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Autore: LadySherry    22/05/2012    1 recensioni
« Ci sono due cose che ho imparato da quando sono qui. La prima: mai fidarsi degli estranei. La seconda: mai fidarsi di Bill Kaulitz.»
(...)
«Ma tra il bivio del prendere o lasciare, avevo deciso di prendere.»
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 18.

 

 

Veniamo al mondo che non abbiamo niente,

eppure otteniamo sempre tutto.

 

 

 

E poi ti ritrovi nel salotto di casa tua con la nonna intenta a svuotare una valigia piena di regali made in Australia.

Ho sempre amato stare in sua compagnia, specialmente negli ultimi anni quando mi ha ritenuta abbastanza grande da poter comprendere il peso della sua età.

Che poi non è mai stata una di quelle nonne noiose che passano il proprio tempo a ricordare il periodo della guerra, la crisi, la povertà e tutte le altre cose. Non riesco a immaginarla, sinceramente, alleata di quel tale pazzo coi baffetti, ma nemmeno in un campo ad arare la terra.

Da come è cresciuta mia mamma immagino abbia sempre fatto “la bella vita”, considerando che dieci anni fa, dopo la morte del nonno, ha deciso di partire per l'Australia e circondarsi di koala.

«Tieni, questo è per te!» dice tutta contenta, consegnandomi un piccolo pacchetto dalla stoffa blu. Lo apro e verso il contenuto nella mia mano. Un braccialetto di cuoio con piccole conchiglie bianche, alternate a dei nodi sempre in cuoio. L'ho sempre detto che ha il buon gusto.

«Grazie, nonna. E' bellissimo» dico, alzandomi per raggiungerla sul divano e abbracciarla.

Mi stringe a sé e capisco quanto mi sia mancata, quando avrei voluto averla sempre accanto a me. Non che mi dispiaccia andarla a trovare in Australia, ma a volte hai quella sensazione che i consigli della nonna siano migliori di quelli degli altri, persino di quelli che ti dai spontaneamente.

«Allora, devi raccontarmi di questo Tim» dice ad un tratto, staccandosi a me e guardandomi negli occhi, con fare indagatore come solo lei può.

«Si chiama Tom, nonna. Niente, suona la chitarra, è bello, gentile ed educato. Tutto qui».

«Tutto qui? Ragazza mia, io alla tua età non mi limitavo al “buono, gentile ed educato”» esclama, dandomi una gomitata e scoppiando a ridere.

Alzo il sopracciglio, perplessa. «Che intendi dire?» chiedo, avviandomi poi in cucina.

Mi segue e si siede sulla sedia, mentre io accendo il pentolino del tè.

«Ai miei tempi si andava fino in fondo!» sorride, battendo una mano sul tavolo.

Il suo strano accento americano rende la cosa ancora più imbarazzante. Appoggio le mani al ripiano per cercare di non cadere, mentre le mie guance si tingono di uno strano rosso porpora.

Mi volto e sgrano gli occhi. «Non eravate tutte santarelline casa e chiesa?».

«A tua nonna piaceva andare contro il sistema» risponde, scrollando le spalle.

Ecco, lo sapevo. Ora riesco a capire da chi ho preso la vena del “questa cosa non la faccio perchè la fanno tutti!”.

«Ad ogni modo, quando me lo presenti?».

Guardo l'orologio appeso al muro, scuotendo la testa. «Tra un po' sarà qui».

«Viene da Amburgo, giusto? Che caro ragazzo! Dovreste trovare un punto d'incontro, magari potresti tornare là. Non lavoravi ad Amburgo, prima?».

«Sì, nonna, ma ti ricordo che sono stata cacciata...».

«Per degli errori che non hai commesso! Piccola mia, fatti valere o ti mangeranno!».

Scoppio a ridere, sinceramente divertita. Ho sempre pensato di non avere una nonna normale, nel senso che non è mai stata come quelle delle mie amiche, ad esempio. Sono sempre stata libera di parlare di qualsiasi cosa in sua presenza, senza dover mettere quegli assurdi paletti che di solito le persone fissano in famiglia. Non mi piace nasconderle le cose, preferisco dirle tutto e sorbirmi i suoi insulti, piuttosto che mentirle.

«Nonna, credo di amarlo» sbuffo, versando il tè nelle due tazze per poi raggiungerla sul tavolo.

Lo sorseggio piano, mentre la nonna riempie la tazza di una quantità infinita di zucchero.

«E allora dimostraglielo, fagli vedere che di te si può fidare. Fagli vedere che non deve avere paura, che le distanze non dividono, ma rafforzano i legami. Tesoro, se ami una persona non devi far altro che dare tutta te stessa e sperare che ricambi».

Rimango un attimo spiazzata, ma poi annuisco.

Mia nonna ha ragione, devo dimostrargli che sono pronta anche all'Inferno, per lui.

«Quando ero giovane, tuo nonno mi disse che mi amava al secondo appuntamento».

«Io pensai lo stesso di Tom, ma la prima volta che lo vidi».

Sorrise. «Erano altri tempi, ma devi capire che l'amore non ha età e non parlo della differenza sostanziale di anni tra uomo e donna. Sono passati quasi cinquant'anni e non c'è giorno in cui mi penta di averlo scelto. Anche se penso di essermi lasciata scegliere. E' lui che ha scelto me.»

«Non avevi paura? Ti sei sposata giovanissima, avevi la mia età...».

Sospira, senza però smettere di sorridere.

Uno degli altri motivi per cui amo mia nonna è che quando mi parla del suo passato, lo fa sempre con la dose giusta di amore e tristezza, mettendo in mostra ciò che di più bello e più brutto ha dentro.

Credo che non parli di queste cose nemmeno con mia madre.

«Ero sicura, Chiara. Bisogna essere sicuri, nella vita. Sempre!».

«Già... Vai a trovare la mamma, più tardi?».

Provo a sviare il discorso. Tutto questo parlare di amore, di passato e quindi di Tom mi ha fatto venire il mal di stomaco.

Annuisce, alzandosi. «E' meglio che vada, prima che cambi idea. Sono sicura che ci sarà un'altra occasione per conoscere il tuo Tom, magari migliore di questa.»

Dopo averla salutata e infilato il suo braccialetto al sicuro nel cassetto sotto al telefono, inizio a mettere un po' in ordine la casa. Non che mi interessi averla perfetta al suo arrivo, ma ho sempre pensato a come potrebbe vedermi se vivessi nel caos più totale. Forse non gli importerebbe granchè, considerando le pessime condizioni di camera sua.

Mentre mi affretto a gettare – in senso letterale – delle riviste dentro a un cassetto a caso del salotto, il campanello annuncia quasi trionfante il suo arrivo.

Mi precipito alla porta e con troppo slancio la spalanco, trovandomi davanti Tom in tutti i suoi centonovanta centimetri.

«Ciao» sorrido, come un'ebete.

«Ciao» ricambia, facendo un paio di passi in avanti per entrare.

Chiudo la porta e mi avvicino a lui, abbracciandolo. Appoggio la testa a suo petto e senza rendermene conto inspiro il suo profumo. Dopo dieci giorni di astinenza da quel profumo credo di meritarmi almeno la boccetta vuota.

«Nonna Eva è tornata?» chiede, accarezzandomi la schiena con una mano, tenendo l'altra ferma sul mio fianco.

«E' andata via da qui poco fa. Credo che un giorno te la presenterò».

«Le starò sicuramente simpatico, non preoccuparti. Da una certa età in poi mi amano tutte!» ridacchia.

«Ti amano anche quelle da prima di quella certa età, sai?».

«E' un modo carino e alternativo per dirmi che mi ami?».

«Suonerebbe strano?».

«Affatto. Dovresti ripetermelo più spesso, per almeno un milione di volte» sussurra al mio orecchio.

Sorrido, alzando appena la testa per potergli lasciare un piccolo bacio sulle labbra.

Credo di avere, in un certo senso, paura di lui. Paura di legarmi a lui di nuovo, di vederlo partire senza voltarsi a guardarmi, di vedere di nuovo nei suoi occhi quella nota di amarezza, di tristezza, di delusione, di rabbia, la stessa di quel giorno al palazzetto.

«Ti odio quando mi fai sentire la tua mancanza, sai? Ma ti odio ancora di più quando mi dici che il tempo passerà in fretta e tornerai da me presto, molto presto!» borbotto, ancora tra le sue braccia.

«Torna ad Amburgo. Torna da me. Non è difficile» dice, come se fosse un'ovvietà.

«Me l'ha detto anche la nonna. Secondo lei dovrei tornare da voi...».

Scoppia a ridere, divertito. Mi stacco e mi allontano raggiungendo il divano. Mi ci siedo sopra si peso e incrocio le braccia al petto.

Mi piacciono questi momenti, dove litighiamo e poi facciamo pace...a modo suo. Anche se non abbiamo mai fatto esattamente a modo suo... ma questa è un' altra cosa.

«Non ci trovo niente di divertente. E' una cosa seria, Tom».

«Lo so, infatti ero serio quando ti ho detto di tornare ad Amburgo».

Lo guardo e per un secondo rimaniamo a fissarci negli occhi senza dire una parola.

Poi non resisto, e gli salto letteralmente addosso incrociando le mie braccia attorno al suo collo.

«Dovrei?».

«Dovresti, sì».

«Devo cercare un appartamento e chiedere a David – anzi, supplicarlo – di ridarmi il posto. E dovrei prima parlarne con Giulia e...».

«Per la casa non c'è problema. Vieni a vivere da me e Bill, no?».

«Come una vera coppia?».

«Esattamente» dice, facendomi l'occhiolino.

«Ma se non abbiamo mai nemmeno dormito nello stesso letto!».

Scrolla le spalle. Evidentemente per lui non sarebbe affatto un problema. D'altra parte è abituato, no? Non gli farebbe alcuna differenza, visto che è capace di adattarsi a qualsiasi cosa.

Eppure... Abitare insieme vorrebbe dire condividere il letto, il bagno, la tv, i cereali la mattina, le bollette, il giardino, la piscina...

«A David ci penso io, tu vedi di fare la valigia in fretta!» mi incoraggia, scoccandomi un bacio veloce sulle labbra.

Annuisco, alzandomi dal divano.

Vado in camera e mi guardo attorno, cercando con gli occhi un posto dove nascondere le borse e dirgli che lo ho perse, quindi impossibilitata a venire ad Amburgo.

Poi il mio sguardo si posa sul letto. A parte me, lì dentro non è mai entrato nessun altro. L'idea di condividerlo con Tom mi mette paura, ansia, consapevolezza che forse è stato uno sbaglio aspettare o essere così precipitosi.

Scuoto la testa ed esco dalla camera, chiudendo poi la porta.

Torno in salotto e mi siedo accanto a Tom, sul divano.

«Che ne dici di fermarti da me, stanotte?».

 

 

 

 

 

 

Note: Scusatemi il ritardo, ma ho davvero avuto un sacco di cose da fare, tra scuola e le guide di patente. Ho notato che sono un po' diminuite le recensioni... Ah, ho fatto un attimo un riepilogo e direi che siamo vicini alla fine di questa fan fiction. Ma non temete, ho già in mente il seguito :) Direi che mancano ancora circa due o tre capitolo più l'epilogo!

Questo capitolo l'ho scritto Domenica, dopo aver passato la nottata sveglia per colpa di quelle maledettissime scosse di terremoto! Io sono di Verona, per fortuna non è stato come a Ferrara e dintorni... Ma l'ansia mi ha stimolato i neuroni del cervello e alla fine ho scritto questo coso. Non sono sicura che renda abbastanza, ma spero vi arrivi come è successo con i precedenti!

Xo xo,

Ladys

 

  
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