nel sogno, a turbarlo. Non si era limitato a prenderlo e portarlo fuori casa, aspettando che Hagrid venisse a prenderlo. L'atteggiamento di Piton non era stato freddo e distaccato come al solito, ma tutto il contrario. L'aveva abbracciato, l'aveva cullato. Visto come si erano comportati con lui i suoi zii, forse quella era l'ultima volta in vita sua che qualcuno lo aveva cullato per calmarlo. Forse, si disse, l'atteggiamento di Piton era dovuto all'emozione per ciò che aveva visto. Chiunque si sentirebbe sollevato, nel vedere un bambino piccolo miracolosamente scampato a un massacro. Sì, sicuramente era per quello.
Certo era che comunque questa nuova scoperta sulla morte dei genitori lo aveva sconvolto. Quante cose ancora non sapeva?


Il giorno dopo fu proprio una brutta giornata, per il Ragazzo Sopravvissuto. Aveva sbagliato un compito di Trasigurazione per il quale aveva studiato molto, non era riuscito a dormire bene e aveva persino litigato con Ginny; e questa era la cosa che lo faceva stare più male. In fin dei conti si era trattato di una normale lite fra innamorati, ma era la prima volta che succedeva e si sentiva malissimo. Non aveva mai visto Ginny più arrabbiata, tanto da rifiutarsi di parlargli ancora per cercare di chiarirsi.
Uscì in giardino, con le lacrime agli occhi, e camminò fino al confine della Foresta Proibita, dove si appoggiò con la fronte contro un albero. Era un posto tranquillo, e poteva sfogarsi quanto voleva.
Lasciò che le lacrime scorressero liberamente lungo le guance e iniziò a singhizzare. Si lasciò scivolare lungo il tronco, sapendo che dopo, una volta lasciato libero sfogo ai sentimenti, sarebbe stato meglio.
Rimase lì per un tempo che non avrebbe saputo quantificare. Non sentiva nessun rumore a parte il suo pianto, e non avrebbe potuto sentire che si stava avvicinando qualcuno. Ma sentì chiaramente due braccia prenderlo all'improvviso, ma con delicatezza: e si trovò di nuovo in quella scena che aveva avuto da bambino. Iniziò a singhiozzare contro una veste nera dai bottoni dello stesso colore, mentre veniva cullato dolcemente.
Quando si fu calmato abbastamza, quando i singhiozzi non gli ostacolavano più il normale ritmo del respiro, , udì unva voce calda e profonda, proveniente proprio da sopra la sua testa:

- Allora, Potter...Sembra che sia riuscito a calmarti anche questa volta, vero?
  
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