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Autore: fellina    21/05/2012    3 recensioni
Momento di sconforto per l'Hokage Naruto.
Lacrime silenziose gli rigarono il viso, mentre respirare diventava sempre più difficile, come se una forza invisibile stesse cercando di strangolarlo.
Bisogna fare una fatica tremenda per creare un attimo di pace, ma basta un secondo per portare dolore, sofferenza, morte.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
- Questa storia fa parte della serie 'Flussi di pensiero'
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Chiuse la porta e ci si appoggiò con le spalle, la testa rivolta verso l'alto, le braccia abbandonate lungo i fianchi, lo sguardo vuoto.
Piano piano scivolò a terra.
Gli mancava l'aria, nonostante questo si chiuse a riccio, affondando la testa tra le gambe e coprendosi con le braccia.
Nella mente non gli si formava alcun pensiero, come una sorta di autodifesa. Perché appena quel pensiero fosse nato, sarebbe stato troppo straziante da sopportare.
Rimase fermo. Avrebbe voluto che anche il tempo si fermasse, magari che tornasse indietro.

Aprì gli occhi e piegò la testa, muovendola leggermente avanti e indietro, accarezzandosi la guancia con le braccia.
Sarebbe stato bello poter tornare indietro a quella mattina per poter aggiustare tutto. Forse sarebbe stato meglio ritornare a quando era stato eletto Hokage, cosicché fosse anche più preparato a tutto ciò che era accaduto dopo.
Un sorriso amaro gli piegò le labbra ripensando all'emozione fortissima e bellissima provata in quel momento. Era stato veramente un idiota a pensare che sarebbe riuscito a portare la pace.
Un piccolo nodo gli si stava formando in gola, gli occhi bruciavano aridi socchiusi dalle palpebre pesanti. Tirò su con il naso sentendo che stava iniziando a gocciolare.
Non pensava che sarebbe stato certo facile, ma neanche così tanto difficile.
Ingoiò a vuoto, come se volesse far andare giù il groppo.


Tutto intorno c'era silenzio.
Sbadigliò. Si pulì il naso ma non asciugò le lacrime che stavano inumidendo gli occhi portando un po' di sollievo al fuoco che sentiva in viso.
La mente era tornata vuota, o forse era troppo piena di pensieri per poterne focalizzare uno.

Dopo un tempo indeterminato, che gli parve contemporaneamente sia ore che secondi, avvertì il compagno che si avvicinava. Il suo passo leggerissimo si fermò vicino e come ogni volta l'altro gli si sedette accanto, senza pronunciare una parola.
Sì, come ogni volta, perché non era di certo la prima.
Lacrime silenziose gli rigarono il viso, mentre respirare diventava sempre più difficile, come se una forza invisibile stesse cercando di strangolarlo.
Bisogna fare una fatica tremenda per creare un attimo di pace, ma basta un secondo per portare dolore, sofferenza, morte.
Non ce la posso fare, non ce la faccio. Le lacrime sgorgavano ormai copiose dagli occhi azzurri, qualcuna restava attaccata alle ciglia annebbiandogli la vista. Avevano ragione, sono solo un ingenuo e un illuso a pensare di riuscire a portare un po' di serenità.


Se ci fosse stato un orologio si sarebbe sentito il ticchettio delle lancette.
Non aveva idea di quanto tempo era passato, non aveva idea di cosa doveva fare. Sarebbe voluto restare lì fermo, seduto, avvertendo la presenza dell'amico, per sempre, ma allo stesso tempo non ce la faceva più, aveva bisogno di muovere le gambe che si stavano intorpidendo, di raddrizzare il collo anche se gli sembrava impossibile che potesse sostenere la testa dato che questa era diventata pesantissima. Voleva urlare. Voleva piangere. Voleva sfogarsi prendendo a pugni qualcuno. Voleva sparire.

"I funerali inizieranno tra poco." La voce del moro sembrava così distaccata. La ignorò ma questa continuò lo stesso "Dobbiamo andare".
Tutta l'angoscia sembrava si stesse trasformando in rabbia, si sentiva ribollire dentro.
"Naruto" lo chiamò alzandosi "dobbiamo andare."
L'amico lo prese per il braccio, ma lui si divincolò con foga. Sollevò la testa, ovattata e pesante che girava, per guardarlo, in realtà senza vederlo davvero.
"Non ce la faccio! Sono un vigliacco, ma non posso affrontare di nuovo la famiglia, gli amici..." iniziò ad urlare con voce rotta dal pianto.
Sgranò gli occhi stanchi persi nel vuoto "Tu non li hai visti i loro volti, non hai sentito le loro grida disperate, i loro pianti."
Parlava come se li vedesse ancora davanti a sé mentre Sai dava loro la notizia. In realtà toccava a lui dirglielo, ma arrivati lì gli si era formato un groppo in gola, la mente che cercava le parole adatte si era spenta e anche se aveva aperto la bocca per parlare non era uscito nessun suono.  
"Erano…" continuò, ma si bloccò subito per il conato di vomito che lo fece fuggire in bagno a rimettere.


"Non ci puoi fare niente. Il mondo non può cambiare in un giorno" stava dicendo il compagno porgendogli dei fazzoletti.
Si pulì la bocca e li getto nel water. "Non è un giorno! Sono tre anni ormai! E non è cambiato nulla…" replicò tirando l'acqua. Tremava.
"Non è vero che non è cambiato nulla, e lo sai."
"Allora perché? Perché continuano ad esserci queste battaglie? Maledizione!" Tirò un pugno sulla tavoletta mentre gli occhi gli si riempivano nuovamente di lacrime. "Perché ci sono ancora vittime?"

"Se sei tu il primo a non crederci è tutto inutile, giusto?" gli chiese ripetendo le stesse parole che lui aveva ripetuto tante volte a chi voleva farlo desistere.
Si sollevò in piedi continuando a tremare.
"Vuoi arrenderti e rendere inutili queste morti?" Le parole continuavano ad entrargli in testa e gli rimbombavano dentro.
"Ci hai fatto credere tu a quest'utopia della pace, perciò vedi di non mollare. Ci sono ancora troppe cose che devi sistemare!" Anche la voce dell'altro si stava leggermente incrinando. "Ora smettila di piangerti addosso e riprenditi!"


Il dolore non era passato, ma era un po' attutito. I nervi avevano ceduto, la tensione stava scemando e, anche se non era motivato come al solito, le parole del compagno aveva messo dei cerotti sulle ferite del suo animo. Non doveva rendere tutto inutile. Non poteva mollare.
Si lavò il viso, indossò il kimono nero e insieme all'amico uscì per andare a rendere omaggio alle ultime vittime.
  
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