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Autore: Amor31    20/05/2012    6 recensioni
Essere soli. Riflettere su ciò che è stato.
Questa sei tu, Gwen. Pensa a ciò che hai fatto.
(Possibilità di OOC)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Duncan/Gwen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Noi - il Gioco del Destino'
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Nell’oscurità del suo appartamento

Si riempie di luci, la città; luci che raggiungono ogni casa e riscaldano i cuori di ciascuna famiglia.
La notte incombente non fa paura: basterà premere l’interruttore per illuminare l’ambiente.
Sembrano tutti felici; li vedi da lontano, affacciandoti alla finestra: i tuoi nuovi vicini sono riuniti nella cucina, tutti intorno al tavolo, pronti a cenare. Sono così sorridenti, sereni: probabilmente si sentono completi.
Ma tu no, Gwen. Il buio ti circonda e ti rifiuti di rischiarare l’appartamento. Ormai sei convinta di non appartenere più al Mondo della Luce: è così che chiami la realtà in cui fai finta di vivere.
Pensi che il tuo posto sia tra le ombre, in quell’oscurità che ti accarezza mentre continui a scrutare il palazzo di fronte e la strada priva di lampioni. Sei sola e lo sconforto, la vergogna, sono le uniche cose che ti tengono compagnia: sai di aver sbagliato, sai di aver fatto del male. Sai di non aver riparato ai tuoi errori. E lui non è ancora tornato.
Gli parlerai appena rientrerà in casa, finalmente hai deciso. Devi fare chiarezza nella tua vita, se vuoi riprendere a respirare; fino ad ora hai trattenuto il fiato, come sott’acqua, pensando che la strada intrapresa fosse quella giusta per te. Ma ti sei ricreduta troppo tardi. E sai che non sarà facile affrontarlo.
Senti degli scricchiolii suonare lungo la rampa delle scale, dei passi che si affacciano sul pianerottolo avvicinandosi alla porta; la luce opaca proveniente dall’esterno ti mostra un’ombra allungarsi nella fessura sotto l’uscio.
“È lui”, pensi con il respiro mozzato e il cuore pesante.
Un rumore metallico, lontano, è amplificato dal tuo orecchio fine; sai che ha estratto le chiavi. Che adesso vengono inserite nella toppa.
La porta cede con uno scatto secco e sobbalzi nonostante tu sia consapevole di ciò che sta succedendo. E inizi a sudare freddo nel vederlo entrare, nel sentirlo dire, con voce flebile: -Sono tornato-.
Accende la luce, entrando nel salotto, raggiungendoti vicino alla finestra.
-Ciao-, ti saluta cingendoti i fianchi con quelle braccia tanto possenti quanto dolci che hai imparato a conoscere.
Non rispondi, né al saluto né al suo affetto: vorresti tenerlo distante, ma non vuoi ferirlo, pur sapendo bene che tra pochi minuti uscirà dall’appartamento distrutto dal dolore.
-Va tutto bene?-, ti chiede scostandoti i capelli dietro l’orecchio destro e mordicchiandoti il lobo.
“No, nulla è come dovrebbe essere. Sto male, non lo vedi? Non ti accorgi di quanto io sia infelice?”. Questo è quello che pensi, questo è ciò che vorresti e devi dirgli. Ma il coraggio viene meno, come tutte le altre volte che hai provato a chiudere la storia con lui.
-Sì, certo-.
-Perché te ne stavi al buio?-.
-Guardavo fuori dalla finestra-.
-E…?-.
-Sbirciavo i vicini. Non volevo che se ne accorgessero-.
-Da quando sei così curiosa degli affari altrui?-.
“Da quando, per vivere, sono costretta a respirare la loro felicità. Quella che a me manca da tanto, troppo tempo”.
-Da non più di cinque minuti. Stavo cercando l’ispirazione per preparare la cena-.
Ancora non ti volti; gli dai le spalle e lui ti accarezza il collo sussurrandoti di nuovo: -Sei sicura di sentirti bene? È successo qualcosa?-.
Il cuore accelera. Hai paura che possa sentirlo, ora che ha poggiato l’orecchio sulla tua schiena.
Prendi un respiro, uno solo, profondo, pronta a dire ciò che vuoi. Devi scaricare il peso che ti affligge.
-Dobbiamo parlare, Duncan-.
Ti volti di scatto, lasciandolo in piedi davanti alla finestra; ti allontani di qualche passo e lo osservi mentre si gira a guardarti.
-Che c’è?-.
Ti fissa, i suoi occhi azzurri puntati nei tuoi, neri laghi in cui si è già perso.
“Parla adesso, Gwen. Di’ tutto quello che senti. Devi fargli capire che non ce la fai più”.
-Dove sei stato fino ad ora?-.
-Ho fatto una passeggiata per il quartiere. Lo faccio ogni sera, no? La cosa ti ha disturbata?-.
-No, affatto-.
-Allora che cosa vuoi dirmi?-.
Guardi il divano, proprio al tuo fianco. Mediti per un istante se sederti o meno, poi decidi di prendere posto. Duncan è immobile e non proferisce parola, ma ormai ha intuito che le tue non saranno parole calde. Non come le solite.
-Stiamo insieme da un anno-, esordisci con il battito irregolare, presa dall’ansia. -Pensavo che trasferendomi qui da te le cose tra noi sarebbero migliorate…-.
-Non sei felice, vero?-.
Ti spiazza, con quell’osservazione. Ha già colto il nocciolo della questione. Eppure non si direbbe che uno come lui presti molta attenzione a ciò che dici o fai.
-Come fai a dire una cosa del genere?-.
Ti ha ferita prima che tu potessi ferire lui. Ha davvero un grande dono, questo ragazzo.
-Te lo leggo negli occhi, Gwen. Da almeno due mesi-.
-Pensi che io abbia un altro?-.
-No. Credo solo che tu sia stata sempre solo di un altro-.
Quelle parole… Hai voglia di piangere, ma ricacci indietro le lacrime e la voce si fa più acuta.
-Perché?-.
-Tu non mi vuoi, Gwen. È evidente. Non nasconderti. Dimmi la verità-.
Quattro frasi, una richiesta esplicita e terribilmente dolorosa. Non era questo quello che desideravi? Finalmente potrai esprimerti per ciò che senti.
-Non ho intenzione di nascondermi, Duncan. Sai che non sarebbe nel mio stile…-.
-Neanche mentire lo sarebbe, ma se non sbaglio fino ad adesso hai solo finto, con me. Sono forse in errore?-.
Abbassi lo sguardo: non ce la fai a reggere la pesantezza di quegli occhi limpidi che continuano a scrutarti. Prendi un altro respiro e butti fuori ciò che ti grava sul cuore.
-Ti ho amato, Duncan. Non ti ho mai illuso, posso giurartelo. Ma qualcosa è cambiato; noi siamo cambiati. Sei diverso da come ti ho conosciuto. Non ti avrei immaginato tanto cortese e accorto verso di me. Adoravo quel tuo modo un po’ rude di affrontare la vita, ma…-.
-Stai dicendo che vorresti un ragazzo meno “innamorato” di te?-.
-Certo che no!-.
-Non mi sembra…-.
-Vorrei che tutto tornasse come prima…-.
-Anch’io lo voglio, Gwen-.
Silenzio. Tanto, troppo, assordante. Un fischio costante occupa le orecchie di entrambi.
-Ero deciso a parlarti, sai? Sono stanco di vederti soffrire, sono stanco di sentirmi in colpa per qualcosa che non ho fatto…-.
-Di che cosa stai parlando?-.
-Di noi! Di me, di te, di tutti gli altri che ci aspettano lì fuori!-.
-Nessuno ci sta aspettando, Duncan. Siamo io e te…-.
-Sbagli! Lo sai che non è così! Abbiamo bisogno tutti e due di una boccata d’aria: non volevi parlarmi di questo?-.
Non ti resta che annuire debolmente, Gwen. A quanto pare, lui sa già tutto.
-Ho incontrato Courtney, mentre tornavo qui. Si è trasferita in città-.
Ricevi una pugnalata. E il tuo cuore inizia a sanguinare, anche se non dovrebbe.
-Davvero?-.
-Già-.
-E come sta?-.
-Bene. Meglio di noi, in ogni caso-.
-Che cosa ti ha detto?-.
-Nulla di particolare. Mi ha chiesto di te, sai?-.
-E cosa le hai detto?-.
-Che conviviamo. Che insieme stiamo bene-.
-Si è fatta una vita?-.
-Va avanti. Esattamente come avremmo dovuto fare noi-.
-Perché parli al passato? Siamo qui, non vedi? Siamo insieme!-.
-Ma non è quello che vuoi, Gwen. Non è quello che voglio io-.
Un’altra ferita ti lacera il petto. Preghi affinché le lacrime non scorrano giù, rigandoti le guance pallide.
-Che cosa hai detto?-.
-Dico che dobbiamo vivere. Dico che è necessario ricominciare da dove eravamo rimasti. Riprendere esattamente da un anno fa-.
-Vuoi andartene?-.
-Ce ne andremo entrambi. Io per la mia strada, tu per tua. Non siamo mai stati altro che amici, Gwen-.
-E quello che c’è stato? Lo dimenticherai?-.
-Il ricordo farà parte di me, per sempre. Ma tu non ci sarai-.
Di nuovo il silenzio. Di nuovo il dolore che si affaccia nella tua vita.
-Adesso puoi dirmi ciò che volevi?-.
Il discorso che avevi preparato è andato perduto. La lingua non ha intenzione di staccarsi dal palato e le corde vocali sono bloccate da un grumo di pianto che ancora non si è sciolto. C’è solo disperazione per te, in questo momento.
-Sei stata la mia ancora, Duncan. La persona che è riuscita a tirarmi fuori dalla tempesta che stavo attraversando…-.
-Anche tu lo sei stata. La situazione con Courtney mi stava distruggendo-.
-Lo so. Ricordo bene i giorni trascorsi insieme. Ricordo il nostro primo bacio, le risate e gli scherzi. Ma il pensiero di aver causato tanto dolore… Credevo di poter sfuggire al senso di colpa, perché con te mi sentivo come a casa. Trasferirmi qui ha rappresentato una svolta nella mia vita. Però…-.
Ti blocchi per un istante e questa volta non puoi fermare le lacrime. Adesso sarai tu ad infliggere un duro colpo al ragazzo che ti sta di fronte.
-Ho perso di vista la luce, Duncan. Eri tu il mio faro, ma in qualche modo ci siamo allontanati. Ci siamo inconsapevolmente resi conto che tra noi le cose non possono funzionare. Perché siamo tanto simili da poter sembrare fratelli, amici, al massimo. Ma mai, mai una coppia. Non è scritto nel nostro destino.
Ognuno di noi ha bisogno della propria controparte. La tua era Courtney, la mia Trent. Entrambi abbiamo sbagliato nel lasciarli. E soltanto adesso, lontana dalla luce, ho capito di poter amare solo Trent. Lui è la mia luce, lui è il mio faro. Finché non sarò con lui, sarò costretta a vivere nell’ombra, nell’oscurità di questo appartamento. Il nostro rapporto, Duncan, si è trasformato in una prigione da cui dobbiamo evadere. Aiutami e io aiuterò te-.
Trattieni il fiato mentre lo osservi. Sai di aver appena scalfito la sua invisibile armatura; immagini il sangue macchiarla.
-Potevi parlarmene tempo fa. Perché hai preferito nascondere tutta la tua sofferenza?-.
-Avevo paura di farti del male…-.
-Pensi di non avermene fatto, in questo modo?-.
-Io…-.
Si avvicina e ti abbraccia. Un abbraccio diverso da quello di poco fa: questa è la stretta di un amico che vuole il tuo bene, di un amico che vuole proteggerti. Adesso le lacrime scivolano via.
-Duncan…-.
-Shh. È tutto a posto, stai tranquilla. Non devi sentirti in colpa di nulla, sappiamo tutti e due ciò che vogliamo-.
Ti stacchi da lui e lo guardi dritto negli occhi: c’è una scintilla nuova in quelle sue iridi celestiali.
-Che cosa vuoi fare?-.
-Spegnere la luce-.
Si sposta lievemente, raggiunge l’interruttore e il buio torna a regnare sovrano. Sei perplessa e provi quasi paura.
-Duncan…-.
È ancora una volta accanto a te. Ti prende per mano e ti avvicina alla finestra, poi si siede sulla poltrona e ti fa accomodare sulle sue ginocchia.
-Voglio sbirciare anch’io la loro serenità-, dice in un sussurro. -Desidero abituarmi nuovamente alla luce-.
I vostri visi sono così vicini, nell’oscurità dell’appartamento di periferia. Le guance si possono toccare, tanto è breve la distanza che intercorre tra di voi. Ma non ve ne curate affatto: siete troppo presi dall’ammirare quella felicità che state per riassaporare. Ognuno con la persona che il proprio cuore non ha mai dimenticato.
-Saremo liberi, Gwen. Potremo finalmente ricominciare a respirare-.
-Grazie-, dici sommessamente senza che lui si volti a guardarti.
-Grazie di essere stata con me-, risponde soltanto stringendoti lievemente la mano.
E entrambi sentite che il buio si sta dissipando, che c’è ancora una speranza. Perfino nel vostro oscuro appartamento.
 
   
 
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