Eric sonnecchiava ad occhi aperti nel suo ufficio, aveva tirato i pesanti tendoni viola per godere dei benefici del buio, la web-cam installata nel portatile sulla scrivania gli rimandava l’immagine di un seducente ragazzo con lunghi e soffici capelli neri, iridi di un serio e caldo color cioccolato fondente, forse una leggera ombra di stanchezza, ma comunque fresco e abbastanza presentabile. Attendeva con impazienza la band per il servizio fotografico, si rigirava tra le mani lattee il cd, non sapeva se ascoltarle o no, poi si decise e, stando particolarmente attento a non vedere la foto presente sulla copertina, avviò lo stereo.
Chiudendo gli occhi vedeva passionali ma folli vampiri aggirarsi per una stanza completamente bianca con il pavimento macchiato da chiazze rosse, sangue, forse.
Rabbrividiva ad immaginare il cantante desnudo coricato su una tavola autoptica, con i resto della band attorno, con la mascherina da chiriugo e bisturi alle mani.
La terza traccia parlava di una crisi da astinenza da cocaina, ma il significato reale era l’astinenza da sentimenti. Allora provò a delineare nella sua mente un’altra stanza vuota, questa però meno abbagliante, piena di tinte fosche, e appoggiati mollemente alla parete si trovavano tutti e tre i componenti della band, forse un poco sfocati, avvolti da una nebbia fitta e con dei rami di edera a ricoprirli.
- Dio, Eric, non ci sai proprio fare. Che fine ha fatto la tua dannata immaginazione?-
Sussurrò rivolto a sé stesso stringendo forte i pugni, fino a farsi sanguinare i palmi delle mani, già notevolmente martoriati.
Nell’altra stanza, quella riservata alla sua fedele segretaria, Corinna, si udì un forte scampanellio, i Purple Cat erano arrivati.
Eric diede una svelta occhiata allo specchio, afferrò il lucidalabbra alla ciliegia che alloggiava nel portapenne e lo passò pesantemente sulle labbra, rendendole di un bel rosso carminio, si scompigliò leggermente i capelli e stropicciò un po’ gli occhi per rendeli arrossati, e languidi.
- Signore Eric, i Purple Cat sono arrivati, si ricorda, avevano un appuntamento… posso farli entrare?- Eric non ebbe il tempo di rispondere che la band entrò come un tornado nel laboratorio adibito ad ufficio, Dave si accomodò elegantemente in una delle due poltrone davanti alla scrivania, Rob prese alloggio su una piccola brandina dall’altra parte della stanza. Elias, seduto nella poltrona di Eric, appoggiò con noncuranza gli stivaletti sulla scrivania.
- Ora mi spiegate cosa volete dimostrare con questo atteggiamento…- Chiese loro il fotografo arricciando il naso, gesto delizioso, pensò subito Elias.
- La noia…- Accennò Dave.
- La frustrazione di un gruppo di musicisti della periferia…- Continuò Elias.
- Nei confronti del’industria musicale.- Concluse Rob in una nuvola di fumo sospetto.
Eric anzò un sopracciglio guardandoli con curiosità mista a fastidio. Scrutava Elias cercando di comprendere come poteva un ragazzo così affascinante comportarsi in un modo così infantile.
- Tu, come ti chiami e quanti anni hai?- Gli domandò il fotografo agguantando il mento del cantante per catturare il colore dei suoi occhi.
- Io sono Elias, ho diciotto anni e sono il cantante ed il bassista.- Borbottò egli fingendosi ferito per i modi bruschi, ma tremando leggermente per lo sguardo duro e sensuale di Eric.
- Allora, l’idiota elegante suona la batteria e il drogato è un chitarrista- Commentò il ragazzo dai capelli neri, pregustando il finale della vendetta così vicina. Eh no, lui non avrebbe perdonato a dei ragazzi così giovani quel comportamento così superiore.